La Storia di Glauco: Capitolo 50

 

Capitolo 50 - Marciano

- Come l’hai avuta? - chiese Marciano esaminando la preziosa spada posata nelle sue mani solcate da vene violacee.

- Quasi per caso, signore. Mi recai in Germania subito dopo il mio ventesimo compleanno, in cerca di informazioni su mio padre, e là trovai Giovino. Ti ricordi di lui?

- Sì. Oh, sì. Era l’ingegnere capo della legione. Sono felice di sapere che è ancora vivo.

- Sì. Ce l’aveva lui. La prese in custodia dopo che Cicero, il servitore di mio padre, non fece ritorno dal viaggio a Roma che intraprese pochi mesi dopo la presunta morte di mio padre. Sapendo quello che so adesso, credo che sia del tutto possibile che essi si siano ritrovati a Roma.

- Tuo padre era a Roma? - La fronte del vecchio si corrugò a tal punto da sembrare una prugna secca. - Non capisco.

Glauco fece scorrere le mani sui lati della tunica per calmarsi.
- Mi dispiace, signore. Sono saltato troppo avanti nel mio racconto. Lascia che ricominci dal mio viaggio in Germania. - Massima si sedette sul bordo della panca di pietra, con la schiena contro la spalla del fratello ed offrì il viso al vento, ascoltando Glauco raccontare a Marciano che cosa era accaduto a Massimo dopo che era sfuggito ai suoi carnefici in Germania. Il vecchio seguiva assorto, con attenzione, senza mai allontanare lo sguardo dal viso di Glauco, ascoltando avidamente le informazioni, di tanto in tanto scuotendo la testa incredulo, ma rimanendo in silenzio. I suoi figli sedevano ai suoi piedi, anch’essi attenti al racconto di Glauco, ma egualmente attratti dalla graziosa giovane donna i cui capelli neri si gonfiavano e si agitavano gaiamente al vento.

Quando Glauco ebbe finito, Marciano fissò i picchi delle montagne lontane, gli occhi lucidi, perduto nei suoi pensieri. Infine parlò, senza rivolgersi a qualcuno in particolare.
- Credevo che fosse morto quella terribile notte in Germania. Avrei dovuto avere più buon senso. Allora... Commodo lo uccise davvero, non quando io pensavo lo avesse fatto, ma mesi dopo e in circostanze del tutto differenti.

- Commodo... o uno dei suoi uomini... vibrò il colpo fatale, ma puoi star certo che era per ordine di Commodo. Probabilmente soltanto Quinto sa di sicuro che cosa accadde.

Marciano sputò sul terreno mancando di poco il piede del figlio maggiore. I fratelli si guardarono stupiti per l’insolito gesto del padre.
- Quinto, quel traditore. Che cosa accadde a Quinto?

- Ebbene, come premio fu promosso a comandante dei pretoriani, per aver organizzato l’esecuzione di mio padre, come sai. Dopo di che... non lo so, signore. Sto cercando di scoprirlo.

- Come hai fatto a trovarmi, qui, Massimo? - chiese Marciano con espressione severa. - Credevo che nessuno mi avrebbe mai trovato qui... che i miei figli e le loro famiglie sarebbero stati al sicuro quassù... liberi dalle persecuzioni.

- Per favore, signore... io mi chiamo Glauco, e ti assicuro che pochissime persone sanno che io sono qui, e sono totalmente degne di fiducia. Sono certo di non aver recato pericoli a te o alla tua famiglia. Questa è l’ultima cosa che vorrei fare.

Marciano annuì.
- Come puoi vedere, ragazzo mio, sono molto vecchio... molto più vecchio di tuo padre. Avevo sperato di vivere in pace i pochi anni che mi restano, in un luogo in cui si tollera il diritto di un individuo di adorare il proprio dio.

- Sì, signore, lo capisco.

Il labbro di Marciano si contrassse ed egli sollevò la testa.
- Sai qualcosa della mia fede... Glauco?

- Uh... un po’. Tu credi in un solo dio. Un dio che è amorevole e misericordioso. Credi che un uomo chiamato Gesù, che visse a nord di qui più d’un centinaio di anni fa, fosse il figlio di quel dio, e fu chiamato Cristo. Ecco perché voi siete chiamati Cristiani.

Massima roteò leggermente gli occhi ad indicare che la risposta del fratello era a malapena adeguata.

Marciano rise e i suoi figli sorrisero.
- Ecco, fondamentalmente è così. Se io fossi rimasto con la legione avrei potuto finire col morire nella stessa arena dove tuo padre conobbe la morte... e i miei figli e le loro mogli e anche i loro bambini.

- E’ per questo che fuggisti?

- Quando credevo che tuo padre fosse morto, Glauco, non ebbi più alcuna ragione per rimanere con la legione. Egli fu l’unico motivo per cui rimasi tanto a lungo. Era un uomo buono e tollerante, tuo padre. Le mie convinzioni non facevano differenza per lui e mi trattava come suo pari. Ma era un atteggiamento molto insolito, te l’assicuro. - Sospirò profondamente. - Ma ora mi chiedo se avrei dovuto rimanere. Credevo che stessi facendo la cosa migliore per Massimo, nel fuggire quella notte, ma forse avrei potuto aiutarlo.

Un pochino perplesso, Glauco replicò:
- Nessuno sapeva dove egli andò. Migliaia di soldati lo cercarono per giorni senza fortuna. Semplicemente scomparve... o così credettero. Tu non avresti potuto fare niente di diverso.

- Che cosa intendevi quando hai detto che pensavi che partire fosse la cosa migliore che tu potessi fare per mio padre? - chiese Massima, stanca del suo lungo silenzio e non desiderando che quel commento passasse inosservato. Ignorò la gomitata di ammonizione del fratello.

Marciano le sorrise con l’indulgenza di un uomo che apprezza l’onestà della gioventù.
- Quando partii, portai molti effetti personali di Massimo con me... le sue lettere e i suoi documenti...

- Li hai ancora? - lo interruppe Glauco alzandosi a metà, facendo barcollare la sorella. - E’ questo ciò che speravo di trovare. Hai la sua corrispondenza con mia madre?

- Sì, certo che ce l’ho. Ed è anche tutta preservata in modo meraviglioso, grazie a questo clima secco.

Lo stomaco di Glauco si serrò per l’eccitazione, ed egli si sforzò di sedersi di nuovo. Lanciò un’occhiata alla sorella che semplicemente fissava Marciano con occhi spalancati per lo stupore.
- Posso vederli, signore? Ho fatto tutta questa strada...

- Glauco, appartengono a te... e a tua sorella. Li puoi tenere tutti.

Il giovane ispanico si alzò in piedi bruscamente e si spolverò la tunica. Massima fece lo stesso.
- Forse dovremmo tornare giù, - suggerì lui impaziente.

Ridacchiando, anche Marciano e i suoi figli si alzarono e guardarono Glauco affrettarsi verso Hamudi, che era rimasto all’altare. Massima fece qualche passo dietro di lui, poi si fermò, confusa, quando si rese conto che il vecchio e i suoi figli non li stavano seguendo.
- Glauco! - chiamò a voce alta ed egli ricomparve vicino all’altare.

Marciano fece un largo sorriso, mostrando una chiostra completa di denti bianchi come i suoi capelli.
- Allora la vostra guida vi ha fatto fare la scorciatoia, è così?

- Signore? - chiese Glauco.

Marciano fece un cenno con la mano, poi si voltò nella direzione opposta e seguì il figlio maggiore.
- Da questa parte, Glauco. - Massima era già accanto a Marciano ed egli le prese la mano nella piega del gomito sorridendole con affetto. - Questo è un sentiero molto meno arduo. E’ più lungo, ma meno ripido, così in realtà non ci vorrà molto.

Glauco scoprì che doveva affrettarsi per tenere il passo con l’agile vecchio ed i suoi figli mentre discendevano i gradini della montagna a passo regolare, abituati com’erano al loro rifugio tra le montagne nel deserto.

Tenendo d’occio la città al di sotto, ad un certo punto Glauco si rese conto che il loro sentiero finiva molto vicino alle porte della piazza ed al palazzo del governatore. Raggiunse il figlio di Marciano dai capelli color sabbia, Gordiano.
- Chi è il governatore, qui? - chiese mentre camminavano fianco a fianco sul sentiero che si allargava.

- Un uomo di nome Petronio. Lo vediamo raramente, comunque. - Gordiano fece un gesto conclusivo con la mano. - Non credo che ami molto Petra, così se ne sta all’interno delle mura con le sue amanti e i suoi malumori.

- Presumo che ci siano pretoriani?

- Naturalmente. Fanno occasionali apparizioni solo per ricordare ai nabatei chi comanda qui. C’è davvero molto poco da fare per loro, così per la maggior parte del tempo bevono in taverne nabatee e scommettono alle corse delle bighe. Non mi preoccuperei troppo di loro. Questa non è Roma.

Ma Glauco sapeva che era meglio non rilassarsi in loro presenza. La rete pretoriana invadeva ogni angolo di territorio romano, non importa quanto insignificante, ed il loro sistema di comunicazione era veloce ed efficace. Poteva soltanto sperare che Plauziano lo credesse ancora a Roma.