La Storia di Glauco: Capitolo 55

 

Capitolo 55 - Ritorno ad Ostia

Il viso di Giulia perse lentamente il colorito, mentre ella fissava a bocca aperta i due trasandati viaggiatori che se ne stavano impacciati nell’atrio illuminato fiocamente. Un istante dopo, ella strinse Massima tra le sue braccia e le due donne piansero quietamente nell’ombra mentre Glauco nervosamente si passava le dita tra i capelli arruffati. Giulia, chiaramente sollevata di rivedere sua figlia, avrebbe riservato a lui la sua indignazione? Finalmente, Giulia lasciò andare Massima, le accarezzò i capelli e le sussurrò qualche parola prima di ordinare ai servitori di preparare un bagno. Osservò la figlia allontanarsi, poi rivolse la sua attenzione a Glauco.

Egli decise di prendere l’iniziativa per cercare di sviare la minaccia che sicuramente stava per piovergli addosso.
- Salve, Giulia. - La sua voce suonò cupa nello spazio vuoto.

Ella inclinò la testa e lo osservò pensierosa, poi, con parole calme e misurate, disse.
- Durante le settimane seguite alla tua partenza, Glauco, io ero quasi costantemente in collera, diretta per lo più verso di te. Credevo che mi avessi mentito. Che tu avessi organizzato tutto per far venire Massima sulla nave con te e persino per nasconderla lì... che tu avessi persuaso mia figlia a seguirti nella tua pericolosa missione. - Giulia sospirò profondamente, come per sgravarsi della sua tensione. - Alla fine Apollinario mi ha convinta che Massima era assolutamente capace di progettare ed attuare  una tale prodezza da sola, e che tu eri probabilmente una vittima del suo inganno, proprio come me. - Strinse gli occhi. - E’ vero questo?

Glauco annuì con una certa riluttanza e trovò difficile guardarla negli occhi.
- Il capitano Emilio la trovò quando eravamo partiti da qualche giorno... abbastanza lontani da non poter tornare indietro. Si era nascosta in un barile nella stiva. - Egli strascicò i piedi per terra, come uno scolaretto colto sul fatto. - Io... mi dispiace, Giulia. Fu una decisione sbagliata. Avremmo dovuto tornare indietro comunque, anche se avessimo dovuto litigare per tutto il tragitto. Me ne prendo la responsibilità.

Dopo un momento di silenzio, ella chiese:
- Hai la minima idea di quanto sono stata male per la preoccupazione?

- Posso immaginarlo.

- No, non puoi immaginarlo, - replicò Giulia con una punta di risentimento, mentre gli si avvicinava. - Non puoi immaginarlo per niente.

Glauco annuì e fissò il pavimento di marmo bianco e nero sotto i suoi piedi, finché Giulia gli prese gentilmente il mento barbuto con la mano e gli fece sollevare la testa. Egli infine la guardò negli occhi orlati di rosso.

- Mi chiedevo se vi avrei mai rivisti vivi.

Glauco annuì e ammise:
- A volte, anch’io me lo sono chiesto.

Giulia finalmente strinse Glauco in un breve, ma sincero abbraccio, poi si allontanò, arricciando il naso sottile.
- Anche tu hai bisogno di un bagno.

- Sì... è passato un po’ di tempo...

- Bene, avrai il tuo bagno e un po’ di riposo. Poi mi racconterai ogni dettaglio di quello che è accaduto da quando vi ho visti l’ultima volta. Capito?

- Sì, signora, - rispose Glauco, sentendo il bisogno di tornare al titolo formale con lei, per il momento. Continuava a sentirsi come uno studentello indisciplinato cui fosse stata data una lavata di capo per una birichinata, perdonata poi incondizionatamente. Giulia sarebbe stata così clemente anche dopo aver udito la loro storia?

 

 

Ci volle più di un’ora a Glauco e Massima per raccontare la loro storia a Giulia ed Apollinario, che ascoltavano con rapita attenzione, interrompendo soltanto occasionalmente per chiarificare un punto. Giulia rimase composta finché arrivarono alla parte in cui Glauco descrisse la loro fuga nel deserto dopo aver ucciso i pretoriani. Ella si contorse le mani, agitata.

Notando il gesto, Massima cercò di rassicurarla.
- Mamma, stiamo bene, come puoi vedere, - disse, pensando che sua madre fosse turbata all’idea che avessero sfiorato la morte.

Ma Glauco aveva capito.
- Giulia, i pretoriani non sanno che Massima è figlia di Massimo. Non conoscono nemmeno il suo nome. Si riferivano a lei come alla mia “donna” . Non ho capito perché non abbiano chiesto ad Hamudi chi lei fosse, ed abbiano invece fatto solo delle ipotesi. Stavano cercando me, non lei. Sarà al sicuro qui.

- Qui! - esclamò Massima, irrigidendosi bruscamente, poi guardò da Glauco a sua madre. - Non ho intenzione di restare qui!

Tre voci all’unisono dissero:
- Certo che sì!

Glauco continuò in tono severo.
- Tu non mi accompagnerai più, per il resto del mio viaggio, Massima. E’ troppo pericoloso, come ben sai. Questa volta non ti potrai nascondere in un barile.

Massima cominciò a protestare, ma sua madre la interruppe.
- Glauco ha ragione, tesoro. Dàgli ascolto. Devi restare qui, dove sei al sicuro.

Come Apollinario aprì la bocca per aggiungere il suo sostegno, Massima disse con tono provocatorio.
- Sì, mi rendo conto che il viaggio per trovare Quinto e Lucio sarà troppo pericoloso per me. Credetemi, dopo l’imboscata sulle montagne, sono piuttosto felice di starmene tranquilla per un po’.

Ci furono tre sospiri di sollievo.

- Ma non rimarrò qui, madre. Non c’è più nulla per me, qui. Andrò nell’appartamento di Roma.

Giulia ebbe un attimo di esitazione, poi si rese conto che era meglio scendere a compromessi con la sua risoluta figliola.
- Ecco... sì, si può fare.

- E non sarò nemmeno agli arresti domiciliari. Uscirò a mio piacimento.

- Accompagnata, naturalmente, - insisté Giulia. - A Roma tutte le giovani donne della tua età sono accompagnate, quando escono di casa.

Massima sapeva di poter seminare in fretta le guardie del corpo, se lo desiderava, così acconsentì, poi cambiò prontamente argomento.
- Lo abbiamo trovato, sai, - sussurrò in tono enigmatico.

- Trovato cosa? - chiese Apollinario. - Che cosa avete trovato?

Massima guardò con la coda dell’occhio il fratello che, annuendo in segno di assenso, le indicò di proseguire.
- Il contratto... e le lettere della madre di Glauco a Massimo. Ci sono anche dei disegni. Li aveva Marciano. - Ella esultò allo sguardo di sorpresa di sua madre.

- Marciano aveva il contratto? A Petra? - ripeté Giulia come cercando di capire come fosse potuto accadere.

Massima continuò.
- Lui e Cicero si divisero gli effetti personali di mio padre, la notte in cui i pretoriani lo presero per giustiziarlo, ed egli li ha tenuti per tutto il tempo.

- E’ il contratto che apparteneva all’imperatore, - puntualizzò Glauco. - Marciano lo trovò quando rimase solo con Marco Aurelio, dopo la sua morte. Egli lo prese perché sapeva che sarebbe stato importante. Lo abbiamo noi, adesso.

- Quindi vedi, - disse Massima trionfante.- Ne è proprio valsa la pena. - Si alzò e lasciò l’appartamento di sua madre senza aggiungere altro.

Giulia annuì, assentendo con riluttanza.
- Sii cauto con quello che ne farai, Glauco. E’ un documento che possiede un grande potere.

Apollinario annuì.
- Se l’imperatore scoprisse che tu hai l’originale, non si fermerà davanti a nulla pur di averlo... e di sbarazzarsi di te.

- Me ne rendo conto, ma è lo strumento di cui ho bisogno per restituire l’onore a mio padre.

- Lo devi nascondere, Glauco, fino a quando non sarai pronto ad usarlo, - asserì Giulia. - Da qualche parte dove nessuno possa trovarlo, a meno che sia autorizzato a farlo. Non puoi rischiare di portartelo addosso e di essere catturato con esso. Puoi far fare delle copie autenticate, e portarti quelle, invece.

Glauco prese in considerazione l’esattezza di quel suggerimento.
- Non lo posso lasciare qui...

- No, non puoi, - disse Giulia con sicurezza, - ma io credo di conoscere un luogo dove sarà al sicuro.

- Dove?

- Al Tempio delle Vestali, - rispose Giulia.

- Oh, sì. E’ perfetto! - si entusiasmò Apollinario. - Mia cara, sei così intelligente. Naturalmente... il Tempio delle Vestali. E tu sei in condizione di ottenere un’udienza.

- Perché lì? - chiese Glauco un po’ confuso.

Apollinario fu lieto di rispondergli.
- Le Vestali fanno molto di più che tenere acceso il sacro fuoco, mio giovane amico. Esse conservano i più importanti documenti di Roma. - Si guardò attorno con aria cospiratoria e sussurrò. - Il tempio custodisce perfino segreti di stato. Le ricche famiglie romane vi affidano i loro testamenti, e anche i membri della famiglia reale sono confidenti delle Vestali.

- Allora è proprio l’ultimo posto dove vorrei lasciarlo, - esclamò Glauco. - Potrebbero parlarne a Severo...

Apollinario lo interruppe prima che Glauco potesse cominciare ad agitarsi.
- Il documento deve essere posto nelle mani della Gran Sacerdotessa di Vesta, in modo strettamente confidenziale, perché ella è la cugina di Marco Aurelio. Ella è rimasta sempre leale a lui e detesta Severo. E’ piuttosto anziana, ma ancora molto forte, così mi è stato detto. Non ti tradirà.

- Ma come può un uomo come me ottenere un incontro con la Gran Sacerdotessa?

Giulia ed Apollinario si scambiarono un’occhiata.
- C’è un modo... - cominciò Giulia, ma si fermò quando sua figlia rientrò nella stanza trascinando un pacco pesante lungo il pavimento di marmo lucido. La sua veste bianca strascicava dietro di lei ed ella era a piedi nudi, avendo abbandonato le pianelle durante la sua assenza. Il suo viso ben ripulito ed i capelli fluenti splendevano di gioventù ed eccitazione.

- Sono tutte qui. Le volete vedere? - chiese Massima, come se la conversazione si fosse fermata quando lei aveva lasciato la stanza, per riprendere solo adesso che lei era tornata. Due teste annuirono entusiasticamente, e Giulia ed Apollinario si chinarono in avanti mentre Massima depositava il pacco tra di loro, prima di mettersi in ginocchio e rovistare nel contenuto. Scartò con impazienza alcuni oggetti di relativa poca importanza e affondò nel pacco fino ai gomiti finché trovò quello che voleva. Il suo comportamento si trasformò in reverenza mentre con cautela srotolava il contratto e lo poneva nelle mani in attesa di sua madre.

Giulia ed Apollinario si curvarono sulla pergamena, leggendo ogni parola quattro volte, prima che l’anziano uomo alzasse la testa, meravigliato.
- Parole così semplici, - disse. - Un documento così semplice che detiene tanto potere. E’ difficile crederlo.

- E’ esattamente quello che ho pensato anch’io quando lo vidi per la prima volta, - disse Glauco, rivolgendo la sua attenzione a Giulia che stava ancora fissando il documento... più precisamente, il fondo del contratto... l’ardita firma scarabocchiata di Massimo. Alla fine, ella alzò la testa e riarrotolò il documento senza una parola.

Massima guardò sua madre con aria incerta, poi il suo entusiasmo riprese il sopravvento ed ella rovistò di nuovo nel pacco. Non vide Apollinario tendere la mano e dare un buffetto a quella di Giulia o il tremulo sorriso che Giulia gli offrì in risposta.

- Eccole qui, - disse Massima, deliziata. - Le lettere. Aspetta finché non vedi questa, mamma.

Glauco cercò di avvisarla.
- Forse potremmo farlo più tardi...

Massima lo ignorò.
- Le vuoi vedere, vero mamma? - Senza aspettare una risposta ella porse una preziosa lettera a sua madre, poi si sedette sui talloni, aspettandone la reazione.

Giulia trasse un profondo respiro, poi lentamente srotolò la pergamena, sorpresa di vedere dei segni a carboncino invece che parole. Esso si srotolò lentamente, dal basso verso l’alto, in un primo momento non rivelando altro che vegetazione, riprodotta in modo eccellente, del genere che si può vedere lungo il bordo di ogni strada. Poi si vide un gradino e su di esso un paio di piedi calzati da stivali. Una volta che gli stivali furono scoperti per intero, insieme al bordo d’un mantello ondeggiante, Giulia capì che cosa stava per vedere. Era un’immagine di Massimo... la prima volta che rivedeva il suo viso dal giorno della sua morte, a parte le visioni di lui che aveva in mente costantemente.

All’esitazione di Giulia, Massima cominciò ad incalzare sua madre a continuare, finché le forti dita del fratello le si avvolsero attorno al braccio e lo strinsero dolorosamente. Ella serrò i denti e si sforzò di rilassarsi mentre lanciava al fratello uno sguardo fulminante.

Intanto si cominciava a vedere l’uniforme: le ginocchia forti e nude e la tunica scura; la corazza cesellata con la testa di lupo; il lungo mantello che gli sfiorava le ginocchia; le due pellicce di lupo drappeggiate sulle spalle con grazia noncurante. Era esattamente ciò che egli indossava la prima volta che lo aveva visto. Giulia chiuse gli occhi, non proprio sicura di avere la forza di continuare... di vedere l’uomo che amava interpretato dalla mano della donna che egli aveva amato di più nella sua vita. Ma si sforzò di far continuare le sue dita... e finalmente apparve il viso di lui. Un viso giovane, forte, in qualche modo distante, distratto... così bello, bellissimo.

Credeva di essere preparata, poiché sapeva che cosa stava per scoprire, ma l’impatto di vederlo in una forma diversa dal sogno o dal ricordo la fece vacillare ed ella si aggrappò al bracciolo della sedia quando si sentì impallidire. Passarono i minuti... o forse erano ore, per quel che ne sapeva. Erano di nuovo insieme in Mesia, lei e Massimo. Lei lo stuzzicava mentre lui resisteva alle sue provocazioni, al banchetto, ed ella cercava, per tutto il tempo, di controllare il tremore nelle membra causato dalla vicinanza di quell’uomo possente. Poi erano soli... dietro i tendaggi...

Voci scivolarono nella sua coscienza e lei sollevò bruscamente la testa per guardare direttamente negli occhi azzurri preoccupati di... sua figlia. La stanza tornò a fuoco e le braci crepitarono nel focolare.

- Mamma... mamma, ti senti bene? - chiese Massima un po’ allarmata. Non aveva mai visto sua madre in quello stato. Anche Glauco stava mormorando qualcosa, preoccupato. Apollinario si limitò ad accarezzarle il braccio in segno d’incoraggiamento, comprendendo più di chiunque altro che cosa ella stesse provando.

Giulia si passò la lingua sulle labbra ed abbassò lo sguardo sul disegno che aveva in mano. Così perfetto. Così somigliante a lui. Ma era solo pergamena, dopo tutto, non carne calda.
- Io... sto bene. Sto bene. E’ stata un’emozione forte vedere il suo viso. Credevo che non lo avrei rivisto mai più. - Come per provare le sue parole ella offrì un tenue sorriso e arrotolò il disegno con cautela. Mentre lo porgeva a Glauco disse. - E’ un tale tesoro, Glauco. Anche più del contratto, in un certo senso.

- Lo so, signora. Grazie, - rispose lui riprendendo il prezioso disegno e riponendolo nella tunica.

- Tua madre aveva un gran talento.

- Sì. Grazie.

Giulia si lisciò la tunica e fermò le mani tremanti.
- Ebbene, è stata una serata piena di emozioni e io sono molto stanca. Sono sicura che lo siete anche voi, nonostante abbiate riposato un po’. - Cominciò ad alzarsi.

- Giulia, aspetta. Per favore, - disse Glauco. - Avevi cominciato a dire qualcosa su come potrei ottenere un’udienza dalla Gran Sacerdotessa di Vesta...

Massima guardò suo fratello con grande interesse, ma tenne a freno la lingua, per una volta.

- Sì... sì, - rispose Giulia. - Se vorrete aspettare tutti qui, ritornerò tra poco. - Tre paia di occhi osservarono la sua figura impeccabile allontanarsi, due paia accesi di curiosità ed il terzo di comprensione.