La Storia di Glauco: Capitolo 2

 

 

Capitolo 2 - L’età virile

192 d.C.

Ispania

Il quattordicenne Glauco allontanò dagli occhi un lungo ricciolo e si pettinò con la mano i folti capelli, nella speranza di indurli a restare al loro posto almeno fino a che la corsa non fosse cominciata. Il movimento della sua mano fu seguito da tre paia di occhi femminili, mentre le ragazze, le candidate più probabili tra le quali scegliere la sua sposa negli anni a venire, seguivano attentamente ogni sua mossa. Ridacchiavano e arrossivano, ed erano l’invidia suppergiù di un’altra dozzina di ragazze che facevano gruppo un po’ più indietro, dato che le loro possibilità di sposare il figlio più giovane di Tito Valerio non erano altrettanto concretizzabili.

La famiglia di Glauco era di ricchi allevatori di cavalli; i loro stalloni avevano portato gli uomini più importanti di Roma, generali ed imperatori in egual misura, e Glauco era l’unico maschio celibe rimasto. Il suo quindicesimo compleanno sarebbe stato di lì a pochi giorni e a Liberalia[1], il 17 marzo dell’anno seguente, sarebbe diventato un uomo e cittadino di Roma a pieno titolo, insieme ad altri ragazzi della sua età. Subito dopo suo nonno avrebbe potuto organizzarne il matrimonio e le ragazze di Emerita Augusta[2] speravano che accadesse al più presto. Già pregavano i loro padri di avvicinare il patriarca dei Valeri riguardo allo status del nipote.

Oltre ad essere l’unico scapolo rimasto nel clan, era di gran lunga il più attraente, almeno nell’opinione delle ragazze. Alto per la sua età, snello con ampie spalle e robuste gambe dritte, era celebre per le sue abilità atletiche e aveva vinto ogni gara a cui aveva partecipato nell’annuale fiera estiva di Emerita Augusta. Di recente aveva vinto il campionato di lotta per i ragazzi della sua età, e si era aggiudicato anche la corsa a piedi. I ragazzi, per la maggior parte, erano parecchio meno entusiasti, invidiosi dei talenti del giovane, del suo aspetto e della ricchezza della sua famiglia. In quel momento egli se ne stava seduto in groppa ad uno dei migliori stalloni della sua fattoria, un baio di tre anni di nome Apollo, preparandosi ad una corsa di resistenza che avrebbe condotto i contendenti attraverso le colline intorno alla città. Nessuno degli altri ragazzi s’illudeva tanto da pensare di avere una qualche possibilità di battere Glauco, ma il secondo posto non era per niente disonorevole in una corsa con il più giovane dei Valeri.

Glauco sedeva eretto in sella e di nuovo ricacciò indietro i capelli d’un castano lucente, del tutto ignaro dell’effetto che quel gesto aveva sulle spettatrici, poiché la sua mente era sulla corsa che stava per iniziare. I suoi occhi d’un verde brillante perlustrarono le colline dello stesso colore, mentre a memoria tracciava il percorso con la mente. Con aria distratta sfiorò con le dita la bulla[3] intorno al suo collo, l’amuleto e la striscia della sua toga praetexta le uniche cose che lo identificavano come tuttora un ragazzo. Aveva la sicurezza di un uomo, una sicurezza nata dal portare a termine con gran facilità qualunque cosa si mettesse in mente. Stava anche cominciando ad avere l’aspetto di un uomo, gli inizi di una barba gli ombreggiavano il labbro superiore. Le braccia e le gambe abbronzate si incresparono di muscoli vigorosi quando strinse le cosce, raccolse le redini e si avvicinò alla linea di partenza. Si era allineato sulla parte esterna della fila di sedici cavalli.

I due fratelli maggiori di Glauco, Tacito e Claudio, oziavano nelle vicinanze, all’ombra scarsa di un albero da cui germogliavano giovani foglie primaverili.
- Hai scommesso su di lui? - chiese Tacito a Claudio.

- Naturalmente. Non riesco a pensare ad un modo più facile di far soldi. Il guaio è che è sempre più difficile trovare qualcuno tanto pazzo da scommettere ancora contro di lui.

- Quand’è stata l’ultima volta che ha perso?

- Non credo sia mai successo… nella lotta o nelle corse di cavalli. Anche nella corsa a piedi e nel tiro con l’arco. Vince tutte le gare. Mi sento davvero un po’ dispiaciuto per gli altri ragazzi.

- Be’, non starà nella categoria dei ragazzi ancora per molto. L’anno prossimo dovrà competere contro avversari più forti.

- Vincerà lo stesso. - Claudio accennò con la testa al gruppo di ragazze ridacchianti che si stavano radunando vicino alla linea di partenza, ma rimanendo ben dietro i cavalli che s’impennavano. - Non ne hanno mai abbastanza di lui. Chissà se nostro padre gli organizzerà presto un matrimonio?

- Non credo.

- Perché no? È abbastanza maturo da potersi sposare fra pochi anni.

- Credo che nostro padre abbia qualcos’altro in mente.

Claudio guardò il fratello maggiore con aria confusa poi la comprensione si fece largo sul suo viso.
- Ha intenzione di dirglielo?

- Sì, dopo la cerimonia di Liberalia il prossimo anno.

Claudio sospirò gravemente. Lui e Tacito erano già sui venticinque anni, sposati e con figli, ma ognuno aveva un debole per quel ragazzo che era entrato permanentemente a far parte della loro famiglia dodici anni prima. Era speciale, lui. Tutti lo sapevano, ma pochi capivano il perché, compreso il ragazzo stesso. Come avrebbe reagito alla rivelazione?

 

Glauco si rannicchiò abbassandosi sopra il collo del cavallo, il viso quasi perso nella folta criniera dell’animale, le mani salde ma rilassate sulle redini. Il vessillo cadde e Glauco strinse le cosce e gridò, inducendo Apollo a balzare in azione ed a guadagnare un considerevole vantaggio sugli altri concorrenti, molto in anticipo sulla prima recinzione. Lo stallone si raccolse, si fletté e si librò, con Glauco plasmato sull’animale, ed atterrò un buon cinque piedi[4] oltre il recinto di pietra, poi scomparve dietro una curva nella strada, mentre la sua polvere soffocava i cavalli a tergo.

I suoi fratelli si limitarono a scuotere la testa e sorrisero.
- E’ figlio di suo padre, - disse Tacito.

- Lo è davvero, - rispose Claudio mentre si facevano largo tra la folla in cerca di refrigerio. Ci sarebbe voluta circa mezz’ora prima che Glauco attraversasse il traguardo miglia avanti ai suoi avversari, perciò loro avrebbero anche potuto rilassarsi nel frattempo.

Erano tornati sotto l’albero in tempo per guardare il loro giovane fratello tagliare la linea di traguardo senza che altri avversari fossero nemmeno in vista. Egli fece fermare lo stallone schiumante poi saltò giù ed abbracciò il collo sudato dell’animale. Una folla eccitata si raccolse intorno a lui ed egli si girò con un largo sorriso, i capelli scompigliati dal vento un tumulto di riccioli ondulati. Individuando i suoi fratelli, fece un gesto di giubilo ed essi risposero allo stesso modo, avvicinandosi per aggiungere le loro congratulazioni.

- Non ha mai esitato una volta! - disse Glauco. - Ho fatto persino fatica a convincerlo a rallentare, per quanta voglia aveva di correre.

- Ce l’ha nel sangue, - disse Tacito, poi abbassò la voce ed aggiunse. - E’ stupefacente quanto i figli possano somigliare ai padri.

Marzo, 193 d.C.

Liberalia si teneva ogni anno il 17 marzo per i ragazzi nel loro quindicesimo anno di vita. La cerimonia segnava la fine della loro infanzia e l’inizio della loro virilità. La celebrazione, che durava tutta la giornata, cominciò a casa alla mattina, quando Glauco si tolse la toga praetexta bordata di rosso e la bulla e le posò davanti ai Lares[5], piccoli idoli degli dei della famiglia e degli antenati importanti. Affiancato dagli uomini della famiglia, Glauco fece sacrificio di incenso ai Lares. Suo padre, Tito, gli tolse quindi la tunica bianca tirandola dalla testa e lo drappeggiò nella toga virilis, completamente bianca, sistemandola per adattarla alla misura delle spalle e della vita del ragazzo. I loro occhi s’incontrarono.

- Sei pronto? - chiese Tito. Glauco inclinò la testa e sorrise lentamente, lo sguardo talmente simile a quello di un ragazzo che Tito aveva conosciuto molti anni prima, che il suo cuore ebbe un tuffo.

- Va tutto bene, papà? - chiese Glauco, preoccupato dall’emozione improvvisa negli occhi di suo padre.

Tito accarezzò la guancia del figlio e gli arruffò i capelli, scuotendo la testa per quei riccioli ribelli.
- Dobbiamo tagliarli, figliolo.

- Perché? Non fa parte della cerimonia.

Tito capì di essere preso in giro dallo scintillio negli occhi sorprendentemente verdi del ragazzo.
- No. Fa solo parte del renderti presentabile.

La risposta di Glauco fu di leccarsi le mani e di passarsele sopra i capelli, cercando di appiattirli. Invece, riuscì soltanto ad ottenere ribelli onde e avvallamenti, con gran divertimento dei suoi fratelli.

Fuori si era riunita la famiglia dei Valeri al completo, insieme agli schiavi della tenuta e della fattoria e alle loro famiglie. C’erano anche amici provenienti da fattorie a due giornate di cammino di distanza e tutti applaudirono quando Glauco, suo padre e suo nonno emersero dalla casa, seguiti dai suoi due orgogliosi fratelli. Gli uomini cavalcavano stalloni lucenti e le donne si arrampicarono sui carri dietro di loro. Gli schiavi stavano ammassati nei carretti e l’intera processione lentamente si avviò serpeggiando tra le colline verde smeraldo verso Emerita Augusta. Lungo la via, le famiglie si raccoglievano vicino ai cancelli delle loro proprietà, sul ciglio della strada e gridavano congratulazioni al ragazzo, che rispondeva con un gesto della mano e faceva balenare il suo sorriso contagioso. Alcuni uomini si allungavano per stringergli la mano, dandogli il benvenuto come cittadino di Roma a pieno titolo.

Quando raggiunsero i grandi cancelli di pietra grigia della città smontarono e sciamarono fuori dai carri e dai carretti e come una famiglia si recarono nel foro delineato da statue, percorrendo vie lastricate ove si allineavano spettatori acclamanti, decorate con ghirlande di fogliame e fiori primaverili. Alcune donne lanciavano petali rossi ed alcuni di essi si annidarono nei capelli di Glauco. Coloro che conoscevano la sua famiglia lo chiamavano a gran voce per porgere un saluto. Egli restituiva il gesto, col pugno chiuso premuto sul cuore. Le ragazze ridacchiavano dietro le mani mentre la processione di ragazzi attraversava serpeggiando la città, arrossendo in modo incontrollabile ed indicando quando ne notavano uno che piaceva loro. Imbarazzato dall’attenzione imponente che stava attirando, Glauco cercò di tenere lo sguardo avanti a sé ma non poté fare a meno di lanciare egli stesso occhiate furtive alle graziose ragazze che indossavano vestiti luminosi e fiori infilati tra i capelli sciolti.

Nel foro i ragazzi si allinearono, i loro padri fieri dietro di essi, le statue degli imperatori che proiettavano lunghe ombre sopra di loro, creando strisce di luce e ombra sulle pietre ai loro piedi. Ad uno ad uno fu chiamato il loro nome, ed essi fecero un passo avanti per essere formalmente complimentati dai magistrati della città sull’aver raggiunto la virilità e la piena cittadinanza romana.

Poi l’intera processione si mosse verso il campidoglio, dove fu sacrificato un toro agli dei in onore dei ragazzi. Quando la lama s’immerse nel collo dell’animale, Glauco trasalì leggermente ma nascose la sua reazione scrollando le spalle. La folla acclamò selvaggiamente e petali più delicati fluttuarono sulla testa del giovane e si posarono sul terreno, il loro colore accordandosi con quello ricco del sangue che sgocciolava dall’altare, formando una pozza sulle pietre al di sotto.

Dopo essersi intrattenuti in società, la famiglia ed i loro amici tornarono a casa per un enorme banchetto col cibo più raffinato disponibile in quella regione. I tavoli gemevano sotto il peso dei vassoi d’argento di carni e verdure e pietanze stravaganti quali caviale del Mar Nero, ostriche, frutti di mare e lumache. Ravanelli, carciofi, asparagi e piselli rivaleggiavano per portate con agnello di primavera alla menta, pernice in salsa di vino e succulento manzo arrostito lentamente e strofinato con pepe nero. La sala da pranzo non era stata presa in considerazione, a favore dell’atrio, molto più grande, dove erano stati disposti dei divani per far accomodare tutti gli ospiti, sia che scegliessero di sedersi che di adagiarsi. Dietro il frastuono di voci eccitate, le fontane del giardino cantavano un’aria tintinnante in diretta concorrenza con i menestrelli che si spostavano qua e là nell’atrio. Dopo il pranzo, le signore in sete riccamente colorate e capelli acconciati in modo elaborato sedettero a spettegolare in piccoli gruppi mentre i loro uomini si radunarono per i giochi. I bambini correvano per i giardini giocando a inseguirsi e a prendere i gatti che si davano alla fuga per restarsene fuori dalla loro portata.

Glauco era sopraffatto da tutto ciò… quel raduno solo per rendergli onore… e rimase vicino ai suoi fratelli maggiori, che capivano perfettamente come si sentiva. Sembravano molto protettivi, i due uomini, come se cercassero di proteggere Glauco ancora per un po’ dalle responsabilità della virilità. Perché loro, non lui, conoscevano le informazioni che gli avrebbero cambiato la vita e che presto gli sarebbero state rivelate.



[1] La celebrazione di Liber Pater, un dio sia del vino che della fertilità, associato al dio greco Dioniso.

Tradizionalmente, durante i Liberalia del mese di Marzo successivo al dodicesimo anno d’età per le bambine e al quattordicesimo per i bambini, i bambini romani liberi di entrambi i sessi abbandonavano la toga praetexta (bianca con un largo bordo rosso), e ricevevano la toga virilis, generalmente bianca. (N.d.T.)

[2] L’attuale Mérida, Estremadura, Spagna. Fu la colonia romana più importante di tutta la Spagna http://www.iespana.es/fotim/merida.htm (N.d.T.).

[3] Bulla, cioè bolla. Qualunque pendente a forma circolare (N.d.T.).

[4] Circa un metro e mezzo (N.d.T.).

[5] La bulla praetexta era un pendente indossato dai bambini come collana. 

Un bambino patrizio poteva indossare la toga praetexta fino al raggiungimento dell’età virile. Durante i Liberalia, la bulla veniva deposta con una grande cerimonia; i ragazzi lasciavano anche la toga praetexta ed indossavano la toga virilis. In tale occasione la bulla veniva dedicata ai Lares (N.d.T.).