"Mantra"
è "la forma sonora della divinità corrispondente a un nome o a un
aspetto", recita il dizionario dei simboli di J. C. Cooper, e si riferisce
al suono primordiale, all'invocazione di un nome ripetuto all'infinito e scritto
in codice; così come nel caso dell'incisione in oro del mantra
che Omar Galliani dedica a "Laura", la sua musa ispiratrice,
nella mostra di disegni e pastelli di recente inaugurata alla galleria Rotta
(via XX settembre 181 r).
L'intera
mostra è dedicata al tema femminile, a volti e a corpi di donna espressi in
maniera iperrealista, tanto da
sembrare a prima vista fotografie elaborate.
Si
tratta invece di libere interpretazioni realizzate con una sapientissima tecnica
del disegno con cui vengono
descritti, nella precisione del dettaglio, personaggi femminili particolarmente
cari all'attenzione dell'artista.
Il
linguaggio è quello dei "citazionisti ", detti anche "pittori
colti", che hanno fatto parte negli anni '80, con Omar Galliani,
del gruppo Anacronismo
(fondato da Maurizio Calvesi, Italo Tommasoni e Italo Mussa), caratterizzato dal
recupero dei temi, degli stili e delle tecniche del passato, citando i classici
della storia attraverso una libera rivisitazione d'aspetto manieristica.
I
personaggi che l'artista ritrae contengono qualità ossimoriche attraverso cui
esprimono i
significati e il loro esatto contrario:
infatti queste presenze più-che-reali vengono proiettate nel mondo
magico della mitologia e risultano lontane anni luce dalla quotidianità,
proprio in virtù di un lento processo di decodificazione
e di simbolizzazione.
Un
processo che si attua sotto gli occhi: le immagini sono immerse nell'ombra e
caravaggeschi raggi di luce mettono a fuoco qualche particolare così da eludere
la connotazione fisica per creare misteriose fogge che abitano mobili e nebbiose
atmosfere.
E
ancora: quasi tutte le figure
appaiono fornite di ombrose ali curvilinee capaci di esaltare la purezza di un
volto o il nitore di un profilo insinuandosi nello spazio come flessuose forme
che degradano la luce nel buio. In questo caso la carnalità vibrante dei volti
o dei corpi di donna si fonde con la luce del mistero rappresentata
dall'universalità del mito e dell'allegoria che muove la liturgia dell'opera,
ricca di segni oppositori quali possibili cifre
del linguaggio simbolico.
Inoltre
Omar Galliani coniuga grandi disegni con altrettante gigantesche tavole dipinte
con foglia d'oro su cui appaiono incisi i mantra: quest' operare con la
preziosità della materia è un altro segno connotativo dell'artista.
Se
l'oro in alchimia definisce la qualità del sacro, il raggiungimento del centro,
e per il buddismo la luce, l'illuminazione dell'intelletto, per l'autore forse
rimanda all'astro solare, alla luminosità incorruttibile che trasforma la
materia bruta in sostanza nobile nell'atto di protendere, dal basso verso
l'alto, all'immortalità dell'universo trascendente.
La
mostra è corredata di catalogo con testi di Italo Tommasoni e di Luciano
Caprile.
Miriam Cristaldi