La Storia di Glauco: Capitolo 38

 

Capitolo 38 - Il racconto di Giulia

- Massimo ritornò davvero in Ispania e seppellì tua madre e tuo fratello, Glauco. Il trauma di trovarli morti, unitamente ad una grave ferita subita mentre sfuggiva ai pretoriani, e ad un lungo e difficile viaggio di ritorno in Ispania, lo resero molto debole. Perse i sensi sulle loro tombe. Francamente, credo che sperasse di morire con loro.

Glauco era tetro.
- All’epoca io stavo probabilmente giocando con i miei cugini a qualche collina di distanza, senza sapere quanto la mia vita sarebbe cambiata... senza sapere che mio padre era così vicino a me... morente.

- Se avesse saputo di te sarebbe venuto a cercarti, - lo rassicurò Giulia. - La famiglia era tutto, per Massimo. Sarebbe stato molto fiero di te, Glauco.

- Lo spero, - sussurrò Glauco.

Giulia aggiustò la sua posizione sul cuscino e un gatto grigio si avvicinò impettito andando ad arrotolarsi ai suoi piedi.
- Massimo mi raccontò che una banda di mercanti di schiavi, attirata dal fumo proveniente dalla villa incendiata, lo catturò. Egli bruciava per la febbre... senza conoscenza a causa della ferita infetta alla spalla. Quando infine rinvenne era su un carro, legato e sdraiato sulla schiena. Egli pensa di essere stato tra la vita e la morte per giorni, ma un altro schiavo, un nubiano di nome Juba, pulì la sua ferita e gli salvò la vita. Lui e Juba divennero grandi amici. - Durante le ore successive Giulia raccontò a Glauco ogni dettaglio che conosceva riguardo l’acquisto di Massimo da parte di Proximo, il suo addestramento da gladiatore e la sua crescente reputazione di combattente di grande talento. - Massimo non riusciva a credere che le folle avrebbero gioito nel vedere un uomo ucciderne un altro, ma presto si rese conto che la gente idolatrava il vincitore e che un uomo idolatrato è davvero un uomo potente.

Glauco sorrise.
- Un generale, sempre.

- Oh, sì... sempre. Non ha mai smesso di esserlo. A quei tempi, Commodo si era fermamente insediato a Roma e organizzò centocinquanta giorni di giochi per onorare suo padre, Marco Aurelio. L’ironia, Glauco, è che Commodo era colui che aveva ucciso l’imperatore e tuo padre lo sapeva.

Glauco non espresse alcuna sorpresa.
- E’ la conferma a ciò che molti sospettavano.

- Sì, e Massimo aveva rifiutato di essere leale al nuovo imperatore. Ecco perché Commodo aveva ordinato di giustiziarlo.

- E con lui la sua famiglia, così che non potesse vendicarne la morte.

- Esatto. Anche tu saresti stato ucciso se i soldati avessero saputo di te.

- Così mi è stato detto.

Giulia a questo punto si chiese quanto rivelare delle circostanze che circondavano la morte dell’imperatore e dell’ordine di esecuzione di Massimo, ma Massimo le aveva fatto giurare di non dire niente a nessuno e lei non era pronta a tradirne la fiducia, nemmeno adesso. Volse di nuovo la conversazione sui gladiatori.
- Massimo riuscì a sfruttare ad un tale grado la sua bravura nell’uccidere, che la gente faceva il tifo per lui ovunque andasse il gruppo di gladiatori.

- Dove andavano?

- In tutte le province che si trovavano sulla strada per Roma, per partecipare ai grandi giochi che vi si tenevano. Massimo aveva un piano, vedi...

- Uccidere Commodo per vendicare la morte di mia madre e mio fratello.

Giulia sorrise.
- Pensi come tuo padre. Egli sentiva anche di doverlo a Marco Aurelio.

Glauco annuì.
- Così essere gladiatore fu anche un modo per avvicinarsi all’imperatore con una spada in mano. - Glauco alzò la testa pensieroso e cercò di ignorare il martellio pulsante alla mano. - Ma perché Commodo non ordinò di ucciderlo non appena lo vide nell’arena?

Giulia ridacchiò.
- Lasciami raccontare la storia che ho udito sul debutto di tuo padre al Colosseo. - Ella descrisse in dettaglio come Massimo guidò alla vittoria la piccola combriccola di gladiatori sui legionari di Scipione l’Africano. - Egli istantaneamente conquistò il cuore della folla e tutti domandarono a Commodo di lasciargli salva la vita, anche quando sembrò che l’imperatore fosse sul punto di farlo uccidere. Vedi, Glauco, Commodo era un uomo molto impopolare tra i patrizi. Ma riusciva a tenere dalla sua parte la popolazione di Roma, offrendole giochi e facendo distribuire pane. Egli sapeva, tuttavia, che se la gente non fosse stata contenta, avrebbe potuto rivoltarsi contro di lui molto rapidamente. Le gesta di tuo padre nell’arena li rendeva molto felici. Così Commodo aveva bisogno di Massimo, in un certo senso.

- Di nuovo, che ironia.

- Infatti. - Giulia accettò due coperte da una cameriera. - Grazie, Claudia.

- Possiamo rientrare se senti freddo, - disse subito Glauco.

- No, mi piace molto ascoltare i grilli nel cortile. Li trovo rilassanti. - Ella porse una coperta a Glauco ed egli aiutò Giulia a mettersi l’altra attorno alle spalle. - Io non frequentavo i giochi a quel tempo, così non vidi quella battaglia. Fu solo quando la mia governante mi parlò di un gladiatore ispanico che aveva catturato l’immaginazione dell’intera città, che anch’io provai una fitta di dolorosa curiosità. Poi ella lo descrisse e io capii che poteva trattarsi solo di Massimo. Non riuscivo a capire, però, come da generale potesse essere diventato schiavo e gladiatore. Non sapevo nulla dei fatti accaduti in Germania e credevo che facesse ancora il generale laggiù. Comunque decisi di andare al Colosseo per vedere con i miei occhi. Quando vi giunsi fui attratta da un’enorme folla radunata attorno ad una delle porte esterne che davano sulle celle dove i gladiatori venivano messi in mostra per essere esaminati dalla gente che avrebbe potuto scommettere su di loro. Tutti mormoravanoMassimo, Massimo’, e alcuni gridavano il suo nome. Io alla fine raggiunsi la prima fila della folla, e lo vidi seduto nell’ombra, contro la parete posteriore. Stava semplicemente fissando nel vuoto come se la sua mente fosse completamente da un’altra parte. Quando ritrovai la voce lo chiamai, ma le mie parole si confusero con quelle degli altri. Egli fu richiamato all’interno per prepararsi a combattere e io corsi nel viale e vomitai. Tornai al mio appartamento e raccontai la mia storia ad Apollinario, piangendo fiumi di lacrime.

- Sono curioso, Giulia. Perché non andasti da tuo marito?

- Era già morto. Ero vedova. - Ella divenne silenziosa e rimase a fissare Glauco.

- Giulia?

- Sai, seduta qui nell’ombra del crepuscolo, posso quasi immaginare che tu sia tuo padre... la stessa voce... lo stesso viso. I tuoi capelli sono più lunghi e più chiari. Egli li portava sempre tagliati corti, in stile militare. - Ella fece di nuovo una pausa. - Tu sei come immagino che fosse lui alla tua età... impulsivo, temerario... prima che le responsabilità del suo grado ne facessero un uomo molto più serio.

Egli le sfiorò gentilmente il viso con la mano bendata.

Ella sorrise.
- Come va la mano?

- Mi fa male. Credo che nemmeno mio padre avrebbe vinto un combattimento a pugni con una colonna di marmo.

Giulia rise.
- No, ma non dubito che avrebbe provato, proprio come hai fatto tu.

Glauco divenne serio.
- Lo vedesti mai combattere?

- Sì, molte volte. Persuasi Apollinario ad accompagnarmi ai giochi uno o due giorni dopo. Egli rimase l’intera giornata, poverino, per tenere i posti. Io rimasi a girovagare all’esterno fino a quando udii la folla scandire il nome di tuo padre. Li si poteva udire per tutta la città.  - Giulia si avvolse di più nella coperta. - Ero terrorizzata all’idea di poterlo vedere morire. Invece assistei ad una stupefancente dimostrazione di abilità che appassionò perfino Apollinario... e lui è mite come un agnello.

- Me ne sono accorto.

- Ma quello che veramente mi stupì... ed eccitava la folla... fu il modo in cui sfidava Commodo. Lo sfidava con ogni mossa che faceva... ogni espressione del viso, ogni gesto. Odiava l’imperatore e la cosa traspariva da ogni fibra del suo essere. E Commodo odiava lui. Era quello il confronto che realmente infiammava la folla... gladiatore contro imperatore, non gladiatore contro gladiatore.

- La folla sapeva chi era lui... un generale, voglio dire?

- Qualcuno quasi certamente sì. Altri l’avevano sentito dire, ma probabilmente non vi credevano. Circolavano sempre storie fantastiche sui gladiatori. - Giulia esitò. - C’era un’altra persona nella folla che sapeva con totale certezza.

Glauco inarcò le sopracciglia.

- Lucilla, la sorella di Commodo. - Giulia alzò lo sguardo verso le prime stelle della sera.

- So di Lucilla. Giovino me lo raccontò.

- Sì... bene... quel giorno tra la folla c’erano due donne che amavano veramente tuo padre.

- E’ dura per te parlare di lei.

- Ella aveva accesso a lui e io no. Ero molto gelosa per quello.

- Ma tu dicesti che lo incontrasti ancora a Roma...

- Sì.

- Quando?

- Glauco, non pensare male di me per quello che sto per dirti.

- Non potrei pensar male di te per nessun motivo, - rispose lui sinceramente.

Giulia sorrise quasi timidamente.
- Grazie. - Ella inspirò a fondo. - A Roma spesso scoppiava la peste. Un’epidemia particolarmente violenta fece sì che tutti gli edifici pubblici venissero chiusi. Vidi un’opportunità per allontanare Massimo da Proximo per la durata della chiusura.

- Come ci riuscisti?

- Lo feci affittare da Apollinario per una settimana.

Glauco era confuso.
- Affittare? Che cosa vuoi... - Poi capì quello che lei voleva dire. - Lo ha affittato per una settimana?

- Sì, ma...

- Mio padre fu obbligato a... a prostituirsi? Proximo lo obbligò a farlo? - Ferito o no, il pugno di Glauco si chiuse per la collera.

- Adesso non ricominciare a colpire la colonna! Ascoltami, Glauco. Ero io in realtà a volerlo, naturalmente...

- Ma Proximo lo voleva affittare ad un uomo! Ucciderò Proximo!

- E’ morto da molto tempo, Glauco. Siediti e lascia che ti racconti quello che accadde. - Ella gli mise una mano sulla spalla per calmarlo e lo sentì vibrare di collera. - Lo feci condurre alla mia villa in Ostia. Egli non aveva idea del perché fosse lì e, lo ammetto, dapprima egli pensò di essere lì per... lo sai. - Giulia tolse la mano. - Perdonami Glauco, ma io glielo lasciai credere ed egli fu terribilmente turbato.

- Posso immaginarlo. - La voce di Glauco era all’improvviso gelida. - Perché facesti una cosa del genere ad un uomo che amavi?

Giulia guardò di nuovo le stelle e rimase a lungo in silenzio. Quando infine parlò la sua voce era fievole.
- Io... credo che volessi punirlo per avermi respinta.

- Era sposato! Fu per quello che ti respinse!

- Lo so, ma la cosa non mi faceva meno male. Gli scrissi una lettera, una volta... non una lettera d’amore... solo per raccontargli che mi ero rifatta una vita a Roma. Egli non rispose e io mi preoccupai molto. Glauco, non posso giustificare le mie azioni perché erano sbagliate, ma almeno le mie intenzioni erano buone.

- Oh, davvero? - disse lui con una punta di sarcasmo.

A Giulia non piacque il tono della sua voce.
- Sì, - rispose sulle difensive. - Devi sapere che avevo fatto preparare una nave per riportare Massimo in Ispania... per aiutarlo a sfuggire alla schiavitù. Per restituirlo a sua moglie e a suo figlio. Al tempo in cui feci i preparativi non sapevo che essi erano morti. Le mie intenzioni erano assolutamente onorevoli, te l’assicuro.

Glauco annuì.
- Mi dispiace. Che cosa accadde? Fu catturato in mare?

- No. Egli rifiutò la mia offerta. Rifiutò di salire a bordo della nave.

- Voleva vendicarsi.

- Sì, e l’unico modo che riusciva a vedere per farlo era uccidere Commodo nell’arena.

- Ma avrebbe potuto fuggire e radunare un esercito per marciare su Roma...

- Glauco, le tentai tutte con lui. Egli ribatté ad ogni argomento che gli presentai. Vedi, gli eserciti romani erano sotto il controllo di Commodo e soltanto i suoi stessi uomini lo avrebbero sostenuto. Egli credeva che gli eserciti fossero ancora in Germania.

- E dove erano?

- Ad Ostia, in realtà.

- Ostia? - Lentamente egli comprese. - Ma voi eravate ad Ostia!

- Sì.

Glauco si sentì vincere dalla disperazione.
- Così vicini.

Giulia annuì tristemente.
- Avrebbe potuto essere molto diverso se avessimo saputo.

- Allora... che cosa facesti quella settimana?

- Gli offrii un ultimo momento di felicità.

- Vorrei che mi spiegassi.

- Lo farò, ma prima ci vuole dell’altro vino e qualche altra coperta.