" Figure
dell'anima" - arte irregolare in Europa
Scriveva
il critico d'arte Gianfranco Bruno nel "Rapporto tra espressività degli
stati" del 1974:"... i disegni dei malati sono simili ai diagrammi cui
l'artista arriva in un definitivo abbandono dell'uso convenzionalmente
rappresentativo dei segni... le posizioni di molti artisti non differiscono
sostanzialmente (da loro, n.d.r.) se non in quanto l'immagine appare mediata da
una logica di consequenzialità dei linguaggi artistici nell'ambito di
determinate culture...".
La
mostra "Figure dell'anima - arte irregolare in Europa" inaugurata a
Palazzo Ducale (fino al 3 maggio),
curata da Bianca Tosatti e corredata di un voluminoso catalogo a colori, edito
da Mazzotta, tratta il tema della follia nell'ispirazione artistica,
focalizzando l'attenzione sui primi decenni del secolo quando artisti
(ricordiamo in particolare Jean Dubeffet fondatore
dell'Art Brut composta da opere di pazienti psichiatrici), letterati e
intellettuali hanno avuto stretti contatti con la malattia mentale.
"Come
la follia funziona solo entro lo schema interpretativo via via adottato dalla
storia e non è inquadrabile entro uno schema fisso, allo stesso modo gli
esperimenti estetici degli psichiatrizzati devono essere interpretati entro la
loro dimensione storica e sociale" scrive in catalogo Bettina
Brand-Claussen ("Dal museo d'arte patologica alla collezione Prinzhorn").
In questo senso, oggi, con la chiusura degli istituti manicomiali
sostituiti dalle "comunità protette" (nuove concezione dello
spazio e dell'individuo portatore di handicap), stiamo assistendo a radicali
cambiamenti.
Un
segno del mutamento dei tempi si potrebbe cogliere proprio in questa mostra, la
prima mi pare, per l'imponenza dei lavori raccolti e per la qualità dei
numerosi interventi critici pubblicati in catalogo, riguardanti le qui
denominate "espressioni irregolari".
Il
percorso storico inizia con la collezione di Hans
Prinzhorn, uno psichiatra
alla
ricerca dell'originarsi dell'arte che
pubblicò nel'22 il libro rivoluzionario "Produzione artistica dei malati
mentali", raccogliendo più di 5OOO opere di degenti. Ma Prinzhorn non
riuscì a definire la dibattuta
questione se la produzione dei malati mentali potesse essere considerata arte;
egli parla infatti di bildnis e
non di arte, lasciando tutt'oggi il problema insoluto.
Dal
museo di Berna provengono le opere di Adolf
Wolfli, artista amante della musica che nei suoi disegni inserisce
caratteristicche file di uccelli;
Nelle
opere della svizzera Aloise,
disegnate con matite colorate su cartone, appaiono immagini ossessive di
maschere (spesso di colore blu con labbra rosse) che richiamano le coppie
celebri della storia. E' anche presente lo svizzero Louis
Soutter con drammatici
contrasti di segni neri su fondo bianco; e ancora gli inglesi Madge
Gill e Scottle Wilson con
l'italiano Carlo Zinelli che dipinge
fantasiose e coloratissime
tempere.
La
sezione con opere più attuali è qui rappresentata da artisti che hanno operato
in laboratori importanti: tra gli altri ricordiamo l'"Istituto
Materie e Forme Inconsapevoli di Genova-Quarto, fondato da Claudio
Costa (presente con una intera sala) con gli artisti genovesi Davide
Raggio e Stefano Grondona ;
quello di Genova-Cogoleto con le eccezionali decorazioni di Gino
Grimaldi (fine anni '30) e la "Tinaia" di Firenze,
tra i primi ateliers di questo genere in Italia.
Il
problema della connessione tra arte e follia in questi ultimi anni è stato
spesso sollevato da critici che si
sono premurati di fissare modelli d'arte della sanità e della malattia,
discutendo su ciò che è arte e ciò che non lo è.
"Senza
voler suggerire soluzioni a questo problema - precisa Bianca Tosatti -
la mostra intende misurarne lo spessore storico e irrobustirne
l'impalcatura formulativa rivelandone la vitalità, in
alcune situazioni particolarmente significative per caratteristiche e qualità".
Miriam Cristaldi