Nell'originale presepe della chiesa genovese di N. S. delle Grazie e S. Gerolamo di Castelletto, ricostruito totalmente lo scorso anno in sostituzione di quello precedente andato bruciato, sono state oggi aggiunte alcune "figurine" capaci di animare e arricchire di  suggestivi  effetti esotici i luoghi della Natività.

Giuliana Poggi e Diana Aronni, le autrici di questo essenziale ed esclusivo presepe a quattro mani,  su caloroso invito del parroco Don Marino, hanno realizzato singolari figurine in terracotta (la prima) ed efficaci elementi architettonici e scenografici (la seconda) svincolati dalle abituali casette in sughero circondate da muschio e da figurine in pose tradizionali, creando invece personaggi simbolici con atteggiamenti inconsueti ( ma carichi di significati) abitanti paesaggi cangianti nella luce del giorno alternata a quella della notte.

Infatti le "figure" di Giuliana Poggi, scolpite con forte senso plastico - vicine per certi versi a soluzioni giottesche secondo cui gesti essenziali pietrificati nella materia del cotto riescono ad imprimere cadenze e solennità alle forme - vivono nello spazio permeate dalla luce che scivola sui larghi piani di una composizione serrata.

Così come avviene ad esempio per l'immagine della Vergine rappresentata da una ragazza ebraica, seduta su di una pietra, che torce lentamente il busto compatto verso il bimbo ( che si succhia il dito) nel giaciglio di paglia, a terra.

Anche gli intrecci di sguardi tra personaggi, posti frontalmente e raffigurati con atteggiamenti inusuali, concorrono a suggerire stati d'animo profondi, legati certamente al senso delle scritture evangeliche capaci di evocare, più che a descrivere, intime emozioni e sentimenti universali.

Studi approfonditi sui costumi e sui luoghi sacri - di allora e di oggi - hanno permesso alle artiste di coordinare abiti e fisionomie corrispondenti agli usi e costumi dalle popolazioni berbere ed ebraiche di quei luoghi. Come nel caso del tuareg che affronta il deserto con il suo cammello o dei pastori che si avvicinano al Bambino e della donna al pozzo che si carica il vaso d'acqua sul capo o ancora della donna araba (dalla pelle scura) con il figlioletto in braccio che dialoga con Maria.

Particolarmente suggestivo è il corpo architettonico che fa da quinta scenografica, realizzato in cartapesta da Diana Aronni (allieva di Claudio Costa), secondo la struttura di una grande muraglia luminosa come appunto appaiono le abitazioni costruite in calce dai palestinesi.

 Un presepe sicuramente da non perdere e che riesce a esprimere il mistero della Natività concentrando i gesti e le strutture in forme assolute ove niente cede alla decorazione ma tutto è finalizzato alla sintesi estrema: questo per ottenere il massimo degli effetti.