Pittura digitale
La
pittura di Lidia Creazzo ( Museattivo Claudio Costa, fino al 3O maggio) è
il risultato di lievi tocchi sulla carta delle dita intinte nei colori ad olio.
Come un vibrante solfeggio che stilla musica dalla tastiera, così
l'autrice fa scorrere le mani sul foglio bianco creando col colore (estratto
direttamente dal tubetto) accordi e dissonanze, fughe e ritmi incalzanti.
E'
come se Lidia digitasse un codice segreto, personalissimo, suggerito dalla
mente: quasi uno schema del pensiero in grado di dettare forme, segni,
pressioni, cadenze, inflessioni, accenti che riescono a materializzare
paesaggi nel significato di un naturalismo primordiale.
E
le dita pigiano veloci andando a segnare gesti,
riproporre diagrammi seguendo ora spinte ascensionali, ora orizzontali
attraverso percorsi curvilinei così come curva è la visione dello spazio
percepito dall'occhio.
La
pressione manuale sulla carta plasma campiture
cromatiche a guizzanti falde, dai margini leggermente in rilievo generando
vibratili micro-ombre. In alcuni casi il polpastrello preme sulla superficie del
supporto depositandovi la pelle di una pittura a "tocco", simile all'
impronta digitale.
Alle
soglie del duemila si assiste così ad una totale conversione delle tecniche
pittoriche , azzerate in funzione di un uso esclusivamente manuale.
L'autrice
sembra in questo senso rompere con la comunicazione mass mediale per
favorire un contatto diretto, intimo con la
pittura, quasi a ritrovare
una verginità dell'immagine. Un desiderio, quest'ultimo, che grandi maestri
quali Klee, Kandinski , Dubuffet o Rousseau hanno realizzato facendo tabula rasa
con le tradizionali tecniche di rappresentazione
mediante un'esperienza estetica basata su una rinnovata purezza
d'immagine.
Il
tema che Lidia propone in questa mostra è
quello di una natura essenzializzata composta
da smeraldine lingue infuocate, da frammenti di cascata, da arcuate fasce
erbose, da collane di fiori-reticolo o da spiraliformi astri-onfalo. Un
immaginario simbolico che arriva direttamente all'inconscio passando dalla sfera
istintuale dell' Essere per direzionarsi a ritroso nel tempo e nella storia fino
a riscattare un'arcaicità, una
sorta di pre-istoria dell'antropos.
Nasce
l'abbraccio tra istinto e progettualità, tra
silenzi di paesaggi desertici e fragori di timbri cromatici mentre prende
corpo l'aggregazione compositiva di una "pittura digitale" fatta di
sintetici gesti e di icone primordiali là dove l'uomo, cacciato dall'Eden,
nella sofferenza e nel dolore tenta di ricostruire il paradiso perduto.