Diario di Giulia - Parte seconda

Diario di Giulia (indice capitoli)
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Storie de Il Gladiatore

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Capitolo IX - Il complotto, 180 d.C - Parte seconda

Apollinario era seduto al suo solito posto di fronte al mio scrittoio, piegò le mani sul ventre e fissò su di me i suoi splendidi occhi nocciola ora severi.

- Che cosa vuoi che faccia?

Smisi di andar su e giù per la stanza e lentamente mi avvicinai allo scrittoio, sedendomi dietro di esso. Ecco un salutare ritorno alla normalità: Apollinario che chiedeva istruzioni e io che gliele davo. Il mio ex precettore che mi dava il suo sostegno mentre io provvedevo alla linea d’azione.

- Voglio sapere chi è il suo padrone e dove alloggia. Voglio sapere quanto è sorvegliato il posto e se l’imperatore lo tiene sotto la sua sorveglianza. Anche chi va e viene con regolarità: fornitori, cuochi, fabbri, puttane.

Apollinario sobbalzò all’ultima parola. Io lo ignorai mentre dettavo brusca i miei ordini, quasi stessi trattando con un’inaspettata crisi relativa alle navi.

- Voglio sapere l’orario del suo allenamento quotidiano e quando può ricevere visite. Voglio un colloquio con lui. In privato. Senza limiti di tempo. Fai sapere al responsabile che pagherò profumatamente per il suo tempo. Voglio anche che sia trattato bene. Deve avere qualsiasi cosa ci voglia perché stia comodo e in buona salute.

Feci una pausa, poi domandai:
- Abbiamo informatori al palazzo imperiale?

Apollinario indietreggiò come se l’avessi colpito, ma ricompose in fretta il viso.

- Qualcuno... per lo più scribi che lavorano per il capo segretario... - esitò.

- Stavo solo verificando. Lasceremo fuori l’imperatore per il momento. Massimo mi dirà quello che ho bisogno di sapere quando lo incontrerò. Se ne potrà occupare qualche tuo amico o avremo bisogno di pagare un informatore?

Apollinario sospirò chiaramente sollevato.

- Sembra che l’uomo sia molto popolare, perciò ottenere informazioni non dovrebbe essere difficile. Fammi vedere che cosa posso fare...

- Quando dovrà combattere Massimo?

- Be’... i giochi ricominciano tra due giorni, per cui...

- Voglio un rapporto domani mattina.

Apollinario sembrò sul punto di dire qualcosa, poi cambiò idea. Annuì, si alzò in piedi e si diresse verso la porta della biblioteca.

- Apollinario?

Si voltò.

- Grazie, amico mio.

Fece un breve sorriso triste e annuì di nuovo. Poi uscì in silenzio.

 

- Ebbene?

Era mattina presto. Il mio matrimonio con Mario Servilio ed il gestire il commercio di navigazione mi avevano trasformata in una persona che si alzava presto, un cambiamento salutare per una donna la cui gioventù si era svolta per la maggior parte nelle ore più buie della notte.  Malgrado la mia agitazione, ero riuscita a dormire e anche a fare colazione. Costringere me stessa a dormire e mangiare era una capacità che avevo acquisito quando ero una prostituta, quando avevo lottato giorno dopo giorno per mantenere una salda presa sulla mia sanità mentale. Fu piacevole scoprire che sei anni di libertà e benessere non mi avevano rammollita. Nei giorni successivi avrei avuto bisogno di tutta la mia forza. E di più. Molto di più.

Apollinario si sedette al suo solito posto e trasse un profondo respiro.

- Il suo padrone è un uomo di nome Proximo. Un ex schiavo gladiatore divenuto lanista. Di poca importanza. Fu anche lui un gladiatore famoso una quindicina d’anni fa. Ottenne il suo rudius[1] da Marco Aurelio. Quando l’imperatore chiuse i giochi in Roma, andò a Zucchabar e da allora si guadagnò da vivere laggiù. Fu... fu a Zucchabar che... trovò... i-il g-generale... Insieme a lui comprò altri uomini al mercato locale di schiavi.... E’ stato Proximo a chiamarlo l’Ispanico, dal momento che il generale rifiutò di dare il suo nome. Zucchabar è in...

- ...la provincia d’Africa. Conosco la geografia. Vai avanti.

Ero del tutto conscia di quanto fosse brusco il mio tono e che Apollinario non aveva fatto nulla per meritarlo. Ma essere brusca era il solo mezzo per mantenermi concentrata sulla faccenda ed evitare di mandare in frantumi il mio equilibrio interiore alla sola idea di Massimo venduto all’asta nel mercato di un miserabile luogo infestato dalle pulci come Zucchabar. Come era potuto finire in quell’angolo dell’impero dimenticato dagli dei il comandante prediletto e più fidato di Marco Aurelio?

Mentalmente mi riscossi e presi uno stilo dal piccolo vassoio di fronte a me.

- Sembra che il... il generale...

- Puoi chiamarlo Massimo.

- Sì, ah, Massimo. Sembra che in Africa Massimo sia divenuto piuttosto famoso come gladiatore. Quando Proximo ricevette la notizia dei giochi da celebrare in onore del defunto imperatore, decise di portare i suoi uomini a Roma. Prima di Massimo, era proprietario di un gladiatore esperto, un gigante germanico chiamato Haken. Insieme a Massimo, comprò anche un numida di nome... - Apollinario consultò le sue tavolette di cera, - ...di nome... Juba. Nessuno di loro può essere paragonato a Massimo, ma sembra che siano validi. Venne a Roma e il debutto del suo gruppo divenne il culmine dei giochi e lo è tuttora... e grazie a Massimo...

- La Battaglia di Cartagine. Vai avanti.

Apollinario trasse un altro profondo respiro.

- Come proprietario di Massimo, Proximo è diventato di nuovo una celebrità. Sta facendo più denaro di quanto abbia mai sognato. Tiene i suoi gladiatori nell’area recintata riservata ai lanisti vicino al Colosseo. Il luogo è ben sorvegliato, ma il mio informatore dice che se l’imperatore lo tiene d’occhio, sta usando agenti segreti. Nessun pretoriano è mai stato visto nei dintorni...

- Quell’uomo dev’essere cieco. Sin da quando Commodo è salito al trono, ci sono pretoriani dappertutto. Che mi dici di Massimo?

Apollinario tossì, cominciò a parlare, tossì di nuovo. Senza una parola, servii un bicchiere d’acqua dalla brocca sul mio scrittoio e lo spinsi verso di lui.

- Ah... Grazie, Giulia. Ehm, dov’ero rimasto?

- Massimo.

- Sì, Massimo. Per la maggior parte si tiene sulle sue, ma i gladiatori lo considerano il loro capo. Lo rispettano e sembra che siano leali a lui e a lui soltanto...

Sorrisi mentre giocherellavo distrattamente con lo stilo.

- Ne sono certa, Apollinario. Continua.

- I rapporti tra il generale e Proximo non sono altrettanto buoni. Egli disprezza apertamente il suo padrone, Proximo è risentito per... il comportamento pieno di rancore del generale, ma sta molto attento a non contrariarlo... Considera Massimo... ah... pericoloso.

- E fa bene! Un uomo che apertamente parla con acredine all’imperatore di Roma di fronte a cinquantamila persone non può essere nient’altro che pericoloso.

Apollinario esitò. Poi riprese il racconto.

- Il generale è estremamente disciplinato: si allena ogni giorno, condivide il pasto di mezzogiorno con gli uomini, ma rimane da solo tutte le sere. Nessuna visita. Nessuna... ehm... nessuna...

- Che c’è, amico mio? Nessuna donna o prostituta?

- Nessuna.

Risi amaramente.
- Puoi star certo che Massimo se ne sta tutto solo al di sopra dei semplici mortali, a dispetto delle circostanze!

Apollinario sembrava decisamente interessato, ma si trattenne dal fare domande.

- Va bene, amico mio. Quando lo vedrò?

- Non lo vedrai.

Le mie mani si strinsero a pugno.

- Che cosa hai detto?

- Mi dispiace, Giulia. Nessuna visita per il generale.

- Per ordine di chi?

- Come ho detto, Proximo sta molto attento a non contrariarlo... Massimo ha fatto capire molto chiaramente che non vuole visite di alcun tipo. Egli ha un grande valore per il suo padrone, così Proximo gli concede la sua intimità...

Mi alzai e cominciai ad andare su e giù per la biblioteca, di nuovo leonessa in gabbia.

- Vedrà me. Corrompi qualche guardia per fargli avere una mia lettera...

Apollinario scosse la testa.

- Proximo ha dato ordini... ordini precisi riguardo Massimo. Egli vale troppo. Non vuole che si agiti o si arrabbi... E’ schedulato per combattere ogni giorno...

- Parlerò personalmente con Proximo...

Apollinario saltò in piedi.
- Non lo farai!

- No? Chi me lo impedirà? Tu?

- Sì, io! Giulia, ti aiuterò per quanto mi sarà possibile, ma non ti permetterò di avvicinarti a lui! Lo sai che genere di uomini sono coinvolti nel commercio dei gladiatori?

- Non ci vuole molta immaginazione! Ecco perché rifiuto di accettare che questo Proximo non possa essere comprato.

- Ascoltami, Giulia! Quelli sono uomini spietati. Proximo sorveglia Massimo molto attentamente, come le Vestali conservano il Sacro Fuoco! E’ un piccolo lanista tuttavia è l’invidia di tutti i proprietari di gladiatori di Roma. Probabilmente di tutto l’impero! Uomini potenti hanno fatto sostanziose offerte per comprare Massimo. Proximo le ha rifiutate. Ma sa che i suoi gelosi colleghi possono essere molto pericolosi. Uno di loro può essere persino un agente dell’imperatore. Teme che possano cercare di rapire Massimo o... di ucciderlo...

Imprecai. In modo orribile. Con parolacce che avevo potuto imparare soltanto dai marinai che manovravano le mie navi anche se non ricordavo di conoscerle. Apollinario sbiancò. Avrei dovuto scusarmi. Non lo feci.

Invece, mi sedetti di nuovo e mi sforzai di respirare profondamente e di calmarmi. All’improvviso, mi ricordai il mio defunto marito. Vidi nella mia mente Mario Servilio, sempre distaccato e sicuro di sé. Lo vidi come era stato quando mi aveva insegnato come comportarmi davanti ad una crisi inaspettata.
- Non importa quanto poco tempo hai, non ti affrettare, - diceva. - Hai bisogno di tempo per raccogliere informazioni e analizzarle accuratamente, ponendo attenzione ai dettagli. Prendi tempo e troverai una soluzione. E quando l’avrai... sii spietata.

Tempo. Non avevamo tempo. Massimo doveva combattere di lì a due giorni ed ogni combattimento poteva essere l’ultimo. Tuttavia le parole di Mario Servilio erano giuste.

Appoggiando i gomiti sullo scrittoio, mi seppellii il viso tra le mani e rimasi così per un lungo momento. Quando sollevai la testa e mi appoggiai indietro contro lo schienale della poltrona, lo sguardo negli occhi di Apollinario mi disse oltre ogni dubbio che la mia espressione era di fredda, crudele determinazione.

- Voglio che Massimo esca dalla scuola dei gladiatori. I gladiatori lasciano i loro quartieri quando vengono portati nell’arena... o ad una casa privata.

Apollinario si tese visibilmente.

- Di’ a Proximo che sono pronta a pagare per i servigi di Massimo, e a pagare profumatamente. Voglio che al crepuscolo venga consegnato a questo appartamento e voglio che rimanga con me fino all’alba. Niente guardie. Mi prenderò cura da sola della sua sicurezza.

- C-che cosa... che cosa hai in mente di fare, Giulia?

- Non è ovvio? - dissi, poi feci un sorrisino amaro. - Ho intenzione di aiutarlo a fuggire da Roma. Ho intenzione di liberarlo!

Il mio amico ansimò.

- Con buoni cavalli potremo raggiungere Ostia in due ore. Quando Proximo tornerà a prenderlo, Massimo sarà in salvo... su una nave diretta in Ispania...

Gli occhi di Apollinario erano dilatati per lo sbigottimento. Sorrisi di nuovo, ancora più amaramente.

- Sì, amico mio. Lo rimando a casa sua... e da sua moglie...

Rimanemmo a lungo in silenzio. Apollinario, perso nei suoi pensieri. Io, ancora una volta persa nella mia infelicità nell’interesse di Massimo, ora che avevo detto ad alta voce quello che già sapevo quando avevo accettato il mio fato al Colosseo.

Il mio ex precettore tossì per schiarisi la gola, poi ruppe il silenzio.

- Quando Proximo scoprirà la fuga di Massimo, si scatenerà l’Ade...

 - Gli dirò che Massimo mi ha sopraffatta e che è fuggito. Naturalmente, sarà generosamente indennizzato per la sua perdita.

- Non funzionerà...

- Fintanto che Massimo sarà libero, per me andrà bene.

Apollinario sospirò.
- Va bene, Giulia. Provvederò personalmente.

Si alzò dalla sedia e chiese:
- Quanto denaro dovrei offrigli?

Non avevo bisogno di pensare ad una somma. La conoscevo già. Quando parlai, la mia voce era spenta.

- Venticinquemila sesterzi... Facciamo un’offerta che non potrà rifiutare...

 

Ma Proximo la rifiutò.

La mattina del giorno assegnato per il riavvio dei giochi e il ritorno di Massimo nell’arena, stava ancora rifiutando. Nel frattempo, avevamo ottenuto abbastanza informazioni su di lui da avere un’accurata descrizione del lanista. Una descrizione, sospetto io, che si adattava anche a molti altri suoi colleghi. Bevitore accanito, Proximo era un padrone senza scrupoli e un sagace uomo d’affari, malgrado fosse analfabeta. Di età vicina alla cinquantina, teneva come amante una giovane schiava africana, ma il denaro sembrava stimolare i suoi appetiti più delle donne. Tuttavia, tutto il denaro che Apollinario gli aveva spinto sotto il naso non era bastato a comprare Massimo per una notte.

 

- E’ irremovibile, - il mio ex precettore si strofinò gli occhi stancamente. - Proximo rifiuta perfino di vedermi ancora...

Eravamo di nuovo in biblioteca, a riepilogare ancora una volta i fatti. Senza approdare a nulla. A corto di tempo. Entro un’ora circa, saremmo tornati al Colosseo. Mi morsi il labbro inferiore incerta se rivelare o no ad Apollinario i piani alternativi che avevo tramato nell’oscurità della mia camera da letto, quando non ero riuscita ad addormentarmi. No, meglio tenerli per me. Apollinario non avrebbe mai approvato che visitassi la scuola dei gladiatori travestita da prostituta a buon mercato...

Ci fu un bussare alla porta. Prima di riuscire a rispondere con l’impaziente tono brusco che aveva messo in ansia i miei servi durante gli ultimi giorni, il mio amico si alzò e andò silenziosamente verso la porta dove si consultò con qualcuno, poi uscì chiudendo la porta dietro di sé.

Perduta nei miei propositi di entrare nel quartier generale di Proximo, non mi accorsi del ritorno di Apollinario. Quando lo feci, non ebbi bisogno che di uno sguardo al suo viso per sapere che era successo qualcosa. Qualcosa d’importante.

- Che cosa... - cominciai, ma Apollinario mi interruppe.

- I giochi sono stati annullati. Editto imperiale.

- P-perché? - balbettai.

- La peste. Apparentemente è iniziata nel quartiere greco. Il Senato aveva informato il nuovo imperatore, non appena era tornato a Roma, sulla necessità di procedere con interventi sanitari fondamentali. Ma il marmocchio imperiale era troppo occupato coi giochi per prestarvi attenzione... Si è propagata e sono stati denunciati i primi casi sul Colle Aventino...

Mi accigliai. Ogni tanto, la testa maligna della pestilenza faceva la sua comparsa in Roma, uccidendo centinaia di persone finché le cohortes urbanas[2] non procedevano con il cosiddetto "risanamento alle fondamenta". Il che significava bruciare fino al terreno i quartieri infetti, uccidendo i roditori che diffondevano la peste... e anche le sfortunate vittime abbandonate che agonizzavano nei loro letti sudici.

- Sembra che uno schiavo sia morto di peste al palazzo imperiale e l’imperatore è terrorizzato... Il Colosseo resterà chiuso, e anche i teatri ed il Circo Massimo, finché il pericolo sarà passato...

 

La peste. I giochi annullati. Il Colosseo chiuso. La mia mente correva mentre Apollinario continuava a parlare. Capii che la marea era cambiata. Capii che la soluzione che Mario Servilio mi aveva insegnato ad aspettare era vicina. Se solo fossi riuscita a vederla...

- Giulia, può essere pericoloso. Dovresti prendere in considerazione l’idea di tornare alla villa. Io rimarrò qui a vedere che cosa posso fare per aiutare Massimo, ma dubito...

La villa... Ostia.

Abbattei la mano sulla superficie dello scrittoio. Apollinario saltò nella sedia.

- Giulia? - chiese con esitazione.

- Ti ho sentito, amico mio. Hai ragione, potrebbe essere pericoloso, perciò torneremo ad Ostia. Tu ed io. Ma, prima di andare, faremo a Proximo un grande favore: faremo uscire il suo gladiatore migliore da questa città appestata!

Apollinario impallidì.

- Ecco come faremo, - continuai. - Torna da Proximo. Starà fremendo a causa dell’annullamento dei giochi... digli che andremo ad Ostia come misura di sicurezza e suggerisci che sarebbe una buona idea proteggere il suo famoso gladiatore... i suoi angusti quartieri non possono essere un luogo salubre in tempi di peste. Che cosa succederebbe se si ammalasse e morisse? Ma se trasferisce Massimo alla mia villa di Ostia, non solo sarebbe in grado di proteggere il suo miglior gladiatore ma nello stesso tempo ne trarrebbe profitto... Digli che voglio affittare Massimo... per una settimana. Venticinquemila sesterzi sull’unghia e altri venticinquemila alla fine della settimana... se io sarò contenta delle sue... prestazioni...

- Potrebbe... potrebbe funzionare... Oh, sì, penso che possa funzionare, - disse con una punta d’eccitazione nella voce.

- Allora, forza, non perdiamo tempo. Abbiamo molto da fare prima di andare ad Ostia.

Ma adesso Apollinario sembrava esitare.
- Che c’è? - scattai.

- Devo confessarti una cosa, Giulia, - disse cauto il mio ex precettore articolando ogni parola, in un chiaro tentativo di prender tempo e prepararmi a qualcosa che non sarei stata felice di udire. - Mentre trattavo con Proximo, non gli ho mai detto che stavo agendo per conto tuo...

Arcuai le sopracciglia allarmata.

- E’ successo per caso! Proximo sembrava pensare che ero io quello interessato ad affittare Massimo... e io non l’ho corretto. Pensavo che sarebbe stato meglio...

- Meglio? Far credere a Proximo che stava per essere pagato per far prostituire Massimo... con un uomo? - chiesi, incapace di credere a quanto avevo udito.

Apollinario arrossì fino alla radice dei suoi bianchi capelli ricci. Se aveva avuto qualche relazione dalla morte prematura di Ippolito, era stato più che discreto.

- Pensavo che fosse meglio non far venire fuori il tuo nome! Pensavo fosse meglio che non sapessse di te! Non sappiamo quanto siano vicini gli agenti dell’imperatore! E se Massimo è la metà dell’uomo onesto e morale che tu dici che sia, non gli piacerà esattamente l’idea di te che ti insozzi o rischi la vita per la sua salvezza!

Fu il mio turno di strofinarmi stancamente gli occhi.

- Vai, amico mio, - fu la mia risposta. - Vai... e di’ a Proximo che Massimo non dovrà sapere perché sarà portato fuori Roma... Che sia ben chiaro...

Non aggiunsi “per paura che si tolga la vita” ma non ve n’era bisogno. Apollinario già sapeva. Sapeva sempre.

 

Proximo dimostrò di essere un astuto bastardo. Riuscì ad evitare di incontrare Apollinario durante i successivi tre giorni, mentre la città sprofondava sempre più nell’agitazione. Nel pomeriggio del quarto giorno, il mio esausto ex precettore si lasciò cadere ancora una volta nella sedia di fronte al mio scrittoio.

- E’ fatta, - disse con voce stanca. - Massimo verrà consegnato alla villa dopodomani. Lo condurrà Proximo stesso. Arriveranno per la notte.

Mi premetti le mani contro la bocca, il cuore che mi martellava così forte che sembrava stesse per scoppiare. Era fatta. Massimo stava per venire ad Ostia.

- Sembra che Proximo abbia fatto una passeggiata attorno a Roma e abbia visto alcune cose che lo hanno convinto della saggezza del tuo consiglio. Ha preteso dei pagamenti extra per il trasporto e perfino per corrompere le guardie alla Porta Ostiense... - Apollinario scosse il capo e soggiunse. - Dovresti prendere in considerazione l’idea di assumere quel bastardo! E’ un negoziatore senza scrupoli!

Ma io non stavo prestando attenzione.
- Non c’è tempo da perdere, Apollinario! Abbiamo molte cose da fare! Massimo avrà bisogno di denaro e io devo far approntare una nave che salpi l’ancora entro due giorni. La più veloce, e un capitano di cui possa fidarmi... Ho agenti che possono aiutare Massimo a Gades e a Malaga, ma non so proprio dove si trovi la sua casa in Ispania...

- Giulia, calmati! Abbiamo due giorni prima che venga portato ad Ostia. Possiamo fare tutti i piani oggi e partire per la villa domani...

Mi alzai in piedi.
- No, amico mio, partiremo per Ostia entro un’ora!

Apollinario sospirò rumorosamente. Poi, annuì. Sul mio cammino verso la porta, mi fermai e mi accigliai.
- Apollinario, pensi che possiamo fidarci di Proximo?

Il mio caro amico sospirò di nuovo.
- Sì, Giulia, possiamo fidarci di lui. Quando finalmente ha aderito ai termini dell’affare, Proximo ha riso e ha detto che forse sarebbe stato ancor più vantaggioso di quanto avesse pensato...

Lo guardai spaventata. Apollinario sospirò ancora.

- Ha detto: “Forse prostituirsi per una settimana insegnerà a quell’altezzoso Ispanico la lezione che si merita!”

 

Sospirando profondamente, aprii gli occhi e mi guardai intorno con la silenziosa lucidità dei condannati a morte, pienamente consapevole che era l’ultima volta che stavo per vedere quegli ambienti a me familiari. Qualsiasi cosa fosse accaduta tra il momento in cui sarei entrata nell’atrio e il momento in cui vi sarei tornata dopo aver visto Massimo partire per l’Ispania - e per tutto il tempo che sarei vissuta - io mi sarei sentita morta dentro. Tuttavia, come la maggior parte dei condannati, sapevo che non avevo scelta. Non v’era luogo dove fuggire o nascondersi. Non v’era misericordia da implorare. E, peggio di tutto, non v’era ragione di ritardare il fato.

Sentendomi più vecchia di Roma, più vecchia del mondo stesso, mi obbligai ad alzarmi.

 



[1] Gladio di legno dato al gladiatore quando otteneva la libertà (N.d.T.).

[2] Cohortes urbanas: la forza di polizia romana (N.d.A).