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Vedendo la mia
confusione, Marco Aurelio mi sorrise e mi disse con dolcezza:
- Giulia, tu hai salvato la vita del generale Massimo.
Io
ero sbalordita. Sconcertata.
I miei occhi si spalancarono e fissarono quelli
dell’imperatore. Le sue parole echeggiavano nella mia mente. “Giulia, tu hai
salvato la vita del generale Massimo”. Quel povero vecchio aveva
perso il senno? Stava parlando di un valoroso
guerriero, un generale dell’esercito di Roma.
Le
labbra di Marco Aurelio si contrassero per il divertimento, come se avessi dato
voce ai miei pensieri.
-
Sì, bambina, tu lo hai salvato. Se non fosse stato per te, il generale Massimo
sarebbe morto. Egli ti deve la vita…e io ti devo la sua vita, -
disse Marco Aurelio. Rimase in silenzio per un istante, poi abbassò la voce e
aggiunse guardandomi con calore: - Credimi, Giulia, preferire dieci volte
perdere il mio trono che perdere Massimo.
Incapace
di rispondere, tenni lo sguardo in quello di Cesare mentre le mie dita
stropicciavano nervosamente la stoffa della mia tunica. L’imperatore si adagiò
più comodamente sui cuscini continuando a parlare, lo sguardo remoto, i
pensieri non più in Moesia ma nel passato.
-
Incontrai per la prima volta Massimo quando aveva quattordici anni. Eravamo in
Ispania, dove lui era nato. Io ero appena divenuto imperatore e lui si era
appena arruolato nell’esercito, un fanciullo contadino delle province, che non
aveva alcun diritto di stare nella legione perché non era cittadino romano.
Tuttavia egli era impaziente di dedicare la sua vita a servire l’impero.
Perfino ad un’età così giovane era evidente quant’egli fosse speciale.
Lo sguardo di Cesare si addolcì mentre in tono sobrio parlava di Massimo, e ascoltandolo io dimenticai la mia angoscia e lo strazio e l’imminente partenza e, affascinata, mi limitai ad ascoltarlo parlare dell’uomo attraente, forte, compassionevole che sia un imperatore sia una schiava erano arrivati ad amare.
-
Negli anni a venire lo incontrai ancora molte volte, solo per vedere fiorire la promessa che mostrava da ragazzo.
Ebbi ancora molte volte prova del suo coraggio, della sua lealtà, della sua
compassione… Egli è tutto ciò che un uomo dovrebbe essere… E’ tutto ciò che
Roma dovrebbe essere…
Rimase
in silenzio per un momento, perduto nei suoi pensieri. Nella luce dorata delle
lampade ad olio, vidi lacrime trattenute luccicare nei suoi occhi azzurri. Poi,
parlò con voce bassa, chiaramente rivolto a se stesso, la mia presenza del
tutto dimenticata.
- E’ il figlio che avrei dovuto avere…
All’improvviso
Marco Aurelio non solo appariva più vecchio dei suoi anni e stanco, dopo aver
marciato con le sue legioni per giorni, ma anche fragile. E tormentato. Non
stava guardando me, ma era perduto nei suoi privati pensieri e i suoi occhi
ardevano d’emozioni conflittuali come ardevano quelli di Massimo quando aveva
affrontato Marzio nella stessa tenda in cui eravamo seduti ora. E come quelli
di Massimo, gli occhi dell’imperatore erano quelli di un uomo che combatteva
contro i propri demoni.
Sentii
il mio cuore dolere per qualunque cosa stesse addolorando il vecchio adagiato sul divano, l’uomo più potente del mondo
che tuttavia non era immune né dall’amore né dal dolore che con esso viene.
Ingoiai la mia stessa pena e dovetti frenarmi dall’inginocchiarmi vicino al
divano, prendergli le mani nelle mie e cercare di offrirgli conforto… l’idea di
una donna come me capace di dare conforto all’imperatore di Roma ridicola come
quella di me che salvo la vita del più grande guerriero e potente generale di
Roma.
Ma
Cesare stava parlando di nuovo, ancora perduto nei suoi ricordi di un uomo che
sembrava lasciare la sua impronta nell’anima e nel cuore di ogni persona che
attraversava il suo cammino, fosse essa una schiava o un imperatore.
-
L’ho visto crescere ed elevarsi dalle sue umili origini al più alto grado
dell’esercito romano e sentirmi orgoglioso, orgoglioso quanto può esserlo un
padre… Se lo perdessi…
Sia
Cesare che io rabbrividimmo all’idea di perdere l’uomo che entrambi amavamo.
L’imperatore tornò lucido, rivolgendo di nuovo su di me la sua attenzione.
- Ma tu eri là quando lui aveva bisogno di te, Giulia, e gli hai salvato la
vita. Anche se non c’è abbastanza oro nell’impero per pagare il mio debito con
te, esso non può rimanere non ricompensato.
Sollevò
la mano destra ed estrasse il pesante anello d’oro che adornava il suo anulare.
Poi lo offrì a me.
-
Ecco, prendi questo.
Lo
guardai esitante ed egli mi sollecitò di nuovo a prendere il gioiello. Era un
grosso, bell’anello con sigillo, squisitamente cesellato e molto pesante,
definitivamente un anello disegnato per un uomo. Per un uomo potente, ricco.
Brillò alla luce tenue delle lampade con un unico lampo di antico oro puro.
-
Sai che cos’è questo?
Ammutolita, presi l’anello con sigillo e scossi la testa in segno negativo. Marco Aurelio continuò a parlare, la sua voce rauca ora un puro sussurro. Dovetti tendermi per udire le sue parole.
-
Questo è il sigillo della mia famiglia, Giulia. Noi, gli Antonini, veramente
non siamo più una famiglia, ma un gruppo di estranei divenuti parenti
attraverso adozioni e matrimoni combinati, tutti celebrati nel nome della
gloria e della potenza di Roma, il sangue e le radici della famiglia perdute da
lungo tempo. Volevo correggere questo, ma…
- L’imperatore si interruppe come se avesse detto troppo, troppo perfino
per una conversazione che si supponeva non avesse mai avuto luogo. - Tuttavia
noi siamo gli imperatori di Roma… e questo anello non è semplicemente un
gioiello di valore o un vuoto simbolo, perché esso può esercitare più potere di
una legione romana completamente armata.
L’imperatore
si sollevò dai cuscini e sedette eretto. Prese la mia mano nella sua e chiuse
le mie dita sull’anello che io continuavo a guardare in silenzio. Poi, tenne la
mia mano nella sua, lunga, elegante, vetusta. Ma la sua stretta non era quella
di un fragile uomo attempato, perché le sue dita erano ferme e forti come
quelle di un giovane, le dita di un imperatore che era anche un filosofo ed un
guerriero.
-
Giulia, se mai avessi bisogno d’aiuto, imprimi il sigillo su un pezzo di cera e
mandamelo al palazzo imperiale e avrai qualunque cosa hai bisogno o desideri.
Se io non fossi là o fossi morto, mandalo a mia figlia, Lucilla. Lo riconoscerà
e ti concederà qualsiasi cosa sia necessaria senza porre domande. Ma non
mandarlo mai, mai, a mio figlio. Non mandarlo mai a Commodo. Non deve sapere
che tu hai l’anello, capisci? Se Lucilla ed io fossimo entrambi morti, mandalo
a mio nipote, Lucio Vero. A tutt’oggi è solo un bambino, ma promette molto
bene.
Marco
Aurelio allentò la sua stretta e si adagiò di nuovo. Sentendomi una volta di
più sopraffatta, guardai l’anello e sentii la mia testa turbinare. Le cose
stavano accadendo troppo in fretta! Prima la mia libertà, poi la mia ricompensa
e l’essere informata della mia imminente partenza, poi l’anello e la promessa
dell’imperatore… Ero libera, ero ricca, avevo la protezione personale ed il
favore dell’imperatore… tuttavia stavo per perdere Massimo. Stavo per essere
allontanata da lui come lui mi aveva allontanata da sé, timoroso di perdere il
suo ferreo controllo e di offrirsi completamente alla passione che stava
consumandoci entrambi. Respirai a fatica, cercando di padroneggiare le mie
emozioni, di restare in piedi nell’infido terreno che era divenuta la mia vita…
e improvvisamente vidi lo squarcio, la luce, la speranza. Stringendo l’anello
nella mano, guardai gli occhi dell’imperatore con occhi che sapevo dovevano
essere selvaggi, ardenti com’erano sia di speranza che di disperazione.
Marco
Aurelio mi guardò con aria interrogativa.
-
Che cosa c’è, bambina? - chiese gentilmente. - Parla…
Le
parole mi si strozzarono in gola e io disperatamente cercai di padroneggiare la
voce. Non riuscendovi, mi gettai in ginocchio di fronte al divano dell’imperatore.
Lo udii ansimare, ma all’improvviso ritrovai la voce e prima che potesse
parlare di nuovo io snocciolai la mia supplica.
-
Cesare, ti prego… io… io sono stata una schiava per tutta la vita! Non… non so
come vivere in altro modo! Ti prego, Cesare, esaudisci il mio unico desiderio!
Dammi al generale Massimo, Cesare! Lascia ch’io resti con lui! Sarà un buon
padrone e io lo servirò bene.
Era
il turno di Marco Aurelio di esser preso alla sprovvista. Sollevò le mani e
cercò di placarmi.
-
Bambina, bambina! Non sai quel che dici! Alzati! Siediti e ascoltami.
Ma
io ero fuori di me, mi stavo aggrappando disperatamente alla mia ultima
speranza di non essere allontanta da Massimo, di non esser lasciata sola ancora
una volta dopo esser riuscita a capire il significato di sentirsi calda e al
sicuro e amata.
-
Cesare, ti prego! Dammi al generale Massimo! Il mio unico desiderio è di
rimanere con lui!
Marco
Aurelio scosse la testa tristemente.
-
Non sei in te, Giulia. Non sai quello che dici.
-
Cesare, tu hai detto che potevo avere qualunque cosa avessi bisogno o
desiderassi! La sola cosa che voglio è essere sua! Me lo devi!
Disperata,
cercai di prendergli la mano e ridargli l’anello, del quale tutto il potere era
vano e inutile se non poteva concedermi la mia sola opportunità di rimanere con
Massimo.
-
Giulia, il generale Massimo non prenderebbe mai te o qualunque altra schiava.
Aborrisce la schiavitù e non ha mai posseduto uno schiavo o tenuto un
prigioniero di guerra come sua personale proprietà. Sai che quel che dico è
vero.
Non
lo sapevo, ma supposi che fosse vero. Schiave e prostitute non facevano per
lui. Tuttavia io ero entrambe le cose, e volevo disperatamente essere sua, non
importava come.
-
Cesare, se tu gli ordini di prendermi e tenermi… Tu sei l’imperatore! Ti dovrà
obbedire!
-
Alzati e smetti di umiliare te stessa!
Sobbalzai
come se Marco Aurelio mi avesse schiaffeggiata, perché la sua voce era fredda e
dura come l’acciaio, la voce di un imperatore che era anche un guerriero che si
stava rivolgendo ad un essere inferiore.
-
Ho fatto di te una donna libera e una donna libera sarai! Il meno che puoi fare
è comportarti come tale!
Io
piagnucolavo.
-
Siediti e ascoltami!
Tremando,
mi alzai e ritornai alla mia sedia, la testa china in segno di sconfitta, lo
sguardo in grembo, le dita che stringevano convulsamente l’anello imperiale.
-
Negli ultimi giorni ne hai passate troppe. E’ stata dura, molto dura. Tuttavia
hai dato prova della tua forza e del tuo coraggio e sei così giovane. Non
importa quanto ti senti confusa ora, ti riprenderai.
Ero
troppo spaventata dall’ira di Cesare per osare parlare, tuttavia lo guardai con
occhi imploranti. Lo sguardo severo di Marco Aurelio si addolcì un po’.
-
Sai, Giulia? Mi ricordi mia figlia, Lucilla, - disse. - Come te, è intelligente
e bella e coraggiosa.
Di
nuovo, ero senza parole. Come potevo essere paragonata alla figlia
dell’imperatore se non per dire che ella era tutto ciò che io non ero, tutto
ciò che non sarei mai stata? E di nuovo Marco Aurelio sorrise come se avessi
dato voce ai miei pensieri.
- Tu sei nata schiava e lei figlia di un imperatore, quindi favorita dagli dei
come tu non fosti. Ma quando lei aveva circa la tua età, voleva qualcosa che non
poteva avere. La voleva fortemente e io, come padre e imperatore, dovetti
negargliela come la sto negando a te ora, anche se per ragioni completamente
differenti. Credette che la sua vita fosse finita, tuttavia riuscì ad andare
avanti. Anche tu ci riuscirai, Giulia.
Io
rifiutavo di accettare le sue parole e continuai a guardarlo con occhi
imploranti, colmi di lacrime. Marco Aurelio sospirò profondamente.
-
Stanotte, il generale Massimo mi ha chiesto di partire. Io ho acconsentito e
dopodomani se ne andrà da qui. Andrà in Ispania, alla sua fattoria. E da sua
moglie.
Mi
sentii come se fossi stata colpita da un colpo a tradimento, il respiro mi
lasciò con un soffio violento. In
Ispania? Da sua moglie? Improvvisamente ricordai i passi energici di Massimo mentre
lasciava la tenda dov’ero ora. Era come se un grande peso gli fosse stato tolto
dalle spalle… ma il suo passo era invece quello di un uomo felice perché stava
per tornare a casa.
In
un lampo, ricordai le labbra e la lingua ardenti di Massimo che devastavano le mie difese, il calore di lui e
la durezza che premeva contro il mio ventre, le sue mani forti che carezzavano
il mio corpo, il suo sguardo ferocemente protettivo… e ricordai Eugenia ululare
come un animale ferito quando il bambino le era stato portato via dalle
braccia, comprendendo per la prima volta veramente l’abisso del suo dolore.
Sentendomi come se anch’io volessi ululare, mi morsi il labbro così forte che
il gusto amaro del sangue mi riempì la bocca… allo stesso modo in cui l’aveva
riempita quando Massimo mi aveva schiacciato le labbra con le sue in una
frenesia di urgenza e desiderio.
Cesare
continuava a parlare.
- Giulia, stanotte ho offerto al generale Massimo la possibilità di divorziare
da sua moglie e di sposare mia figlia… si conoscono da quando erano molto
giovani…
La
voce di Marco Aurelio si dissolse lentamente. Se aggiunse qualcos’altro, io non
lo udii, il sangue mi ruggiva nelle orecchie soffocando ogni suono intorno a
me. La figlia dell’imperatore? A Massimo era stato offerto di sposare la figlia
dell’imperatore? Non avevo mai visto l’Augusta Lucilla, poiché la famiglia imperiale
raramente si mostra in pubblico, salvo che ai giochi, ma io non ero mai stata
al Colosseo. Però avevo veduto le statue di lei quando era stata brevemente coimperatrice
con la madre e ricordavo che aspetto avesse… una donna alta e bella, regale,
maestosamente avvolta nelle sue magnifiche vesti e adorna di gioielli che si confacevano al suo rango. Talmente
orgogliosa. Talmente sicura di sé. Talmente diversa da me.
Era
la figlia di un imperatore, vedova di un altro e probabilmente anche la madre
di un terzo. Ed era stata proposta a Massimo in matrimonio. Il mio respiro era
affannoso, il dolore nel mio petto così forte che pensai che il mio cuore
stesse per esplodere. Non c’era fine al mio dolore?
-
Anni fa, commisi due errori che rimpiango grandemente, - continuò Marco
Aurelio, costringendomi a prestare attenzione. - Uno di essi fu di permettere
ad un senatore di adottare Massimo invece di adottarlo io stesso. Offrendogli
di sposare mia figlia stavo cercando di fare ammenda per entrambi…
A
poco a poco i pezzi andavano a posto. E all’improvviso capii, oltre ogni
possibile dubbio, che ciò che all’Augusta Lucilla era stato negato quando aveva
la mia età era stato Massimo. Un’indescrivibile rovente gelosia mi sommerse.
Lei lo aveva desiderato… anche lui l’aveva desiderata? Massimo aveva intenzione
di divorziare dalla sua moglie contadina per sposarla? Naturalmente, poteva avere
qualunque donna volesse… e perfino quelle che nemmeno si preoccupava di volere.
-
…ma non ha nemmeno voluto sentirne parlare. Il matrimonio di Massimo non fu un
matrimonio combinato. Si sposò per amore e tuttora ama sua moglie.
Amore.
Si
era sposato per amore. Avrei dovuto sapere che non si era sposato semplicemente
per avere una donna che gli desse dei figli maschi per perpetuare il suo nome.
Si era sposato per amore. E ancora l’amava. L’amava tanto da rifiutare di
sposare la figlia dell’imperatore. L’amava tanto da gettar via l’opportunità di
diventare membro della famiglia imperiale. Di essere egli stesso imperatore.
Non potei fare a meno di pensare che non molti uomini avrebbero fatto una cosa
del genere, le donne solo una merce da essere usata e scartata, fossero mogli o
prostitute. Non molti uomini, solo Massimo. Non molti uomini, solo l’uomo di
cui io mi ero innamorata.
Come
un combattente sconfitto, chinai la testa e semplicemente accettai i colpi senza
offrire resistenza mentre inutilmente mi chiedevo come ci si sentisse ad essere
amata come Massimo amava sua moglie. E provai pietà per l’Augusta Lucilla, che
poteva avere qualunque cosa al mondo, ma era stata rifiutata allorché proposta
in matrimonio all’uomo che anche lei amava.
L’imperatore
sospirò ancora.
-
Come imperatore di Roma, non ho bisogno che il generale Massimo acconsenta a
sposarsi con mia figlia. Potrei semplicemente ordinargli di divorziare da sua
moglie e di sposare Lucilla ed egli dovrebbe farlo. Tuttavia, non importa
quanto il suo rifiuto mi deluda, non lo farò. E non gli ordinerò di prenderti
come schiava. Perché il fare ciascuna di queste cose significherebbe ferire
profondamente un uomo che io amo. E mai, mai ferirei consapevolmente Massimo.
Nemmeno per salvare l’impero.
Marco
Aurelio rimase in silenzio per un momento, poi disse con dolcezza.
- Giulia, ascoltami. Insieme alla libertà, l’amore è la cosa più preziosa che
un uomo o una donna possano avere. O perdere. E’ talmente raro, talmente…
difficile da trovare… talmente fragile… il vero amore, voglio dire. E nessuno,
nemmeno l’imperatore di Roma, ha il diritto di interferire con esso.
Premetti
le labbra una contro l’altra, annientata dal dolore, senza poter fare a meno di
ascoltare le parole di Cesare. Erano parole gentili, sagge, ma per me avevano
la definitività di una sentenza di morte.
-
Sei giovane e intelligente e bella. E ora, sei anche libera e ricca. Un giorno
troverai qualcuno, qualcuno di speciale che amerai e con cui sarai felice, -
disse Marco Aurelio con voce gentile e suadente, ignorando il dolore che le sue
parole, così simili a quelle di Massimo, stavano scatenando dentro di me. - E
quando questo accadrà, ricorderai questa notte e questa conversazione e capirai
che se avessi fatto quel che tu hai chiesto, ti avrei aiutato a commettere un grave
errore… e anche reso sia te che Massimo molto infelici.
Marco
Aurelio rimase in silenzio per un momento, poi sorrise con aria afflitta.
-
Giulia, gli dei hanno piani per ciascuno di noi. Ti hanno messo sul cammino del
generale Massimo per aiutarlo ed essere in cambio aiutata da lui. Ma non hanno
scelto di renderti sua, nemmeno come sua amante, perché Massimo non ferirebbe
mai né la moglie prendendosi un’amante né te offrendoti meno di quello che ha
offerto a lei… Questo è il genere d’uomo che è.
Anche
se stavo annegando nel mio stesso dolore, non potevo che esser d’accordo con
Cesare. Quello era il genere d’uomo che era Massimo. Troppo buono per essere un
semplice mortale. Troppo umano per essere un dio.
-
Non fa per te, Giulia. Tienilo sempre nel tuo cuore, perché quello che ha fatto
per te non deve essere dimenticato. Ma impara a vivere senza di lui, perché non
può essere tuo.
Cesare
sospirò. All’improvviso, sembrava non stanco ma esausto. Esausto come mi
sentivo anch’io. Esausto a causa delle sue stesse emozioni come lo ero io delle
mie.
-
E’ tardi, bambina. E domani sarà un giorno lungo. Probabilmente, non ci
rivedremo mai più, ma stai certa che mai, mai dimenticherò te o il debito che
ti devo. Adesso, metti l’anello in questo sacchetto, nascondilo e torna alla
tua tenda perché Cornelio Crasso verrà a cercarti all’alba per portare te e le
altre donne a Roma. Confido che entrambi le farete arrivare là sane e salve.
Mi
porse un sacchetto di velluto porpora. Esitai prima di prenderlo e Marco
Aurelio sorrise incoraggiante.
-
Cesare, non penso di poterlo fare… vivere come una liberta, intendo.
La
mia voce suonava impercettibile, ancora una volta era la voce della bambina
spaventata, triste e sola che ancora viveva dentro di me. E la bambina era più spaventata e triste e sola di quanto
fosse mai stata.
-
Giulia, tu hai aiutato l’uomo che ha salvato l’impero e gli hai anche salvato
la vita. Puoi farcela da sola.
Chinai
di nuovo la testa e misi l’anello nel sacchetto fatto della stoffa proibita a
chiunque tranne che alla famiglia imperiale. Armeggiai con il cordino dorato, fallendo
due volte prima di riuscire a legarlo correttamente.
-
Sai qual è la differenza tra te e mia figlia, Giulia?
Sbigottita, guardai l’imperatore. Perché mi chiedeva una
cosa del genere? Non era un uomo crudele, allora perché stava paragonando la
mia vita di schiavitù e degradazione con quella della sua orgogliosa figlia
sicura di sé?
-
No, Giulia, non è che tu sei nata nei quartieri degli schiavi e lei nel palazzo
imperiale, - disse quell’uomo saggio e compassionevole adagiandosi sul divano. -
La differenza è che lei conosce l’estensione della sua forza e del suo coraggio
e tu ancora devi accettare la tua. Ci vorrà del tempo. Giulia. E dolore. Ma ci
riuscirai.
Tirando
su col naso e chiaramente
congedata dall’imperiale persona, chinai la testa e girai sui talloni in un improvviso
bisogno impellente di lasciare la tenda, di immergermi nella notte e nell’aria aperta.
-
Giulia?
La voce rauca di Marco Aurelio mi bloccò sull’entrata dell’alcova. Non mi voltai ed egli non si aspettava che lo facessi.
-
Anche se gli dei hanno ordinato diversamente, stai certa che sei una donna
degna di lui e lui potrebbe amarti facilmente. Ecco perché lui non ti vorrebbe
mai avere né come sua amante né come sua schiava.
Chiusi
gli occhi, respirai a fondo e, raddrizzando le spalle, lasciai la tenda.