La Storia di Glauco: Capitolo 72

 

Capitolo 72 - Il giorno delle nozze

La mattina dopo furono svegliati prima dell’alba, fu dato loro da mangiare, quindi vennero loro consegnati i vestiti per quella giornata: lunghe e fluenti tuniche bianche in stile orientale con una larga striscia dorata ricamata sotto la vita. Ai piedi indossavano scarpe di lino. Una volta che furono lavati e vestiti, tutti i servi vennero radunati fuori dei loro quartieri sotto i raggi arancioni del sole nascente. Lucio e Brenno erano là. Come pure l’uomo con il tic.

Stercolino si era messo in piedi sopra una cassa di legno per aggiungersi altezza, e batté le mani finché non ottenne l’attenzione di tutti. Quella mattina entrambi i suoi occhi avevano il tic.
- Questo è il giorno! - esclamò. - Questo è il gran giorno che tutti attendevamo! Tutto deve essere perfetto, oggi. Perfetto! Ciascuno ha un lavoro fare e deve farlo in modo perfetto.

Glauco soffocò uno sbadiglio e lanciò un sorriso obliquo in direzione di Brenno. Il ragazzo sogghignò in risposta.

L’uomo batté di nuovo le mani, rendendosi conto di non aver avuto la completa attenzione di tutti.
- Ora, i servi che assisteranno gli ospiti al banchetto sono già stati assegnati. Voi farete due cose. In primo luogo, questa mattina, mentre gli ospiti ammireranno la dote della sposa, alcuni di voi si disporranno lungo il perimetro della sala ricevimenti... ed aiuteranno le guardie ad accertarsi che niente sia... ehm, preso in prestito. Altri faranno le pulizie dell’ultimo momento. In secondo luogo, porterete il cibo dalla cucina alle tavole nella sala del banchetto, da dove i camerieri lo prenderanno per servirlo. Ecco tutto. Semplicissimo.

Lucio incrociò lo sguardo di Glauco. Sarebbero stati mandati nella sala del banchetto. Anche Severo, Plauziano ed i genitori di Mario si sarebbero trovati nella sala del banchetto. Il che non era cosa buona.

Le mani batterono ancora ed i servi si diressero verso il palazzo. Mentre camminavano, i quattro cospiratori si scambiarono le posizioni in modo da ritrovarsi insieme, sperando di poter essere assegnati alla stessa collocazione. Lo furono. Poco dopo si ritrovarono uno accanto all’altro, mani dietro la schiena, lungo la parete della grande sala ricevimenti, dietro i regali della dote presentati in file ordinate, che riempivano l’intera stanza. Non passò molto che gli ospiti cominciarono ad arrivare per la cerimonia di nozze che avrebbe avuto luogo a mezzogiorno, lasciando parecchio tempo per le celebrazioni successive.

Vestite nelle loro sete più eleganti e trasudanti di gioielli, le mogli di magistrati, capi militari e uomini d’affari dell’impero accompagnavano i loro mariti in uniformi e toghe appropriate al loro rango. Molte coppie si trattenevano in gruppi salutandosi a vicenda come vecchi amici, mentre le mogli si appiccicavano sorrisi affettati sulle labbra imbellettate, lanciando occhiate derisorie ai vestiti delle altre donne, ed i loro mariti ridevano un po’ troppo forte alle facezie dei loro pari. Alcuni scelsero di ammirare i regali della dote, dal momento che dalle finestre delle loro case non avevano potuto vederli chiaramente, poco disposti ad associarsi alla plebaglia nelle vie. Girovagavano tra le ricchezze, ammirando e valutando, confrontando e criticando, bisbigliando opinioni in orecchi zelanti sulla qualità di questo e l’autenticità di quello.

Glauco era affascinato dagli inverosimili colori dei capelli delle donne e dalle loro poco probabili acconciature: capelli piegati, contorti, arricciati ed arrotolati in alte masse con gioielli annidati che scintillavano. Pensò ai delicati riccioli neri di Massima ed alla semplice coda di cavallo castana di Clara. Non era la prima volta che pensava a Clara nelle ultime settimane. Si domandò come stava e che cosa avrebbe pensato di un’esibizione come quella. Il valore del divano che aveva trasportato il giorno prima sarebbe bastato benissimo a sfamarla per un anno... forse due.

Verso metà mattina Glauco ed i suoi compagni presero a spostare il proprio peso da un piede all’altro, cercando di mantenere l’equilibrio e l’interesse. Quello che inizialmente era divertente, adesso era mortalmente noioso. E faceva caldo, c’era calca e rumore. I profumi dolciastri viziavano l’aria umidiccia. Alcune signore aprirono con uno schiocco i ventagli per cercare di impedire al loro trucco di sciogliersi e Glauco notò macchie scure sotto molte braccia. Questa gente poteva anche essere ricca e potente, ma sudava proprio come chiunque altro.

Improvvisamente, udì il respiro soffocato di Mario e lo vide abbassare il mento sul petto.
- I miei genitori, - bisbigliò il giovane con una punta di panico nella voce. - Sono appena arrivati.

Glauco ebbe appena il tempo di intravedere una coppia sulla quarantina dirigersi rapidamente verso la sala del trono, e ne ebbe un’impressione di modi raffinati e sobria ricchezza.
- Non stanno per venire da questa parte, ma tieni giù la testa comunque. - Glauco seguì il suo stesso consiglio anche se i genitori di Mario non lo avrebbero riconosciuto.

In quel modo, si persero l’ingresso delle Vestali, che arrivarono appena prima che la cerimonia iniziasse, abbigliate nel consueto bianco candido. Inoltre non videro un uomo d’affari con la moglie e le loro quattro figlie. Tre delle ragazze ridacchiavano nervosamente, per l’eccitazione, mentre si dirigevano verso la sala del trono. La quarta, una bellezza dai capelli neri, restava indietro, guardandandosi intorno costernata.

Come per un’imbeccata, la sala ricevimenti si svuotò e le coppie si affrettarono a trovare posto nell’affollata sala del trono. I servi furono mandati fuori e collocati sui lati dell’ampio corridoio principale che conduceva alla sala del trono, ed a ciascuno fu consegnato un pugno di petali di rosa di colore rosso. Mario si trovava accanto a Glauco nel peristilio, in piedi fra due colonne avvolte di rose.
- Questo sarà qualcosa da raccontare ai nostri nipotini, - bisbigliò Mario, e Glauco soffocò una risata.

Clap, clap!
- Non schiacciate i petali, - istruì Stercolino, camminando con baldanza su e giù per il corridoio, - o non fluttueranno correttamente. - Ora l’intero viso dell’ometto si stava contraendo nervosamente. - Non lanciateli finché la sposa non si trovi vicino a voi, quindi lanciateli in alto, in aria, così. - Si sollevò sulle punte dei piedi e con garbo scagliò la mano in aria, il polso piegato elegantemente. - Allargate le dita all’ultimissimo momento, per ottenere la massima altezza. - Annuì con soddisfazione mentre alcuni servi zelanti dimostravano la loro tecnica senza realmente liberare i petali. Brenno fu uno di loro. Glauco si morsicò il labbro inferiore per reprimere il sorriso che minacciava di divorargli il viso e degenerare in una gran risata. Erano vicini alla fontana ottagonale riccamente adorna, che ora era rivestita di ghirlande rosa, e Glauco fu felice che il suono dell’acqua gorgogliante dissimulasse i loro bisbigli. Brenno e Lucio si trovavano sul lato opposto della fontana, anche loro fra le colonne decorate.

Le trombe suonarono e la processione ebbe inizio. Il primo ad emergere dalle ombre all’estremità del corridoio fu Settimio Severo, risplendente nelle sue più eleganti sete color porpora e nella corazza d’oro cesellato. Gli attendenti reggevano sopra la sua testa un’enorme aquila dorata con le ali spiegate. Tutto compreso dal suo ruolo, Severo teneva lo sguardo fisso avanti a sé, di modo che Glauco poté studiarlo senza timore, mentre si avvicinava. Sotto la corona di foglie di lauro d’oro, l’espressione era studiata e dura, concentrata sul camminare con uniformità, senza alcun cenno della zoppia che avrebbe potuto insidiare la sua forza e autorità. Capelli e barba erano stati tinti, arricciati e cotonati per cercare di farlo sembrare più giovane e maestoso ma, semmai, facevano risaltare il suo viso rugoso e scavato dalle preoccupazioni. Eppure, c’era una torva determinazione in lui ed in verità era ancora temibile. Glauco non gli era stato così vicino da quando si era trovato in Germania e involontariamente rabbrividì.

L’imperatrice, Giulia Domna, gli camminava accanto, la mano posata con leggerezza sul braccio del marito, anch’ella con lo sguardo fisso avanti a sé, il viso attraente più affaticato che radioso. Una tiara scintillante era annidata tra la massa impilata di ricci, ed il vestito luccicava di tonalità porpora e blu mentre ella passava lentamente dalla luce all’ombra e di colonna in colonna.

Glauco presto comprese il motivo della stanchezza dell’imperatrice. Dietro di loro marciava il loro figlio... il giovane sposo, futuro sovrano dell’impero... il viso contorto da un ghigno sgradevole, che lo faceva sembrare molto più vecchio dei suoi quattordici anni. Era alto quasi quanto il padre e già piuttosto grosso in vita. Chiaramente, come provato dall’espressione acida sulla faccia scimmiesca e dall’incedere caparbio, Caracalla non era contento delle nozze e non esitava a farlo vedere. Senza dubbio era stata una mattinata provante per i suoi genitori.

Glauco si sentì dispiaciuto per Giulia Domna, seconda moglie di Severo, nata in Siria e discendente dall’antica dinastia che governava Èmesa. Era stata scelta in sposa dall’ambizioso Severo, perché l’oroscopo di lei rivelava che avrebbe sposato un re e quella profezia si era dimostrata più che vera. Ella subito generò due figli maschi al marito, Caracalla e Geta, adempiendo così al suo ruolo di fornirgli un erede maschio. Donna intelligente, era patronessa di scrittori e filosofi e spendeva gran parte delle ricchezze del marito per restaurare i templi romani, tra cui il Tempio di Vesta. Per questo era stata accettata dai patrizi romani malgrado la sua eredità orientale.

Altri squilli di tromba seguirono il ragazzo, poi vennero gli eunuchi dorati, in fila per due, adorni di fiori intorno al collo e ai capelli. Questi uomini evirati dalla pelle olivastra, gli occhi scuri e i capelli oliati, lanciavano in aria obbedienti petali di rosa, da delicati cestini, creando un tappeto di petali per la sposa che li seguiva al braccio del padre.

Ora Glauco capì il perché dell’aquila al di sopra della testa di Severo. Plauziano era vestito con ancor più prodigalità che l’imperatore, la sua corazza superando quella di Severo con le immagini di gloria cesellate e tempestate di gemme preziose, le quali lanciavano sfavillii quando catturavano i raggi del sole che vi si riflettevano. I suoi vestiti erano di un porpora scurissimo, ma cionondimeno porpora, il colore riservato alla sovranità. Si era fissato un sorriso gelido sul viso astuto. Glauco fu sorpreso di vedere come era cambiato dalla Germania. Era molto più appesantito e flaccido, la corazza ben più larga di quanto fosse mai stata prima. Il doppio mento gli ballonzolava sotto la mascella e le guance avevano ceduto. Ma gli occhi appartenevano ancora a Plauziano... freddi, duri e minacciosi malgrado il sorriso sulle labbra sottili.

Le dita della figlia erano schiacciate, ormai bluastre, nella piega del braccio di lui, ed egli quasi trascinava la ragazza per il corridoio. Ella si teneva indietro... sposa alquanto riluttante... rifiutandosi di camminare a fianco del padre. Una pioggia di petali di rosa discese sul suo velo color zafferano e sulle spalle coperte di seta gialla. Anche Glauco lanciò i suoi petali in aria, ma ella non ne vide neanche uno, lo sguardo vitreo e vuoto. Inciampò passandogli vicino e riuscì a mala pena a recuperare l’equilibrio... quasi immobilizzata sotto il peso dei gioielli: disposti a file intorno al suo collo, brillavano alle orecchie sotto il velo e drappeggiati intorno a polsi, caviglie e vita. Se fosse stata vestita di bianco sarebbe potuta sembrare una Vestale decaduta condotta all’esecuzione, piuttosto che una sposa.

Era seguita da molte ancelle ornate di fiori, ma Glauco seguì con gli occhi la tragica ragazza fino al grido che si levò dalla sala del trono:
- La sposa! La sposa! - Era condannata... sacrificata per l’ambizione del padre.

Quello era semplicemente il corteo di nozze più lugubre che avesse mai visto.

Ma l’inizio delle nozze poteva significare che gli appartamenti imperiali adesso erano vuoti. Lucio ovviamente pensò la stessa cosa ed accennò col capo in quella direzione. Nella confusione che seguì, il loro allontanarsi non fu neppure notato.