Storie de Il
Gladiatore
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Storie ispirate dal film Il Gladiatore |
di Ilaria Dotti
171 D.C.
Il cielo plumbeo minacciava
pioggia ma per il giovane tribuno che stava procedendo al piccolo galoppo per
la campagna spagnola non avrebbe potuto esserci giorno più bello.
"Sto tornando a casa."
pensò fra sé e sé Massimo Decimo Meridio, felice non solo per la possibilità di
rivedere sua madre dopo quasi cinque anni di lontananza ma anche perché quella
licenza gli era stata concessa dall'imperatore in persona, a dimostrazione che
Marco Aurelio lo aveva perdonato per quella deplorevole faccenda con sua
figlia.
Il solo pensiero di Lucilla fu
sufficiente a fargli perdere parte del suo buon umore, mentre ricordava quella
terribile notte di dieci mesi prima, quando Lucilla gli aveva annunciato di
essersi fidanzata con il co-imperatore Lucio Vero, senza aver prima avuto la
decenza di informare lui, Massimo, che la loro storia era finita. Erano volate
parole grosse quella notte e le loro grida furiose erano state udite da molti
nella residenza estiva dell'imperatore. La mattina dopo Marco Aurelio aveva
convocato Massimo nel suo studio e lo aveva severamente apostrofato, dicendogli
che quel comportamento assolutamente non adatto ad un ufficiale - per non
parlare del fatto che c'era di mezzo sua figlia - lo aveva estremamente deluso.
Nei mesi che erano seguiti
l'imperatore, che aveva sempre dimostrato amicizia nei suoi confronti, sin dal
loro primo incontro, non lo aveva più mandato a chiamare e Massimo,
mortificato, aveva lavorato ancora più sodo per riconquistare la sua fiducia.
Poi un giorno, quando ormai il giovane stava incominciando a temere che non avrebbe
più riacquistato il favore di Marco Aurelio, l'imperatore lo aveva convocato,
lo aveva lodato per le sue doti di stratega e gli aveva dimostrato il suo
perdono, concedendogli di tornare a casa per qualche mese.
Massimo sospirò ripensando alle
ultime parole dell'imperatore prima che questi lo congedasse quando, con
l'atteggiamento bonario di un padre, lo aveva esortato a trovarsi una brava
ragazza e a sistemarsi... Come se fosse così facile! Lui voleva una donna
intelligente e bella, forte e gentile, che potesse essere sua pari e non una
persona sottomessa e adatta solo a fare figli, come le mogli di molti suoi
compagni nell'esercito.... Massimo non poté proseguire con le sue riflessioni
perché delle urla disperate attrassero la sua attenzione.
"Aiuto! Aiuto!" senti
gridare da una voce femminile.
Massimo tese l'orecchio e lanciò
il cavallo nella direzione da cui provenivano le invocazioni.
**********
La vide subito: era sdraiata sul
bordo di un canale, il braccio teso nel vano tentativo di afferrare qualcosa.
"Che cosa succede?"
chiese Massimo, arrestando il cavallo e smontando di corsa.
La ragazza si sollevò in piedi e
lo guardò con occhi imploranti "Domine, aiutami per favore. Il mio
cagnolino è caduto nel canale e non riesce più ad uscire... è allo stremo delle
forze e io... e io..."
Massimo non la lasciò finire: si
tolse velocemente l'armatura e si tuffò nello stretto corso d’acqua. Poche
vigorose bracciate gli furono sufficienti per raggiungere e afferrare la
bestiola.
Una volta all'asciutto, Massimo
guardò con compiacimento il modo in cui la ragazza si stringeva al petto
l'animale coprendolo di baci, e osservò come il sorriso avesse illuminato il
suo volto olivastro, impreziosito da due bellissimi occhi castani e
incorniciato da dei capelli neri come le ali di un corvo.
Poi, accortosi che la stava
fissando in modo non educato, cercò di darsi un po' di contegno e provò a
strizzare come meglio poteva la sua tunica.
Selene diede un ultimo bacio alla
sua bestiola e la rimise a terra, voltandosi poi a ringraziare il giovane uomo
che l'aveva aiutata. Poco prima, pervasa dal terrore, non lo aveva guardato
bene ma ora notò tutto: gli occhi chiari, i capelli scuri e la corta barba che
gli induriva i lineamenti tutto sommato delicati. Notò anche il suo fisico asciutto
e robusto, a cui la tunica bagnata aderiva come un guanto e si ritrovò a
chiedersi di chi potesse trattarsi. Era sicura di non averlo mai visto prima.
I due giovani si guardarono per
qualche secondo e poi Selene, in evidente imbarazzo, abbassò la testa e disse:
"Non so come ringraziarti per aver salvato il mio cane. Io gli voglio
molto bene, ma purtroppo non so nuotare."
Massimo sorrise: "Sono
contento di esserti stato d'aiuto." Avrebbe voluto chiederle il suo nome
ma temendo di essere inopportuno non lo fece e domandò invece "Vivi a
Trujillo?"
Selene annuì e continuò: "Mi
dispiace per la tua tunica: è tutta rovinata."
Massimo la rassicurò: "E'
solo bagnata, una volta asciutta tornerà come nuova."
Rimasero in silenzio ancora un
poco poi Massimo disse, lanciando un'occhiata al cielo che si era fatto più
scuro: "Ora sarà meglio che andiamo, prima di prenderci una ramata
d'acqua. Io sono già bagnato ma tu che sei ancora asciutta, faresti meglio ad
affrettarti."
La ragazza annuì sorridendo e
dopo un rapido saluto tagliò attraverso i campi, sparendo velocemente dalla sua
vista. Massimo la guardò allontanarsi e poi rimontò in sella e si avviò verso
casa.
**********
Quando Massimo giunse al cortile
della sua villa trovò ad accoglierlo, nonostante la pioggia battente, tutti gli
schiavi e i liberti della famiglia guidati dal sovrintendente Publio.
"Domine" dissero
in molti, sinceramente felici di rivederlo ma Massimo notò subito l'assenza di
sua madre.
"Dov'è mia madre?"
chiese preoccupato.
Publio abbassò lo sguardo "Domine,
la signora ha avuto un incidente e..."
"Quale incidente?" lo
interruppe Massimo precipitandosi all'interno della casa.
Raggiunta la stanza di sua madre
rallentò il passo e, preparandosi al peggio, entrò.
Sua madre era a letto, seduta con
la schiena appoggiata a dei cuscini e le gambe distese davanti a sé, tutta
concentrata su di un ricamo.
"Madre," chiamò piano
il tribuno.
La donna alzò gli occhi ed
esclamo "Massimo!" Il lavoro di cucito le cadde dalle mani mentre lei
tendeva le braccia verso suo figlio.
Massimo le fu accanto in un lampo
e, sedutosi sul letto, abbracciò l'anziana donna. Si tennero stretti per alcuni
minuti poi lei si scostò un poco e lo fissò con amore. "Lasciati
guardare," mormorò, " Sei diventato un uomo ormai." Poi gli sfiorò
la barba con la mano e continuò "Ti dona, sai? Oh, Massimo, assomigli così
tanto a tuo padre!" E lo riabbracciò con le lacrime agli occhi.
Il giovane soldato ascoltò in
silenzio i commenti affettuosi di sua madre, non fidandosi della sua voce.
Quando ebbe ripreso controllo di sé chiese: "Che cosa è successo, madre?
Mi hanno detto che hai avuto un incidente."
Lei sospirò ed annuì.
"Mentre stavo raccogliendo le pere, lo sgabello su cui ero salita ha
ceduto all'improvviso e io sono caduta, rompendomi una gamba."
"Madre!" esclamò
Massimo in tono di rimprovero "Ci sono i servi per fare queste cose! Tu
non devi affaticarti."
Sua madre scosse la testa.
"E che cosa dovrei fare? Stare in casa a far niente? Da quando tuo padre è
morto e tu sei partito per il servizio militare, queste mura sono diventate
così fredde che cerco di passarci meno tempo possibile."
"Oh, madre," disse
Massimo rattristato, "perché non me lo hai fatto sapere?"
"A quale pro, figlio mio?
Per farti sentire in colpa per qualcosa di cui non sei responsabile?" La
donna gli sfiorò la guancia. "No, Massimo, tu hai già abbastanza cose a
cui pensare senza doverti preoccupare delle fisime di una vecchia donna. Ma
adesso basta con queste storie tristi...Va’ a metterti addosso qualcosa di asciutto
prima di prenderti un malanno e poi torna qui. Voglio sapere tutto di te… Ti
trovi bene nell'esercito? Hai incontrato di nuovo l'imperatore? Su, vai a
cambiarti e fai in fretta."
Massimo obbedì all'istante,
scotendo la testa divertito.
**********
Un paio di giorni dopo Massimo si
recò nella cittadina di Trujillo con l'idea di trovare una dama di compagnia
per sua madre e chissà, magari, di rivedere la bella ragazza incontrata il
giorno del suo arrivo. Anche se non ne conosceva il nome, la sua descrizione e
quella del suo buffo cagnolino avrebbero dovuto essere sufficienti per
identificarla.
Ad ogni modo prima doveva pensare
a sua madre e così chiedendo in giro venne a sapere che c'era una ragazza che
avrebbe potuto fare al caso suo, poiché era abituata a trattare con persone
anziane ed ammalate.
Trovò facilmente la povera casa
che gli era stata indicata e bussò alla porta fatta con assi mal inchiodate.
L'uscio si aprì lentamente e davanti a lui apparve la ragazza del cagnolino.
"Selene la sarta?" le
chiese sorpreso.
"Sì." rispose lei
semplicemente.
"Sono Massimo Decimo
Meridio. Posso entrare? Avrei un lavoro per te."
Alla parola "lavoro"
gli occhi neri della ragazza si illuminarono e lei lo fece entrare.
Massimo si guardò intorno,
notando l'ordine che regnava nella piccola e buia stanza. "Come fai a
cucire qui?" gli sfuggì dalle labbra. "Con questo buio rischi di
rimetterci la vista."
Selene scrollò le spalle.
"Non ho scelta. Di che lavoro stavi parlando domine?"
"Mia madre si è rotta una
gamba e io sto cercando qualcuno che possa farle compagnia e la aiuti nelle sue
faccende. In città mi hanno fatto il tuo nome e così eccomi qua. Avresti vitto,
alloggio e qualche asse al giorno."
La ragazza lo guardò e Massimo
poté vedere che era tentata dalla sua offerta ma c'era qualcosa che la
tratteneva. Credendo di sapere di che cosa si trattasse, la tranquillizzò.
"Naturalmente potrai portare con te il tuo cagnolino. A proposito,
dov'è?"
"Nell'altra stanza, con mio
padre, domine."
"Tuo padre?"
"Sì. E' cieco e io devo
occuparmi di lui in continuazione."
"Oh," mormorò Massimo,
prima di guardarla negli occhi e sorridere. "Porta anche lui, abbiamo
molto spazio in casa."
"Dici davvero?" chiese
entusiasta Selene, con gli occhi che le brillavano di gioia e dimenticando tutte
le formalità.
"Certo!" rispose lui,
affascinato dal suo viso radioso.
"Quando posso
incominciare?" domandò eccitata la ragazza.
"Anche oggi, se vuoi: sono
venuto con il carro e potrei condurvi alla fattoria subito."
"Allora è fatta. Dammi solo
il tempo per prepararci e verremo via con te."
**********
Selene si adattò subito alla sua
nuova vita.
La mattina si svegliava presto e
dopo essersi occupata di suo padre, andava a prendersi cura della padrona di
casa, una donna gentile e modesta, a cui si affezionò molto. L'aiutava a
lavarsi e vestirsi e le teneva compagnia cucendo o chiacchierando.
Nel pomeriggio, quando sia la
signora che suo padre riposavano, la ragazza usciva a fare lunghe passeggiate,
godendo della luce e del calore del sole. Spesso si sedeva all'ombra di un
grosso albero e chiudeva gli occhi, abbandonandosi ai sogni che sempre più
spesso erano popolati dall'immagine del giovane padrone di casa.
Selene era consapevole di essersi
innamorata di Massimo... e come non avrebbe potuto?
Lui aveva tutte le doti che più
l'attraevano in un uomo. Era gentile e nello stesso tempo forte, era educato,
non la trattava da sottoposta ed era profondamente giusto ed onesto. A Selene
piaceva il suo animo semplice: nonostante fosse già un tribuno e ricoprisse quindi
un incarico prestigioso nell'esercito, Massimo amava lavorare la terra insieme
ai suoi contadini, al contrario di altri ragazzi del paese che, gonfi
d'orgoglio e credendosi importanti perché erano dei soldati, disdegnavano il
lavoro dei loro padri.
Ed infine, pensava la ragazza,
mentre il suo viso assumeva un'espressione sognante, lui era così attraente,
con quegli occhi azzurro-verdi limpidi come le acque di un lago e quel sorriso
dolcissimo…
Purtroppo però, e quel pensiero
era sempre sufficiente a riportarla alla realtà, Massimo non sembrava
minimamente interessato a lei.
**********
I mesi trascorsero velocemente,
la domina Flavia tornò a camminare e a essere indipendente, e per Selene
arrivò il momento di tornare a casa.
La ragazza aveva sperato di sentirsi
offrire un altro impiego in quella fattoria che aveva imparato ad amare, ma
inutilmente. Così una mattina di ottobre lei, suo padre e il suo cagnolino
salirono sul carro e Publio li ricondusse in città.
Il ritorno nella piccola, buia
casupola fu molto duro per Selene, ormai abituata alle ampie, luminose e ariose
stanze della fattoria. Ma la cosa che le aveva fatto più male era stato il
comportamento di Massimo, che al contrario di tutti gli altri occupanti della
casa, liberi e schiavi, non era stato presente al momento della sua partenza e
non l'aveva nemmeno salutata.
Selene aveva appena terminato di
sistemare suo padre nella sua stanza quando udì bussare alla porta.
La ragazza aprì subito, credendo
che fosse la sua vicina venuta a salutarla, e fu sorpresa di trovarsi davanti
Massimo.
Aprì la bocca per salutarlo ma la
richiuse senza dir nulla nel vedere il nervosismo che pervadeva il giovane.
Massimo il calmo, il deciso,
sembrava in preda alla confusione: la fissava senza dir niente e continuava a torturare
con le mani l'orlo della sua tunica, spostando il peso del corpo da una gamba
all'altra. Alla fine il suo volto prese un'espressione decisa e lui le si
avvicinò, baciandola.
Selene rimase esterrefatta, ma la
sorpresa non le impedì di ricambiare il bacio. Poi si staccò da lui e lo guardò
con espressione interrogativa.
Massimo fece un sorriso
impacciato e le disse improvvisamente: "Selene, vuoi sposarmi?"
La ragazza sgranò gli occhi e
balbettò: "Sp...sposarti?"
"Sì." annuì Massimo.
"Ma... ma perché?"
"Perché ti amo come spero tu
possa amare me."
"Ma in tanti mesi non hai
mai dato segno che io ti interessassi... Non hai mai cercato di restare solo
con me e non hai mai provato a..." Selene si interruppe arrossendo.
Massimo rise piano al suo imbarazzo
e poi tornò serio "Non potevo Selene, non finché eri alle mie
dipendenze."
"Cosa?"
"Non volevo che tu potessi
sentirti obbligata a rispondermi. Volevo che tu potessi scegliere in piena
libertà."
Lei lo guardò con amore e
mormorò: "Non ho mai conosciuto un uomo più onorevole di te."
Massimo chinò la testa
imbarazzato. "Non è stato facile, credimi. Non so quante volte ho dovuto
trattenermi dal baciarti."
"Davvero?" disse lei
compiaciuta, e gli si avvicinò, facendogli una carezza sulla guancia.
Lui annuì e presa la sua mano se
la portò alle labbra. "Allora che cosa mi dici?" le chiese di nuovo
nervoso.
"Dico sì Massimo Decimo
Meridio, dico sì!" Poi gli gettò le braccia al collo e sussurrò. "Lo
sai che ti amo, vero? Ho cominciato ad amarti dal primo giorno che ti ho
visto."
Massimo sorrise e la strinse
forte a sé. Rimasero abbracciati per alcuni minuti poi lui le disse, "Vai
da tuo padre a dargli la buona notizia e preparalo per il viaggio: mia madre ci
sta aspettando per festeggiare."
Selene si staccò da lui e disse
sorridendo. "Farò in un attimo," e sparì nell'altra stanza.
Massimo sorrise e ringraziò
mentalmente gli dei per avergli fatto trovare una ragazza così in gamba e poi
andò a dare l'annuncio a Publio che lo attendeva poco lontano con il carro e il
suo cavallo.
EPILOGO – 174 DC
Faceva freddo lungo la frontiera
danubiana quando il neo-generale Massimo Decimo Meridio fece il suo ingresso
nella tenda imperiale.
Marco Aurelio gli andò incontro
sollecito "Massimo, amico mio, quale gioia è rivederti."
"Cesare," rispose
Massimo chinando la testa in segno di rispetto.
"Su, su, ragazzo mio,
lasciamo da parte le formalità. Sono più di tre anni che non ci vediamo, con il
sottoscritto bloccato a Roma e tu qui a tenere a bada i lupi. Adesso mettiamoci
comodi e raccontami un po' di te."
L'imperatore fece strada fino ad
un basso tavolino e si sedette su di una sedia da campo imitato da Massimo.
"Mi è dispiaciuto doverti
richiamare dalla tua licenza, ma i Marcomanni hanno di nuovo violato i nostri
confini e non possiamo permettergli di continuare: i sudditi di Roma che vivono
lungo il limes devono essere protetti."
"Lo saranno, Cesare, lo
saranno," rispose pronto Massimo.
Marco Aurelio continuò.
"Esamineremo le mappe domani, insieme agli altri generali. Ora vorrei che
mi parlassi un po' di te. Come è stato il tuo soggiorno in Hispania? Mi è stato
riferito che si trattava della tua prima lunga licenza dopo quella che ti
concessi io l’ultima volta che ci vedemmo."
Il viso di Massimo si allargò in
un sorriso. "Benissimo, Cesare. Prima di partire ho avuto modo di godere
del miglior raccolto che io abbia mai visto in tutta la mia vita!" esclamò
entusiasta. "Ho portato con me un po' del mio vino e ne ho conservato due
anfore per te. Spero che ti piaccia."
"Non vedo l'ora di
assaggiarlo. Mi è stato riferito però che ci sono state novità anche in ambito
familiare..." L'imperatore inarcò il sopracciglio in modo significativo.
Massimo annuì. "Mi sono
sposato, Cesare. Quasi tre anni fa."
"Sì, e...?"
"Ho un figlio; è nato da pochi
mesi. E’ per questo che sono tornato a casa."
"Uhm, uhm. Come l'hai
chiamato?"
"Marco, Cesare. In tuo
onore."
Marco Aurelio sorrise
compiaciuto. "Bene, ti sei fatto perdonare per non avermi invitato al
matrimonio!"
Massimo spalancò gli occhi.
"Cesare, io..."
"Shh, Massimo, stavo solo
scherzando. Sono molto contento per te." E così dicendo, gli diede una
pacca sulla spalla. Poi l' imperatore batté le mani e un servo fece la sua
comparsa.
"Desideri qualcosa,
Cesare?"
"Portaci del vino caldo e da
mangiare."
Dopo che l'uomo ebbe obbedito
all'ordine, servendo loro il vino e la cena e si fu allontanato, Marco Aurelio
disse. "Adesso brindiamo alla tua famiglia e preghiamo insieme gli dei
affinché questa guerra non sia troppo lunga e tu possa riabbracciare presto i
tuoi cari."
I due boccali tintinnarono
insieme e i due uomini bevvero, mentre un amichevole silenzio scendeva nella
piccola tenda.