La Storia di Glauco: Capitolo 52

 

Capitolo 52 - Il contratto

Trascorsero il giorno dopo nella stanza di Massima, leggendo la corrispondenza di Olivia e guardando e riguardando i ritratti da lei creati, sapendo quanto fossero fortunati ad avere la riproduzione visiva dei loro parenti defunti.

Le lettere di Olivia al marito erano ciarliere e informali, piene di informazioni riguardanti la fattoria... la semina, il raccolto, la nascita di nuovi animali... che agli occhi di Glauco riportarono in vita la casa bruciata, rendendola una perdita ancor più dolorosa. Ella parlava spesso di Marco e di quanto crescesse rapidamente, e disseminava rapidi schizzi di lui durante tutto il testo. Era anche evidente che suo marito le mancava, con inimmaginabile sofferenza, anche se ella cercava di smussare la sua sensazione di solitudine per evitare di angustiare ancor di più Massimo a causa della loro separazione.

Trovarono riferimento al pioppo dove era sepolta la loro sorellina, anche se Olivia non menzionava la bimba per nome. Si riferiva invece al giardinetto alla sua base e a quanto tempo trascorreva lì in mezzo ai fiori. In una lettera, indubbiamente, ella rispondeva alla richiesta di Massimo di scolpire un’immagine della loro figlioletta, dicendo che era troppo presto. Davanti alla perplessità di Massima, Glauco spiegò:
- Mia madre non solo disegnava ritratti, ma faceva anche delle sculture... assolutamente straordinarie. Molto prima di sapere chi li avesse fatti, io ero solito giocare con dei cavalli di legno che aveva intagliato lei quando ero molto piccolo. Pare che avesse fatto anche delle statuette di se stessa e di mio fratello, che nostro padre poteva portare con sé.

- Che cosa accadde a quelle? - chiese Massima, seduta sul pavimento come suo solito.

- Le prese Cicero, il servitore di mio padre... Quando Cicero scomparve, Giovino recuperò la spada di Massimo, ma le sculture non c’erano. Cicero deve averle avute con sé e probabilmente sono andate perdute per sempre. Non so che darei per ritrovarle.

- Sembra strano, tenere in mano queste lettere che anche nostro padre tenne... leggere le parole che egli lesse. Mi fa quasi sentire un po’ più vicina a lui... specialmente ora che ho visto il suo viso. - Massima guardò il ritratto di suo padre, che ella aveva appoggiato sul tavolo, costantemente in vista. - Ha esattamente l’aspetto che speravo avesse.

Glauco annuì in silenzioso assenso. Avevano trovato altri schizzi di Massimo, ma nessuno era così chiaro e regale come quel tesoro. Ripensò al ritratto sovradipinto, in Germania. Doveva essere stato veramente splendido!

- Guarda questa lettera, Glauco. C’è un lasso di tempo tra questa lettera e l’ultima, e tua madre dice che non è stata bene. Papà deve essersi spaventato quando le lettere di lei si sono fermate.

Aggrottando la fronte incuriosito, Glauco prese la lettera, poi impallidì quando lesse la data.
- Questa è la prima lettera a Massimo dopo la mia nascita, - disse calmo.

- Ma... non c’è alcuna menzione di te.

- No. - Glauco si alzò e andò in terrazza, passandosi la mano nei capelli in un gesto che sua sorella aveva cominciato a riconoscere come segnale di stanchezza o preoccupazione.

Qualche istante dopo, Massima da dietro gli avvolse le braccia attorno alla vita e appoggiò la guancia contro la sua schiena.
- Mi dispiace, - sussurrò. - L’ho dimenticato. - Dopo un momento aggiunse. - Come riuscì a tenerglielo nascosto?

- Non lo so... è difficile capire il suo stato mentale a quel tempo. Deve essere stata molto più ansiosa di quanto indicherebbero le sue parole. Aveva quasi perso sia suo figlio che suo marito soltanto pochi mesi prima, così forse era ancora sconvolta. E sua figlia giaceva sepolta sotto un pioppo.

- Eppure, avrebbe potuto dirglielo più tardi...

- Mio zio cercò di convincerla a farlo, ma lei rifiutò. Aveva fatto passare troppo tempo e probabilmente pensò che Massimo non l’avrebbe mai perdonata per avergli tenuta nascosta una cosa così importante. - Scosse la testa lentamente. - Chi può sapere che cosa pensava lei?

Massima si mise accanto al fratello, di fronte a lui, con la parete della terrazza contro la schiena.
- Le cose si sarebbero sistemate se Commodo non avesse assassinato l’imperatore. Massimo sarebbe tornato a casa, dopo l’ultima battaglia in Germania, e gli sarebbe stato presentato un bel bimbo. Come avrebbe mai ella potuto supporre che egli non sarebbe mai tornato a casa?

Vi fu una punta di collera nella risposta del fratello.
- Mio padre viveva una vita molto pericolosa e mia madre lo sapeva... ella lo vide da sé. Sapeva benissimo che egli avrebbe potuto non tornare mai, che avrebbe potuto morire su un campo di battaglia senza mai sapere di me.

- Era un rischio che ella sembrò voler correre.

- Ella perse.

- Noi tutti abbiamo perso, Glauco. Noi tutti abbiamo perso.

 

Fratello e sorella si unirono alla famiglia per il pasto serale, esausti dopo aver vissuto i ricordi di Olivia per tutta la lunga giornata. Marciano cercò di tenere leggero il tono della conversazione, discutendo del tempo e delle ultime marachelle dei bambini, ma era evidente dal loro silenzio che Massima e Glauco erano turbati. L’anziano uomo alla fine si tese a toccare la mano di Glauco.
- E’ stato così difficile? - chiese gentilmente.

Il giovane ispanico annuì.
- E’ molto difficile leggere i pensieri di mia madre morta, Marciano... di sbirciare nella sua vita, e nella vita di mio padre e di mio fratello... senza essere autorizzato a condividerli.

Il vecchio annuì con comprensione.
- Sì, ne sono certo.

- Marciano... ci racconteresti qualche aneddoto di nostro padre, - pregò Massima. - Le lettere ci hanno dato uno scorcio della vita di Olivia, ma non di quella di lui.

- Tutte le lettere di lui andarono perdute quando la fattoria bruciò, - soggiunse Glauco.

Ancora una volta, Marciano annuì e questa volta sorrise.
- Ne sarei felice. Da dove volete che cominci?

- Quando lo incontrasti la prima volta, - rispose Massima e si sistemò sul divano in un’inconscia imitazione dei tre figli di Liato che avevano smesso di azzuffarsi e si erano guardati l’un l’altro alla promessa di racconti sul grande generale Massimo, ed ora sedevano in rapita attenzione.

- Ecco, fu molto tempo fa e io ero molto più giovane... e Massimo era davvero giovanissimo. Io sapevo di lui, vedete... tutti lo sapevamo... le voci di gesta eroiche viaggiano velocemente tra i legionari... ma io non lo incontrai realmente fino a quando fu promosso generale e trasferito alla Felix III, dove io ero chirurgo capo. Arrivò in groppa ad un magnifico stallone nero...

- Di nome Scarto, - interloquì il maggiore dei ragazzi.

- Sì, - rise Marciano, - sì... Scarto. Ed era vestito con tale eleganza. Mantello fluttuante, pellicce di lupo. Era un generale in ogni poro, malgrado la sua giovane età. Ed era stato scelto da Marco Aurelio, così egli aveva il nostro rispetto ancor prima di essere smontato da cavallo. Aveva il nostro rispetto... ma quello che si guadagnò in fretta fu il nostro amore.

Massima sbatté le palpebre per ricacciare lacrime brucianti, e si aggiustò le gonne, sorridendo quando si accorse che anche gli occhi di suo fratello erano velati.

Nessuno notò le ombre che si allungavano o Elena che in silenzio accendeva il fuoco, presi com’erano dai racconti avventurosi del generale Massimo. Marciano parlava del suo generale con tono quasi riverente... delle sue imprese e delle sue ferite, della sua ostinatezza e della sua serietà, della sua generosità e della sua empatia. Fu chiaro che Marciano aveva perso un carissimo amico e Massima capì che egli soffriva quasi quanto lei e Glauco.

Quando le braci erano ormai quasi spente e Liato ebbe portato i ragazzi a letto, Marciano si alzò e in silenzio si diresse di nuovo nella sua camera da letto. Ritornò con un altro pacchetto di cuoio, molto più piccolo del primo. Esitò un po’ mentre lo porgeva a Glauco.
- Ho riflettuto molto se dartelo o no. Non sono ancora del tutto sicuro se sia saggio o se semplicemente dovrebbe essere bruciato. Ma... non è una decisione che devo prendere io. La devi prendere tu.

Marciano srotolò il cuoio e con cautela maneggiò il documento ufficiale che vi era stato celato. Glauco colse una fugace visione di un manoscritto vergato con precisione, con due firme... ed un sigillo ufficiale. Un sigillo ufficiale. Il sigillo di un imperatore. Egli si limitò a fissare il documento sul tavolo davanti a lui, e persino Massima ebbe abbastanza buon senso da frenare la sua naturale esuberanza e non glielo sottrasse allo sguardo. Sedette in silenzio, studiando il viso stranamente impassibile di suo fratello.

Marciano riprese il suo posto e chiese con semplicità:
- Non hai intenzione di guardarlo?

- So che cos’è, - sussurrò Glauco. - Lo avevi tu. Tu sei colui che si mise in contatto con Settimio Severo.

Il vecchio era stupefatto.
- Come... come sai che lo feci? Come sai del contratto?

Massima fornì la risposta.
- Mio padre lo disse a mia madre, Giulia, quando erano insieme ad Ostia. Sapevamo che Massimo era la scelta di Marco Aurelio come imperatore, ma non ne avevamo la prova. - Ella allungò l’indice e lentamente fece scivolare il documento verso di sé. - Adesso l’abbiamo.

Glauco ancora non si era mosso.
- Questa deve essere la copia dell’imperatore.

- Sì. La tolsi dal suo cadavere. Anche Massimo deve averne avuta una. Io non so che cosa accadde a quella.

Glauco alzò finalmente lo sguardo.
- E’ nella tomba di mia madre in Ispania.

Marciano trasse un respiro vibrante.
- Oh, capisco.

- Questo documento fu il catalizzatore della morte di mio padre, - disse Glauco pacatamente. - In qualche modo, pensavo che sarebbe stato più di un semplice pezzo di pergamena... ha causato talmente tanto dolore.

- E’ l’intento, non il documento.

- Naturalmente, - rispose Glauco prendendo finalmente il contratto da Massima e tenendolo tra le mani. - Così leggero, - commentò, - ed invece ha così tanto peso.

All’improvviso il viso di Marciano sembrò ancor più vecchio, le rughe apparvero ancor più profonde alla luce morente.
- Sono contento di liberarmene, finalmente. Io... cercai di usarlo per ristabilire l’onore di tuo padre, ma fu inutile. Non so nemmeno se l’imperatore ebbe la mia lettera e la copia che gli inviai.

- Oh, sicuro che l’ebbe, - disse Glauco. - Questo documento costò la vita a mio padre e quasi costò anche la mia. - Allo sguardo interrogativo di Marciano, Glauco continuò. - Non riuscivo a capire perché Settimio Severo fosse tanto preoccupato della mia presenza, finché Giulia mi disse di questo documento... poi tutto ebbe senso. Egli lo vuole con tutte le sue forze e pensa che anch’io ne sia alla caccia... e suppongo, indirettamente, lo sono stato. Ora io posso fare ciò che tu cercasti di fare e ristabilire il buon nome di mio padre... provando che egli l’erede di Marco Aurelio, non il suo assassino. Il vecchio imperatore stava morendo. Mio padre non aveva ragione di ucciderlo per guadagnare il trono; doveva soltanto aspettare un po’ di tempo finché il vecchio non fosse morto. Commodo aveva tutte le ragioni per ucciderlo. - Glauco serrò i denti in un sogghigno quasi malvagio. - Oh, quant’è pesante questo documento. Ha già ucciso mio padre... e può detronizzare un imperatore.

- E’ questo ciò che vuoi, Glauco? Reclamare il trono per te stesso? Avresti buone possibilità, sai, e Severo ha molti nemici, - disse Marciano, del tutto incerto riguardo ciò che stava passando nella mente del giovane. - Molti ti sosterrebbero. La gente che era leale a tuo padre. E’ la tua eredità.

Glauco scosse il capo.
- La fattoria di mio padre è la mia eredità. Intendo ricostruirla completamente, e i dettagli nelle lettere di mia madre mi aiuteranno a farlo. A parte ciò, voglio semplicemente fare quello che avevo deciso di fare, Marciano. Scoprire che cosa accadde a mio padre... il che ho quasi fatto. Scoprire perché... il che ho già fatto. Restituirgli il suo onore e vendicare la sua morte... il che sto per fare.

- Commodo è morto... - cominciò Marciano.

- Ma Quinto potrebbe non esserlo. E’ tempo di ritornare a Roma.

Vi fu silenzio per un lungo momento.

Elena alla fine disse:
- Avevamo sperato che sareste rimasti per un po’ di tempo. Raramente vediamo qualcuno proveniente da fuori
Petra.

Massima sorrise tristemente alla sua nuova amica. Anche lei sapeva che era tempo di partire.

- C’è anche Lucio. Potresti cercare lui, - suggerì Liato.

- Lucio Vero? Sì, l’ho preso in considerazione. Lui e Quinto erano nell’arena con mio padre quando morì e Lucio potrebbe essere in grado di offrire un altro punto di vista su quel combattimento finale. Non so dove si trovi, tuttavia.

- In esilio, probabilmente, - aggiunse Marciano. - O morto.

- Apparentemente no, - rispose Glauco. - Severo sostiene di essere un parente di Marco Aurelio, rafforzando così la sua pretesa al trono, dunque non poteva certo maltrattarne il nipote... almeno non pubblicamente. Lucio Vero è probabilmente ancora vivo, in qualche parte dell’impero.

- E’ un posto grande, l’impero, - commentò Liato.

- Sì, - Glauco sorrise ironico. - Sto cominciando a rendermene conto. Il percorso attraverso cui arrivammo qui è stato memorabile, è il meno che si possa dire, ma non certo veloce. C’è un modo migliore per raggiungere il mare? Ovunque possiamo prendere una nave per Alessandria dove ci attende la nostra nave?

- C’è molto meno deserto da attraversare se vi dirigerete a Nord, invece che ad Ovest... attraverso Masada, dove troverete una buona strada romana fino alla costa, grazie ad una strada costruita per  iniziativa dello stesso Settimio Severo. Potrete arrivarci in pochi giorni se il tempo è buono, - disse Liato. - Sono certo che la vostra guida conosce quel percorso.

- Parlerò con  Hamudi  domani, per capire se possiamo aggregarci ad una carovana. Sarebbe più sicuro in quel modo, - disse Glauco guardando sua sorella.

 

Hamudi annuì mentre Glauco spiegava che cosa voleva fare e la piccola guida nabatea promise di organizzare ogni cosa entro due giorni. Fedeli alla sua parola, all’alba del secondo giorno Massima e Glauco ancora una volta si issarono sui cammelli dopo aver detto addio, emozionatissimi, a Marciano e alla sua famiglia. Glauco pensò che la carovana era piuttosto piccola. Consisteva di due carri molto carichi tirati da buoi, insieme ad un assortimento di muli da soma e sei anonimi uomini avvolti in fluttuanti vesti bianche con in testa dei turbanti a strisce... alcuni a piedi e altri su cammelli.

Mentre si avvicinavano all’oscurità del massiccio crepaccio noto come Siq... e all’uscita da Petra... sia Glauco che Massima si voltarono e salutarono con la mano il gruppo di persone accalcate nell’ombra del Tesoro. Queste salutarono in risposta e Glauco udì “Dio sia con voi!” gridato molte volte. Improvvisamente fratello e sorella furono avvolti dall’oscurità e la città di Petra scomparve come se non fosse mai esistita. Emersero dall’altro lato, accolti dalla luce accecante del sole e da miglia e miglia di deserto di rocce dai colori tenui come quelli dei petali che avevano cominciato ad amare. Questa volta, comunque, rimasero all’ombra confortevole della lunga catena di arenaria, invece che attraversare il deserto aperto.

Glauco trovava che i suoi compagni di viaggio erano tipi curiosi. Avvolti nei loro abiti, rimanevano completamente in silenzio. Egli non si aspettava che comunicassero con lui, ma sembrava che s’ignorassero anche l’un l’altro. Forse era semplicemente l’uso nabateo.

Dopo poche ore Massima stava ancora una volta masticando sabbia tra i denti e si seppellì nei suoi vestiti, come aveva già fatto in precedenza. Il giorno fu privo di eventi e piantarono le loro tende nel tardo pomeriggio, Glauco e Massima separatamente dai nabatei, sistemando le tende in modo che le falde di apertura fossero le une davanti alle altre. Nessuno sarebbe stato in grado di avvicinare Massima senza che Glauco udisse.

Dentro la tenda Glauco rovistò nel suo zaino, finché trovò i due fagotti avvolti nella pelle e li accarezzò prima di rimetterli nel loro nascondiglio. Appiattì la sabbia finché le gobbe più grosse furono livellate poi si accomodò tra le coperte per la notte.

Si era appena appisolato quando Hamudi tirò indietro la falda della sua tenda.
- Vieni con me, - disse.

- Cos...? Perché? Dove andiamo? Che succede? - mormorò Glauco.

- Prendere acqua.

Glauco si sedette, finalmente sveglio.
- Abbiamo già acqua sufficiente per giorni. Non ne abbiamo bisogno d’altra, per ora.

- Dovere prendere acqua quando possiamo. C’è il wadi in alto su fianco di falesia. Vieni. Vieni presto.

Molto più tardi, Glauco si rese conto che l’insistenza di Hamudi avrebbe dovuto allertarlo dell’imminente pericolo. Ma non lo fece.