La Storia di Glauco: Capitolo 45

 

Capitolo 45 - Il viaggio

Una mattina all’alba, tre giorni dopo che il viaggio era cominciato, Glauco fu svegliato da un putiferio fuori della sua tenda. Le parole di un uomo infuriato si univavano alle voci divertite di altri uomini… e alle strilla oltraggiate di una donna.

- Oh, no, - borbottò Glauco. - Oh, no. - Terrorizzato, fece capolino dalla piccola tenda e le sue peggiori paure furono confermate. Massima era lì sul nebbioso ponte rollante, tenuta fermamente dal capitano che le lanciava aspri epiteti. Un gruppetto di marinai divertiti ma apprezzanti attorniava la coppia, fissando con espressione beota la giovane bellezza in tunica e brache sporche.

Glauco strisciò fuori della tenda e si mise in piedi con una smorfia... la schiena irrigidita, come al solito, dall’aver dormito sull’umido ponte di legno della nave. Lanciò un’occhiataccia a Massima, che gli restituì un identico sguardo e gettò indietro la testa. Palesemente, ella non si sentiva intimidita da nessuno di loro.
- Va tutto bene, capitano, - disse egli conciliante. - E’ mia sorella. Mi prenderò io la responsabilità delle sue azioni.

Massima con uno strattone si strappò il braccio dalla presa di Emilio.
- Mi prenderò io la responsabilità delle mie azioni, grazie molte! - ringhiò strofinandosi il braccio anchilosato.

- Era in uno dei barili. Si trovava lì da giorni, - sbottò il capitano. - Non mi piace avere donne a bordo della mia nave. No di certo. Porta sfortuna. Ha già rovesciato e fracassato la maggior parte delle anfore. Cocci dappertutto nella stiva.

La presa di Glauco sostituì quella del capitano e Massima trasalì per il dolore mentre egli esclamava:
- Starei attento a quello che dici riguardo a questa giovane in particolare, Emilio. E’ l’unica figlia della donna che possiede questa nave. - Allentò la stretta, ma non la lasciò andare. - Ti consiglio di trattarla con il massimo rispetto. - Anche se guardava il capitano, le sue parole erano indirizzate a tutti gli uomini ed ebbero chiaramente l’effetto desiderato. I marinai abbassarono lo sguardo sul ponte o presero a guardare fissamente in alto le vele … tutto, pur di evitare di rivolgere lo sguardo alla giovane donna in un modo che potesse essere frainteso o ritenuto offensivo. Avevano visto la spada che Glauco possedeva… e non erano neppure ansiosi di perdere il loro lavoro. Lentamente si dispersero, tornando alle loro occupazioni.

Glauco rivolse la sua attenzione alla sorella, ferma in silenzio accanto a lui, che osservava compiaciuta la ritirata del capitano. Le strizzò il braccio e sibilò:
- Che cosa credevi di fare, in nome di tutti gli dei?

- Pensavo fosse ovvio, Glauco. Vengo con te.

- Non posso assumermi la responsabilità delle tue…

- Hai appena detto il contrario, mi pare, - sorrise lei, arcuando un grazioso sopracciglio in gesto di sfida. - Inoltre, so prendermi cura di me stessa.

- Oh, davvero? - ringhiò lui. - Che cosa pensi ti sarebbe successo, se non ci fossi stato io a proteggerti?

- Lascia andare il mio braccio.

- Rispondimi.

Ella sospirò e rispose come se si stesse rivolgendo ad un bimbetto confuso.
- Se tu non fossi stato qui, fratello, allora non ci sarei stata nemmeno io, non ti pare? - Si lisciò la tunica sudicia con la mano libera. - In realtà, sono contenta d’essere stata scoperta. I vapori che esalavano dal barile mi stavano dando il mal di testa. Ed era freddo e stretto. Sarà molto più piacevole quassù sul ponte con te.

- Non puoi restare.

Massima guardò il mare e poi di nuovo il fratello.
- Dove proponi che vada, mmh?

Glauco le lasciò il braccio con insofferenza. Sapeva di aver perso, lei aveva ragione. Dove poteva andare, infatti?
- Tua madre sarà fuori di sé dalla preoccupazione.

- Probabilmente, ma supererà la cosa. Ho lasciato una lettera per Apollinario spiegando che ero con te e che tu ti saresti preso cura di me.

Glauco gettò indietro la testa, le mani sulla fronte.
- Penseranno che ti ho aiutata a progettare tutto questo. Giulia mi odierà!

- Oh, non preoccuparti. Le ho scritto che non ne sapevi nulla. Nella mia lettera ho chiarito che lasciare casa è stata interamente una mia decisione. - Ella sollevò lo sguardo sulle vele schioccanti sopra la testa. - E’ talmente meraviglioso. Per tutta la mia vita ho osservato queste navi dalla mia terrazza e ho desiderato ardentemente trovarmi su una di esse… andare ovunque. Ovunque. E adesso sono qui. - La sua risata gioiosa indusse finalmente un sorriso intenerito sul viso del fratello. - Sono talmente felice, Glauco. Non avrei mai sognato di essere così felice. - Ella strinse le spalle del fratello e rispose al sorriso di lui. - Tu hai fatto questo per me.

Glauco lisciò all’indietro gentilmente le folte ciocche ondulate che le turbinavano attorno al viso in selvaggio abbandono.
- Ci siamo reciprocamente portati una grande felicità. Ma, Massima, questo sarà un viaggio molto difficile… e probabilmente pericoloso. Se l’imperatore mi prendesse, in qualche modo troverebbe anche te. Ho paura per la tua sicurezza.

- Massimo era anche mio padre. Se tu sei in pericolo, allora anch’io sono in pericolo. Voglio condividerlo con te. Voglio sapere tutto di lui… e di te. Abbiamo molto da recuperare, fratello, e questa è una meravigliosa opportunità per farlo, non credi?

Glauco guardò da poppa a prua.
- Non ci sarà molta intimità per te, temo.

Ella adocchiò la tenda.

Egli sospirò e annuì con rassegnazione.
- Dormirò sul ponte con i marinai.

- Grazie. Sei un tesoro, - disse ella con esuberanza.

Egli alzò la testa e la studiò.
- Come pensavi di cavartela per tre settimane dentro un barile?

- Per la maggior parte del tempo non stavo dentro. I marinai erano affacendati e non erano interessati al carico. Mi sono portata cibo e acqua… sufficienti per due settimane, se avessi mangiato pochissimo. - Abbassò lo sguardo sulla tunica sudicia. - Mi dispiace soltanto di non aver potuto lavarmi per tutto questo tempo, comunque.

- Potrai fare un bagno quando ci fermeremo a Creta per fare rifornimento. Da là credo che si andrà direttamente ad Alessandria.

Ella chiuse gli occhi con un sorriso sognante.
- Alessandria... oh, Alessandria, Glauco. Alessandro… Cleopatra… le piramidi. Ho sempre voluto vedere Alessandria.

- Hai sempre voluto cavalcare un cammello?

- Un cammello?

- Sì, attraverso il deserto fino a Petra. Questo non è un viaggio di piacere.

- Me ne rendo conto. Ma potrò guardare le cose lungo il cammino, vero? - Ella lo gratificò d’un sorriso disarmante.

 

 

Il resto del viaggio fu privo di eventi e il tempo fu favorevole. Massima di notte occupava la tenda e Glauco si arrotolava dentro un’incerata di canapa sul ponte. Non era molto confortevole, ma doveva ammettere che gli piaceva la compagnia della sorella molto più di quanto avesse pensato. Era intelligente, volitiva e arguta, e più istruita di lui. Lungi dall’essere frivola, dimostrava di essere ponderata e riflessiva. Presto egli si rese conto che la personalità apparentemente spinosa di lei era subordinata al suo umore, normalmente accomodante, e presto il loro rapporto si trasformò in un vincolo rilassante e confortevole che li portò a condividere storie della loro infanzia, paure segrete e desideri, e sogni per il futuro.

Quando avvistarono la fiamma del lontano Faro di Alessandria, sembrava che si conoscessero da anni.

 

Alessandria

La città di Alessandria nella terra dei faraoni era dominata dall’ampio Grande Porto a forma circolare e dal più alto faro dell’impero, alto più di cento metri, di cui la fiamma ingrandita da un grande specchio di bronzo lucidato era visibile ad un centinaio di miglia al largo. La città stessa circondava la riva, coprendo la stretta striscia di terra tra il mare e il Lago Mareotide, come pure l’Isola del Faro. Luccicava di palazzi colorati, templi, teatri, biblioteche, monumenti ed edifici pubblici. Da entrambi i lati della città, spiagge e stagni di scintillante sabbia bianca abbracciavano la linea di costa, e palme aggraziate si muovevano appena nella calda brezza gentile. Era stupefacente, questa città, un importante centro culturale, intellettuale, scientifico e spirituale  dell’impero.

Originariamente era il villaggio di Rakhotis, fu ricostruita per ordine di Alessandro Magno dall’architetto greco Deinocrate di Rodi. Le vie della città erano dritte e formavano regolari isolati rettangolari. La strada principale, Via del Canopo, correva da est ad ovest e collegava la Porta della Luna nelle mura occidentali alla Porta del Sole nelle mura orientali. La Via del Soma correva perpendicolare alla Via del Canopo e univa il Grande Porto al lago. Un canale all’estremità occidentale del Grande Porto permetteva alle navi di risalire fino al Lago Mareotide. All’estremità orientale del Grande Porto un altro canale si collegava ad uno che si univa al grande fiume Nilo. Un progetto semplice… con tanta incredibile bellezza.

Alessandro morì senza lasciare eredi e la lotta per la successione tra i suoi generali vide Tolomeo rafforzare la sua posizione in Egitto, con Alessandria come sua capitale, ed egli instaurò una dinastia che durò più di trecento anni. Verso la fine della dinastia, tuttavia, il dissenso interno permise all’influenza romana di intromettersi arbitrariamente in questa città, su cui l’impero faceva pesantemente conto per i rifornimenti di grano. L’ultima dei Tolomei, la regina Cleopatra, cercò con duramente di salvare il trono e la città avendo prima un figlio da Giulio Cesare, poi lasciandosi coinvolgere totalmente nella fatale relazione amorosa con Marco Antonio, che vide la regina egizia perdere la decisiva battaglia di Azio nell’Adriatico. Dopo la morte di lei, la città cadde sotto il controllo dell’impero romano, che mantenne il controllo delle ricchezze agricole del Nilo.

Massima raccontò tutto questo a Glauco mentre percorrevano a braccetto le strade della città, visitando i luoghi come qualunque altro turista romano. Avevano prenotato due camere, fatto il bagno e si erano cambiati, e adesso Massima voleva vedere tutto. Sebbene egli sapesse molto della storia della città, era sorpreso della dovizia di conoscenza di lei ed ammise che Apollinario le aveva insegnato bene. Era una compagnia meravigliosa, una giovane donna bella, istruita e vivace che si deliziava per tutto quello che vedeva.

Massima guardò il fratello con la coda dell’occhio.
- Gli Egizi potevano sposare i loro fratelli e sorelle. Lo sapevi? Tolomeo II, chiamato Filadelfo, sposò sua sorella Arsinoe. Tolomeo III Evèrgete, sposò sua cugina, Berenice. La cosa non impressionò i Greci, lasciamelo dire.

- Sembra assolutamente incestuoso.

- Certamente in tempi moderni è considerato così, ma era un modo per mantenere il potere all’interno della famiglia.

La testa di Massima girò da un lato all’altro.
- Guarda tutte queste persone qui,
Glauco. Hanno tutte un aspetto diverso, quanti colori della pelle. Mi chiedo da dove vengano tutti.

- Da tutto l’impero e dall’Oriente, immagino. Anche Roma è piuttosto simile in questo. Gente da ogni dove.

- Quando io mi trovavo a Roma la mamma stava attenta a non lasciarmi vedere troppo della città. Prima non riuscivo mai a capire perché, ma adesso lo intuisco. Era preoccupata per la mia sicurezza... preoccupata che l’imperatore potesse scoprire di me. E’ talmente meraviglioso essere in un luogo così lontano da Roma ed Ostia. - Ella saltellò sopra le pietre della pavimentazione guardando tutto il mondo come una bimba alla sua prima uscita. - Possiamo stare per un giorno o due, vero? - chiese.

- Naturalmente, - cedette Glauco. Aveva aspettato tanto a lungo di trovare Marciano, che differenza avrebbero fatto un giorno o due? Così, si comportarono come turisti e si unirono ad un gruppo di romani diretti all’Isola di Faro ed al grande faro. Faro non era più un’isola, essendo stata unita alla terraferma dalla diga dell’Eptastadio, e la passeggiata era facile. La struttura era diversa da qualsiasi altra cosa nell’impero... la sua base era quadrata; a due terzi d’altezza cambiava in forma ottagonale; al di sopra era circolare. In cima, sopra la fiamma, c’era la statua di Zeus Sotero che girava, seguendo il sole. La base possente del faro era circondata da un colonnato di marmo e da una parte c’era l’aggraziato tempio di Iside Faria.

Sull’isola faceva fresco, dal momento che i primi venti invernali spazzavano la terraferma con spruzzi salmastri. La navigazione era ferma per la stagione, e il faro indugiava come una sentinella sopra i mari deserti color acquamarina, con navi e barche ancorate in modo sicuro al porto. Oltre il porto e direttamente attraverso l’isola di Faro, c’era il magnifico immenso palazzo reale, con i suoi edifici dalle colonne d’un bianco abbagliante e la profusione di fiori in boccio.

Il mastro del faro diede il benvenuto agli ospiti, dato che durante i brevi mesi invernali aveva da fare di meno. Il suo lavoro principale, naturalmente, era tenere la fiamma accesa e mostrò loro l’enorme montagna di carburante che occupava l’intera stanza alla base del faro.
- Legna, letame, carta, carbone,
qualunque cosa bruci, - spiegò. - Immagazziniamo tutto il carburante qui, poi in queste ceste viene issato lassù. - Indicò le corde penzolanti che sembravano scomparire nei cieli.

Sentendosi in vena d’avventure, la giovane coppia si diresse verso i gradini che salivano a serpentina tutto attorno al perimetro della struttura. Massima guardò Glauco con uno scintillio nello sguardo.
- Facciamo una corsa? - lo sfidò.

Glauco le afferrò la mano e la trattenne, dal momento che sembrava pronta a spiccare il volo.
- No, grazie. E’ lunga la salita, e preferisco camminare.

- Hai soltanto paura che ti batta, - scherzò lei. Ma fu Glauco che dovette prendere la mano della sorella ed issarla per l’ultima rampa di scale quando ella si lamentò che non ce l’avrebbe mai fatta. Ella crollò sull’ultimo gradino ansimando e strofinandosi le gambe dolenti. Quando finalmente riuscì a rimettersi in piedi si trovò di fronte ad una fiamma ruggente che sembrava risucchiare l’aria dal cielo. Massima si afferrò i capelli svolazzanti, li avvolse in un nodo e li fermò sotto la stola, timorosa che potessero prender fuoco. Uno schiavo rivestito di cuoio bagnato si occupava del fuoco e girava lo specchio di bronzo lucido. Solo allora Massima notò che anche il mastro del faro era avvolto in cuoio ed ora indossava un elmo di cuoio. Quasi assordata dal rumore, ella si coprì le orecchie e si unì a Glauco accanto alla balaustra per ammirare la città molto distante al di sotto. Le barche nel porto sembravano quasi giocattoli, adesso, come quelli che ella era solita far navigare nello stagno della villa. La forma circolare del porto era chiaramente distinguibile, come lo erano il Lago Mareotide e i canali che intersecavano la città.

Glauco mise le mani a coppa e le urlò nell’orecchio indicando:
- Guarda le barche sul lago. E’ quello il modo più veloce per arrivare al Nilo. Dopo di che andremo in cammello.

Massima semplicemente annuì, temendo che la sua risposta non si sarebbe mai udita al di sopra del ruggito del fuoco.

- Sta facendo troppo caldo! - gridò Glauco mentre Massima annuiva. Egli le prese la mano e cominciarono il lungo tortuoso viaggio di ritorno verso la torre più in basso.

Giunti in fondo, ella crollò sul colonnato e pregò il fratello di lasciarle un po’ di tempo per riposare.
- Non sono un’atleta, come invece sei tu, evidentemente, - ella affermò. - Scommetto che potresti correre su e giù per quelle scale una dozzina di volte.

- Difficilmente, ma devo ammettere che non sono stanco. Ho praticato molti sport mentre crescevo, come ti ho detto, così le scale non mi preoccupano.

- Ho l’impressione che non avrebbero preoccupato nemmeno Massimo, - disse ella rotolando sulla schiena su una panca di marmo.

Un uomo su una panca vicina, nell’ombra, si raddrizzò all’udire quel nome familiare.

- Probabilmente no. Riesci ad immaginare tutto il camminare che fece da soldato... per tutto l’impero.

- Pensi che sia mai stato qui?

- Non è probabile, ma chissà. Penso che Massimo fosse principalmente d’istanza nel Nord. Roma può esser stato il luogo situato più a sud in cui si sia mai trovato.

L’uomo nelle ombre scrutò la giovane coppia da sotto le folte sopracciglia, con un’espressione interrogativa sul viso scuro.

- E’ una vergogna... che sia morto così giovane. Quanti anni avrebbe adesso, se fosse vissuto?

- Sui cinquanticinque. Piuttosto vecchio.

- Non così vecchio. Apollinario ha una decina d’anni di più.

- Suppongo, ma non riesco ad immaginare Massimo diversamente da un giovane generale.

L’uomo si rimise dritto e si alzò in piedi a metà, prima di ripensarci e risedersi sulla panca. Si congratulò con se stesso per la sua buona memoria ed attenzione al dettaglio, probabilmente era l’unico pretoriano in Alessandria che ancora ricordava la lettera dell’imperatore, arrivata mesi prima, che allertava tutti i soldati pretoriani dell’impero di ricercare il figlio di Massimo Decimo Meridio e di fare immediatamente rapporto a Roma se era sospettata la sua presenza. I soldati avevano sbadigliato quando era stato letto il rapporto... perché mai avrebbero dovuto aspettarsi che quell’uomo arrivasse in Egitto?... ma egli aveva archiviato attentamente l’informazione nella sua testa. Mentre i suoi occhi esaminavano il giovane sulla panca vicina, verificava la descrizione: sulla ventina, con barba, lunghi capelli castano chiaro, alto, ben piantato. Ispanico. Quello era il fattore decisivo. Quest’uomo aveva un evidente accento ispanico. Non ricordava di aver sentito parlare di una donna, ma ella poteva essersi unita a lui in qualunque luogo. Avrebbe aspettato finché la coppia se ne fosse andata, prima di andare dal capitano dei pretoriani di Alessandria e fare il suo rapporto.

Massima rotolò sullo stomaco e posò il mento sulle mani.
- Sai come me lo immagino?

Glauco scosse la testa.

- Come un padre.

Glauco inclinò la testa e le sorrise dolcemente, annuendo.
- Come un padre. Vieni... c’è ancora molto da vedere e il giorno è ancora giovane.

 

La tomba di Alessandro si stagliava all’intersezione di Via Soma e Via Canopica. Era un luogo sacro e i visitatori discendevano con grande devozione in una cavità buia circondata da lampade dalla luce fluttuante. Nel centro, protetto da una cupola di spesso cristallo, c’era il corpo mummificato di Alessandro, che indossava un’armatura d’oro.

Massima fissò il corpo, pallida in volto e con occhi spalancati. Glauco gentilmente le toccò la mano ed ella grata la strinse. Dopo qualche istante, egli sentì che la sorella aveva i brividi e uscirono dalla tomba.

Massima restò in silenzio mentre tornavano lungo il colonnato ampio e bello di Via Soma.

- Che cosa stai pensando? - chiese Glauco con calma.

 - Massimo. - Ella si fermò e guardò il fratello. - Non sappiamo che cosa accadde al suo corpo, vero?

Glauco scosse la testa.
- No... ma nulla di simile a questo.

- Come lo sai? Cose terribili possono essere accadute al suo corpo. Noi non lo sappiamo.

- No, infatti. E’ una delle molte cose che dobbiamo ancora scoprire.

- Ho pensato che fosse orribile... mettere in mostra in quel modo il corpo di Alessandro. Orribile. Era così giovane e bello quando morì, e guarda che cosa gli è successo.

Glauco, sperando di alleviare la sofferenza della sorella, disse:
- La biblioteca non è molto lontana. Perché non ci andiamo?

Ella immediatamente si raddrizzò.
- Non è la biblioteca originale, sai. Quella bruciò fino alle fondamenta, con la perdita di libri insostituibili. I volumi nella biblioteca attuale furono un dono a Cleapatra da parte del suo amante, Marco Antonio, dopo che egli aveva razziato la biblioteca di Pergamo in Grecia. Ella era così turbata, vedi, della perdita della sua biblioteca...

Glauco nascose un sorriso. Sua sorella era di nuovo contenta mentre dispiegava la sua conoscenza di storia, grazie ad Apollinario.

 

La sera essi condivisero una cena tranquilla, poi si ritirarono nelle loro stanze per la notte. Glauco era ansioso di cominciare presto il loro viaggio verso Petra.