La Storia di Glauco: Capitolo 54

 

Capitolo 54 - La fuga

Glauco per la maggior parte del tempo si lasciò scivolare giù dalla pista, andando a sbattere dolorosamente contro rocce invisibili, fermandosi un attimo sul piccolo spuntone per cercare a tentoni il suo mantello prima di toccare il terreno del deserto, il corpo ed il viso velati di nero.

Nella luce morente di un piccolo fuoco da campo vide Massima, scarmigliata, trattenuta da due pretoriani che le avevano agguantato le braccia in una morsa serrata, mentre i loro occhi scrutavano nell’oscurità in cerca degli altri soldati, le spade pronte. Essi bofonchiarono parole indistinte, ma il loro atteggiamento indicava preoccupazione.

Glauco strisciò avanti, scegliendo attentamente i suoi passi per evitare anche il minimo rumore. Quando fu vicino al trio, tanto da udire Massima scagliare maledizioni sui suoi catturatori, si chinò e cercò a tastoni un sasso, scartandone alcuni finché ne trovò uno di forma e peso cospicui. Rialzandosi, lo lanciò con tutta la sua potenza nell’oscurità al di là del gruppo, dove esso si schiantò su un’altra roccia, facendo sobbalzare Massima e inducendo i due uomini a spostare di colpo lo sguardo in direzione del rumore. Dopo un breve conciliabolo, un pretoriano lasciò andare il braccio di Massima, accese una torcia al fuoco, e si diresso verso il luogo dove si era udito il rumore. Il suo compagno spostò la punta della spada posandola, minacciosamente, sul petto di Massima.

Contemporaneamente Glauco si spostò furtivo e veloce dietro le tende per emergere alle spalle di Massima e del suo catturatore. Gettò un sasso in mezzo ai piedi del pretoriano e, quando l’uomo guardò in basso, Glauco da dietro diresse la sua spada sotto l’elmo del soldato, facendone emergere la punta proprio al di sotto del mento. Quasi nello stesso momento chiuse la mano attorno alla bocca di Massima per impedirle di strillare. Il pretoriano cadde a terra con soltanto un mugolio gorgogliante.

- Shhhh! - sussurrò Glauco con foga. - Quanti ce ne sono ancora?

Quando egli spostò la mano, Massima inalò tre grandi respiri affannosi e tremanti.
- Solo quello che ha seguito il rumore. - Gli si girò tra le braccia per guardarlo in viso. - Glauco, cos...

- Non ora, - sussurrò lui. - Vai fin là nel buio. - Egli la voltò nella direzione da cui lui era appena arrivato e le diede una piccola spinta. - Sdraiati a terra e non fare alcun rumore. Ti troverò quando avrò finito.

Con le gambe tremanti, Massima fece come le era stato ordinato, acquattandosi, ma pronta a scattare e fuggire se necessario. Precedentemente, ella aveva udito Hamudi andare alla tenda di Glauco a dirgli che avevano bisogno di altra acqua. Poi si era addormentata e, le era sembrato, ore dopo, si era svegliata di soprassalto a causa di grida lontane. Chiamando il fratello, era uscita dalla sua tenda ed era finita dritta nelle braccia di due pretoriani. Ignorando le sue richieste di spiegazioni su che cosa stava accadendo, era stata immobilizzata in mezzo a loro, ascoltando le grida e le urla provenienti dalla cima della montagna, poi un inesplicabile silenzio. Quando sentì uno dei due allentare la presa, ella strappò il braccio dalla presa dell’altro e si lanciò in direzione della pista. Ma fu subito afferrata da dietro ed ella urlò la sua rabbia e paura. Urlò ancora quando la trascinarono di nuovo verso il fuoco. Poco dopo quel fatto, uno dei suoi catturatori era andato ad indagare su un rumore e l’altro era caduto morto, mentre una mano le copriva il viso... la mano di suo fratello. Ora si era accovacciata, il cuore le martellava così forte che era sicura che lo si potesse udire fino a Petra. La luna emerse improvvisamente dalle nuvole e Massima si acquattò ancora di più quando la sabbia del deserto rifletté la luce tenue, prima di sistemarsi all’ombra di un masso.

Un poco più tardi, udì suo fratello chiamarla per nome. Si alzò su gambe tremanti.
- Sono qui! - sibilò. In pochi istanti gli fu tra le braccia, con il respiro mozzo tanto lui la stringeva. Quando si separarono, egli le prese con dolcezza la mano e la ricondusse verso le tende ed il fuoco. Il corpo del pretoriano era scomparso, al suo posto c’era il segno di una macchia scura nella sabbia. Nervosamente, ella si passò le mani sulla stola, poi si guardò i palmi, confusa dal fatto che erano appiccicosi.
- Glauco, - strillò con improvvisa consapevolezza. - Sei ferito. Sei ferito. Sei coperto di sangue! - Ella gli tirò da una parte il mantello con l’intenzione di cercare le ferite, ma le mani di lui la fermarono.

- Sono coperto di sangue, ma pochissimo è mio. Sto bene. - Ora che i combattimenti erano finiti, si sentiva prosciugato e intontito. Non aveva mai ucciso nessuno prima, ed ora aveva fatto fuori sei uomini in poche ore. Si era sempre chiesto che cosa si provasse ad uccidere... che cosa aveva provato Massimo quando uccideva un nemico, e ora sapeva. Non provava niente, né esultanza, né disperazione... niente. Sollevò la spada di Massimo, da cui colava il sangue mischiato di sei uomini, e la fissò in silenzio prima di dire quietamente:
- E’ la prima volta che questa lama vede del sangue, da quando la toccarono le dita di mio padre. - Si era chiesto se i soldati si rallegravano e festeggiavano dopo aver ucciso il nemico, ma ora sapeva che non lo facevano. Non v’era gioia nell’uccidere. Sospirò e pulì la lama sulla toga prima di riporla nel fodero. - Dobbiamo andarcene. Adesso. Tutti gli uomini che erano con noi erano pretoriani, con l’eccezione di Hamudi, e lui li stava aiutando. Ci ha condotti lui in questa trappola.

- Dov’è? - Massima era sicura di conoscere già la risposta.

- Morto, come gli altri. - Il tono di lui divenne brusco. - Raduna le tue cose. Prenderemo due cammelli e porteremo il minimo delle provviste. Non appena possibile, cercheremo di trovare dei cavalli del deserto, così ci potremo muovere più velocemente. Non c’è tempo da perdere.

- Glauco, non sappiamo dove stiamo andando. Ci perderemo nel deserto e moriremo.

Ma Glauco stava già arrotolando le tende.
- Seguiremo la catena di montagne, poi sono certo che troveremo presto una buona strada. Dobbiamo camuffare questo posto e far sembrare che non ci siamo mai fermati qui. Tu occupati della cosa poi nascondi gli altri animali. Io devo cancellare le impronte di piedi e sangue e sistemare i cadaveri. Domani, altri pretoriani verranno da Petra e io non voglio che trovino i corpi subito. Abbiamo bisogno di più tempo.

Ma Massima insisté.
- Glauco, non è saggio partire da soli. Abbiamo bisogno di una guida. Abbiamo bisogno...

- Massima, - interruppe Glauco. - L’imperatore non mi darà più la caccia solamente per chi sono io, ma anche per quello che ho appena fatto. Capisci? Non abbiamo altra scelta che partire da soli.

Massima annuì in silenzio, con la paura che si adagiava sul fondo del suo stomaco come un’informe massa di polenta fredda.

 

 

Prima del sorgere del sole un cambiamento nel suono degli zoccoli dei cammelli allertò i viaggiatori assopiti che avevano davvero trovato una strada. All’alba avevano anche trovato una sorgente del deserto ed un piccolo villaggio dove acquistarono ruvidi abiti locali e bruciarono i loro indumenti insanguinati. Dopo essersi fermati per rinfrescarsi brevemente, si rimisero di nuovo in strada, diretti ad un paese dove fu loro detto che potevano comprare dei cavalli veloci. Solo allora avrebbero potuto liberarsi della maggior parte delle provviste e viaggiare leggeri e rapidi il più possibile.

Al crepuscolo stavano cavalcando due magnifici stalloni bianchi, piccoli per i canoni romani, con musi leggermente concavi e nasi delicati, che volavano sulla sabbia come il vento. Glauco e Massima si rilassarono leggermente quando si resero conto che probabilmente stavano viaggiando più velocemente della notizia del massacro sulla montagna, o di qualsiasi pretoriano proveniente da Petra. Tuttavia, viaggiarono di notte se c’era abbastanza luce, e si accamparono in luoghi lontani da segni di civiltà.

Giorni dopo, sporchi ed esausti, raggiunsero la cittadina di Cesarea Marittima, dove persuasero un pescatore a portarli ad Alessandria, offrendogli una manciata di monete d’oro. Potendo rilassarsi per la prima volta dopo moltissimi giorni, Glauco e Massima si sdraiarono sul ponte che puzzava di pesce e dormirono profondamente nonostante il mare mosso.

Il familiare faro di Alessandria non offrì alcun conforto ai viaggiatori esausti, essendo questa una città ben pattugliata dai legionari e dai rappresentanti dell’imperatore. Glauco sistemò sua sorella in una decrepita locanda vicina ai moli, frequentata da marinai e da donne che questi compravano per un’ora o due. Dopo averle raccomandato di sprangare la porta e di non aprirla a nessuno, Glauco andò in cerca del capitano Emilio per farsi riportare ad Ostia. Egli si aggirò tra gli squallidi ritrovi dei marinai per un’intera frustrante giornata, prima di trovare uno degli uomini che avevano navigato fino ad Alessandria con loro, e il marinaio presto rintracciò Emilio. Se la sua sorpresa all’improvvisa apparizione di Glauco fu piuttosto evidente, nondimeno il capitano acconsentì a prepararsi a salpare entro poche ore, dopo aver avvisato Glauco che il prezzo delle tangenti per far aprire i porti ad entrambe le dogane del loro viaggio poteva essere piuttosto costoso. Dopo essere stato superfluamente avvisato da Glauco di essere molto discreto, Emilio se ne andò per radunare i suoi uomini.

 

Scivolarono al largo sotto la coltre del buio, guidati da due rimorchiatori con capitani felici di avere improvvisamente borse molto pesanti. Salparono direttamente per Creta, dove si fermarono per il tempo necessario a fare provviste. Il terzo giorno della settimana successiva, videro il baluginio del faro di Ostia sulla costa italica. Gettarono l’ancora al largo e sgusciarono in una piccola imbarcazione che li scaricò sulla spiaggia, non lontano dalla villa di Giulia. Massima si sentì rimescolare lo stomaco. Come avrebbe reagito sua madre nel rivedere la figlia ribelle per la prima volta dopo mesi?