Pinot Gallizio

 

Col centenario della nascita di Pinot Gallizio, la cittadinanza è stata invitata (il 20 aprile) al museo d’arte contemporanea di Villa Croce per una giornata di studio e di incontro con l’opera di questo artista. Per l’occasione è stato presentato il catalogo generale con l’intero corpus delle opere, edito Mazzotta, ad iniziativa della fondazione Ferrero, a cura di Maria Teresa Roberto, Giorgina Bertolino e Francesca Commisso.

E’ stato inoltre proiettato il lungometraggio “Dérive Gallizio” di Pietro Balla e Monica Repetto e installato nelle sale del museo il “rotolo di pittura industriale”, lungo 74 metri, realizzato dallo stesso Gallizio nel ’58.

Allo stesso tempo, di concerto con tale manifestazione, la galleria Martini & Ronchetti (via Roma 9, fino all’estate), da sempre attenta agli eventi culturali nazionali e internazionali, ha inaugurata la corposa mostra: “Pinot Gallizio.Oggetti e spazi per un mondo peggiore”.

Gallizio nasce ad Alba, (1902, 1964), ed è protagonista degli avvenimenti artistici degli anni ’50, ’60 per ciò che concerne la ricerca in Europa.

Infatti, in questo territorio delle Langhe, ad Alba, fonda con il danese Asger Jorn e con Piero Simondo, un importante centro di sperimentazione artistica con il “Laboratorio sperimentale del Movimento internazionale per una Bauhaus immaginista”

E’ questo, un importante cenacolo da cui prendono avvio iniziative culturali e politiche e accese discussioni attivate da artisti come Lucio Fontana, Enrico Baj, Karen Appel (Gruppo Cobra), Ettore Sottsass.

Gallizio è pure cofondatore del movimento europeo), “Internazionale situazionista” (non scevro da aspetti concettuali, cui fornisce nuove tematiche con il suo lavoro di “pittura industriale” avvolta in grossi rotoli , destinata ad essere venduta a metraggio. Da così corpo all’operazione “Caverna dell’Antimateria”, realizzata a Parigi nel ’59, alla galleria Drouin, attraverso uno spazio morbido, avvolgente, polisensoriale , ricco di rimandi antropologici.

Una pittura, la sua, che esce dai canoni tradizionali del quadro per offrirsi come opposizione alla logica imposta dalle macchine e dalla civiltà industriale, “ma al contrario piegando la macchina all’esigenza ludica dell’artista”.

 

                                                            Miriam Cristaldi