La Storia
di Glauco: Capitolo 36
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Capitolo 36 - L’incontro
Glauco fissò sconsolato il suo bicchiere di vino. Mario era in biblioteca, come al solito, perciò egli manteneva da solo la vigilanza. Era stanco, era frustrato, era solo. Talvolta si domandava se non stesse sprecando il suo tempo a Roma... Giulia evidentemente non voleva parlargli. Forse avrebbe dovuto andare a Petra, o cercare di trovare Quinto... ovunque fosse costui. E sentiva la mancanza della sua famiglia. Terribilmente. I suoi cugini e la zia e lo zio. Il calore e le risa di casa sua in Ispania. Il senso di colpa lo sopraffece mentre si rendeva conto di aver scritto una sola breve lettera da quando aveva lasciato casa. Si ripropose di por rimedio a quella trascuratezza quella stessa notte.
Fu riscosso dal suo rimuginare da una voce femminile che si rivolse a lui dall’altro lato del
tavolo.
- Posso unirmi a te?
Glauco alzò lo sguardo, incontrando occhi d’un azzurro profondo un po’ circospetti, ma decisamente curiosi. Egli saltò in piedi, urtando il tavolo e rovesciando il bicchiere di vino nella foga.
La cautela negli occhi blu si trasformò in divertimento.
Egli rimase a bocca aperta, stupefatto. Capelli d’oro ramato. Bella.
- Giulia.
Ella annuì.
- Credo che mi stessi cercando.
Egli riusciva a malapena a respirare.
- Sì, mia signora... da mesi, ormai. - La stava davvero guardando... questa
donna che aveva sognato di trovare? - Ti prego, siediti. - Glauco le tenne la
sedia mentre ella sedeva e con grazia sistemava la stola di seta bianca attorno
a sé. Egli riprese il suo posto e la fissò... e lei fissò lui. - Tu sai chi
sono io, - disse infine il giovane.
- Ebbene... sì. Credo di sì. Ammetto di avere molte domande. - La sua voce era dolce e leggermente roca.
- Anch’io. Mi hai visto sulla sedia del barbiere qualche settimana fa.
- Sì, - ammise lei semplicemente.
- Perché sei fuggita?
- Ho udito la tua voce mentre stavo passando nel corridoio e... mi sono spaventata. E’ una voce che mi è molto familiare, ma non mi sarei mai aspettata di udirla ancora. - Le lunghe dita di lei erano intrecciate nel grembo in una posa casuale, ma le nocche erano bianche per la tensione. Non era affatto rilassata, come la sua postura a prima vista indicava.
Egli sorrise, sperando di avere un’espressione di benvenuto.
- Mi è stato detto che ho esattamente la stessa voce
di mio padre.
Ella nervosamente giocherellò con un anello d’oro ornato di pietre preziose. Eleganti orecchini di diamanti le pendevano dalle orecchie e alcuni fili d’oro intrecciati le cingevano il collo snello, ma a parte quello, il suo abbigliamento rivelava ben poco del suo status sociale. I capelli erano artisticamente raccolti in alto sulla testa, in crocchie intricate con alcuni morbidi riccioli che le incorniciavano il volto grazioso. Fili d’argento le brillavano alle tempie in mezzo all’oro ramato. Era assolutamente splendida.
- Sono molto contento che sei tor... - cominciò Glauco.
- Chi sei? - lo interruppe improvvisamente. Le rughe sottili agli angoli della bocca si approfondirono per la preoccupazione e un solco apparve tra le sue sopracciglia.
- Sono il figlio del generale Massimo Decimo Meridio.
Il respiro di lei si fece rapido.
- Suo figlio è morto.
- Marco è morto... mio fratello maggiore. Morì con mia madre quando ero ancora un neonato. Io non fui ucciso perché all’epoca ero con la famiglia di mia madre.
- Allora... sei il figlio di Olivia?
- Sì, io sono il figlio legittimo di Massimo Decimo Meridio. - Perché avrebbe dovuto dubitarne, si chiese?
Ella soppesò questa informazione per un momento, il
viso imperscrutabile.
- Non mi ha mai accennato a te.
- Non ne sapeva nulla, di me. Mia madre non gliene parlò mai, per ragioni sue personali. Egli è scomparso prima di potermi mai conoscere.
- Scomparso. - Ella girò la testa e lanciò un’occhiata all’affollato Foro Traiano, mostrando il profilo ancora perfetto ed il collo elegante.
- Sì. Io mi trovo a Roma per scoprire che cosa gli accadde. Speravo che tu fossi in grado di aiutarmi.
Giulia rivolse di nuovo su di lui gli splendenti occhi blu.
- Come sai di me?
- Gradisci del vino, mia signora? - Quando ella scosse il capo, Glauco proseguì. - Mi recai in Germania, lo scorso anno, per cercare qualunque informazione riguardante mio padre. Trovai un uomo anziano di nome Giovino, che mi raccontò una storia relativa ad un viaggio di mio padre fino al Mar Nero e di una bella giovane... donna... che egli conobbe laggiù. Mi descrisse te.
Giulia notò la sua esitazione nell’usare la parola ‘prostituta’.
Glauco continuò.
- In realtà tu sei una delle molte persone che sto cercando, ma sei la prima
che ho trovato. - Ella restò in silenzio. - Mi rendo conto che siete stati insieme solo per breve tempo, ma io speravo che,
forse, l’avessi rivisto qui, a Roma.
Ella gli studiò il viso, seguendone ogni contorno con lo sguardo.
- Gli somigli moltissimo, - sussurrò. - Come ti
chiami?
- Massimo Decimo Glauco. Mi chiamano Glauco.
Ella sorrise per la prima volta e Glauco ne fu abbagliato.
- Per i tuoi occhi verdi. Tuo padre aveva occhi azzurri... verdazzurro, in
realtà, come l’oceano.
- Ti invidio, mia signora. Tu lo hai conosciuto, mentre io no. - Glauco tracciò con il dito il vino rovesciato. - Avrei dato tutto per conoscerlo.
- Fu un privilegio conoscere tuo padre. Era un grande uomo.
Glauco esitò.
- Era?
Giulia osservò Glauco pensierosa.
- Dimmi che cosa sai di tuo padre.
- So che era il comandante delle legioni settentrionali sotto Marco Aurelio e che l’imperatore lo stimava molto... al di là dell’usuale rapporto tra imperatore e generale. So che dopo che Marco Aurelio morì, Commodo ordinò che mio padre fosse giustiziato... ma non so perché. So che uccise i pretoriani che dovevano giustiziarlo e che fuggì. Sospetto che ritornò in Ispania e che trovò mia madre e mio fratello morti... e li seppellì. Dopo di che, non so che cosa gli accadde. Tuttavia ho trovato un soldato, a Roma... un vecchio pretoriano di guardia alla prigione... che disse che mio padre era a Roma e che era un prigioniero. Non sono certo di che cosa questo significhi, ma non fu imprigionato. Speravo... dato che sia tu che lui eravate a Roma... che potevi averlo rivisto. Devo sapere che cosa gli accadde.
Giulia annuì lentamente poi guardò di nuovo nel Foro. Glauco seguì lo sguardo di lei e vide un vecchio curvo, nell’ombra, che li fissava intensamente.
- Lo vedesti qui a Roma? - incalzò Glauco.
Giulia annuì di nuovo.
- Sì, lo vidi.
Egli si chinò in avanti con irruenza e formulò la domanda che quasi non
osava porre.
- E’ ancora qui?
- In un certo senso, sì.
Glauco sbatté le palpebre.
- Che cosa vuoi dire?
- Il suo ricordo è ancora forte per molte persone.
Il volto di Glauco impallidì, diventando grigiastro, dandogli un aspetto malato.
Giulia si portò la mano alla bocca e spalancò gli occhi.
- Oh, mio caro, non avrai creduto che fosse ancora vivo, vero?
Ogni muscolo nel corpo di Glauco si afflosciò. Ogni speranza se ne andò. Era troppo annientato per pensare... troppo annientato per piangere. La sua paura era stata confermata.
Giulia si chinò verso di lui coon sollecitudine e gli tese
incerta una mano che egli nemmeno vide.
- Glauco, io pensavo che sapessi che era morto e che stessi
cercando la sua tomba.
La voce di Glauco tremò per l’emozione.
- Suppongo che lo sapevo, ma speravo altrimenti.
- Mi dispiace moltissimo.
- Da quanto tempo?
La risposta di lei ci impiegò molto a venire.
- Vent’anni, almeno.
- Vuoi dire che morì poco tempo dopo essere sfuggito all’esecuzione in Germania? - Glauco era sbalordito. Tutti quegli anni di inutile speranza! - Come? Come morì? Dove morì?
Giulia si alzò, cercando di nuovo nel foro con lo sguardo, facendo ombra con
il corpo snello al sole del tardo pomeriggio.
- Devo andare.
Glauco saltò in piedi.
- No. No... non te ne puoi andare senza rispondere alle mie domande. Come morì?
Ella cominciò ad allontanarsi.
- Devo andare.
- Mia signora... ti prego. Ti prego, non farmi questo. Ti prego, dimmi ciò che sai, - implorò Glauco. Ella continuò a camminare, ma Glauco l’afferrò e la fece ruotare su se stessa.
Ella non fece alcun tentativo di liberarsi dalla sua presa o di chiamare
aiuto.
- Mi serve tempo per pensare, Glauco. Mi dispiace, ma non posso
farlo, oggi. Lo so che non capisci, ma devi. Ti
prego... devo andarmene ora. Devo pensare. - Riluttante, Glauco le lasciò il
braccio ed ella si unì in fretta alla folla del foro. Egli la vide incontrarsi
con l’uomo dai capelli bianchi e impegnarlo in un’animata conversazione. Poi,
ella ritornò da lui. Egli non aveva mosso un muscolo.
- Vieni al mio appartamento domani pomeriggio e parleremo. Conosci Roma?
- Non molto bene.
- Abito nella via che passa da est ad ovest proprio sotto il Palazzo Imperiale sul Colle. Numero ventotto. Io sto al secondo piano. Chiedi di Giulia Servilia Apollinaria.
Egli annuì e lo sguardo di lei gli esplorò ancora il viso. Un dolore intenso le attraversò il volto ed ella sembrò invecchiare lì, davanti ai suoi occhi. Glauco allora si rese conto che soffriva quanto lui e rispose al suo addio con un cenno di gratitudine.
Ore dopo un’altra voce salutò Glauco da sopra il tavolo nel Foro Traiano.
- Eccoti qui, - disse Mario. - Si supponeva che dovessi incontrarti con me
un’ora fa ai bagni. Che cosa è successo?
La testa di Glauco si alzò, ciondolando leggermente da una parte ed egli guardò l’amico attraverso occhi iniettati di sangue.
- Sei ubriaco! - esclamò Mario. - Sei ubriaco fradicio!
Glauco alzò il bicchiere di vino in un silenzioso saluto all’intuizione dell’amico.
- Perché? Che cosa è successo? - Poi Mario capì. - L’hai trovata?
Glauco annuì, il che lo fece quasi rovesciare dalla sedia.
Mario rimise in equilibrio l’amico ubriaco.
- Bene... sa che cosa accadde a tuo padre?
Glauco annuì di nuovo.
- Che cosa? Dimmelo! - La testa dell’amico crollò sul petto, ma Mario riuscì appena a distinguere le parole che aveva sperato di non udire mai.
- E’ morto.