Se "La Chiesa ha bisogno dell'arte", come ha vivamente affermato  Papa Giovanni Paolo II° con la lettera del Pontificio Consiglio dedicata agli artisti affinché forniscano nuove chiavi di lettura riguardanti le tematiche religiose, il nostro Cardinale Dionigi Tettamanzi in un breve ed esauriente saggio in catalogo esorta invece gli artisti "...a chinarsi  sulle ferite dell'uomo, e sul suo peccato, costituendo già una reale aspettativa di salvezza..." sottolineando poi che "...le realizzazioni artistiche ispirate al Mistero salvifico che si compie nella vita, morte e resurrezione di Gesù Cristo, costituiscono un piccolo riflesso del grande Mistero che avvolge e ancora abita il mondo".

La risposta concreta e significativa, anche sottoforma di  riflessione sul disagio contemporaneo della sofferenza e di una sua possibile  comprensione attraverso la luce trasfigurante e catartica della fede, ci viene oggi fornita dall'interpretazione multipla di 14 noti artisti genovesi, ciascuno con la propria sensibilità, cultura ed epoca generazionale (dai trentenni agli ottantenni), invitati a far parte della mostra intitolata "Via Crucis 2000" (dal 21 ottobre al 6 novembre nel chiostro triangolare del Museo di S. Agostino, orario: dal martedì al sabato 9-19; domenica 9-12,30).

Una mostra dignitosissima, questa, pensata da Walter Di Giusto e subito condivisa dal curatore Franco Ragazzi; corredata di un bel catalogo e promossa dalla Regione Liguria, dalla Conferenza Episcopale Ligure e dal Comune di Genova.

Tutti i lavori sono inediti e pensati per questa esposizione; misurano m.1,5x1,5 e costituiscono l'intera donazione offerta alla Curia genovese.

"Con la Via Crucis 2000", spiega Ragazzi, "si è scelta un'arte sacra con un'iconografia nuova, legata perciò al confronto con una ricchissima rappresentazione storica,  pur rimanendo rispettosi della tradizione..." corrispondente in questo caso alle canoniche 14 stazioni realizzate da corrispettivi operatori i cui lavori vengono commentati da empatici testi scritti da autori scelti dall'artista.

L'assessore Pierantoni, con una corposa ricerca sul tema del sacro nella storia dell'arte dimostra invece "...quale immenso problema narrativo, di tipo logico e profondamente mentalistico  e percettivo abbia sollevato il significato di questa <Storia più bella del Mondo>".

Presente all'inaugurazione per l'Ufficio Arte Sacra della Curia Arcivescovile è monsignore Alberto Poldorini che ha così commentato: "Il messaggio della Crocifissione va storicizzato, sia pure nell'espressione moderna; questa testimonianza dimostra quanto il messaggio religioso sia oggi  ancora valido e stimolante per l'artista...".

Nonostante la difficoltà e soprattutto la complessità del tema , gli artisti si sono comunque difesi, non si sono intimiditi e sono riusciti, specie i più giovani, a fornire interpretazioni assolutamente personali; così come gli altri hanno approfondito il mistero cristologico senza enfasi o iconografie scontate, ma ciascuno ha prodotto un convincente saggio della propria esperienza.

Simonetta Fadda presenta stampe digitali tratte dal video ove l'immagine <disturbata> di un drogato - quale <condannato a morte> - nell'atto di "farsi", pare concentrare su di sé quel grave stato di solitudine e di abbandono in cui vivono oggi i giovani più  problematizzati; particolarmente  originale e tragica appare l'installazione di Beppe Dellepiane: come <Gesù si carica della croce> così una massa di "capelli" neri, con simbolici scheletrini ai lati, sembra chinarsi su di una candida veste quale verginale presenza pronta al sacrificio nel buio delle tenebre; sullo sfondo dipinto di uno scenario storico dai colori bruciati, Giovanni Job si autorappresenta investito di luce solare come soggetto pensoso e riflettente sul proprio vivere in stretta correlazione con <la prima caduta di Gesù>: luci e ombre presagiscono il dramma che si sta per compiere; Giuliano Menegon con sottili sgocciolature a pittura-sudario scolpisce nell'oscurità spaziale  corpi di luce pietrificata, mentre la madre che sorregge il Cristo diventa essa stessa crocifisso-icona; con la stazione "Gesù è aiutato dal Cireneo", Piergiorgio Colombara colloca un fascio di luce metallica su sfondo nero-notte che sottolinea la presenza d'una simbolica e scintillante croce d'oro (ma di ottone) inclinata: l'umanità del Cristo si flette al peso delle colpe umane...; nella pittura di Plinio Mesciulam il dinamismo delle <ombre> si trasforma  in essenza auratica  che dialoga con l'aspetto simbolico-sacrale del <volto> mentre scie anellari risucchiano i vortici di uno scenario extraterreno; "A tutti quelli che cadono" Cesare Viel dedica una gigantografia in cui si rappresenta nell'intelligente finzione d'un falso doppio citando Samuel Beckett e Alighiero Boetti; "Gesù incontra le pie donne" è la stazione che affronta Aurelio Caminati in cui un'umanità quasi frivola, al limite di un'ironica maschera, si rapporta a quella divina in concitate mobilità carnali e serici panneggi; il Cristo fissato alla croce nell'atto di creare uno squarcio di cielo nelle viscere della terra vuole forse rappresentare il grande dipinto a carattere bidimensionale del pittore Mario Rossello; sempre tragico, ambientato in spazi lividi, appare l'uomo-Cristo, spogliato delle sue vesti, di Giannetto Fieschi,  ove le ocre e i verdi acidi sanno evocare disagi e fratture dell'anima; una gigantografia virata sul rosso-pompeiano si fa emblematica <evocazione> del "Gesù inchiodato alla croce": qui Franco Arena rappresenta l'icona di un vero cuore animale trafitto,  circondato, da chiodi industriali, mentre cuoricini purpurei galleggiano nello spazio come stille di sangue; Federico Palerma esibisce una superficie pittorica drammatica, attraversata da vivide lumeggiature segniche che squagliano fitti addensamenti e stratificazioni plumbee, atti a richiamare la fisicità della "Tragica Morte"; coi toni accesi e concitati del manieristico Rosso Fiorentino, Raimondo Sirotti visualizza la figura della <deposizione> in cui il corpo divino pare emanare una luminosa e concentrata grazia trasfigurante; con  la <posa nel sepolcro di Gesù>, Walter di Giusto riesce ad esprimere un immaginario tecnologico contemporaneo  proprio della video-elettronica, pur facendo citazioni e riferimenti alla classicità: un felice abbraccio tra passato e futuro.

Con quest'ultima stazione si conclude la Via Crucis nell'alta spiritualità del tema preposto.

 

 

                                                        Miriam Cristaldi