La Storia di Glauco: Capitolo 37

 

Capitolo 37 - Risposte

Glauco trovò la casa facilmente, dato che era la più grande nella via. Era enorme... quasi un palazzo. Qualsiasi impresa avesse intrapreso Giulia dal suo ritorno a Roma, aveva indiscutibilmente avuto successo, perché senza alcun dubbio quella non era la casa di una prostituta. Individuò la porta principale e nervosamente si lisciò la tunica nera e si raddrizzò il mantello. Aveva trascorso la mattinata ai bagni e sperava che l’odore di vino rancido non gli aleggiasse più addosso.

Anche Mario avrebbe voluto venire, ma Glauco gli aveva fatto capire piuttosto chiaramente che doveva farlo da solo. Percepiva un legame con questa donna attraente... anche se era un legame di dolore... e non voleva essere distratto dal suo impulsivo amico. Si chiedeva se il padre di Giulia, l’anziano uomo nel foro, sarebbe stato presente oggi...

Trasse un profondo respiro e bussò alla porta. Fu aperta prontamente da un servitore in livrea bianca dalla testa ai piedi.
- Giulia Servilia Apollinaria? - chiese.

L’uomo annuì e fece cenno a Glauco di seguirlo nell’atrio. Era un locale enorme, con un pavimento a mosaico bianco e nero dall’intricato motivo geometrico. Grandi statue di marmo di antiche divinità adornavano nicchie nelle pareti. Sedie e tavoli in legno esotico erano sistemati vicino a lampade ad olio che bruciavano vivacemente nonostante la luce abbondante che si riversava dal cortile immerso nel sole. Un sottile profumo di legno di sandalo si diffondeva da bracieri di bronzo lucido. Era un luogo elegante, ma invitante e Glauco si sentì rilassare un pochino.

Il servitore lo condusse davanti a doppie porte di pesante quercia intagliata che si spalancarono silenziosamente, rivelando una larga scala ricurva, in marmo, che conduceva al secondo piano. In cima alle scale c’era un altro paio di porte identiche a quelle del piano di sotto. Il servitore bussò una volta e le porte furono aperte all’istante da un altro servitore che guardò Glauco con aria d’attesa.

- Sono Massimo Decimo Glauco, - disse. - Domina Giulia Servilia Apollinaria mi sta aspettando.

- Seguimi, prego, - disse il servitore e condusse Glauco in un altro atrio, ancora più elegante di quello al piano inferiore. Glauco non ebbe il tempo di rimanere a bocca aperta, tuttavia, poiché l’uomo si diresse rapidamente verso un’ampia terrazza che guardava sopra il cortile al di sotto. - Ti prego, mettiti a tuo agio. La signora sarà qui a momenti. - Si chinò e uscì dalla terrazza quasi senza far rumore.

Glauco osservò intimidito quanto lo circondava. La terrazza piastrellata, parzialmente coperta, era ricolma di palme in vaso e di vasche di pietra che straripavano di fiori profumati. Una fontana faceva zampillare acqua in alto nell’aria, da bocche di pesci di marmo, e l’acqua ricadeva sopra una copia in pietra di una nave. Glauco si avvicinò. Una nave mercantile. Curioso.

Sedili dall’aria confortevole, fatti con un genere di vimine che Glauco non aveva mai visto prima, erano raggruppati tra le piante. Ogni divano e sedia conteneva colorati e comodi cuscini ricamati. Due gatti grigi dal pelo lucido si acciambellarono confortevolmente sui cuscini, uno leccandosi le zampe curate e l’altro agitando la coda mentre lo sbirciava con verdi occhi sospettosi. Alti alberi che crescevano nel cortile al piano di sotto ondeggiavano gentilmente e dirigevano sulla terrazza brezze benvenute.

Egli fece il giro e si accostò alla balaustra di marmo. Notò i corridoi aperti ad arco che si dipartivano da ciascun lato della terrazza. Ogni corridoio conteneva molte porte ed egli presunse che fossero camere da letto.

- Glauco?

Egli si raddrizzò in fretta e scrutò nell’ombra che nascondeva la sua ospite.
- Mi dispiace, mia signora. Non volevo sembrare curioso. E’ solo che non avevo mai visto un appartamento come questo.

Ella sorrise e, uscendo dall’ombra, gli andò incontro. Quel giorno indossava un semplice abito di lana azzurra, del colore dei suoi occhi. Glauco si meravigliò della sua bellezza nonostante l’età. Ella non aveva certo un aspetto matronale!
- Non ve n’è un altro come questo in città, - disse lei. - Era parte del palazzo esso stesso, veniva usato dai parenti dell’imperatore, finché il palazzo principale fu esteso allo scopo. Io possiedo l’intero edificio, ma era fin troppo spazioso per me, così decisi di tenere il secondo piano ed affittare quello inferiore ad un amico. Io preferisco il secondo piano. E’ più privato, in qualche modo.

Egli aveva supposto che lei fosse ricca, ma non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere.

- Prego, siediti - disse con un cenno della mano, - il mio servitore sta per portare dei rinfreschi.

- Grazie, mia signora.

Ella sorrise di nuovo.
- Ieri mi hai chiamata ‘Giulia’.

- Ieri ero troppo agitato per ricordarmi le buone maniere.

Ella rise... una risata incantevole e melodiosa.
- Ebbene, ammetto che nemmeno le mie maniere erano all’altezza. Spero di non esserti apparsa scortese, Glauco, ma anche se io sospettavo chi tu fossi, averne la conferma è stato sconvolgente.

- Capisco, - rispose lui sedendosi guardingo su un divano di rattan. Si rilassò quando si rese conto che avrebbe tenuto il suo peso. - Questa mobilia è davvero insolita.

- In questa parte del mondo, sì. Possiedo una flotta di navi mercantili ed importo a Roma merci provenienti da tutto il mondo. Questa mobilia viene dal lontano Oriente.

Glauco annuì.
- Questo spiega la tua passione per la seta.

Giulia rise ancora, proprio mentre due servitori arrivavano con vassoi di delicatezze e vino. Un gatto saltò con grazia giù dal sofà e si diresse verso un luogo meno affollato sotto una sedia.
- Ammetto che mi piacciono le cose più piacevoli che la vita offre. Non mi avventuro molto fuori, vedi, così ciò che mi circonda è molto importante per me. In realtà io vivo ad Ostia. Questa è la mia casa quando sono a Roma. - Non si stava vantando. Era un dato di fatto.

Un vassoio d’argento fu posato davanti a lui. Conteneva, sistemata artisticamente, una selezione di verdure crude accompagnate da salsa all’aglio, ostriche, gamberi e granchi con garum[1], tonno in salamoia, olive e formaggio, come pure un assortimento di pani. Un altro vassoio conteneva miele e dolci alle noci, pasticcini di frutta e tortine d’uva, mele e pere.

Mentre un servitore versava il vino, Giulia sollevò lo sguardo al di sopra della testa di Glauco e salutò il nuovo venuto.
- Salve, mio caro. Sono felice che tu abbia potuto unirti a noi.

Glauco saltò in piedi quando si rese conto che l’uomo anziano del foro era in piedi dietro di lui.

- Glauco, lascia che ti presenti mio marito, Apollinario.

Il giovane ispanico sperò sinceramente che il suo stupore non si notasse. Egli tese la mano e il vecchio venne avanti strascicando, sostenendosi ad un bastone, afferrandogliela in una stretta sorprendentemente forte.
- E’ un piacere conoscerti, - disse Glauco. L’uomo doveva essere almeno di vent’anni più vecchio della moglie ed era curvo per l’età.

- Anche per me, te l’assicuro, giovanotto. Non so dirti quanto fossi eccitato quando Giulia mi disse che aveva visto al mercato un giovane che poteva essere soltanto il figlio del generale Massimo. - Egli si spostò lentamente verso una sedia accanto alla moglie e si sedette con una smorfia. - Artrite, - disse, come se una spiegazione fosse necessaria. Scosse la testa tristemente. - Non invecchiare mai, figliolo.

- Conoscevi mio padre, Apollinario?

- Oh sì, lo conoscevo. Un uomo meraviglioso, meraviglioso. Fu un onore conoscerlo ed è un onore conoscere suo figlio.

Giulia porse con cautela al marito una coppa di vino misto ad acqua.
- Dovresti metterti una coperta sulle ginocchia, caro.

- Oh, non ancora. E’ una bella giornata e non mi piace sentirmi troppo impacciato. - Guardò Glauco e strizzò l’occhio. - Si prende buona cura di me.

Glauco sorrise.
- Lo vedo. - Gli piaceva davvero quella coppia fuori del comune. Forse Apollinario era la fonte della sostanziosa ricchezza di Giulia. Il denaro che Marco Aurelio le aveva dato, anche se attentamente investito, non avrebbe mai potuto offrire uno stile di vita come quello. L’anziano uomo si tirò sul grembo un gatto grigio, che non oppose alcuna resistenza, ed esso si arrotolò sul suo ginocchio e fece rumorosamente le fusa mentre egli lentamente accarezzava la soffice pelliccia con la mano nodosa.

- Glauco, - disse Giulia mentre il giovane garbatamente assaggiava un po’ di formaggio, - lo so che sei qui per un motivo. Hai molte domande riguardo tuo padre ed hai il diritto di conoscere le risposte. Spero che io possa dartene qualcuna.

- Grazie, mia s... - si corresse, - Giulia.

- Sai qualcosa di come conobbi tuo padre?

- Sì, lo conoscesti quando arrivò all’accampamento del traditore Cassio vicino al Mar Nero.

- Sì, io ero una schiava a quel tempo... appartenevo a Cassio... e mi fu assegnato il compito di intrattenere tuo padre.

Glauco studiava il pavimento.

Giulia sorrise gentilmente.
- Non possiamo cambiare il passato, Glauco. Io non mi vergogno di quello che ero. Non era stata una mia scelta.

Egli annuì ed espresse la sua comprensione guardandola direttamente negli occhi.

- Tuo padre arrivò con la sua cavalleria... non aveva nemmeno un esercito al completo... per contrastare la rivendicazione del trono da parte di Cassio. A quel tempo nessuno sapeva dove si trovasse realmente l’imperatore, nemmeno Massimo.

Era la prima volta che la udiva pronunciare il nome di suo padre, e le sillabe le rotolarono sulla lingua come un gentile sospiro.

- Io odiavo Cassio ed ero ansiosa di allearmi con chiunque gli fosse antagonista.

Glauco l’interruppe.
- Scusami, ma è meglio che ti dica, Giulia, che ho trovato una donna che era all’accampamento con te... Eugenia... e lei mi ha raccontato molte cose di questa storia.

Giulia era chiaramente sorpresa.
- Hai trovato Eugenia? Come?

Egli arrossì leggermente.
- Visitando quasi tutti i bordelli di Roma. Almeno cinque a notte, per mesi.

Giulia intuì che in realtà egli aveva cercato lei, ma non volle imbarazzarlo ulteriormente facendoglielo capire.
- Come sta Eugenia?

- Sta bene. Dirige un piccolo bordello ai limiti della città. E’ stata lei a dirmi di cercarti al Mercato Traiano.

- Oh... è stato acuto da parte sua. Dunque, saprai allora che io aiutai tuo padre nella sua missione per sconfiggere Cassio.

- Sì. Ma Eugenia ha anche detto che... che mio padre ti piaceva molto.

Se Giulia fu sorpresa per la piega che Glauco aveva dato così rapidamente alla conversazione, non lo diede a vedere.
- Sì, Glauco, mi innamorai molto presto di tuo padre. Era diverso da qualunque altro uomo avessi mai conosciuto... forte eppure gentile, disciplinato ma creativo. Molto corretto. Molto onesto.

Glauco scelse attentamente le parole.
- Potrebbe non essere stato completamente onesto, Giulia. Sapevi che era sposato?

- Sì, me lo disse la sera stessa che ci conoscemmo.

- Ma... ma tu... - Glauco non riuscì a trovare le parole giuste.

- Glauco, puoi farmi qualunque domanda. Che cosa ti ha detto Eugenia che ti fa soffrire così?

- Ha detto che tu e mio padre foste amanti... fin dalla prima sera in cui vi incontraste.

- Be’, si è sbagliata. Eugenia ha dedotto troppo.

Glauco voleva disperatamente crederle.

- Tuo padre rimase completamente fedele a sua moglie, tua madre, durante la sua permanenza all’accampamento. Devo riconoscere, tuttavia, che i suoi profondi valori morali furono molto frustranti per me. Tua madre fu una donna molto fortunata ad avere un tale uomo.

Glauco lanciò un’occhiata ad Apollinario, che lo stava studiando con curiosità. Egli non voleva offendere il marito di Giulia, ma doveva porre quella domanda.
- Ti innamorasti di mio padre?

- Sì. - La risposta di lei fu pronta e diretta.

- E lui ti voleva bene, ne sono certo.

- Io credo di sì, sebbene ci furono volte negli anni successivi in cui mi chiesi se avessi immaginato il suo affetto. Glauco, ti dirò qualcosa che non ho mai raccontato nemmeno a Massimo. Quando Marco Aurelio mi ringraziò personalmente per il mio ruolo nello sventare il complotto di Cassio...

- L’imperatore ti ringraziò personalmente?

- Sì... vedi, la vita di Massimo fu in grave pericolo e io rischiai la mia per proteggerlo. L’imperatore mi ringraziò profusamente per aver salvato il suo generale prediletto. E mi offrì una ingente somma di denaro e la libertà... come tuo padre aveva richiesto. Invece di accettare, io lo pregai di darmi a tuo padre come sua schiava, ma egli rifiutò, dicendo che Massimo non mi avrebbe mai accettata. Così, capisci, non ebbi altra scelta che venire a Roma da donna affrancata. Avrei preferito rimanere con tuo padre. Non avevo mai avuto un uomo che mi trattasse con tanto rispetto, con tanta gentilezza, o che mi prendesse sotto la sua protezione come aveva fatto tuo padre. Ero perdutamente innamorata di lui.

Glauco annuì in segno di comprensione e provò un grande orgoglio per le azioni generose di suo padre.
- Così tu partisti per Roma e mio padre per l’Ispania, e poi egli tornò in Germania. Quando lo incontrasti di nuovo?

- Molti anni dopo, a Roma. Le condizioni di entrambi erano completamente cambiate. Per quell’epoca io mi ero affermata nella società romana, avevo preso marito...

Glauco lanciò un’occhiata ad Apollinario.

- No, non io, figliolo, - rise Apollinario. - Il primo marito di Giulia era un armatore di nome Mario Servilio. Giulia ed io eravamo semplicemente amici a quel tempo.

- Più che amici, - aggiunse Giulia. - Mio mentore, mio tutore.

Apollinario le sorrise con affetto ed ella gli diede un buffetto sulla mano.

- Fu un matrimonio di convenienza, Glauco, nulla di più. Vedi, il mio cuore apparteneva ancora a tuo padre e nessun altro uomo poteva prenderne il posto. Mio marito era ben consapevole di questo e gli tornava perfettamente utile, a patto che io adempissi per lui al ruolo che la società pretendeva... quello dimoglie’. Ma lo ero soltanto di nome. Nella villa di Ostia avevamo appartamenti separati. Quando egli morì, io ereditai la flotta mercantile e la proprietà. Da allora le ho raddoppiate in dimensioni e valore.

- Vedo. - Glauco non voleva apparire scortese, ma era ansioso di riportare la conversazione su suo padre. - Quando incontrasti di nuovo mio padre?

Giulia e Apollinario si scambiarono un’occhiata, poi Giulia bevve un lungo sorso di vino. Ci fu silenzio, a parte il cinguettio degli uccelli appollaiati sugli alberi del cortile. Il silenzio continuava e lo stomaco di Glauco cominciò a stringersi in un nodo. Era piuttosto chiaro che Giulia era riluttante a parlare di questa parte della sua vita.

Infine ella si chinò verso il giovane ispanico e chiese:
- Non sai niente della sua permanenza a Roma?

- Niente.

- Glauco... sarà molto dura. Quasi mi distrusse, a quel tempo.

- Giulia, ho cercato la risposta a questa domanda da quando a quindici anni mi fu detto che il mio vero padre era un grande generale romano che scomparve in circostanze misteriose. L’anno scorso ho scoperto che la gente credeva molte cose di mio padre... alcuni pensavano che fosse un eroe; altri un traditore. Devo conoscere la verità, non importa quanto dolorosa.

Il solco tra le sopracciglia di lei divenne più profondo, ma ella annuì.
- Sei a Roma da pochi mesi?

- Sì.

- Allora probabilmente sei stato al Colosseo.

- Il Colosseo? No, non mi sono recato ai giochi. Ho passato ore e ore a cercare in bordelli, biblioteche e mercati. La mia unica ricreazione è stata andare ai bagni. Rivedesti mio padre ai giochi?

- Se così si può dire. - Di nuovo silenzio. - La mia go... la mia go... - cominciò Giulia poi si coprì la bocca con la mano e soffocò un singhiozzo. Le lacrime sgorgarono dai suoi occhi.

- Mia cara! - esclamò Apollinnario, allarmato. - Non sei abbastanza forte per fare questo.

Ella scosse il capo ad indicare che stava bene, ma si sedette con gli occhi chiusi e la mano serrata sulla bocca per un lungo momento.

Il nodo nello stomaco di Glauco divenne nausea. Bevve qualche sorso di vino e rimise la coppa sul vassoio, non desiderando ripetere l’esperienza della sbornia del giorno prima.

Giulia infine abbassò la mano sul grembo e continuò in un sussurrio.
- La mia governante mi raccontò che tutta Roma parlava di un nuovo gladiatore ispanico al Colosseo...

NO. La parola squarciò la mente di Glauco come un fulmine.

- Sembrava che quest’uomo avesse maturato nelle province la sua reputazione di esperto combattente, poi proprio durante il suo primo combattimento nel Colosseo fece uno stupefacente sfoggio delle sue capacità.

NO. NO.

Giulia tese una mano verso il giovane angosciato.
- Glauco, quel gladiatore era tuo padre.

- NO! - La parola saettò dal cervello alla bocca e rimbalzò sui muri del cortile. Glauco saltò in piedi, i pugni stretti mentre torreggiava su Giulia, tremando di collera. - Tu menti!

Giulia indietreggiò e Apollinario si mise faticosamente in piedi.
- Glauco, Glauco, siediti. Giulia ti sta dicendo la verità. Non ha motivo di mentire. Io stesso vidi tuo padre combattere in quel luogo.

Glauco roteò su se stesso e corse verso il muro del cortile, al quale si appoggiò inalando enormi boccate d’aria fresca per respingere il vomito che gli bruciava la gola. Martellò il muro con i pugni, in agonia, poi si voltò e abbatté la mano contro una colonna di marmo, ancora e ancora e ancora.
- Mio... padre.. non... è mai... stato... un... gladiatore! - gridò mentre colpiva. - MAI! - Le sue parole appassionate rimbalzarono sui muri, finché infine si affievolirono, esaurendo la loro energia.

Giulia singhiozzava silenziosamente nella sua sedia e Apollinario mandava via con la mano i servitori che si erano precipitati in loro aiuto.

Infine, i pugni sanguinanti ed esaurita l’ira, Glauco scivolò lungo il muro e crollò sul pavimento di piastrelle.
- Mio padre non fu mai uno schiavo, - sussurrò.

Giulia lasciò il suo posto e s’inginocchiò accanto a lui sul pavimento, poi gli prese gentilmente il pugno nella mano.
- Per favore, porta dei bendaggi, - istruì un servitore che indugiava nell’ombra. Gentilmente allontanò i capelli sudati dagli occhi di Glauco. - Non credo che ti sei rotto qualche osso.

- Non m’importa se l’ho fatto. - La voce di Glauco era atona.

Giulia gli parlò con calma mentre gli avvogeva la mano nel lino bianco.
- La tua reazione è simile alla mia la prima volta che vidi tuo padre al Colosseo. Io vomitai in un viale. Ero così sconvolta che Apollinario riuscì a malapena a capire di che cosa stessi farfugliando. Mi misi a letto e piansi per giorni.

Glauco studiò Giulia mentre si affacendava sulla sua mano. La tristezza aveva reso più profonde le rughe nel viso di lei, facendola apparire abbastanza anziana da essere sua madre. Egli non aveva il diritto di trattarla con tanta mancanza di rispetto. Le toccò la guancia umida con i polpastrelli della mano non ferita. - Mi dispiace di averti dato della bugiarda. E’ stato imperdonabile.

- Capisco. - Giulia tirò via due cuscini da due sedie vicine e ne mise uno sotto i fianchi e l’altro dietro la schiena di Glauco. Poi guardò il marito. - Apollinario, sei stanco. Perché non vai nella tua stanza a riposare, caro?

L’anziano uomo scosse la testa risoluto.

- Sto bene, Glauco si è calmato adesso e abbiamo molto da discutere. Sta rinfrescando e prenderai un raffreddore restando qui fuori.

Ancora egli non si mosse.

- Per favore, - lo pregò. - Va tutto bene. Verrò a parlarti più tardi.

Con riluttanza, l’anziano uomo fece come gli era stato detto. Prima di svoltare nel corridoio lanciò un’ultima occhiata alla coppia seduta sul pavimento. Le loro teste erano inclinate e vicine, ed essi  conversavano animatamente.



[1] Il garum era una salsa a base di pesce, veniva utilizzato probabilmente a gocce per insaporire i cibi al posto del sale, allora costosissimo (N.d.T.).