Carlo Merello e Rodolfo Vitone

 

Carlo Merello, artista genovese, presenta “Pagine ermetiche”, opere inedite (periodo ’87 - ’91) insieme ad  “Opusculum Vasi”, lavoro comprendente 7 disegni accompagnati da un testo poetico dello scomparso Renato Conte.

Merello è un artista  vicino all’area concettuale che cede ben poco alle lusinghe della visione, cioè al bello estetico, per privilegiare il “senso” intrinseco del suo lavoro attraverso una raffinata sintesi grafica (ed oggettuale) che evidenzia significati e simbologie sviluppate dagli stessi suoi segni.

Per questo il suo pensiero scorre veloce sulle tracce della storia, a ripercorrere, rinnovandoli, i luoghi dei miti, recuperando quel linguaggio espressivo che tuttora germina “ermetica memoria”.

Guardando là dove geometrie, labirinti, superfici speculari disegnano complesse angolature, percorsi intricati, simmetrie  misteriose, magici riflessi, e al contempo permettono di scorgere esoteriche coniunctiones  oppositorum, secondo cui gli opposti trovano ragion d’essere nella totalità del loro manifestarsi.

E il negativo si accoppia  allora col positivo, il vuoto pretende il pieno, la luce emerge dall’ombra, il bianco si evidenzia col nero, il femminile richiama il maschile, il “caldo” del legno si sposa col “freddo” del cristallo, mentre pagine di futuro riflettono echi del passato.

 

Nello stesso spazio di Satura (piazza Stella 1, fino al 20 aprile) espone pure Rodolfo Vitone  (anch’egli artista genovese presentato da Sandro Ricaldone) con  la mostra “I sentieri della Ricerca”.

Un personaggio, questo, particolarmente variegato, che ha spaziato con ricerche sulla Poesia Visiva (anni ’60) e che allo stesso tempo si è occupato di critica, cinematografia, insegnamento, design, happening ed è tra i fondatori del “Gruppo Studio”, “La carabaga”, “Tool”, “Il Marcatrè”.

Inizialmente il suo lavoro si basa sulla manipolazione delle lettere dell’alfabeto che diventano segni autosignificanti,  al di fuori di contesti letterari. Poi si aggiungono immagini di ciglia, labbra, rose, spine… mentre più tardi velature rossastre evocano la storia della pittura.

Negli ultimi lavori qui esposti diminuisce il dato scenografico per evidenziare un percorso più concettuale. Le foto di scatti sovrapposti, in tempi e luoghi differenti, creano spiazzamenti visivi dovuti a riproduzioni fotografiche in cui gli stessi segni, cambiando posizione, forniscono risultati visivi diversi. Nonostante l’uso di un’identica semantica.

E ancora, l’ormai fatiscente macchina da scrivere, qui imbalsamata sotto una bianca vernice, pare assumere la fantasmagorica forma di oggetto archeologico, sulla cui fronte brillano in oro le iniziali dell’artista. Unico superstite e testimone di un tempo da consegnare a futura memoria.

                                                            Miriam Cristaldi