La Storia di Glauco: Capitolo 34

 

Capitolo 34 - L’avvistamento

Glauco era in uno dei suoi posti d’osservazione contro il parapetto del secondo piano di negozi del Mercato Traiano, di fronte al negozio del venditore di sete. Altre due settimane erano passate da quando aveva saputo che Giulia era una cliente abituale di quel negozio, ma ella ancora non vi era ritornata. I negozianti, che all’inizio erano sospettosi nei suoi confronti, adesso lo salutavano con un cenno amichevole, certi che non era un potenziale ladro.

 

Con la schiena rivolta alla galleria aperta al di sotto, Glauco incrociò le braccia e sbadigliò. La sua eccitazione era gradualmente sfumata in noia, col passare dei giorni, e il giovane doveva inventarsi giochi mentali per mantenere la concentrazione. C’erano duemilatrecentosessantadue mattoni sopra l’architrave del negozio di sete. Diciassette donne che indossavano un nuovo modello di sandali gli erano passate davanti, quella mattina. Rise con se stesso. Immaginarlo sapere tutto di moda, novità e fronzoli. Gli appostamenti nel Mercato erano stati indubbiamente istruttivi in fatto di moda, se non altro.

 

Aveva anche scoperto che il barbiere nella bottega vicina al venditore di sete eseguiva esattamente le stesse attività mattutine ogni giorno... apriva il cancello di ferro, si sfregava le mani, si allacciava il grembiule e lustrava lo specchio, prima di affilare i rasoi su una lunga coramella di cuoio. Era prevedibile come le maree.

 

Glauco sbadigliò di nuovo e si scansò il ricciolo dalla fronte. Ostinatamente se lo ritrovò sull’occhio mentre si passava le mani sulla barba incolta. Aveva in qualche modo trascurato il suo aspetto ultimamente, da quando era ossessionato dalla sua missione. Il barbiere stava alacremente spolverando il suo piano di lavoro, poi cominciò a lucidare la sedia di sciupato cuoio marrone. Glauco stava lì fuori da settimane, e salutava quell’uomo con un cenno. Forse era ora di provare i suoi servizi. Si staccò dal parapetto e aspettò che passasse un gruppo di avventori, prima di coprire la breve distanza fino alla porta del barbiere.

 

L’ometto sorrise amichevolmente scrutando Glauco.
- Mi stavo chiedendo quando saresti entrato. Quei tuoi capelli starebbero molto bene col nuovo taglio, che è molto popolare tra i giovani della tua età. Potrei domare quei riccioli e sistemarteli in modo molto elegante attorno al viso.

 

- Dimentica di cercare di domare i miei capelli. E’ impossibile, - sorrise Glauco. - Mi farebbe comodo tagliarli, comunque, se hai tempo.

 

Il barbiere sorrise con espressione di benvenuto e con fare esperto aprì un telo mentre Glauco si sistemava sulla sedia di cuoio, ammaccata dai fondoschiena di molti clienti. Il grande specchio lucido sul muro di fronte a lui gli offriva una buona visione del proprio viso e del corridoio dietro di lui. Il barbiere cominciò a tagliargli i riccioli ribelli con perizia, il polso che faceva girare il rasoio in una danza ritmica.
- Hai capelli molto folti, giovanotto, - disse il barbiere. - Staranno benissimo un po’ più corti.

 

- Grazie, ma sono abituato ad averli così. Temo di essere un po’ pigro riguardo al mio aspetto... - Glauco si raddrizzò di scatto e il rasoio del barbiere cadde rumorosamente sul pavimento.

 

- Uh? - borbottò l’uomo sconcertato mentre il suo cliente fissava sconvolto lo specchio. Il barbiere non ci vedeva niente di sbagliato... non aveva mozzato un orecchio per sbaglio. Non c’era sangue.

 

Glauco roteò su se stesso e saltò giù dalla sedia in un solo movimento, mentre il telo gli vorticava attorno come un mantello.
- Aspetta! - gridò. - Aspetta! - mentre si lanciava verso la porta... e verso il pallido volto incorniciato da ondulati capelli d’oro ramato che fugacemente vi erano apparsi. Gli enormi occhi azzurri angosciati avevano incrociato i suoi nello specchio per un istante soltanto, prima che il viso scomparisse.

 

- Aspetta! - fece eco il barbiere mentre il suo cliente appariva sul punto di scappare con il telo ancora al collo e senza aver effettuato il pagamento. Afferrò la coda del telo e la tenne fermamente, facendo sì che Glauco tossisse e soffocasse mentre il pesante tessuto gli si stringeva attorno al collo. Il giovane ispanico l’afferrò con entrambe le mani e se lo strappò di dosso, poi si girò verso l’entrata prima di essere fermato di nuovo bruscamente. - Aspetta! - gridò il barbiere, e le sue urla attirarono una folla curiosa che si radunò attorno all’ingresso. L’uomo afferrò la tunica di Glauco e la tenne stretta. - Mi devi pagare!

 

Freneticamente, Glauco armeggiò in cerca di alcune monete e le gettò all’uomo, non avendo idea, e non curandosene, se fossero sufficienti a coprire il pagamento. Ma il barbiere lasciò andare la tunica nera e sembrò soddisfatto della somma, mentre si chinava a recuperare il denaro.

 

Glauco gridò:
- Giulia, aspetta! - mentre si faceva strada tra la folla di spettatori. Inciampò quando il suo piede incontrò un cestino per la spesa e riuscì comunque a riguadagnare l’equilibrio prima di cadere lungo disteso sul pavimento. Corse al negozio di seta e rapidamente scrutò la piccola stanza. Due clienti lo guardarono a loro volta... nessuna della due era Giulia.

 

- Stava per entrare, - disse il mercante di sete venendo avanti, - quando l’ho vista fermarsi di colpo. Poi è scomparsa. Un attimo dopo correva giù dal corridoio con l’aria di chi abbia visto un fantasma.

 

- Da che parte? - domandò Glauco.

 

Il mercante indicò con la testa e Glauco uscì dal negozio di corsa. Non poteva essere lontana. Si diresse ad ovest, verificando brevemente ogni negozio lungo il percorso. Non era in nessuno di essi. Quando raggiunse la fine del corridoio, lanciò un’occhiata su e giù dalle scale. Ella non si vedeva da nessuna parte. Provando ad indovinare, Glauco si diresse al primo piano scendendo i gradini a tre alla volta. Continuò a scrutare ogni negozio senza successo poi corse al mercato all’esterno. Era inutile. La folla compatta avrebbe potuto inghiottire l’imperatore e il suo seguito al completo senza lasciarne traccia. Le spalle di Glauco si abbassarono ed egli si abbandonò contro una colonna.
- Merda! - esclamò. - Merda! Merda! Merda! - Abbatté il pugno contro il marmo verde per l’intensa frustrazione. L’aveva persa. Non riusciva a credere che l’avesse persa. Aveva voglia di piangere.

 

Per il resto della giornata svogliatamente si aggirò nell’enorme mercato sperando che lei ritornasse.

 

Non ritornò.