MIME-Version: 1.0 Content-Type: multipart/related; boundary="----=_NextPart_01C697C6.D7A32570" Questo documento è una pagina Web in file unico, nota anche come archivio Web. La visualizzazione di questo messaggio indica che il browser o l'editor in uso non supporta gli archivi Web. Scaricare un browser che supporti gli archivi Web, come Microsoft Internet Explorer. ------=_NextPart_01C697C6.D7A32570 Content-Location: file:///C:/A32830CF/Lostatuseconomico.htm Content-Transfer-Encoding: quoted-printable Content-Type: text/html; charset="us-ascii" La tortura in Tibet

Lo status economico

Il governo cinese ha ripetutamente ribattuto alle critiche sul tema dei diritti umani in Tibet ponendo l’accento sullo sviluppo e la crescita economi= ca conseguiti negli ultimi decenni. Tale argomentazione vi= ene ripresa anche in un libro bianco sui diritti umani pubblicato il 17 febbrai= o 2000, in cui nuova= enfasi viene data al diritto allo sviluppo : “… in termini di priorità, viene data la massima precedenza al diritto = ai mezzi di sussistenza ed allo sviluppo” .

Questo fascicolo an= alizza alcuni aspetti del cosiddetto “sviluppo del Tibet” e in che mis= ura il diritto ai mezzi di sussistenza ed allo sviluppo sia= no “garantiti” al popolo Tibetano.

Un crescente numero= di rifugiati fuggiti dal Tibet e le loro testimonianze indicano che c’è stata una effettiva crescita economica del Tibet, specialmente nelle aree urbane, ma che di questa cresc= ita hanno beneficiato principalmente i coloni cinesi.

Ciò è confermato dalle cifre ufficiali fornite dai cinesi che mostrano come i res= identi nelle aree urbane costituiscano il 23,7% della popolazione totale della Reg= ione Autonoma del Tibet (“TAR”) mentre me= no del 5% dei Tibetani vive in quelle stesse aree. Ino= ltre la spesa pubblica destinata agli abitanti delle aree urbane è di 29 volte superiore a quella destinata ai residenti nelle aree rurali.
Inoltre, fra il 1991 ed il 1996, nelle zone urba= ne l’incremento del reddito annuo [pro capite] è stato del 250% rispetto ad un incremento nelle zone rurali solo del 50% nello stesso perio= do.

La povertà d= ilaga fra i tibetani residenti nelle aree rurali e, n= el Tibet Centrale, circa 300.000 famiglie vivono sotto la soglia di povert&agr= ave; che, secondo la definizione ufficiale del governo cinese, si applica a pers= one con un reddito annuo pro capite di meno di 650 <= span class=3DSpellE>yuan (USD 80). Peraltro, utilizzando lo standard internazionale di povertà di 1 dollaro al giorno, praticamente tutte le zone rurali del Tibet vivono sotto la soglia della povertà.


I PROGETTI DI SVILUPPO
Nel 1994 fu lanciata da Pechino una importan= te campagna per “spalancare le p= orte del Tibet alle zone interne del paese” e incoraggiare “commercianti, investimenti, aziende e privati a spostarsi dalla Cina= al Tibet Centrale per avviare ogni genere di iniziativa imprenditoriale”= .
Nell’ambito di questa strategia furono approvati 62 progetti di svilu= ppo, molti dei quali concentrati nelle zone urbane e solo 9 dedicati all’istruzione ed alla salute.

I grandi e costosi progetti, quali dighe e strade, non hanno alcuna influe= nza positiva sulla popolazione locale. In realtà molto del denaro speso = per i progetti è prosciugato dai costi amministrativi del progetto stess= o. Una larga percentuale dei progetti è poi destinata al fallimento a c= ausa della cattiva gestione o dell’inadeguata pianificazione e ciò = non porta alcun beneficio ai tibetani.<= /o:p>

Inoltre, la prefere= nza accordata a progetti di vasta portata che riguardano infrastrutture, attività di estrazione mineraria o aziend= e di proprietà dello stato, incoraggiano l’afflusso di personale ci= nese in Tibet. I lavoratori cinesi ricevono spesso salari che sono tre o quattro volte più alti rispetto a quelli delle = altre province. I tibetani vengon= o raramente assunti e rappresentano solamente il 5-10% della forza lavoro impiegata nei progetti e nelle industrie sotto il controllo cinese.<= o:p>

Tamdin Tserin= g , 21 anni, originario della c= ontea di Machu, il 20 gennaio 2000 riferì che = su 23.000 lavoratori della miniera di oro di Zoege= Nyima, solamente 45 erano Tibeta= ni. Un’altra fonte, un uomo di 20 anni dal Kham che preferisce restare anonimo, fornì particolari circa un progetto riguardante una centrale idroelettrica a Mira Dotse, il cui contratto di costruzione fu affidato a = una società cinese che assunse lavoratori sia cinesi che tibetani. La retribuzione degli operai cinesi era di 20 yuan al giorno mentre la retribuzione dei tibetani era di 10 yuan al giorno.

Molti rifugiati tibetani riferiscono che non veni= vano impiegati nei principali progetti di sviluppo ma che veniva loro richiesto = di contribuire a quegli stessi progetti con lavoro non retribuito, tasse assur= de o con la loro terra.


IL LAVORO OBBLIGATORIO
Il lavoro forzato viola leggi internazionali applicate da lungo tempo.
Tuttavia il programma di riduzione della povertà adottato da Pechino pone un particolare accento sullo “sfruttamento del potenziale esistente = per favorire lo sviluppo delle aree più povere”.

Ciò è= in buona parte ottenuto attraverso il lavoro pubblico o “yigong daizhen” che significa “offrire lavoro invece di [aiuto]”. Il programma = si concentra su numerosi progetti di miglioramento delle infrastrutture, quali= la costruzione di strade e impianti o la ristrutturazione = di attrezzature e la tutela delle acque.

La maggior parte dei rifugiati arrivati di recente in India e Nepal riferisc= ono che a tutti i tibetani di ogni parte del Tibet = viene richiesto un mese di lavoro obbligatorio ogni anno con pesanti ammende per coloro i quali non si presentano.

Samdup, un nomade di 30 anni dalla = contea di Saga, prefettura di Shigatse (TAR), arrivato= in Nepal l’11 gennaio 2000, riferisce che tutti gli abitanti della sua z= ona di età compresa fra i 16 e i 58 anni erano obbl= igati a lavorare alla costruzione di una strada senza essere pagati. Agli uomini = sono imposti 25 giorni di lavoro obbligatorio l’anno mentre alle donne 15 giorni. Ci sono multe per le assenze.

“Se hai più di 18 anni e meno di 60, nell’arco di un anno devi fare più di 20 giorni di lavoro obbligatorio" diceDawa, un agricoltore di 18 anni dalla contea di Kyirong, prefettura di Shigatse (TAR) che è arriv= ato a Dharamsala il 25 gennaio 2000. “Se sei malato puoi stare a casa = ma devi poi completare il lavoro pattuito. E’ possibile mandare qualcun altro al tuo posto. Il supervisore del lavoro obbligatorio è cinese.= Se non lavori sodo vieni ripreso. Il lavoro inizia = alle 10.00 del mattino e prosegue fino alle 8.00 di sera. Non ci sono pause tran= ne un’ora per il pranzo”.


GLI ESPROPRI
Oltre al lavoro obbligatorio, a molti tibetani = viene chiesto di contribuire allo “sviluppo̶= 1; del Tibet con la propria terra. Quando i progetti di sviluppo necessitano di terreni agricoli, questi vengono espropriati ad agricoltori e pastori, c= he non vengono risarciti, con la giustificazione che la terra appartiene al governo cinese.

La giurisprudenza internazionale riconosce il diritto all’indennizzo nei casi in cui il governo subentri nella proprietà. Dunque,= anche se la Repu= bblica Popolare Cinese può espropriare terreni per scopi pubblici, dovrebbe pagare agli agricoltori un prezzo equo e giusto. Il manc= ato rispetto di questa norma viola le leggi internazionali= .

Un uomo di = 22 anni d= i Gyantse denuncia di aver perso metà della sua = terra a causa della costruzione di un fabbrica di mate= riale plastico. La costruzione della fabbrica era iniziata nel 1997 e il suo completamento era previsto per il 2000. Circa 20 famiglie (o metà dei contadini) hanno perso tutto il loro terreno. Nessuno è stato risarc= ito perché il governo ha sostenuto che la terra apparteneva al partito comunista.


LE TASSE IMPOSTE AI TIBETANI
Una quota elevata della produzione e del reddito dei t= ibetani ritorna al governo cinese sotto forma di tasse di ogni genere. Gli immigrati cinesi sono dispensati dal pagamento della maggior pa= rte di queste tasse mentre il carico fiscale cresce = per i tibetani quanto più aumenta il numero dei prog= etti di sviluppo.

Le autorità = cinesi hanno fatto ispezioni, suddiviso e inutilmente recintato la terra. I costi di tutto questo lavoro sono stati fatti pagare = agli agricoltori e ai pastori.

La tassa più comune è una parte del raccolto degli agricoltori. Rinchen, di Rebkong, nell’Amdo, riferisce che alla sua famiglia è stato richiesto di pagare met&agra= ve; del raccolto ai cinesi. Wongchen Nyendar, 19 anni, di Dwerlung, ha riferito al Centro = Tibetano per i Diritti Umani e la democrazia (TCHRD) che alla sua famiglia, che colt= iva orzo e possiede tre mucche ed uno yak, è richiesto di pagare una tas= sa di 150 chilo= grammi di orzo l’anno a persona.


L’IMPATTO DEI PROGETTI DI SVILUPPO
La logica del governo cinese in Tibet ha le stesse caratteristiche di quella utilizzata dalle potenze occidentali durante il periodo coloniale: i paesi più sviluppati invadono i paesi sottosviluppati per portare loro progresso e sviluppo. Certamente i “progetti di sviluppo” cinesi hanno portato dei cambiamenti in Tibet, ma quando parliamo di “progresso” dobbiamo sempre tenere presente cosa significa progresso, chi ne beneficia e chi, per esso, paga.

I vasti e costosi progetti volti alla costruzione di strade e digh= e, hanno conseguenze negative sul fragile ecosistema tibe= tano e pochi effetti sulle vite della gente comune. Le strade sono molto utili all’esercito cinese e ai coloni cinesi che arrivano ogni giorno in Tibet attratti dagli incentivi del governo. Inoltre, facilitano lo sfruttamento delle risorse naturali del Tibet. Le strade esistono ma non ci sono sistemi di trasporto pubblico = perché la popolazione locale possa beneficiarne.

= La Commissione Internaziona= le dei Giuristi riferisce: “I mezzi di sussistenza di molti Tibetani, che vivono in piccole comunità rural= i, sono stati trascurati, in quanto beneficiano poco dei massicci investimenti cinesi. Questo rapporto dimostra che la povertà relativa dei tibetani, lo sfruttamento delle risorse tibetane per contribuire allo sviluppo della Cina, l’insediamento di un considerevole numero di cinesi nei nuovi centri urbani hanno conseguenze negative sulle comunità tibetane”.

I rapporti Cina/Tib= et hanno molte caratteristiche della dominazione colonial= e, con lo sfruttamento delle risorse naturali della colonia a beneficio del paese colonizzatore.
Ciò crea stagnazione economica, promuove l’inefficienza e crea= le condizioni di dipendenza che riducono di fatto g= li sforzi di sviluppo a livello locale.
Dallo sfruttamento delle risorse naturali alle decisioni chiave in termini = di politiche locali e regionali, i tibetani sono esclusi, ad ogni livello, dalla partecipazione allo sviluppo del loro paese= e dalle decisioni sul futuro economico del Tibet.

 

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