Nello
spazio interattivo denominato "Contaminazione" (in vico Colalanza 12r,
fino al 1O maggio), luogo inaugurato
da pochi mesi e caratterizzato da capacità relazionali in grado di unificare
sistema/narrazione/persona, è
visibile l'installazione intitolata "Night and day , personals rooms",
realizzata "a quattro mani" dalla coppia di artisti Loredana Galante
(tra i vincitori del premio Duchessa di Galliera) e Lino Di Vinci -
in questa occasione compagni di lavoro, oltre che di vita - a cura di
Elisabetta Rota.
Loredana
Galante è una giovane promettente artista che si muove nell'orbita duchampiana
nel senso che intende l'oggetto (in genere materiale industriale di scarto) come
luogo dell'evento e l'abitare spazi altri può conferirgli nuove identità. Ma
la direzione è rovesciata: se Duchamp porta l'oggetto nel museo, l'autrice lo
porta fuori dalle istituzioni, verso la gente, in spazi dove s'intrecciano
rapporti preferenziali ruotanti tra autore-fruitore-ambiente.
Il
giovane Lino di Vinci traccia col rullo impronte segniche su materiali plastici
e metallici a volte interagenti con sistemi luministici al neon. Nascono
categorie di immagini che sanno eludere la visione creando inganni percettivi: là
dove si concentra il segno si
materializza un'icona che a tratti si sfalda, si sottopone a fratture capaci di
monitorare profondità spaziali di carattere virtuale, al limite
dell'inconsistenza formale.
Il
titolo di questa installazione è di per sé emblematico, "Il giorno e la
notte" si danno come polarità interconnesse e inscindibili: dove l'uno
inizia l'altra finisce, secondo il perpetuo alternarsi della scena universale.
Se
il primo ambiente installativo in cui ci si imbatte corrisponde alla razionalità
del giorno, privo di ombre e lucido nell'affermazione delle opere mostrate , tra
ordinate ed armoniche "canne d'organo" e circolari "oblò segnici"
evocanti la circolarità della forma perfetta, nel l'incedere nel secondo
spazio, invece, si ha l'impressione
di essere colti dal mistero delle ombre.
Nel
regno della notte e del sogno, si allentano i freni inibitori e si scandagliano
nello spazio emozioni, sensazioni inconsce
, vapori di energie latenti, coaguli di materie oniriche.
Qui
sembra cogliere l'impressione
mobile di un abissale alveolo marino, percepibile nelle riflettenti volte murali
rivestite di lamine plastificate blu e nel
lucido pavimento ricoperto di argentee lamiere specchianti in cui segni
arcuati, oggetti pseudo-scientifici, ciotole contenenti liquidi cobalto,
possibili "oblò" aggettanti, concorrono a evocare l'immagine d'un
involucro significante quale luogo simbolo, stigmatizzato da incessante spirito
di trasformazione.
Un
evento-spia rivela la presenza nell'opera di questo spirito
trasformativo-rigenerante, ad esempio attraverso il processo ininterrotto di
vaporizzazione e condensazione dell'acqua: ciò avviene continuativamente nei
vasi-crogiuolo dove, per fenomeno naturale del calore, si distillano liquidi
turchini in piccole gocce, coagulantesi nella
superficie inferiore del coperchio trasparente.
Miriam Cristaldi