La Storia di Glauco: Capitolo 43

 

Capitolo 43 - Massima

- Massima? - chiamò Glauco bussando piano alla porta dell’appartamento di lei. - Posso parlarti?

Nessuna risposta.

Bussò di nuovo.
- Massima? Per favore, apri la porta.

Si aprì uno spiraglio e comparve un occhio azzurro arrossato.
- Che cosa vuoi?

- Ho qualcosa da mostrarti.

Ella tirò su col naso, aprì la porta, voltò la schiena e si allontanò, fermandosi alla terrazza.

Glauco a stento sapeva che cosa dire a quella giovane donna, un’estranea in realtà, che aveva il suo stesso sangue. Si fermò appena all’interno dell’ingresso, non volendo invadere il suo spazio privato.
- Partirò domani sera, Massima. Abbiamo tempo fino ad allora.

- Sei disposto a darmi un intero giorno della tua vita, fratello? - disse Massima in tono sarcastico. - Che magnanimità!

Le sopracciglia di Glauco si contrassero.
- Dove hai imparato quella parola?

La schiena di Massima si irrigidì. Si stava prendendo gioco di lei?
- Dove imparò anche mia madre. Da Apollinario.

- Era il tuo precettore?

- Sì... facevo lezione proprio in questa stanza. La stessa stanza dove ho trascorso la maggior parte della mia vita. - Lanciò un’occhiata intorno a sé. - E’ graziosa, vero? Una graziosa prigione. Sono stata prigioniera in questa villa per tutta la vita, quando tutto ciò che desidero è la libertà... come ogni donna della mia età.

- Le donne della tua età, per la maggior parte, non sono libere, Massima. Sono sposate con bambini. Almeno tua madre non ti ha obbligata a sposarti.

Ella infine si voltò e la stola di seta bianca fluttuò nella brezza serale proveniente dalla terrazza.
- Solo mio padre può darmi in matrimonio, Glauco. E questo rappresenta un interessante dilemma, non è vero? Mio padre è morto.

- Apollinario è il tuo padre legale.

- Apollinario è un dolce vecchietto, Glauco, e io gli voglio molto bene. Ma non come un padre... uno zio gentile, forse. Sono stata a conoscenza sin da tenera età che sono orfana di padre.

- Come me.

- Sì. Ma almeno tu credevi diversamente.

Glauco annuì.

- Invece, sono cresciuta desiderando di conoscere l’uomo per cui mia madre piangeva... di cui mia madre portava il lutto. Quest’uomo perfetto, a cui nessun altro uomo poteva nemmeno lontamente paragonarsi.

- Era soltanto un essere umano, Massima.

- Non agli occhi di mia madre. Per lei era un dio. - Si spostò vicino ad una sedia e fece cenno a Glauco di sedersi di fronte a lei. - Desideravo molto un fratello o una sorella per alleviare la mia terribile solitudine. Quando fui abbastanza grande finii col pregare mia madre di avere un altro bambino e lei mi disse che non sarebbe mai accaduto. Non avrebbe mai giaciuto con un uomo che non fosse Massimo... e lui non c’era più.

- Come si sentì Apollinario al riguardo?

Massima rise.
- Glauco... lui preferisce gli uomini. Il loro matrimonio è perfetto, capisci? Hanno la compagnia reciproca senza la complicazione dell’intimità.

Glauco formulò un silenzioso “oh” poi la lasciò parlare senza interromperla.

- Massimo non mi conobbe mai, non mi tenne mai in braccio. Mia madre cercò di mettersi in contatto con lui a Roma, dopo che Proximo lo riportò laggiù, ma non le fu permesso di avvicinarglisi. Alla fine riuscì a persuadere Proximo di accettare una lettera per lui... ma il giorno dopo morì nell’arena, in quel combattimento con Commodo. Potrebbe persino non aver mai saputo che mia madre stava aspettando il suo bambino... me.

- Siamo nella stessa situazione. Non seppe mai nemmeno di me.

- Almeno tu hai il suo nome. Io nemmeno quello. Io sono la sua figlia illegittima. Pensavo costantemente a lui mentre crescevo. Mi chiedevo che aspetto avesse.. che voce avesse. Non ho mai visto un esercito. Non avevo alcuna idea di che cosa fosse un generale, in realtà. Lo immaginavo come l’uomo più forte e più bello che fosse mai vissuto, ma allo stesso tempo affettuoso e tenero, che avrebbe giocato con me e poi cullata tra le sue braccia per farmi addormentare.

- Il tuo sogno è molto vicino alla verità, credo. Era anche un uomo molto serio, che non prendeva alla leggera le sue responsabilità. Era consapevole dell’importanza del suo compito. I suoi soldati lo adoravano e lo rispettavano. L’imperatore lo amava. Sua moglie e suo figlio lo amavano.

Ella ricominciò a piangere.

- Fu un uomo che toccò molte persone.

Massima sorrise tra le lacrime.
- Sai che mentre crescevo mi chiedevo se Massimo non fosse solo una figura dell’immaginazione di mia madre... un modo di spiegare la mia presenza? Eccetto per la sua tunica blu da schiavo che mia madre conserva ancora, tu per me sei la prima prova tangibile che egli è veramente esistito... e che era davvero bello e forte.

Glauco sorrise timidamente.
- Grazie. - Si mordicchiò il labbro per un momento poi finalmente pose la domanda che lo aveva tormentato tutta la notte. - Massima, tu sai molte cose di nostro padre... ma sai anche della vita di tua madre?

Ella rispose prontamente.
- Vuoi dire che era una prostituta?

Glauco non riuscì a nascondere la sua sorpresa.

- Sì, non mi ha nascosto nulla. So perfino dove sono stata concepita... su una nave nel centro di un laghetto sui terreni della villa. Ammetto che scoprire che mia madre era una prostituta schiava del generale Cassio fu un trauma ma, in un certo senso, me la fece ammirare ancor di più. Guarda da dove è partita e guarda che cosa ha realizzato.

- E’ una donna notevole.

- Sì... ma deve anche lasciarmi andare. Deve lasciarmi vivere la mia vita. Mi sento pronta.

- Per lei sarebbe come perdere Massimo ancora una volta.

- Non posso farci nulla.

- No... no, non puoi. Che cosa vuoi fare, Massima?

- Voglio lasciare questo posto, - disse lei con entusiasmo. - Voglio vedere l’impero. Voglio viaggiare ed essere libera di vivere la mia vita come voglio io.

Glauco sorrise.
- Non conosco nessuno che abbia una vita così.

- Nostro padre...

- No, - interruppe Glauco. - Specialmente non lui. Era un generale, quando tutto ciò che in realtà voleva, era essere un contadino. Viveva in Germania, quando in realtà voleva stare in Ispania.  Non era libero, Massima, nemmeno prima della sua schiavitù.

La sorella fissò nell’oscurità oltre la terrazza.
- Suppongo che tu abbia ragione.

Glauco cercò di rallegrarla.
- Ti avevo promesso di mostrarti qualcosa.

- Infatti. - Ella non distolse lo sguardo dal cielo notturno.

- Massima, guarda questo.

Ella si voltò e trattenne il fiato davanti alla magnifica spada nel fodero che Glauco teneva tra le mani. La tese verso di lei ed ella la toccò incerta con la punta di un dito.

- Questa è la spada che Marco Aurelio diede a Massimo quando fu nominato generale. La usò sino alla notte in cui l’imperatore morì.

Gli occhi spalancati per la meraviglia, Massima accettò la spada da suo fratello.
- Oh... è pesante! - esclamò mentre le sue braccia cedevano all’inaspettato peso.

- Sì, ed era solito brandirla per ore ed ore in battaglia, gettandosela da una mano all’altra a seconda della provenienza della minaccia.

- Non avevo idea che una spada potesse essere così bella. Sembra un ornamento, - disse quando la luce della lanterna fece scintillare l’ottone.

- Non è un ornamento. Chissà quanto sangue è stato versato dalla punta di questa spada.

- Dove l’hai presa?

- Da un vecchio commilitone di nostro padre che vive in Germania ed era il capo ingegnere della Felix III... la legione di Massimo. Cicero, il suo servitore, era andato a prendere la spada dopo la morte di Marco Aurelio, ma Quinto irruppe nella tenda ed arrestò Massimo prima che avesse la possibilità di difendersi. Così la spada rimase con Cicero fino alla sua morte, quando Giovino la prese. L’ha tenuta nascosta per tutti questi anni.

Massima afferrò l’impugnatura ed estrasse la spada dal fodero con un movimento lungo e lento, poi la tenne verticalmente ed ammirò il modo in cui la luce danzava sulla lama. Fece una risatina soffocata... la prima volta che Glauco sentiva da lei un suono così femminile.
- E’ troppo grande per la mia mano.

- Fu fatta specificamente per adattarsi alla sua mano.

- Pensa... le sue dita si sono posate dove sono ora le mie. Il suo palmo dove è il mio. I suoi occhi videro questa stessa lama, la stessa elsa. - La sua voce si abbassò ad un riverente sussurrio. - Quasi mi sembra di toccarlo.

- Anch’io provo la stessa cosa quando la impugno.

Massima lo guardò con gli ardenti occhi verdazurri.
- Davvero? - Lasciò che la punta della spada affondasse lentamente fino al fondo del fodero, poi concentrò la sua attenzione sul fratello. - Sai che questa è la prima volta nella mia vita che ho sentito che qualcuno mi capisce veramente? Mi sento più vicina a te in questo momento di quanto mi sia mai sentita finora con chiunque altro. - Inghiottì a fatica. - Glauco, per favore, non andartene.

- Devo.

- Per favore, no.

- Massima, ho solo cominciato il mio viaggio. Trovarti è stata probabilmente la cosa più stupefacente che mi accadrà mai... e in questi pochi giorni ho imparato più cose di nostro padre di quanto avessi mai sperato. Ma io voglio sapere di più. Voglio sapere tutto. E devo trovare quel contratto. Devo!

Massima sembrò rassegnata alla sua perdita.
- Per quanto starai via?

- Non lo so. Mesi probabilmente.

- Tornerai? - chiese, il suo viso rifletteva speranza e dubbio.

- Certo che sì. - Egli notò lo scetticismo negli occhi di lei. - Lascerò il mio cavallo con te come prova della mia parola. A parte questa spada, Ultor è la mia proprietà più di valore. Apprezzerei se ti prendessi cura di lui fino al mio ritorno.

Massima annuì, non fidandosi della propria voce, in quel momento.

Glauco riuscì a fare una risata incerta.
- Sembra che stia disseminando i miei animali per tutto l’impero.

Il sorriso di lei non era più di una breve piega all’insù delle labbra. Lentamente ella reinserì la lama nella custodia di cuoio e la porse a Glauco con occhi colmi di un’enorme tristezza.
- Buon viaggio, fratello mio. Buon viaggio.