La Storia di Glauco: Capitolo 21

 

Capitolo 21 - Il giardino (180 d.C.)

Massimo allontanò la testa e fece una smorfia mentre il fabbro sferrava un colpo sull’incudine per liberargli il polso. Clang! Il ferro teneva ancora.

- Un’altra volta, - disse il fabbro e Giulia si coprì di nuovo gli occhi. Clang! Un anello fu spezzato. L’altro presto lo seguì. Massimo annuì in segno di ringraziamento mentre si alzava e rimuoveva i pesanti ceppi di ferro. Li detestava. Erano sempre un ricordo troppo freddo, pesante e tangibile della sua perdita della libertà; li fece cadere a terra e li allontanò da sé con un calcio.

Giulia lo aiutò a srotolare le strisce di cuoio dei polsi poi gentilmente massaggiò i segni che gli avevano lasciato sulla pelle. Anche lei era ansiosa di cancellare ogni segno fisico della sua schiavitù.
- Ti aspetta un bagno, e vestiti puliti, - disse sorridendo, - poi faremo colazione.

Mentre tornavano verso la casa Massimo disse:
- Sembra che abbiamo confuso le ore. E’ come se ci stessimo avvicinando all’imbrunire, non all’ora di colazione.

- Ebbene, ti sei ubriacato fino a stordirti e hai dormito per l’intera giornata, - scherzò Giulia. Si era goduta ogni minuto delle ore che aveva trascorso con la testa tranquillamente posata sul petto di lui.

Massimo guardò la casa per tutta la sua lunghezza mentre camminavano lungo il colonnato della vasca riflettente con le sue fontane danzanti, le loro immagini ondeggianti che li seguivano. Massimo si fermò e fissò il riflesso nell’acqua dell’uomo muscoloso in tunica azzurra ed armatura di cuoio nero, e quello della donna snella in seta bianca. Formavano davvero un netto contrasto. Egli non aveva visto la propria immagine dai tempi della Germania e si stupì di sembrare ancora il generale Massimo. Forse Giulia aveva ragione, forse non era cambiato troppo, dopotutto.

Giulia lo prese sottobraccio e anche lei guardò l’immagine di lui.
- Hai l’aria molto affascinante, - disse pensierosa. - L’armatura ti dona. E’ piuttosto evidente che anche la gente che frequenta i giochi la pensa così. Il tuo nome è scalfito nei muri dell’anfiteatro, insieme ai suggerimenti relativi a quello che la gente vorrebbe fare con te, e fuori dell’edificio vengono venduti pupazzi di latta con la tua immagine … pupazzi molto virili. Durante i giochi i venditori vendono anche vassoi con la tua immagine dipinta su di essi, e il giorno che mi ci recai andarono subito a ruba.

- Vado bene per gli affari, - mormorò Massimo, adombrandosi.

Giulia gli tirò il braccio e lo guidò in direzione dei giardini sperando di mantenere l’atmosfera il più leggera possibile, date le circostanze.
- Ti piacciono i giardini, Massimo?

- L’intero posto è una meraviglia. Non ho mai visto nulla di simile.

Giulia era felice del suo complimento.
- Mio marito ha lasciato che li progettassi io… con l’aiuto di architetti, naturalmente. Mi sarebbe piaciuto qualcosa di meno ostentato, ma lui insisté sulla loro dimensione e sontuosità. Qui riceveva i clienti e voleva impressionarli.

- Il suo commercio marittimo doveva essere prosperoso.

- Sì, e adesso è mio.

- Lo mandi avanti tu?

- Sì. - Giulia gettò un’occhiata obliqua a Massino. - Sei sorpreso?

- No, - disse lui onestamente. Niente di questa donna lo sorprendeva. - Come passi il tempo… quando non cerchi di salvare schiavi ingrati… ora che sei sola in questo posto immenso?

Giulia sorrise all’allusione alla loro lite della notte prima, ma poi divenne seria.
- Leggo moltissimo. Non ho mai avuto un’istruzione, Massimo, ma Apollinario mi ha fatto da precettore e io mi sono ritrovata a voler imparare sempre più cose. E gioco con i miei gatti e passeggio nei giardini, sebbene sia più divertente farlo insieme a te. Ho anche un appartamento a Roma, molto grazioso.

- Dovresti risposarti. Avere dei bambini.

- Oh, Massimo, cerchi sempre di prenderti cura delle persone. - Giulia guidò Massimo verso una panca di marmo all’ombra e si sedette, poi lo fece sedere accanto a sé. - Preferirei stare da sola piuttosto che fare un altro matrimonio senza amore.

- Potresti trovare qualcuno da amare se non ti nascondessi in questo posto. Vai a Roma…

- Massimo, intendevo dire proprio quello che ho detto, la scorsa notte, riguardo il non darmi ad un uomo che non amo. Di quello ne ho avuto abbastanza. Qualunque relazione intraprendessi sarebbe basata sull’amore… altrimenti rimarrò da sola.

Massimo appoggiò gli avambracci sulle ginocchia e fissò la rosa che sfregava dolcemente contro la sua pelle nella brezza gentile.

Giulia si spostò leggermente poi disse esitante.
- La scorsa notte… non volevo rivelare in quel modo i miei sentimenti per te. Sono molto imbarazzata per averlo fatto. Ma… forse è meglio che tu sappia quello che provo. Non ho mai pensato che avrei camminato con te in questi sentieri, anche se ho sognato di farlo. E’ meraviglioso per me, averti qui… anche se solo per poco tempo.

Massimo sembrava molto interessato a quella particolare rosa color rosso sangue. Allungò una mano e Giulia guardò le sue grandi dita callose accarezzarne gentilmente i petali vellutati.

- L’amore è la cosa più importante che ci sia, - sussurrò lei.

Egli non la guardò.
- Non v’è futuro per noi, Giulia.

Ella trasalì leggermente al suo tono spassionato.
- Lo so. Sei stato chiaro su quale sarà il tuo futuro.

- Anche se io fossi libero, non potremmo sposarci. Un uomo del mio stato sociale non può sposare legalmente una donna affrancata.

Giulia rise.
- Massimo, tu non sei di nessuna classe, adesso. Se venissi liberato, saresti un liberto, proprio come me.

- Forse.

- Perché “forse”?

Massimo mise il palmo della mano sullo schienale della panca dietro Giulia, poi vi spostò il proprio peso, facendo inclinare il corpo verso quello di lei. Il suo braccio le sfiorò la schiena e a Giulia sembrò quasi un abbraccio. I capelli sciolti della giovane, sollevati dalla calda brezza, gli accarezzarono il braccio. La voce di lui si abbassò al suo tono più calmo e profondo.
- So che tu credi che vivo soltanto per vendicare le morti della mia famiglia, ma vi è molto più di questo.

Il suo viso era vicinissimo a quello di lei.

Egli continuò.
- Tu sai che Commodo ha una sorella.

- Lucilla… sì.

- Ebbene, lei ha un figlio di nome Lucio. Lui e mio figlio sono… erano… della stessa età. Lucio è erede al trono dopo Commodo. - Massimo sorrise leggermente. - E’ molto giovane… così innocente… e vive sotto il naso di suo zio. Io so già quanto sia spietato Commodo, che non risparmierebbe nemmeno un bambino. Se Commodo si sentirà minacciato, in qualsiasi modo, temo che farà del male a Lucio.

- Perché supponi questo?

- Me l’ha detto sua madre.

Giulia era stupita.
- Hai parlato con l’Augusta Lucilla? Da quando sei venuto a Roma?

- Sì. Una notte mi fece visita alla scuola dei gladiatori.

Giulia si sentì travolgere da un’ondata di gelosia talmente potente che quasi la fece barcollare.
- Perché l’ha fatto?

- Lucilla ed io ci conosciamo da molto tempo. Era in Germania con suo fratello quando l’imperatore… morì. Ella sapeva che suo fratello aveva ordinato che fossi giustiziato e fu sconvolta quando sono ricomparso come gladiatore nel Colosseo, a Roma. Venne per vedermi e raccontarmi le sue preoccupazioni.

- Perché? Che cosa mai potresti fare per aiutarla?

- Lei sa che io voglio uccidere Commodo. Non l’ho certo tenuto segreto. Lei mi ha solo dato un altro motivo per farlo… per proteggere suo figlio… il nipote del mio imperatore, Marco Aurelio.

- Ella trama contro il suo stesso fratello?

- Sshhh. Giulia. - Massimo si guardò rapidamente intorno per assicurarsi che fossero soli nel giardino. - So che posso fidarmi di te perché misi la mia vita nelle tue mani in Moesia e tu non mi deludesti. Quest’informazione non deve uscire da qui.

- Certo che no, - replicò lei con ardore, emozionata all’idea che lui volesse confidarsi con lei così apertamente.

- Voglio soltanto che tu capisca che ho rifiutato la tua offerta di libertà per ben più ragioni del mio bisogno di vendicare mia moglie e mio figlio. E’ complicato, come ho detto.

Dopo un lungo istante Giulia radunò il coraggio per chiedere:
- Vuoi bene a Lucilla?

- Sì… le voglio bene.

Giulia inghiottì a fatica.
- La ami?

- No, non la amo. Almeno… non in quel modo.

- Hai detto che la conosci da molto tempo. La amasti un tempo?

Massimo sorrise a quella sfilza di domande e allontanò un ricciolo che si era attorcigliato intorno alla gola di lei.
- Molto, moltissimo tempo fa. Da allora abbiamo condotto vite piuttosto diverse… e ci siamo entrambi sposati e abbiamo avuto un figlio.

Giulia si guardò le mani.
- Talvolta un vecchio amore si può riaccendere.

Massimo scosse la testa.

Giulia si contorse per guardarlo in viso, lo sguardo ardente dritto negli occhi di lui.
- Massimo, non hai paura di morire?

Egli sospirò.
- Ho vissuto con la morte per la maggior parte della mia vita. Ho visto in faccia la mia stessa morte, e le morti dei miei soldati, ogni volta che andavo in battaglia. Vedo la morte in faccia ogni giorno, adesso, nell’arena. No, non ho paura di morire. Inoltre, mia moglie e mio figlio stanno già aspettando che io li raggiunga.

Giulia si premette contro di lui, ma ogni intimità fu bloccata dall’armatura di cuoio.
- Non posso credere che tua moglie vorrebbe che tu morissi, Massimo. Ti amava. Vorrebbe che tu vivessi una lunga vita felice, non che ti affrettassi a raggiungerla per una ragione qualunque.

- Giulia…

Ella gli afferrò il mento barbuto.
- No… ascoltami. Una donna che ama un uomo rinuncerebbe a qualunque cosa per lui… sacrificherebbe tutto per la felicità di lui. Olivia non ti sta sorvegliando e certo non prova risentimento per ogni briciola di felicità che puoi afferrare nei giorni che ti rimangono. Ella avrebbe voluto che tu accettassi la mia offerta di libertà… per vivere una vita lunga e felice senza di lei. Per trovare di nuovo l’amore. Lei ci sarà sempre per te… tra dieci, venti anni. - Giulia tirò su col naso e sbatté le palpebre per respingere le lacrime che minacciavano di sgorgare.

- Non è per ciò che avrebbe voluto mia moglie. E’ per ciò che voglio io.

Le lacrime traboccarono e Giulia le asciugò con rabbia.
- Ebbene, sei un egoista. Non stai pensando alle persone che ti amano qui e che vogliono che tu viva. Stai pensando solo a te stesso.

Massimo gentilmente le deterse le lacrime con il pollice.
- Giulia, se riuscissi a trovare una soluzione per compiere quello che devo compiere e poi sopravvivere… la sceglierei. So che Olivia e Marco mi aspetteranno per tutto il tempo che vivrò.

- Ma io ti ho offerto una soluzione e tu non hai voluto accettare.

- Ci sono buone ragioni per quello.

- Lo so, lo so… Juba. Non credi che Juba sacrificherebbe volentieri la sua vita per la tua libertà?

- Forse. Non è una scelta che devo fare io. Ma io non sacrificherò la tua vita per la mia libertà.

Sobbalzando, Giulia si alzò a sedere.
- Che cosa? Di che cosa stai parlando?

Massimo guardò le cime degli alberi.
- Quella città è Ostia, vero? C’è una base militare ad Ostia.

Gli occhi di Giulia si spalancarono e lei si raddrizzò.
- Sì. Sì. - Negli occhi le si accese uno sguardo di speranza. - Potresti…

Massimo la zittì con in dito sulle labbra di lei.
- Potrei avvicinarmi a quella legione e trovarla sotto il controllo di un generale che risponde a Commodo, il che è il caso più probabile. Se mi riconoscesse, mi ucciderebbe all’istante. Se non mi riconoscesse, allora mi tratterrebbe finché non potessi essere identificato. In un modo o nell’altro io sarei morto e Commodo sarebbe ancora vivo.

- Ma, e se fossero uomini che tu conosci e che simpatizzano per la tua causa?

- E’ improbabile, perché le mie armate sono nel Nord. Però, anche se fosse una delle legioni Felix, non potrei comunque andarmene, Giulia.

- Ma potresti andare a vederli e poi tornare qui. Verrò con te. Puoi fare dei piani…

- No.

Giulia chiuse gli occhi e scosse la testa per la frustrazione.
- Massimo, perché no? Non stai usando il buon senso. Nelle vicinanze ci potrebbe essere un esercito e tu sei un comandante d’esercito!

- No, non lo sono più. Ma Giulia, il punto è che tu non hai alcuna idea di che uomo vendicativo sia Commodo. Tu non sai che cosa è capace di fare.

Giulia rimase in silenzio per un lungo istante poi disse:
- A chi?

- A chiunque gli si opponga… a chiunque mi aiuti.

- Vuoi dire me.

- Sì.

Giulia afferrò la spalla di Massimo e lo scosse leggermente per la frustrazione.
- Massimo, non capisci? Io voglio correre il rischio.

- Io no.

- Massimo… - implorò lei.

- Giulia, quante volte sei stata all’anfiteatro per vedere i giochi?

- Massimo, non cambiare argomento.

- Rispondimi e basta.

- Solo una volta. Per vedere te.

- Sei rimasta tutto il giorno?

- No, sono stata all’esterno e sono entrata appena ho udito la folla scandire il tuo nome.

- Allora non hai alcuna idea delle atrocità che vi accadono.

- Io… ne ho un’idea.

Massimo scosse la testa.
- L’unico momento in cui i gladiatori come me combattono è il tardo pomeriggio. I gladiatori particolarmente esperti combattono uno contro uno. Ma all’inizio della giornata, l’arena è piena di coppie di gladiatori… dozzine di uomini nello stesso tempo… che vengono contrapposti gli uni agli altri e contro animali selvaggi che vengono addestrati proprio ad uccidere gli uomini. La maggior parte degli animali non ucciderebbe gli umani, sai, non importa quanto siano affamati. Devono essere addestrati per uccidere le persone. La carneficina è terribile.

- E’ qualcosa che non vorrò vedere mai. - Giulia si chiese che cosa questo avesse a che fare col fatto che lei voleva aiutarlo a fuggire.

- Questo non è il peggio… nemmeno lontanamente. - Massimo parlò al cielo che si oscurava. - Di mattina gli spettacoli sono particolarmente raccapriccianti. E’ quando i condannati vengono legati e dati in pasto agli animali senza essere in grado di difendersi. Anche donne e bambini, di culti religiosi o prigionieri di guerra. Vengono squartati mentre sono ancora vivi. - Si schiarì la voce. - Ma ho visto anche di peggio. La scorsa settimana, per qualche motivo fummo portati nell’arena presto, e lasciati nelle celle per la maggior parte del giorno. Ai gladiatori più valenti vengono date le celle più belle… appena sotto il terreno… così che possano vedere dentro l’arena e udire tutto ciò che accade. - Egli trasse un respiro profondo. - I giochi sono pagati da funzionari statali che sperano di essere rieletti e sanno che chiunque inscena lo spettacolo migliore ha la migliore opportunità. Per ‘spettacolo migliore’ intendo il più sanguinoso e il più depravato. Molti di questi spettacoli superano ogni limite, e dalla brutalità passano alla pervertita esibizione sessuale. - Smise di parlare e fissò le stelle che stavano cominciando a spuntare.

Giulia gli diede il tempo di raccogliere i pensieri prima di incalzarlo.
- Continua, - disse, sapendo che egli aveva bisogno di parlarne. - E’ piuttosto difficile sconvolgermi, lo sai.

Egli si passò le mani sul viso prima di continuare.
- Sai che le persone negli spalti mangiano e bevono mentre guardano quelle cose? Mangiano trnquillamente mentre degli esseri umani come loro vengono uccisi davanti ai loro occhi. Sono completamente insensibili agli atti più barbari. - La testa gli cadde tra le spalle, la voce ora quasi inudibile. - Portarono nell’arena una donna su di un carro. Una bella donna. Era nuda e legata a faccia in giù sopra un elaborato carro dorato fatto in modo da sembrare un altare. Era come se fosse un’offerta umana agli dei. Dopo aver fatto girare il carro per tutta l’arena così che tutti potessero darle una buona occhiata, la coprirono con pelli di animali. Poi un uomo entrò nell’arena con un animale che aveva addestrato per quello… e l’animale stuprò la donna.

Giulia ansimò, le unghie conficcate nel braccio di lui.

- Non ti dirò che genere di animale fosse, ma non l’avrei creduto possibile. Le urla di lei erano terribili. Inutile dire che la donna fu ferita gravemente e perse molto sangue. Degli animali selvaggi furono quindi liberati per finirla. Alla folla piacque molto.

Un singhiozzo sfuggì da Giulia e Massimo la trasse a sé, avvolgendola nelle sue forti braccia. Le lacrime di lei si rovesciarono sul cuoio nero.
- C’è di più, - mormorò lui.

- Non lo voglio udire, - gridò lei, le parole soffocate dalla spalla di lui.

- Devi udirlo. - Egli attese finché i singhiozzi di lei diminuirono. - Un gruppo di cocchi entrò rombando, ognuno portando una donna nuda. Quando esse furono squartate e sventrate, ma ancora vive, gli animali furono liberati per finirle. E quello non è il peggio che ho visto. Il peggio coinvolgeva circa una dozzina di bionde ragazzine… tutte sembravano avere meno di dieci anni… probabilmente erano germaniche. Per quello che so, anch’io potrei esser stato responsabile della loro presenza lì. Prede di guerra. - Massimo rabbrividì e mormorò. - Non riesco nemmeno a dirti che cosa accadde loro.

Massimo gentilmente strofinò la schiena di Giulia mentre lei giaceva contro di lui, svuotata e accasciata.
- Capisci adesso, - chiese con voce incerta, - perché non voglio rischiare di implicarti in un complotto per liberarmi? Finiresti in quell’arena come intrattenimento per la folla. Non potrei mai vivere sapendolo.

Ella annuì contro la sua spalla e singhiozzò. Rimasero così per parecchio tempo. Ciascuno confortando l’altro. Ciascuno traendo conforto dall’altro.

Alla fine Giulia si raddrizzò e gli prese il viso tra le mani.
- Mi dispiace averti chiamato egoista.

Egli sorrise e le baciò le dita.
- Va tutto bene.

- La scorsa notte hai detto che eri responsabile per le morti della tua famiglia e che meritavi di morire. Massimo.. che cosa è accaduto loro?

Ella lo sentì ritrarsi.
- Preferirei non parlarne questa notte.

Le mani di lei gli si posarono sulle spalle e lei lo studiò in viso.
- Capisco, - disse mentre si scervellava per trovare un modo per alleggerire l’atmosfera pesante che era calata su di loro. Lo stomaco di Massimo brontolò come per un’imbeccata. - Oh, povera me, dimenticavo che non mangi da un bel po’ di tempo. Devi morire dalla fame.

Massimo si strofinò lo stomaco.
- E’ così, davvero.

Giulia si alzò e lo tirò per la mano.
- Vieni, il pasto ci starà aspettando nel mio appartamento. Probabilmente si sarà freddato, adesso.

Massimo fece finta di farsi trascinare per il sentiero.
- Probabilmente non c’è più niente. Probabilmente i tuoi gatti se lo saranno divorato di nuovo. I gatti meglio nutriti che io conosca.

Giulia rise.
- No, l’ho fatto coprire dai servi questa volta. - Il braccio di lei scivolò intorno alla vita di lui e Massimo posò la mano sulla spalla di lei.

Attirato dalla risata di Giulia, Apollinario gettò un’occhiata dalla terrazza fuori della sua stanza e vide la coppia emergere dal giardino e avvicinarsi alle porte dell’atrio… e sorrise.