La Storia di Glauco: Capitolo 30

 

Capitolo 30 - Le guardie, 180 d.C.

Su sua insistenza, Massimo venne incatenato ad una sedia nell’appartamento di Apollinario, non in quello di Giulia. Le guardie avevano supposto che Massimo fosse stato affittato dall’uomo dai capelli bianchi, e Massimo era determinato a lasciarglielo credere. Non voleva che riuscissero a vedere Giulia e ancor meno che capissero la vera natura della sua visita alla villa. Strinse la mascella e rifiutò di ascoltare qualsiasi discussione, ed ora sedeva rigido e taciturno mentre Giulia e Apollinario cercavano di aggiustare i ceppi di ferro rotti e la catena per farli sembrare ancora sicuri.

 

- Tieni la mano lungo il fianco della sedia, Massimo, dove non possono vedere bene, - sussurrò Giulia.

 

Il solo indizio del suo assenso fu un battito delle palpebre di lui.

 

Poi ella si precipitò nella camera da letto di Apollinario, ma lasciò la porta socchiusa e sbirciò nella stanza. L’uomo più anziano si lisciò la toga, trasse un respiro profondo, poi aprì la porta dell’appartamento alle guardie che stavano aspettando con impazienza dall’altra parte.
- Ecco, signori, - disse Apollinario, - potete vedere che è qui sano e salvo come vi avevo detto. - Due guardie corpulente allungarono il collo per vedere il gladiatore.

 

Massimo fissò il pavimento.

 

- Ebbene, sì, lo è, - la prima guardia rise e strizzò l’occhio al compagno. - Sorpresi di vederlo seduto, comunque. - La guardia poi sospinse Apollinario con un dito nodoso e lo guardò con un sorriso lascivo. - Forse non lo stai usando abbastanza. - Rise con ilarità alla propria arguzia.

 

L’uomo più anziano era ammutolito alla volgarità del commento.

 

Spiando dalla fessura della porta, Giulia vide gonfiarsi un muscolo nella guancia di Massimo quando serrò la mascella. Le sue spalle s’incurvarono e la schiena si irrigidì, ma egli continuò a fissare il tappeto in silenzio.

 

- Non ti sta dando alcun fastidio? - chiese l’altra guardia con esagerata cortesia mentre la prima avanzava all’interno della stanza, ancora ridacchiando.

 

Apollinario si mosse in fretta per impedirgli di avvicinarsi di più a Massimo.
- No, è stato piuttosto cooperante, ve l’assicuro. Non c’è bisogno che vi...

 

L’uomo armato sogghignò beffardamente.
- Forse sta cominciando a piacergli.

 

Feroci occhi verdazzurri rivolsero uno sguardo assassino alla guardia e Giulia vide i pugni di Massimo chiudersi rabbiosamente. In un altro momento egli si sarebbe alzato da quella sedia e la guardia, con o senza spada, si sarebbe ritrovata morta sul pavimento.

 

- A... adesso. Lo avete visto e potete andarvene, - farfugliò Apollinario che quasi poteva avvertire sulla schiena il calore bruciante dell’ira di Massimo. - Andate a raggiungere i vostri amici nei quartieri dei servi e rilassatevi per i giorni che restano. C’è da mangiare e da bere in abbondanza. Vi chiamerò senz’altro se dovessi aver bisogno d’aiuto. - Apollinario allungò leggermente le braccia e cercò di precedere gli uomini fuori della porta.

 

Ma la guardia ammiccante doveva fare un ultimo commento.
- Se è così bravo, forse con lui potremmo fare un po’ di denaro dandolo agli uomini giù al porto prima di riportarlo a Roma...

 

Giulia si mosse ancor più velocemente di quanto fece Massimo, e le guardie furono così sorprese dall’improvvisa apparizione della donna da non accorgersi che il gladiatore era in piedi chiaramente non incatenato.
- Massimo, siediti, - sibilò lei superandolo, mentre la stola turbinante lo nascondeva temporaneamente alle guardie. orsero che il gladiatore era in piedi e chiarmanete non incatenato. e non si ache restano, c' spada.o hiando. mascella. Ella piombò su di loro, il viso una maschera di furore.
- Come osate insinuare tali cose in mia presenza!

 

Il sogghigno ammiccante svanì e la guardia si affrettò ad indietreggiare.
- Noi... noi non sapevamo che eravate lì, mia signora.

 

- Questa villa è mia. Il generale Massimo è qui con me per tutta la settimana e non intendo sentire voi due disonorare la sua reputazione. E’ chiaro?

 

La guardia guardò da Giulia ad Apollinario poi di nuovo la donna il cui temperamento eguagliava i suoi capelli di fuoco.
- Pensavamo che fosse stato lui a comprarlo, - la guardia indicò Apollinario che ora si teneva in disparte, godendosi l’ardente difesa di Giulia nei confronti dell’uomo che amava. Dietro di lei, il viso di Massimo era impenetrabile.

 

- Bene, pensavate sbagliato, - tuonò Giulia. - Quest’uomo è semplicemente un mio agente poiché è sconveniente per una signora negoziare i favori di un gladiatore, anche se è il migliore di tutto l’impero. Uno di voi tornerà a Roma a cavallo con un messaggio per Proximo. Voglio che il gladiatore sia mio ospite il più a lungo possibile, non solo per una settimana. Riferisciglielo. Pagherò bene.

 

La seconda guardia scosse la testa.
- Vorrà che l’Ispanico torni nell’arena non appena riapriranno i giochi.

 

Giulia sospirò con impazienza.
- Non mi avete sentita? Coprirò il costo di qualunque cifra vincerebbe Massimo nell’arena. Di fatto io la raddoppierò. Ecco quanto apprezzo la sua compagnia. Dillo a Proximo. E a proposito... il nome del gladiatore è Massimo, non Ispanico. E’ chiaro?

 

La guardia chinò la testa alcune volte.
- Sì, mia signora. - La prima guardia con riluttanza ripeté il movimento.

 

Giulia avanzò verso di loro con determinazione, gli occhi azzurri come stiletti dardeggianti dietro le sopracciglia elegantemente arcuate.
- Adesso andatevene e smettetela di farmi perdere tempo.

 

Le guardie s’inchinarono brevemente alla splendida giovane donna alta dai capelli fiammanti e dagli occhi furenti e indietreggiarono verso la porta. Apollinario gliela sbatté alle spalle e sorrise raggiante a Giulia.
- Brava, mia cara. Brava.

Giulia cominciò a sorridere, ma trasalì all’improvviso rumore tagliente di metallo che colpiva il marmo proprio dietro i suoi piedi.

 

Massimo si era tolto i ceppi dai polsi e li aveva gettati sul pavimento prima di lasciarsi cadere nella sedia. Giulia roteò su se stessa e lo trovò seduto con i gomiti sulle ginocchia e la fronte nelle mani.

 

Apollinario uscì in silenzio dalla stanza e senza far rumore chiuse la porta del proprio appartamento.

 

Giulia andò lentamente verso l’uomo seduto, sicura che il suo orgoglio maschile era stato dolorosamente ferito.
- Massimo, non potevo lasciare che pensassero quelle cose di te. Proprio non potevo.

 

Egli non rispose.

 

Ella si accovacciò davanti a lui.
- Massimo? - disse allontanandogli con determinazione le mani dal viso.

 

Molto lentamente, egli alzò gli occhi ad incontrare quelli di lei. Erano offuscati dall’infelicità.
- E’ sorprendente come la sensazione dell’acciaio sui polsi possa riportarti alla realtà, - disse con amarezza. - Sono stato in un mondo di sogno qui con te. Quelle guardie sono la mia vera vita adesso.

 

Giulia gli lisciò i riccioli sulla fronte.
- Vieni via con me, amore mio, - implorò. - Siamo ancora in tempo.

 

Massimo non sembrò aver udito la dichiarazione di lei, ma le toccò i capelli... molto gentilmente... sfiorando appena con le dita le folte ciocche.
- Giulia, ora essi sono in grado di descriverti... a Commodo. Quello che hai fatto è stato molto sciocco.

 

Giulia era stupita. Erano state le sue azioni, non le guardie, a turbarlo?
- Non me ne importa, - dichiarò lei in tono di sfida. - Inoltre, continui a rifiutare di andartene da qui perciò che differenza fa se loro sanno che sei qui con me e che aspetto ho?

 

Massimo sospirò e scosse il capo frustrato perché lei non capiva. Parlò lentamente insistendo su ogni parola.
- Potresti essere usata come ostaggio per controllare me. Commodo può presumere... piuttosto correttamente... che io ti voglio bene, e minacciare di farti del male per farmi fare cose che altrimenti rifiuterei di fare.

 

Lei era perplessa.
- Per esempio?

 

Egli le accarezzò di nuovo i capelli, indugiando con le dita nei riccioli setosi.
- Per esempio farmi fare un combattimento truccato così che io muoia nell’arena... e io accetterei se minacciassero la tua sicurezza. Sarebbe un modo per Commodo di sbarazzarsi di me facendo sembrare che ho semplicemente perso un combattimento.

 

Giulia era frastornata. Semplicemente non aveva considerato quella possibilità.
- Massimo, questo... non è probabile che accada. - Si spostò in ginocchio, come implorandolo di essere d’accordo.

 

- Non sottovalutare Commodo. Non voglio più essere responsabile della morte di una persona alla quale voglio bene.

 

Ella cercò di dire qualcosa che potesse confortarlo, ma disse invece:
- Tu mi vuoi bene?

 

Un fuggevole sorriso gli scaldò i lineamenti.
- Sì, certo, - sussurrò.

 

- Come?

 

Le sopracciglia di lui si strinsero per lo sconcerto.

 

Giulia sedette sul tappeto e gli avvolse le braccia intorno alle ginocchia prima di prendergli le mani nelle proprie. Alzò gli occhi in quelli di lui.
- Come vuoi bene a Lucilla? - suggerì.

 

- No, - rispose lui in fretta.

 

I denti di Giulia mordicchiarono il labbro inferiore pirima che chiedesse con speranza:
- Come volevi bene ad Olivia?

 

Massimo scosse il capo.

 

- Come, allora?

 

Egli alzò le spalle.
- In modo diverso.

 

- Che cosa significa? - insisté lei.

 

- Non lo so. Voglio soltanto... proteggerti.

 

Giulia sorrise.
- Ti senti paterno nei miei confronti?

 

Quella domanda lo fece finalmente ridere.
- No... non paterno. Tutto tranne che paterno. - Massimo ponderò attentamente le sue successive parole. - Tu sei molto sensibile e percettiva... è facile parlare con te. Forse è perché hai avuto una vita molto difficile e sei molto perspicace per la tua età, in certo qual modo. Sei piuttosto diversa da Olivia a questo riguardo. - Lanciò un’occhiata al soffitto come in cerca di assistenza. - Non sono abituato a parlare di cose così personali... solo a discutere di strategie di battaglia e impartire ordini. Questo è molto diverso per me. E mi è difficile. Quasi quanto essere in catene. E’ solo che non ci sono abituato.

 

Giulia gli strinse le mani.
- Lo so. Ma è ciò che ti rende molto speciale per me... il fatto che puoi dirmi cose che sono nel tuo cuore che non riesci a dire a nessun altro. E il fatto che ti fidi di me.

 

Massimo annuì, una grande tristezza negli occhi straordinari.
- Proximo non sarà d’accordo a lasciarmi qui se il Colosseo è aperto, non importa quanto denaro gli offrirai. Sta facendo una fortuna con me. Commodo finanzia questi giochi e pretende che io combatta ogni giorno... e paga Proximo molto bene per questo privilegio. Commodo lo sta facendo perché il popolo mi vuole e lui vuole compiacere il popolo... e perché più spesso io combatto più alta è la probabilità che io rimanga ucciso. Proximo non rischierebbe l’ira di Commodo rendendomi indisponibile, qualunque sia la somma che gli offri.

 

L’improvvisa precarietà della loro situazione discese sopra Giulia come una spessa nebbia gelida ed ella rabbrividì.
- Oh, Massimo, abbiamo così poco tempo.

 

Egli annuì poi le allontanò le mani prima di alzarsi ed aggirarla per andare verso la finestra. Parlò al cielo, la voce fredda e priva di emozioni... la voce di un generale che ha appena preso una decisione.
- Voglio ringraziarti per aver difeso il mio onore. E’ stato certamente difficile sedere lì ascoltando le guardie parlare di me in quel modo. Ma è stato pericoloso per te.

 

Giulia si spostò leggera dietro di lui e gli fece scivolare le braccia attorno alla vita. Egli si girò e si allontanò da lei, lasciandola a guardare smarrita la sua schiena che si allontanava.
- Ho solo bisogno di restare solo per un po’... di camminare, - e scomparve oltre la porta.