La Storia di Glauco: Capitolo 39

 

Capitolo 39 - Il racconto di Giulia, seconda parte

- Trascorremmo i primi giorni discutendo del mio piano di fuga. Fu solo quando io accettai il suo rifiuto di partire che fummo in grado di raccontarci quello che ci era accaduto da quando ci eravamo visti l’ultima volta. Fu allora che appresi del suo viaggio in Ispania, della morte di tua madre e di tuo fratello, e della sua cattura e vendita come gladiatore. Gli raccontai del mio matrimonio... o di quello che dalla società era considerato un matrimonio. Vedi, Glauco, io ero ancora innamorata di Massimo e non potevo dividere pienamente la mia vita con un altro uomo.

Erano seduti uno accanto all’altra sul pavimento della terrazza, con le spalle che si sfioravano e le schiene contro il muro del cortile, accomodati su cuscini e coperte. Sembrava una scelta insolita, considerando il lusso della casa di Giulia, ma ad entrambi piaceva l’intimità del soffitto di stelle. Una brocca di vino era posata sul pavimento tra di loro, e tutti e due avevano riempito le loro coppe un bel po’ di volte. I vassoi di cibo erano vuoti e quaglie arrosto ormai fredde li attendevano su un altro vassoio.

Giulia continuò.
- Camminavamo nel giardino, trascorrevamo lunghe ore sulla mia spiaggia privata... dove tuo padre mi insegnò a nuotare. Beh... a galleggiare, almeno. - Sorrise. - Cominciò a rilassarsi gradualmente, ma ci vollero molti giorni.

Il vino rendeva Glauco ancor più schietto del solito.
- Faceste l’amore?

Giulia increspò le labbra.
- Non all’inizio. Tuo padre si sentiva ancora in lutto per tua madre. La sua morte era ancora molto recente per lui e sembrava quasi considerare qualsiasi intimità con me un insulto alla sua memoria.

- Ella era morta, comunque.

- Sì. Eravamo entrambi vedovi.

- Avrebbe dovuto lasciarsi un po’ andare, - disse Glauco ridendo.

Giulia guardò Glauco stupefatta, poi scoppiò a ridere.
- Ebbene, alla fine lo fece, ma non senza molte insistenze. Godemmo di alcuni giorni e notti di intimità. Furono i giorni più felici della mia vita.

- Lo amavi.

 - Sì.

- E lui amava te.

- Non riusciva a decidersi a dire quelle parole, anche se sapevo che erano nel suo cuore. Glauco, era tua madre ad avere l’amore di tuo padre ed egli riservò quelle parole soltanto a lei. A me fu solo permesso di avere un pochino di quell’amore per un breve periodo. Voglio che tu lo sappia.

Glauco la guardò con occhi sonnolenti.
- Meriti di essere felice.

- Grazie... e tu hai bevuto troppo vino. - Ella mise la brocca dal proprio lato, fuori della sua portata.

- Avreste dovuto fuggire insieme.

- Sì, avremmo dovuto. Ma Massimo temeva per la mia salvezza. Commodo avrebbe sguinzagliato al nostro inseguimento ogni pretoriano e soldato dell’impero e indubbiamente saremmo stati catturati. Invece quando il Colosseo riaprì, e Proximo venne a riprenderselo, Massimo ritornò a Roma da gladiatore. - Giulia bevve un lungo sorso di vino per smussare il doloroso ricordo.

- Che cosa facesti tu?

- Lo seguii a Roma ed assistei ad ogni suo combattimento, come gli avevo promesso. Gli dissi che non sarebbe mai stato solo finché io fossi stata tra gli spettatori.

- Riuscisti a parlargli di nuovo?

- No. Proximo non voleva che mi avvicinassi a lui. Diceva che distraevo Massimo. Cercai di consegnare un messaggio... ma non sono sicura che gli sia mai arrivato.

Glauco ascoltò il verso di una colomba insonnolita che tubava tra gli alberi sopra la sua testa.
- Morì nell’arena, vero?

- Sì, - sussurrò lei.

- Perse un combattimento.

- No… no, non lo perse.

Glauco la guardò, le sopracciglie alzate in aspettativa. Ella allungò la mano per prendere la brocca e gli versò un’altra coppa di vino.
- Bevi, - disse.

Egli lo buttò giù in un solo sorso.
- Sono pronto.

- Io non sono la persona che potrà colmare tutti i dettagli della storia per te, perché riuscii a vedere solo quello che anche il resto della folla vide… ma non dimenticherò mai quel giorno. Faceva caldo e c’era il sole. I bracieri d’incenso coprivano l’odore di morte lasciato dai precedenti combattimenti. La folla lanciava petali di rose sul terreno del Colosseo… petali rossi… come faceva sempre per Massimo. Coprivano la sabbia come un tappeto. Ma l’imperatore non era seduto al suo posto. Lucilla era là, tuttavia, con suo figlio, Lucio. Era pallida… prostrata. All’improvviso le botole nel suolo dell’arena si aprirono ed apparve un gruppo di pretoriani, a ranghi serrati. Quando si schierarono, tuo padre e l’imperatore erano in piedi uno accanto all’altro. La folla ruggì quando li vide. Ecco lo spettacolo di cui aveva soltanto osato sognare… l’adorato gladiatore contro il disprezzato imperatore.

Glauco respirava appena.

- Commodo era, come al solito, arrogante e sicuro di sé, invece Massimo era a capo chino e vacillava leggermente. I pretoriani formarono un ampio cerchio attorno ai due uomini e Commodo giocò con la folla. Massimo, invece, stava zoppicando vistosamente e subito tra la folla si sparse la voce che fosse ferito. Poi lo vidi… il sangue che gli colava lungo la gamba da sotto il lato sinistro della tunica. E il combattimento non era nemmeno cominciato.

- Era stato ferito ancor prima che il combattimento cominciasse? Ferito da Commodo?

- Non lo so. - Giulia inspirò a fondo. - Il comandante dei pretoriani gettò la spada di Massimo sulla sabbia…

Glauco si sedette ritto.
- Quinto? Si chiamava Quinto?

- Sì, credo di sì… l’ex legato di tuo padre in Germania.

- Allora lui sa che cosa accadde; come fu ferito mio padre prima del combattimento.

- Potrebbe essere l’unico ancora vivo a saperlo.

Glauco era in subbuglio.
- Vai avanti.

- Io ero molto lontana, Glauco, e non riuscii a vedere tutto con chiarezza.

- Ma Quinto sì, - disse Glauco con calma mortale.

- Sì, lui vi riuscì. Il combattimento cominciò e tuo padre favoriva il lato sinistro. Teneva il braccio contro il petto ed era leggermente chino in avanti. Combatté valorosamente, comunque, dapprima sulle difensive, ma poi sembrò trovare una sorta di forza interiore. Riuscì a far cadere la spada dalla mano di Commodo e io udii Commodo gridare per avere un’altra spada. Tutti gli occhi erano su tuo padre, tuttavia, e la folla divenne mortalmente silenziosa perché sapeva, adesso, che c’era qualcosa di profondamente strano. Massimo sembrava intontito e confuso. Barcollava e aveva lo sguardo fisso nel vuoto. La spada gli scivolò di mano.

- Erano entrambi senza spada, adesso?

- Sì, ma Commodo ordinò ai pretoriani di dargliene una delle loro. Quinto ordinò loro di non farlo.

- Contravvenne all’ordine dell’imperatore?

- Sì, e i pretoriani gli obbedirono.

Glauco fischiò sommesso.
- Potrebbe essere l’unica cosa buona che quel bastardo abbia mai fatto per mio padre.

- Fu troppo poco e troppo tardi, Glauco. Ormai era chiaro a tutti che tuo padre stava morendo. Commodo estrasse un pugnale dalla manica e tentò di trafiggere tuo padre. Il che sembrò risvegliare Massimo dal suo torpore ed egli colpì col pugno Commodo alcune volte, riuscendo a farlo cadere. Commodo si rialzò, tuttavia. Infine Massimo afferrò il pugnale e lo rivolse contro l’imperatore. Pose la propria mano su quella di Commodo, quella che teneva il coltello, e lo costrinse a puntarla contro la propria gola. Da lontano sembrò quasi che fossero abbracciati. Massimo sosteneva saldamente la testa di Commodo con l’altra mano… e gli affondò il pugnale nella gola.

Glauco esalò un lungo respiro.
- Così lo uccise.

- Crollò a terra morto.

- E mio padre?

- Rimase in piedi abbastanza a lungo da dare ordine a Quinto di liberare i gladiatori ed altri prigionieri politici.

- Quinto obbedì agli ordini di mio padre, proprio come se fosse ancora sotto il suo comando?

Giulia esitò.
- Sì, - fu tutto
ciò che disse.

- E poi?

- Non c’era alcun rumore nell’arena, così riuscimmo debolmente a sentire la voce di Massimo. Non ricordo le sue esatte parole, ma disse a Quinto che Roma doveva tornare ad essere una repubblica, proprio come Marco Aurelio aveva voluto. - Giulia si girò verso Glauco. - Egli esaudì le ultime volontà dell’imperatore appena prima di cadere egli stesso.

Glauco si strofinò gli occhi con entrambe le mani, serrandoli per fermare le lacrime. Si schiarì la gola.
- Morì lì?

- Sì. Lucilla corse da lui e gli sostenne il capo. Si dissero qualcosa, poi la testa di lui reclinò di lato e Lucilla si chiuse in se stessa, profondamente affranta. La folla era semplicemente annichilita. Aveva appena visto il suo adorato Massimo uccidere l’imperatore… ma poi morire egli stesso.

- E tu?

- Anch’io ero annichilita. Inebetita in realtà. Avevo pregato gli dei di trovare un modo per uccidere l’imperatore e risparmiare Massimo, ma non doveva andare così. I pretoriani formarono una guardia d’onore, e gli uomini di Massimo sollevarono il suo corpo sulle loro spalle e lo portarono fuori dell’arena. Il piccolo Lucio seguì Massimo, proprio come se fosse suo figlio. Lucilla rimase dove egli era caduto.

Glauco sembrava molto incuriosito.
- Lo portarono fuori come un imperatore, ma lasciarono sulla sabbia l’imperatore morto?

- Sì.

- Anche Lucilla?

- Ella era preoccupata solo di Massimo.

Glauco ponderò questa curiosa informazione.
- Che cosa accadde al corpo di mio padre?

- Non lo so. Lucilla lo portò a palazzo e girò voce che volesse fargli un funerale degno di un imperatore. Aveva già cominciato i progetti per costruire un grande mausoleo accanto a quello del padre. Ma fu mandata in esilio e non disse mai dove aveva lasciato il corpo di Massimo. Egli fu probabilmente cremato nel luogo dove sono conservati i resti degli imperatori e delle loro famiglie, ma nessuno tranne Lucilla sa che cosa gli accadde dopo… o se qualcuno lo sa, non l’ha detto. Nei giorni che seguirono la morte di Massimo, il senatore Gracco e Lucilla lavorarono insieme per compiere le volontà di Marco Aurelio… e di tuo padre: far ritornare Roma una repubblica. Quando i pretoriani assunsero il potere, Lucilla e suo figlio furono mandati in esilio e il senatore Gracco morì poco dopo. Potrebbe essere stato assassinato. Nessuno lo sa.

- Di nuovo Quinto.

- Sì… Quinto.

- Tradì mio padre perfino dopo la sua morte.

Giulia si limitò ad annuire.