La Storia di Glauco: Capitolo 69

 

Capitolo 69 - Il piano

Con gran delusione di Brenno, lui e Glauco alloggiarono di nuovo da Eugenia, nondimeno Glauco si sentì alquanto a proprio agio perché Eugenia si deliziò molto nel coccolarli, e le ragazze si comportarono da amiche. Mario decise di andare a casa sua, pensando che avrebbe potuto destare meno sospetti stando là. Anche Lucio alloggiò da Eugenia, finché non scovò dei vecchi amici di suo nonno disposti ad ospitarlo e a mantenere il silenzio.

Di notte Glauco seppelliva la sua impazienza nei corpi delle prostitute romane che lavoravano nei migliori bordelli della città. Si ricordavano di lui da quando aveva cercato Giulia ed erano piuttosto felici di rivederlo. Di giorno andava a zonzo per le vie intorno al palazzo, cercando di identificare le persone che in maniera regolare andavano e venivano dai grandi cancelli. Era inutile... ce n’erano semplicemente troppe, a piedi, su carri e carretti, e su lettighe. Lucio aveva ragione. Stava accadendo qualcosa. Quando temeva che la sua costante presenza fuori del palazzo potesse sembrare sospetta, si confondeva tra le ombre profonde delle case lussuose sul Palatino e scrutava verso l’appartamento di Giulia. C’era lei? C’era Massima? Non aveva tentato di stabilire un contatto, timoroso di coinvolgerle nel loro pericoloso complotto, ma sentiva terribilmente la loro mancanza.

Brenno fungeva da corriere, prendendo piccole tavolette di cera con messaggi scarabocchiati da uomo a uomo e riferendo messaggi verbali sui luoghi degli incontri. Era un compito che il ragazzo adorava.

Si incontravano ogni notte nelle locande prestabilite, nelle zone più squallide della città, per raffrontare i loro progressi. Una notte, sul tardi, tre giorni dopo il loro arrivo a Roma, Lucio li raggiunse ad un tavolo situato in un angolo buio, con un largo sorriso sul volto.
- Nozze reali, - affermò.

- Che cosa? - chiese Glauco, desideroso di avere qualche chiarimento.

- Il figlio maggiore ed erede di Settimio Severo, Caracalla, altrimenti conosciuto come Marco Aurelio Antonino, o semplicemente Cesare, sposerà la figlia di Plauziano, il comandante pretoriano di Severo, fra tre giorni da oggi. Il ragazzo ha soltanto quattordici anni. Il nome della ragazza è Publia Fulvia Plautilla e senza dubbio prenderà il titolo di Augusta. Ha sedici anni. Ecco il motivo di tutta quell’agitazione e quell’attività. E’ anche la ragione per cui c’è tanta gente in città. Il giorno delle nozze sarà festa, naturalmente, così come il giorno prima di esse. Inoltre, in seguito ci saranno tre giorni di celebrazione. Bevute, gozzoviglie, canti, balli, processioni... sia dentro che fuori del palazzo. Il nostro tempismo è perfetto. La città intera sarà in gran festa. Nessuno ci noterà mai tra la folla. Possiamo vagare per la città a volontà e rilassarci. Sono sicuro che in questo momento tu sia l’ultima delle sue preoccupazioni, Glauco.

- Sì, ho sentito anch’io parlare delle nozze, - confermò Mario. - Ecco il motivo di tutte quelle ghirlande di rose. La città intera è coperta di ghirlande di rose.

Lucio continuò con un sorriso ironico.
- Non c’è alcun dubbio che ogni governatore dell’impero si trovi qui. Mi domando perchè non ho avuto il mio invito.

- Colpa del servizio postale[1], - scherzò Glauco.

- Mmm... probabilmente giace sul fondo del burrone più profondo nel Summo Poenino, - rispose Lucio, che si stava godendo enormemente la loro avventura. Si sedette comodamente, con l’aria noncurante di un uomo in pace con se stesso.

- Mario, - disse Glauco, - tuo padre si trova qui per questo? Non dicesti che è governatore di...?

- Cappadocia. E’ governatore di Cappadocia e, sì, si trova qui.

- Forse può aiutarci, - suggerì Glauco.

- Vuoi scherzare, - rispose Mario. - Se sapesse che sono coinvolto in una cosa del genere mi rinchiuderebbe egli stesso nella Prigione Tulliana.

- Però lui ha avuto un invito, - insisté Glauco.

- Sì... perchè? - chiese Mario con prudenza, sapendo quanto poteva essere temerario il suo amico ispanico.

- Potremmo prenderlo in prestito e contraffarlo. In questo modo potremmo entrare tutti con l’invito.

- E come facciamo contraffarlo? L’ho visto. E’ una tavoletta d’oro profusamente cesellata. Oro massiccio. Con il sigilllo dell’imperatore. Dove prendiamo le tavolette d’oro?

Glauco spostò lo sguardo su Lucio.

 - Non guardare me, - disse lui. - Non ho abbastanza monete con me per farne neppure una. Sto contando soprattutto sulla carità, mentre sono qui. Dovrà essere in un altro modo.

 - Sarebbe un ricordo piacevole da avere, no? - rifletté Brenno - Un invito d’oro.

 - E’ cambiata molto Roma? - chiese Mario a Lucio, deviando rapidamente la conversazione mentre un servitore si avvicinava per riempire di vino i loro calici.

 - No, non veramente, - disse Lucio, seguendo senza difficoltà l’imbeccata di Mario. - E’ ancora piena di patrizi arroganti e di plebei affamati... e di schiavi. Gli edifici sono gli stessi. Avevo dimenticato quanto sono grandiosi.

- Ti manca? - continuò Glauco, osservando con attenzione il servitore in cerca di un qualsiasi segno di curiosità artificiale.

- No. E’ meraviglioso rivederla, ma amo il mio angolino d’impero. Ora è casa mia. Inoltre, sto vedendo parti di Roma che prima non sapevo nemmeno esistessero... come la Suburra. Non avevo alcuna idea di quel genere di povertà e disperazione. Roma è come due città interamente differenti. Una per i ricchi ed una per i poveri.

Il servo se ne andò e Glauco tornò immediatamente all’argomento.
- Com’è un matrimonio reale? Come possiamo entrare inosservati nel palazzo?

- Un matrimonio reale è enorme e sontuoso fino all’eccesso, assolutamente incredibile, - rispose Lucio.

- Ci saranno dei giochi? - domandò Glauco.

 - Giochi? Vuoi dire di gladiatori? - chiese Lucio. - Suppongo che ci potrebbero essere, ma sarebbe piuttosto rozzo.

 - Plauziano è piuttosto rozzo, - dichiarò Glauco.

- Non vorrai dire seriamente che ci travestiremo da gladiatori, vero? - chiese Mario incredulo. - L’unico che sembrerebbe convincente sei tu, e ciò perché avresti lo stesso aspetto di tu-sai-chi. Quello sì che farebbe proprio un effetto sensazionale. Scordatelo.

 - Bene, chi altri si troverebbe nel palazzo? Chi potrebbe entrare? - chiese Glauco.

 - Severo non rischierebbe di alienarsi qualcuno di importante non invitandolo, così verranno qui da ogni parte dell’impero rappresentanti politici, tutte le vestali, capi militari, uomini d’affari importanti... con le loro famiglie al completo, naturalmente. Probabilmente migliaia di persone. Per gestire tutto, dovranno essere utilizzati molti altri servi, perciò molte famiglie avranno prestato i loro servi al palazzo per le preparazioni e la celebrazione.

- Come vengono identificati i servi? Come sanno le guardie del palazzo chi dovrebbe esserci e chi no? - chiese Glauco.

- Inizialmente, riuscirebbero probabilmente ad identificare con facilità il traffico supplementare, ma con l’approssimarsi della scadenza e l’arrivo di molta più gente, servi e ospiti, sarebbe quasi impossibile, - rispose Lucio. - Almeno nelle zone pubbliche del palazzo. Nessuno, tranne la famiglia imperiale ed i loro servi personali, è ammesso negli appartamenti privati.

Mario guardò entrambi con interesse.
- Significa che dovremo fingere di essere servi?

- Forse, - disse Glauco. - Certamente loro non hanno bisogno di inviti d’oro. Almeno potremmo entrare e cominciare da là. - Si rivolse al suo compagno più giovane. - Brenno, domani pensi di poterti appostare fuori del cancello del palazzo... senza farti notare... e scoprire come vengono identificati i servi?

Brenno annuì con vigore.
- Sicuro!

- Mario, come va con la planimetria del palazzo? - chiese Glauco.

- Le uniche piante che sono riuscito a trovare sono negli archivi delle biblioteche e sono molto vecchie. Da allora sono stati fatti parecchi cambiamenti. Non sono sicuro che siano molto utili.

- Lucio, che cosa puoi dirci del palazzo? Che cosa ti ricordi? - chiese Glauco.

Lucio intrecciò le dita sullo stomaco e lasciò che la sua mente andasse indietro nel tempo.
- E’ un posto complesso e a struttura irregolare, modificato su misura da ogni imperatore importante che vi ha vissuto. E’ difficile immaginare quante costruzioni in realtà vi siano state innalzate nel corso degli anni, perché ogni imperatore ha modificato, ingrandito, distrutto e ricostruito ciò che il suo predecessore aveva creato... tutto a spese del Tesoro pubblico, naturalmente. Alcune parti di esso sono molto vecchie ed alcune abbastanza nuove. La dimora originale di Augusto c’è ancora ed è uno dei miei luoghi preferiti. L’entrata consiste in un singolo arco, con una incredibile statua raffigurante un tiro a quattro guidato da Apollo e Diana, scolpito da un unico blocco di marmo. Conduce ad un grande cortile pavimentato in marmo bianco, con colonne dorate, colmo di sculture e di busti. Poi ci sono le biblioteche greche e latine, divise da una grande stanza di lettura, e nel centro c’è una statua di Augusto... che assomiglia in modo sospetto ad Apollo. Nei pressi c’è un tempio dedicato ad Apollo... di marmo, naturalmente... con una porta d’avorio intagliato. Sul frontone del tempio c’è il carro di Apollo in bronzo, e all’interno ci sono statue del dio e alcuni oggetti di grande valore storico poiché appartenevano ad Alessandro il Grande. Tutto questo, che lo crediate o no, occupa soltanto una piccola parte del Colle.

Lucio sorseggiò il vino e si riappoggiò di nuovo all’indietro.
- Il palazzo moderno è stato progettato dall’architetto Rabirio ed è stato fatto costruire da Domiziano proprio sopra i resti del palazzo di Nerone, così come alcune case del Palatino che furono demolite per quello scopo. Il Palazzo di Domiziano da allora è stato esteso e restaurato, ma mai sostituito da una nuova costruzione, quindi è quello che avresti dovuto vedere nelle planimetrie, Mario. Rabirio credeva che la posizione illustre dell’imperatore dovesse essere espressa nell’architettura, ecco perchè le stanze sono così monumentali, in scala. Il palazzo originale era essenzialmente diviso in tre parti: gli appartamenti di stato e la zona abitata, le stanze pubbliche e lo Stadio[2]. Nel centro dell’intero complesso c’è un grande spazio aperto denominato peristilio che contiene una fontana ottagonale con altre stanze presenti intorno, separate da esso da colonne. La vasta stanza del trono[3] è al centro del lato settentrionale. La principale entrata cerimoniale al palazzo, un cortile circondato da un portico di colonne, si trova al di fuori di una stanza di ricevimento, accanto alla stanza del trono, e dà a nord. Mi ricordo che le pareti della stanza del trono sono decorate con pannelli di marmo verde, con colonne e nicchie che contengono statue colossali di divinità in basalto nero. Mi spaventavano quando ero piccolo, ma non ero ammesso spesso in quella stanza. Qui si tengono le udienze pubbliche imperiali, con l’imperatore seduto sul trono, come un dio, in un’abside ad un’estremità. Ad ovest di questa sala c’è una basilica... molto bella, con colonne dorate, e divisa in una navata, due corridoi e un’abside. E’ usata dall’imperatore per ascoltare cause legali e prendere decisioni. Ci sono anche altre due biblioteche. Alla sua estremità meridionale, il peristilio si apre in una grandiosa sala da pranzo, dove indubbiamente si terrà la festa di nozze. Il salone ha due grandi finestre che si aprono su due giardini con fontane simmetriche. E’ una stanza davvero stupefacente, perché l’altro lato si apre sul peristilio circondato da colonne, con la fontana ottagonale. Mi ricordo quel salone, rilucente d’oro e di bianco... marmo bianco con guarniture dorate e intagli in rilievo su ogni superficie. Come scintillava!

Lucio assaggiò ancora il vino e lasciò che la sua mente continuasse a vagare tra i corridoi, le stanze ed i giardini della sua prima casa.
- La parte privata del palazzo, dove si trovano gli appartamenti imperiali, è contigua alle stanze riservate alle occasioni di stato ed è costruita sul lato ovest, su due livelli, per seguire l’incurvamento del Colle. Le stanze più a nord si affacciano su un cortile circondato da colonne, con un bacino d’acqua ornamentale ed al centro un tempio dedicato a Minerva. La mia camera da letto era al secondo piano... faceva parte dell’appartamento di mia madre. Ero solito guardare giù in quella vasca e quel tempietto e ricordo quella visuale in modo vivido. C’erano anche là grandi vasi di fiori in alabastro. Ogni appartamento contiene un discreto numero di camere da letto, un salotto, una biblioteca e bagni personali. La principale zona residenziale ha una grande stanza da pranzo e altri salotti e biblioteche. I piani inferiori sono riservati a persone meno importanti della famiglia reale, come madri, zie, cugini. La parte meridionale dell’ala residenziale è sviluppata su un livello più basso e anche quelle stanze sono raggruppate intorno ad un peristilio, con quattro vasche semicircolari poste una di fronte all’altra che riflettono il cielo. Queste stanze sono destinate principalmente agli ospiti. C’è un altro ingresso al palazzo dal lato meridionale, di fronte al Circo Massimo, come sapete. E’ piittosto fastoso ed imponente... semicircolare, con molte file di colonne. Sono sicuro che è progettato per impressionare ed intimidire. Gli ospiti di nozze probabilmente entreranno nel palazzo dall’entrata settentrionale, comunque.

- Che ci dici dello Stadio? - chiese Glauco.

- Lo Stadio fu costruito sul lato orientale per l’intrattenimento privato dell’imperatore. E’ oblungo, con le estremità semicircolari e piuttosto elegante, con portici a due piani su tutti i lati. L’imperatore e la sua famiglia possono guardare gli spettacoli dal secondo piano del loro molto confortevole pulvinare, proprio come fanno al Circo e al Colosseo.

- Che genere di spettacoli? - chiese Glauco.

- Ecco, qualsiasi cosa in realtà, ma mio zio lo usava per guardare in privato i combattimenti dei gladiatori e altre sordide cose che posso soltanto immaginare, conoscendolo. E’ anche il luogo dove egli stesso prendeva lezioni di combattimento. E, a fianco dello Stadio, mi dite che Severo ha costruito altre stanze private ed un elaborato complesso di bagni. Suppongo che i bagni negli appartamenti imperiali non fossero abbastanza buoni per lui. A dire la verità, però, si stavano facendo vecchi e pieni di perdite ed erano soggetti a correnti d’aria d’inverno. Probabilmente voleva qualcosa di più moderno. Ha dovuto estendere la collina per farlo, credo, perché lo Stadio era proprio sul bordo di un pendio.

- Dove vivono i servi? - chiese Glauco.

- Alcuni vivono in piccole stanze vicino agli appartamenti imperiali... questi sono i servi personali della famiglia imperiale, come la nutrice e l’insegnante privato dei bambini. I servi della famiglia vivono in costruzioni esterne, all’interno del complesso.

- Penso di avere una buona immagine del palazzo, - disse Glauco. - Siamo interessati all’ala occidentale, piano superiore.

- Sì. L’appartamento di mia madre era nell’angolo sud-occidentale. Molto soleggiato e luminoso, con una vista meravigliosa sopra la valle.

- E molto sorvegliato? - Mario chiese.

- Molto, - confermò Lucio. - In realtà non mi sono mai accorto di abitare in una fortezza, quando ero giovane, ma suppongo che lo fosse. Mi ricordo che l’appartamento di mia madre era molto colorato... dipinti murali di elementi architettonici con i colori dell’ocra, dell’azzurro, del nero... e del rosso più stupefacente. Quasi un marrone-rosso. Le colonne erano di marmo, come il pavimento. C’erano nicchie dappertutto, con sculture di bronzo fatte dai Greci e meravigliosi vasi neri ed arancione... alcuni di loro enormi. Ma l’appartamento era anche piacevole, con diafane tende che sembravano fluttuare sempre nella brezza. Tappeti colorati provenienti dall’Oriente erano disposti accanto ai letti, perché i pavimenti di marmo potevano essere molto freddi.

- Dov’è esattamente, all’interno dell’appartamento, lo scomparto segreto? - chiese Glauco.

- Le pareti avevano dipinti murali che sembravano elementi architettonici, come ho detto. Facevano sembrare le stanze ancora più grandi, in qualche modo. Ed era facile mimetizzare un pannello mobile in un tal motivo. Esso scorre semplicemente di lato ed assomiglia ad una vuota parete rossa fra due colonne dipinte. Una statua di bronzo era situata davanti ad esso, per nasconderlo ulteriormente. Lo scopo dello scomparto era quello di fornire un nascondiglio sicuro, se necessario... era in qualche modo arieggiato... ma mia madre lo usava per nascondervi i suoi tesori personali. Documenti e simili. Alcuni gioielli. L’ho visto soltanto una volta, e fu quando vi mise l’urna e gli effetti personali di Massimo.

- I documenti personali di tua madre possono ancora trovarsi là ed alcuni dei suoi effetti personali, - disse Mario.

Lucio annuì. Ci aveva pensato.

- Tutto ciò che dobbiamo fare è pensare ad un modo per entrare, - disse Glauco aggrottando la fronte.

Tutti e quattro sedevano in silenzio meditando sul problema.

Mario improvvisamente si illuminò.
- Possiamo ricorrere ad una tradizione consacrata dall’uso.

- E quale sarebbe? - chiese Glauco.

- Corruzione.

- Corruzione, - ripeté Glauco, pensoso. L’idea gli piaceva.



[1] Nell’antica Roma esisteva un servizio di posta, il cosiddetto cursus publicus, un sistema postale estremamente efficiente (si parla di 270 chilometri percorsi in 24 ore), utilizzato solo per le autorità dello stato e l’invio di corrispondenze ufficiali. Accanto al cursus publicus sopravvisse anche un servizio di posta privata, affidato ai tabellarii (N.d.T.).

[2] L’abitazione privata dell’imperatore era la cosiddetta Domus Augustana, mentre la parte pubblica o di rappresentanza del complesso del Palazzo di Domiziano era la Domus Flavia. Lo Stadio fu fatto costruire da Domiziano forse già prima dell’86 d.C., per servire ai giochi atletici greci da lui particolarmente apprezzati, ma che i Romani non amavano, considerandoli immorali. Oggi l’area anticamente occupata dallo stadio di Domiziano è occupata da Piazza Navona, che ne ricalca esattamente il perimetro. I giochi sopra ricordati erano denominati agones e il toponimo della piazza deriva proprio da questo termine, per corruzione: da "agone" divenne "in agone", "innagone", "navone" e quindi "Navona" (N.d.T.).

[3] L’Aula Regia, in cui l’Imperatore dava udienza.  (N.d.T.).