E' nato a Genova un nuovo spazio  polivalente, il "Fitzcarraldo", un caratteristico bar (  piazza Cavour 35 r )  che interagisce con spazi dedicati alla musica e all'arte visiva. Sabato scorso si è inaugurata la  mostra dedicata all'artista genovese Claudio Costa, prematuramente scomparso il 2 luglio del '95, curata dallo scrittore e filosofo Ettore Bonessio Di Terzet (fino al 29 marzo).

Se si può individuare un'immagine che possa far "riconoscere" l'operato dell'artista, penso che la più calzante sia quella del "cervello",  un simbolo fortemente espressivo (spesso ricorrente in tutto il suo lavoro) che racchiude in sé tanti significati.

Forse il più calzante  è quello dell'"uomo pensante" nell'universo cosmico, l'uomo che cerca di attingere dalla manifestazione una conoscenza sapienzale espressa attraverso l'umile e infaticabile prassi del fare artistico.  Più precisamente si tratta di una conoscenza di carattere antropologico che studia i comportamenti dell'uomo rispetto all' ambiente nelle varie epoche in rapporto con lo spirituale, secondo un cammino a ritroso nel tempo: conoscere il passato ( soprattutto quello remoto) significa  fornire alla propria identita quelle capacità atte a  comprendere meglio il  presente e il prossimo futuro.

In questo senso il suo lavoro si manifesta come un atto di continua trasformazione delle cose, degli oggetti trovati, spesso in disuso, che hanno perso la loro funzione originaria per acquisire nuove sembianze, a volte  fantastico-terrifiche,   sovente legate ai miti, ai riti,  all'esoterismo, all'alchimia, scorrendo lo sguardo dalla preistoria alla civiltà contadina fino all'attuale universo tecnologico.

Particolarmente affascinante è "La falce del sole", dove una falce orizzontale diventa arcata entro cui s'inscrive la testa in creta di una divinità rinascimentale. IL lavoro,  tutto dipinto di giallo e tempestato da frammenti di zolfo, fulgido nella luce solare,  avverte anche del contrario: l'attrezzo contadino rimanda inequivocabilmente alla simbologia della morte e al principio della "trasformazione".

Penso alla sua grande opera firmata nel '92 col nome di "Museo attivo delle Forme Inconsapevoli" (oggi denominato "Museattivo Claudio Costa") - istituzionalmente fondato dallo stesso artista,  Antonio Slavich, Luigi Maccioni, G.Franco Vendemiati e la sottoscritta - da intendere come "opera" in  trasformazione mediante l'ampliamento continuo del corpus dei lavori artistici donati e l'esercizio di attività collaterali quali mostre, dibattiti, convegni, incontri, ecc...; ma anche come luogo di sofferenza psichica che l'artista,  con la cura intensiva del "cuore a cuore" , ha cercato in piccola parte di trasformare in energia creativa.

 

                                                            Miriam Cristaldi