Diario di Giulia (indice capitoli) |
Julia’s Journal Siti originali (in
inglese) |
Apollinario era
seduto al suo solito posto di fronte al mio scrittoio, piegò le mani sul ventre
e fissò su di me i suoi splendidi occhi nocciola ora severi.
- Che cosa vuoi che faccia?
Smisi di andar su
e giù per la stanza e lentamente mi avvicinai allo scrittoio, sedendomi dietro
di esso. Ecco un salutare ritorno alla normalità: Apollinario che chiedeva istruzioni e io che gliele davo. Il
mio ex precettore che mi dava il suo sostegno mentre io provvedevo alla linea
d’azione.
- Voglio sapere
chi è il suo padrone e dove alloggia. Voglio sapere quanto è sorvegliato il
posto e se l’imperatore lo tiene sotto la sua sorveglianza. Anche
chi va e viene con regolarità: fornitori, cuochi, fabbri, puttane.
Apollinario
sobbalzò all’ultima parola. Io lo ignorai mentre dettavo brusca i miei ordini,
quasi stessi trattando con un’inaspettata crisi relativa alle navi.
- Voglio sapere
l’orario del suo allenamento quotidiano e quando può ricevere visite.
Voglio un colloquio con lui. In privato. Senza limiti di tempo. Fai sapere al
responsabile che pagherò profumatamente per il suo tempo. Voglio anche che sia
trattato bene. Deve avere qualsiasi cosa ci voglia perché stia comodo e in buona
salute.
Feci una pausa,
poi domandai:
- Abbiamo informatori al palazzo imperiale?
Apollinario
indietreggiò come se l’avessi colpito, ma ricompose in
fretta il viso.
- Qualcuno... per
lo più scribi che lavorano per il capo segretario... - esitò.
- Stavo solo
verificando. Lasceremo fuori l’imperatore per il momento. Massimo mi dirà
quello che ho bisogno di sapere quando lo incontrerò.
Se ne potrà occupare qualche tuo amico o avremo bisogno di pagare un
informatore?
Apollinario
sospirò chiaramente sollevato.
- Sembra che
l’uomo sia molto popolare, perciò ottenere informazioni non dovrebbe essere
difficile. Fammi vedere che cosa posso fare...
- Quando dovrà combattere Massimo?
- Be’... i giochi
ricominciano tra due giorni, per cui...
- Voglio un
rapporto domani mattina.
Apollinario
sembrò sul punto di dire qualcosa, poi cambiò idea. Annuì, si alzò in piedi e
si diresse verso la porta della biblioteca.
- Apollinario?
Si voltò.
- Grazie, amico
mio.
Fece un breve
sorriso triste e annuì di nuovo. Poi uscì in silenzio.
- Ebbene?
Era mattina
presto. Il mio matrimonio con Mario Servilio ed il gestire il commercio di
navigazione mi avevano trasformata in una persona che
si alzava presto, un cambiamento salutare per una donna la cui gioventù si era svolta
per la maggior parte nelle ore più buie della notte. Malgrado la mia
agitazione, ero riuscita a dormire e anche a fare colazione. Costringere me
stessa a dormire e mangiare era una capacità che avevo acquisito quando ero una
prostituta, quando avevo lottato giorno dopo giorno per mantenere una salda
presa sulla mia sanità mentale. Fu piacevole scoprire che sei anni di libertà e
benessere non mi avevano rammollita. Nei giorni
successivi avrei avuto bisogno di tutta la mia forza. E
di più. Molto di più.
Apollinario si
sedette al suo solito posto e trasse un profondo respiro.
- Il suo padrone
è un uomo di nome Proximo. Un ex schiavo gladiatore divenuto lanista. Di poca
importanza. Fu anche lui un gladiatore famoso una
quindicina d’anni fa. Ottenne il suo rudius[1] da Marco Aurelio.
Quando l’imperatore chiuse i giochi in Roma, andò a
Zucchabar e da allora si guadagnò da vivere laggiù. Fu... fu a Zucchabar che...
trovò... i-il g-generale... Insieme a lui comprò altri
uomini al mercato locale di schiavi.... E’ stato Proximo a chiamarlo
l’Ispanico, dal momento che il generale rifiutò di dare il suo nome. Zucchabar
è in...
- ...la provincia
d’Africa. Conosco la geografia. Vai avanti.
Ero del tutto conscia di quanto fosse brusco il mio tono e che
Apollinario non aveva fatto nulla per meritarlo. Ma
essere brusca era il solo mezzo per mantenermi concentrata sulla faccenda ed
evitare di mandare in frantumi il mio equilibrio interiore alla sola idea di
Massimo venduto all’asta nel mercato di un miserabile luogo infestato dalle
pulci come Zucchabar. Come era potuto finire in
quell’angolo dell’impero dimenticato dagli dei il comandante prediletto e più
fidato di Marco Aurelio?
Mentalmente mi
riscossi e presi uno stilo dal piccolo vassoio di fronte a me.
- Sembra che
il... il generale...
- Puoi chiamarlo
Massimo.
- Sì, ah,
Massimo. Sembra che in Africa Massimo sia divenuto piuttosto famoso come
gladiatore. Quando Proximo ricevette la notizia dei
giochi da celebrare in onore del defunto imperatore, decise di portare i suoi
uomini a Roma. Prima di Massimo, era proprietario di un gladiatore esperto, un
gigante germanico chiamato Haken. Insieme a Massimo,
comprò anche un numida di nome... - Apollinario consultò le sue tavolette di
cera, - ...di nome... Juba. Nessuno di loro può essere paragonato a Massimo, ma
sembra che siano validi. Venne a Roma e il debutto del suo gruppo divenne il
culmine dei giochi e lo è tuttora... e grazie a Massimo...
- La Battaglia di
Cartagine. Vai avanti.
Apollinario
trasse un altro profondo respiro.
- Come proprietario di Massimo, Proximo è diventato di nuovo
una celebrità. Sta facendo più denaro di quanto abbia
mai sognato. Tiene i suoi gladiatori nell’area recintata riservata ai lanisti
vicino al Colosseo. Il luogo è ben sorvegliato, ma il mio informatore dice che se l’imperatore lo tiene d’occhio, sta usando
agenti segreti. Nessun pretoriano è mai stato visto
nei dintorni...
- Quell’uomo
dev’essere cieco. Sin da quando Commodo è salito al trono, ci sono pretoriani
dappertutto. Che mi dici di Massimo?
Apollinario
tossì, cominciò a parlare, tossì di nuovo. Senza una parola, servii un
bicchiere d’acqua dalla brocca sul mio scrittoio e lo spinsi verso di lui.
- Ah... Grazie,
Giulia. Ehm, dov’ero rimasto?
- Massimo.
- Sì, Massimo.
Per la maggior parte si tiene sulle sue, ma i gladiatori lo considerano il loro
capo. Lo rispettano e sembra che siano leali a lui e a lui soltanto...
Sorrisi mentre
giocherellavo distrattamente con lo stilo.
- Ne sono certa,
Apollinario. Continua.
- I rapporti tra
il generale e Proximo non sono altrettanto buoni. Egli disprezza apertamente il
suo padrone, Proximo è risentito per... il comportamento pieno di rancore del generale, ma sta molto attento
a non contrariarlo... Considera Massimo... ah... pericoloso.
- E fa bene! Un uomo che apertamente parla con acredine
all’imperatore di Roma di fronte a cinquantamila persone non può essere
nient’altro che pericoloso.
Apollinario
esitò. Poi riprese il racconto.
- Il generale è estremamente disciplinato: si allena ogni giorno, condivide
il pasto di mezzogiorno con gli uomini, ma rimane da solo tutte le sere.
Nessuna visita. Nessuna... ehm... nessuna...
- Che c’è, amico mio? Nessuna donna o prostituta?
- Nessuna.
Risi amaramente.
- Puoi star certo che Massimo se ne sta tutto solo al di sopra dei semplici
mortali, a dispetto delle circostanze!
Apollinario
sembrava decisamente interessato, ma si trattenne dal
fare domande.
- Va bene, amico
mio. Quando lo vedrò?
- Non lo vedrai.
Le mie mani si strinsero
a pugno.
- Che cosa hai detto?
- Mi dispiace,
Giulia. Nessuna visita per il generale.
- Per ordine di
chi?
- Come ho detto,
Proximo sta molto attento a non contrariarlo... Massimo ha fatto capire molto
chiaramente che non vuole visite di alcun tipo. Egli
ha un grande valore per il suo padrone, così Proximo
gli concede la sua intimità...
Mi alzai e
cominciai ad andare su e giù per la biblioteca, di nuovo
leonessa in gabbia.
- Vedrà me.
Corrompi qualche guardia per fargli avere una mia lettera...
Apollinario
scosse la testa.
- Proximo ha dato ordini...
ordini precisi riguardo Massimo. Egli vale troppo. Non vuole che si agiti o si arrabbi... E’ schedulato per
combattere ogni giorno...
- Parlerò
personalmente con Proximo...
Apollinario saltò
in piedi.
- Non lo farai!
- No? Chi me lo
impedirà? Tu?
- Sì, io! Giulia,
ti aiuterò per quanto mi sarà possibile, ma non ti permetterò di avvicinarti a
lui! Lo sai che genere di uomini sono coinvolti nel
commercio dei gladiatori?
- Non ci vuole
molta immaginazione! Ecco perché rifiuto di accettare che questo Proximo non
possa essere comprato.
- Ascoltami,
Giulia! Quelli sono uomini spietati. Proximo sorveglia Massimo molto
attentamente, come le Vestali conservano il Sacro Fuoco! E’ un piccolo lanista
tuttavia è l’invidia di tutti i proprietari di gladiatori di
Roma. Probabilmente di tutto l’impero! Uomini potenti hanno fatto sostanziose
offerte per comprare Massimo. Proximo le ha rifiutate. Ma
sa che i suoi gelosi colleghi possono essere molto pericolosi. Uno di loro può
essere persino un agente dell’imperatore. Teme che possano cercare di rapire
Massimo o... di ucciderlo...
Imprecai. In modo
orribile. Con parolacce che avevo potuto imparare soltanto dai marinai che
manovravano le mie navi anche
se non ricordavo di conoscerle. Apollinario sbiancò.
Avrei dovuto scusarmi. Non lo feci.
Invece, mi
sedetti di nuovo e mi sforzai di respirare profondamente e di calmarmi.
All’improvviso, mi ricordai il mio defunto marito. Vidi nella mia mente Mario
Servilio, sempre distaccato e sicuro di sé. Lo vidi come era
stato quando mi aveva insegnato come comportarmi davanti ad una crisi
inaspettata.
- Non importa quanto poco tempo hai, non ti
affrettare, - diceva. - Hai bisogno di tempo per raccogliere informazioni e
analizzarle accuratamente, ponendo attenzione ai dettagli. Prendi tempo e
troverai una soluzione. E quando l’avrai... sii
spietata.
Tempo. Non
avevamo tempo. Massimo doveva combattere di lì a due giorni ed ogni
combattimento poteva essere l’ultimo. Tuttavia le parole di Mario Servilio
erano giuste.
Appoggiando i
gomiti sullo scrittoio, mi seppellii il viso tra le mani e rimasi così per un
lungo momento. Quando sollevai la testa e mi appoggiai indietro contro lo schienale della
poltrona, lo sguardo negli occhi di Apollinario mi
disse oltre ogni dubbio che la mia espressione era di fredda, crudele
determinazione.
- Voglio che
Massimo esca dalla scuola dei gladiatori. I gladiatori lasciano i loro
quartieri quando vengono portati nell’arena... o ad
una casa privata.
Apollinario si
tese visibilmente.
- Di’ a Proximo
che sono pronta a pagare per i servigi di Massimo, e a pagare profumatamente.
Voglio che al crepuscolo venga consegnato a questo appartamento
e voglio che rimanga con me fino all’alba. Niente guardie. Mi prenderò cura da
sola della sua sicurezza.
- C-che cosa... che cosa hai in mente di fare, Giulia?
- Non è ovvio? -
dissi, poi feci un sorrisino amaro. - Ho intenzione di aiutarlo a fuggire da
Roma. Ho intenzione di liberarlo!
Il mio amico
ansimò.
- Con buoni
cavalli potremo raggiungere Ostia in due ore. Quando Proximo tornerà a prenderlo, Massimo sarà in salvo...
su una nave diretta in Ispania...
Gli occhi di Apollinario erano dilatati per lo sbigottimento. Sorrisi
di nuovo, ancora più amaramente.
- Sì, amico mio. Lo
rimando a casa sua... e da sua moglie...
Rimanemmo a lungo
in silenzio. Apollinario, perso nei suoi pensieri. Io, ancora una volta persa
nella mia infelicità nell’interesse di Massimo, ora che avevo detto ad alta
voce quello che già sapevo quando avevo accettato il mio fato al Colosseo.
Il mio ex
precettore tossì per schiarisi la gola, poi ruppe il silenzio.
- Quando Proximo scoprirà la fuga di Massimo, si scatenerà
l’Ade...
- Gli dirò che Massimo mi ha sopraffatta e che è fuggito. Naturalmente,
sarà generosamente indennizzato per
la sua perdita.
- Non
funzionerà...
- Fintanto che
Massimo sarà libero, per me andrà bene.
Apollinario
sospirò.
- Va bene, Giulia. Provvederò personalmente.
Si alzò dalla
sedia e chiese:
- Quanto denaro dovrei offrigli?
Non avevo bisogno
di pensare ad una somma. La conoscevo già. Quando
parlai, la mia voce era spenta.
- Venticinquemila
sesterzi... Facciamo un’offerta che non potrà rifiutare...
Ma Proximo la
rifiutò.
La mattina del
giorno assegnato per il riavvio dei giochi e il ritorno di Massimo nell’arena,
stava ancora rifiutando. Nel frattempo, avevamo ottenuto abbastanza
informazioni su di lui da avere un’accurata descrizione del lanista. Una
descrizione, sospetto io, che si adattava anche a molti altri suoi colleghi. Bevitore
accanito, Proximo era un padrone senza scrupoli e un sagace uomo d’affari,
malgrado fosse analfabeta. Di età vicina alla
cinquantina, teneva come amante una giovane schiava africana, ma il denaro
sembrava stimolare i suoi appetiti più delle donne. Tuttavia, tutto il denaro che
Apollinario gli aveva spinto sotto il naso non era bastato a comprare Massimo
per una notte.
- E’ irremovibile,
- il mio ex precettore si strofinò gli occhi stancamente. - Proximo rifiuta
perfino di vedermi ancora...
Eravamo di nuovo
in biblioteca, a riepilogare ancora una volta i fatti. Senza approdare a nulla.
A corto di tempo. Entro un’ora circa, saremmo tornati al Colosseo. Mi morsi il
labbro inferiore incerta se rivelare o no ad Apollinario i piani alternativi
che avevo tramato nell’oscurità della mia camera da letto, quando non ero
riuscita ad addormentarmi. No, meglio tenerli per me.
Apollinario non avrebbe mai approvato che visitassi la scuola
dei gladiatori travestita da prostituta a buon mercato...
Ci fu un bussare
alla porta. Prima di riuscire a rispondere con l’impaziente tono brusco che
aveva messo in ansia i miei servi durante gli ultimi giorni, il mio amico si
alzò e andò silenziosamente verso la porta dove si consultò
con qualcuno, poi uscì chiudendo la porta dietro di sé.
Perduta nei miei propositi
di entrare nel quartier generale di Proximo, non mi accorsi del ritorno di Apollinario. Quando lo feci, non
ebbi bisogno che di uno sguardo al suo viso per sapere che era successo qualcosa.
Qualcosa d’importante.
- Che cosa... -
cominciai, ma Apollinario mi interruppe.
- I giochi sono
stati annullati. Editto imperiale.
- P-perché? - balbettai.
- La peste. Apparentemente
è iniziata nel quartiere greco. Il Senato aveva informato il nuovo imperatore, non
appena era tornato a Roma, sulla necessità di procedere con interventi sanitari
fondamentali. Ma il marmocchio imperiale era troppo occupato coi giochi per prestarvi
attenzione... Si è propagata e sono stati denunciati i primi casi sul Colle Aventino...
Mi accigliai.
Ogni tanto, la testa maligna della pestilenza faceva la sua comparsa in Roma,
uccidendo centinaia di persone finché le cohortes urbanas[2] non procedevano con il cosiddetto "risanamento alle fondamenta".
Il che significava bruciare fino al terreno i quartieri infetti, uccidendo i
roditori che diffondevano la peste... e anche le sfortunate vittime abbandonate
che agonizzavano nei loro letti sudici.
- Sembra che uno
schiavo sia morto di peste al palazzo imperiale e l’imperatore è terrorizzato...
Il Colosseo resterà chiuso, e anche i teatri ed il Circo Massimo, finché il
pericolo sarà passato...
La peste. I giochi
annullati. Il Colosseo chiuso. La mia mente correva mentre Apollinario
continuava a parlare. Capii che la marea era cambiata. Capii che la soluzione
che Mario Servilio mi aveva insegnato ad aspettare era vicina. Se solo fossi riuscita a vederla...
- Giulia, può
essere pericoloso. Dovresti prendere in considerazione l’idea di tornare alla
villa. Io rimarrò qui a vedere che cosa posso fare per aiutare Massimo, ma
dubito...
La villa...
Ostia.
Abbattei la mano
sulla superficie dello scrittoio. Apollinario saltò nella sedia.
- Giulia? -
chiese con esitazione.
- Ti ho sentito, amico
mio. Hai ragione, potrebbe essere pericoloso, perciò torneremo ad Ostia. Tu ed
io. Ma, prima di andare, faremo a Proximo un grande favore:
faremo uscire il suo gladiatore migliore da questa città appestata!
Apollinario
impallidì.
- Ecco come
faremo, - continuai. - Torna da Proximo. Starà fremendo a causa dell’annullamento
dei giochi... digli che andremo ad Ostia come misura di sicurezza e suggerisci
che sarebbe una buona idea proteggere il suo famoso
gladiatore... i suoi angusti quartieri non possono essere un luogo salubre in
tempi di peste. Che cosa succederebbe se si ammalasse
e morisse? Ma se trasferisce Massimo alla mia villa di Ostia, non solo sarebbe
in grado di proteggere il suo miglior gladiatore ma nello stesso tempo ne trarrebbe
profitto... Digli che voglio affittare Massimo... per
una settimana. Venticinquemila sesterzi sull’unghia e altri venticinquemila
alla fine della settimana... se io sarò contenta delle sue... prestazioni...
- Potrebbe... potrebbe
funzionare... Oh, sì, penso che possa funzionare, -
disse con una punta d’eccitazione nella voce.
- Allora, forza,
non perdiamo tempo. Abbiamo molto da fare prima di andare ad Ostia.
Ma adesso
Apollinario sembrava esitare.
- Che c’è? - scattai.
- Devo
confessarti una cosa, Giulia, - disse cauto il mio ex precettore articolando
ogni parola, in un chiaro tentativo di prender tempo e prepararmi a qualcosa
che non sarei stata felice di udire. - Mentre trattavo con Proximo, non gli ho
mai detto che stavo agendo per conto tuo...
Arcuai le sopracciglia allarmata.
- E’ successo per
caso! Proximo sembrava pensare che ero io quello interessato
ad affittare Massimo... e io non l’ho corretto. Pensavo che sarebbe stato
meglio...
- Meglio? Far
credere a Proximo che stava per essere pagato per far prostituire Massimo... con un uomo? - chiesi,
incapace di credere a quanto avevo udito.
Apollinario
arrossì fino alla radice dei suoi bianchi capelli ricci. Se aveva avuto qualche
relazione dalla morte prematura di Ippolito, era stato
più che discreto.
- Pensavo che
fosse meglio non far venire fuori il tuo nome! Pensavo fosse meglio che non
sapessse di te! Non sappiamo quanto siano vicini gli agenti dell’imperatore! E
se Massimo è la metà dell’uomo onesto e morale che tu dici che sia, non gli
piacerà esattamente l’idea di te che ti insozzi o
rischi la vita per la sua salvezza!
Fu il mio turno
di strofinarmi stancamente gli occhi.
- Vai, amico mio,
- fu la mia risposta. - Vai... e di’ a Proximo che
Massimo non dovrà sapere perché sarà portato fuori Roma... Che sia ben chiaro...
Non aggiunsi “per
paura che si tolga la vita” ma non ve n’era bisogno. Apollinario già sapeva. Sapeva
sempre.
Proximo dimostrò
di essere un astuto bastardo. Riuscì ad evitare di incontrare Apollinario
durante i successivi tre giorni, mentre la città sprofondava sempre più nell’agitazione.
Nel pomeriggio del quarto giorno, il mio esausto ex precettore si lasciò cadere
ancora una volta nella sedia di fronte al mio scrittoio.
- E’ fatta, -
disse con voce stanca. - Massimo verrà consegnato alla
villa dopodomani. Lo condurrà Proximo stesso. Arriveranno per la notte.
Mi premetti le
mani contro la bocca, il cuore che mi martellava così forte che sembrava stesse per scoppiare. Era fatta. Massimo stava per
venire ad Ostia.
- Sembra che
Proximo abbia fatto una passeggiata attorno a Roma e abbia visto alcune cose
che lo hanno convinto della saggezza del tuo consiglio. Ha preteso dei pagamenti
extra per il trasporto e perfino per corrompere le guardie alla Porta
Ostiense... - Apollinario scosse il capo e soggiunse. - Dovresti prendere in
considerazione l’idea di assumere quel bastardo! E’ un negoziatore senza
scrupoli!
Ma io non stavo
prestando attenzione.
- Non c’è tempo da perdere, Apollinario! Abbiamo molte cose da fare! Massimo
avrà bisogno di denaro e io devo far approntare una nave che salpi l’ancora
entro due giorni. La più veloce, e un capitano di cui possa fidarmi... Ho
agenti che possono aiutare Massimo a Gades e a Malaga, ma non so proprio dove si trovi la sua casa in Ispania...
- Giulia,
calmati! Abbiamo due giorni prima che venga portato ad
Ostia. Possiamo fare tutti i piani oggi e partire per
la villa domani...
Mi alzai in
piedi.
- No, amico mio, partiremo per Ostia entro un’ora!
Apollinario
sospirò rumorosamente. Poi, annuì. Sul mio cammino verso la porta, mi fermai e
mi accigliai.
- Apollinario, pensi che possiamo fidarci di Proximo?
Il mio caro amico
sospirò di nuovo.
- Sì, Giulia, possiamo fidarci di lui. Quando finalmente ha aderito ai termini
dell’affare, Proximo ha riso e ha detto che forse sarebbe
stato ancor più vantaggioso di quanto avesse pensato...
Lo guardai spaventata.
Apollinario sospirò ancora.
- Ha detto:
“Forse prostituirsi per una settimana insegnerà a quell’altezzoso Ispanico la lezione che si merita!”
Sospirando
profondamente, aprii gli occhi e mi guardai intorno con la silenziosa lucidità dei
condannati a morte, pienamente consapevole che era l’ultima volta che stavo per vedere quegli ambienti a me familiari. Qualsiasi
cosa fosse accaduta tra il momento in cui sarei entrata nell’atrio e il momento in cui vi sarei tornata dopo aver visto Massimo
partire per l’Ispania - e per tutto il tempo che sarei vissuta - io mi sarei
sentita morta dentro. Tuttavia, come la maggior parte dei condannati, sapevo
che non avevo scelta. Non v’era luogo dove fuggire o
nascondersi. Non v’era misericordia da implorare. E,
peggio di tutto, non v’era ragione di ritardare il fato.
Sentendomi più
vecchia di Roma, più vecchia del mondo stesso, mi
obbligai ad alzarmi.