Franco Garelli

 

“Nella scultura non c’è più gioco di superfici a ricevere più o meno incontri di luce…, ma la fervida avventura della disintegrazione-integrazione dentro le forme stesse….Bisogna saper vedere tutta la scultura con i suoi vuoti attivi…”, scrive nel ’57 lo scultore Franco Garelli (Diano d’Alba 1909 - Torino 1973) riguardo il suo lavoro, volendo con questo specificare che l’opera non è più oggetto estraneo allo spazio, ma si integra totalmente con esso attraverso il gioco dei vuoti (aria) coi pieni (materia della scultura), proprio secondo “una vera emulsione”.

Un’opera scultorea, la sua, nata con le terracotte degli anni ’30 attraverso interpretazioni cubo-futuriste e che si sviluppa nei decenni successivi (anni ’50, ’60) nell’ambito del linguaggio Informale. I suoi lavori hanno trovato accenti internazionali e hanno sviluppato un linguaggio personalissimo e inconfondibile secondo canoni informali che non si allineano agli assottigliamenti strutturali di un Giacometti o alle devastanti deformazioni di un Dubuffet, quanto invece ad assembramenti materici risolti in un’espressione drammatica  che codifica “una nuova dimensione di realtà dinamica della vita attuale in tutti i suoi aspetti, fisici quanto psicologici e inconsci… quindi un mito meccanico in una nuova accezione…” specifica il critico d’arte Enrico Crispolti riferendosi al lavoro dell’artista torinese.

Diverse e indicative sono state le amicizie dell’autore: dai contatti con Martinetti, Arturo Martini e Luigi Spazzapan alle frequentazioni ad Albissola con Lucio Fontana, Agenore Fabbri, Tullio D’Albissola; e ancora, dagli stretti contatti col gruppo Cobra (Jorn, Appel, Corneille) alla frequentazione del Laboratorio Sperimentale d’Alba, animato da Pinot Gallizio.

Per Franco Garelli, la figura diventa l’ideale con cui misurarsi: una forma con cui operare una sorta di costruzione, più che fornire esempi di distruzione.

Figura, quindi, come visualizzazione del sembiante umano che rivendica la sua centralità in un momento storico “contro”, poiché l’informale imperante ne astrattizza la realtà.

Scrive infatti l’artista “…il calore espressivo trova il suo suggello in un organizzarsi delle forme… e mette in atto una decisione costitutiva dell’immagine che è finalmente testimonianza  a favore di un personaggio”.

Ma i suoi suggestivi “personaggi” in terracotta e in metallo, fortemente trasfigurati nell’assemblaggio compositivo, si aprono in seguito a suggestioni oggettuali di carattere macchinico  mediante l’essenzialità di strutture primarie tubolari, risolte anche in grandi dimensioni.Nascono lavori straordinari dove la qualità pittorica mette in risalto l’alta drammaticità.

Le “Sculture in terracotta e ceramica” esposte in mostra (Galleria Martini Ronchetti, via Roma 9)  sono  altissima testimonianza dell’intero percorso dell’artista.

 

                                                            Miriam Cristaldi