MIME-Version: 1.0 Content-Type: multipart/related; boundary="----=_NextPart_01C697C6.406D6DF0" Questo documento è una pagina Web in file unico, nota anche come archivio Web. La visualizzazione di questo messaggio indica che il browser o l'editor in uso non supporta gli archivi Web. Scaricare un browser che supporti gli archivi Web, come Microsoft Internet Explorer. ------=_NextPart_01C697C6.406D6DF0 Content-Location: file:///C:/D1761514/Latorturaintibet.htm Content-Transfer-Encoding: quoted-printable Content-Type: text/html; charset="us-ascii"
La tortura in Tibet
Il 4
ottobre 1988
Da allora, è stato accertato che oltre 70 prigionieri politici tibetani sono stati torturati a morte e più di=
cento
massacrati per aver partecipato a dimostrazioni a favore dell’
indipendenza. Un giornalista cinese, esponente dell’Associazione dei
Giornalisti Cinesi, ha dichiarato che, soltanto nel marzo 1989, più =
di
450 tibetani, inclusi
monaci, monache e civili, furono uccisi per aver preso parte alle
dimostrazioni.
Il Comitato
Internazionale delle Nazioni Unite contro
Da quando la Cina occupò il Tibet nel 195=
9, la
tortura è stata usata come principale metodo di repressione contro il
popolo tibetano. I prigionieri che maggiormente
rischiano la tortura sono i prigionieri politici, molti dei quali sono mona=
ci e
monache che sono spesso imprigionati solo per aver esercitato la loro
libertà di espressione a sostegno del
La Cina dichiara di aderire alla le=
gge
internazionale che bandisce completamente il ricorso alla tortura. Nel 1992,
Pechino riferì al Comitato ONU contro
Ex prigionieri poli=
tici
hanno descritto innumerevoli metodi di tortura degradanti e crudeli. Eccone alcuni: essere appesi al soffitto con le mani =
legate
dietro la schiena; essere percossi con bastoni elettrici; subire scosse
elettriche su tutto il corpo; essere colpiti con tavole di legno e bastoni;
essere assaliti dai cani; essere costretti a rimanere nudi davanti agli alt=
ri
detenuti, talvolta durante i pestaggi; essere appesi e lambiti da fuochi ac=
cesi
sotto i piedi che vengono spenti quando ormai gli
occhi sono bruciati dal fumo; essere forzati a stare in piedi sul pavimento
ghiacciato fin quando la pelle dei piedi si stacca dagli arti; sottostare a
lunghi periodi di isolamento e privazione di cibo, acqua e riposo.
Col passare del tem=
po i funzionari
carcerari cambiano le loro tecniche e adottano nuovi metodi di tortura che =
non
lasciano tracce visibili. Molti ex-prigionieri h=
anno
sentito pronunciare dai secondini frasi di questo tipo: “ Non colpirlo
all’esterno del corpo, sfiniscilo con ferite interne”.
Oltre alle torture fisiche, i prigionieri sono a volte costretti a subire
traumi psicologici. Gli addetti carcerari spesso minacciano di colpire le
famiglie dei prigionieri, li costringono a disconoscere il Dalai
Lama e li obbligano a denunciare altri tibetani=
di
partecipazione ad attività politiche.
Nel 1989, Lhundrup<=
/strong> Ganden,
un monaco di trent’an=
ni anni del monastero di Gan=
den,
fu condannato a sei anni di carcere. Nel 1992, temporaneamente paralizzato =
per
le terribili torture subite, fu rilasciato. Il suo racconto fornisce
l’idea della brutalità che sperimentò in prigione: R=
20;la tortura peggiore consisteva nel farmi spogliare e
percuotermi con bastoni elettrici su tutto il corpo. Alla fine non ero
più in grado di dormire supino. La pelle si gonfiava, diventava verd=
e e
blu, e c’erano anche dei tagli. Venivano s=
empre
usati bastoni elettrici e filo metallico. Legavano il filo intorno ai miei
polsi e la scossa era estremamente dolorosa.R=
21;
Uno dei metodi di t=
ortura
più diffusamente descritti da ex detenuti consiste nell’essere
legati al soffitto col un fuoco acceso sotto. Spesso nel fuoco viene gettato del pepe che produce un fumo denso e aum=
enta
le bruciature. Jampel Tsering=
strong>,
un monaco del monastero di Ganden, detenuto cin=
que
anni nella prigione di Drapchi per aver guidato=
una
dimostrazione a Lhasa nel 1989, così ricorda: “Quando gettavan=
o la
polvere di pepe nel fuoco, la sensazione di bruciore su tutto il corpo era
terribile e, ogni volta, non potevo aprire gli occhi per diverse ore”=
.
CURE MEDICHE NEGATE ALLE VITTIM=
E DI
TORTURE
Il governo cinese
dichiara che ai prigionieri sono concessi i trattamenti medici necessari. Al
contrario, molte delle morti avvenute per torture e maltrattamenti si sono
verificate per mancanza di assistenza medica dur=
ante
la prigionia. Oltretutto, dopo il rilascio, i detenuti =
devono
accollarsi il costo delle spese mediche. In molti casi, ai detenuti
è stato chiesto di risarcire le autorità delle spese sostenute
per loro salute durante la prigione e delle spese mediche affrontate in
conseguenza dei maltrattamenti subiti.
Phuntsok, un monaco di ventidue anni=
del
monastero di Nalanda=
, fu
arrestato nel febbraio 1995, dopo i duri interventi dei funzionari cinesi a
causa della resistenza alla campagna di ri-educazione. Nel centro di detenz=
ione
di Gutsa, durante l’interrogatorio, gli
ufficiali del PSB lo accusarono di nascondere al=
cuni documenti
e per questo fu torturato. Nel febbraio 1996 fu rilasciato per motivi di salute ma durante la detenzione gli furono sempre nega=
te le
cure mediche. Per un certo periodo fu ammesso all’ospedale della Regi=
one
Autonoma Tibetana. Le spese per le cure incisero
fortemente sulle magre risorse economiche della sua famiglia, anche
perché la salute non migliorava. Morì nel marzo del 1999, qua=
si
tre anni dopo il suo rilascio.
DONNE TORTURATE=
Oltre ai trattamenti brutali, le donne in prigione devono sottostare ad
abusi sessuali. Pestaggi crudeli, digiuni, violenza sessuale, aggressioni da
parte di cani feroci e atti sessuali violenti sono tra le più crudeli
atrocità di cui è data testimonianza. Tra le violenze di
carattere sessuale vanno annoverate le lacerazione dei
capezzoli, i bastoni elettrici forzati nella vagina fino a provocare la per=
dita
della conoscenza e il filo metallico avvolto attorno al petto e al resto del
corpo accompagnato da scariche elettriche.
Durante la prigioni=
a, la
monaca Ten=
zin Choeden=
strong>,
di diciotto anni, fu violentata sessualmente con un bastone elettrico. Fu
arrestata insieme ad altre 12 monache per aver p=
reso
parte a una dimostrazione a Lhasa il 14 febbraio 1988. =
Mentre
era detenuta nel centro di Gutsa, quattro carce=
riere
le ordinarono di alzarsi e di mettersi contro il muro. Tenzin
ha riferito di aver discusso con le donne e di averne pagato le conseguenze:
“Hanno inserito un bastone nella mia vagina per quattro volte con est=
rema
violenza. Poi mi hanno messo il bastone in bocca. Ho provato a tenere la bo=
cca chiusa ma spingevano forte. Ho perso due denti e le mie
labbra sanguinavano.” Dopo essere stata
rilasciata, nel 1991, Tenzi=
n
scappò in India. A causa dei pestaggi continui e delle torture subit=
e,
ha perso un terzo della sua capacità fisica e ha grossi handicap su
tutta la parte destra del corpo. Durante la detenzione, alle donne gravide
è riservato lo stesso trattamento.
In seguito al duro trattamento subito, alcuni prigionieri sono morti.
Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e
Sonam Wangdu=
, morì nel marzo 1999=
nella
sua residenza a Lhasa. Wangdu fu arrestato
nell’aprile 1988 perché ritenuto coinvolto nell’uccision=
e di
un poliziotto cinese durante la repressione di una dimostrazione, il cinque
marzo di quell’anno. Durante la sua deten=
zione
a Gutsa, fu duramente torturato e riportò
danni permanenti a un rene e la rottura della co=
lonna
vertebrale. Soffrì di problemi urinari e divenne paraplegico. Second=
o Bhangro, un ex prigioniero politico, Wangdu
fu picchiato con bastoni elettrici e tenuto ammanettato=
,
gambe e piedi, per un periodo di sei mesi. Fu tenuto appeso dai tre ai cinq=
ue
giorni e messo in isolamento per una settimana. La sua testa venne
tenuta immersa con la forza in un secchio d’acqua e gli fu tolto il
sangue senza consenso.
Gli ultimi casi di =
morte
a causa delle torture si sono verificati nella stessa prigione di Drapchi, nel maggio del
DONAZIONI DI SANGUE E DI SIERO
FORZATE
Il prelievo forzato di sangue è
un’altra delle forme di tortura fisica e psicologica utilizzate dai
funzionari cinesi. Questo metodo è utilizzato per indebolire fisicam=
ente
i prigionieri. Ad altitudini così elevate, una
consistente perdita di sangue indebolirebbe anche una persona in ott=
ima
salute. Uniti a diete povere e alle torture fisiche, i prelievi di sangue
provocano spesso la morte dei detenuti. Poiché i prigionieri non
TORTURE SUI MINORENNI
Malgrado la Cina, nell’aprile 1992, abbia
firmato
I giovani vengono detenuti nelle stesse carceri degli adulti, viene loro ne=
gato
un avvocato, non possono avere contatti con le famiglie e sono soggetti alle
stesse forme di lavoro forzato e di torture degli altri detenuti.
Sherab Ngawang,<=
/strong>
che morì all’età di 15 anni, è considerata la
più giovane prigioniera politica morta a causa delle torture subite.=
Per
aver cantato con altre monache in prigione, sembra sia stata picchiata con
bastoni elettrici e tubi di plastica riempiti di sabbia. Un testimone ha
dichiarato: “La colpirono fino a quando fu
completamente coperta di contusioni tanto che anche noi stentavamo a
riconoscerla”. Altre persone hanno riferito che fu confinata in
isolamento per tre giorni e, quando uscì, aveva<=
/span>
gravi problemi alla schiena e ai reni. Perse anche la memoria e aveva
difficoltà a mangiare. Morì due me=
si dopo
essere stata rilasciata.
LAVORI FORZATI ED ESERCIZIO FIS=
ICO
In tutte le prigioni cinesi in Tibet i deten=
uti
sono costretti a un duro lavoro. Durante il giorno i lavori forzati spesso =
si
accompagnano a esercizi fisici che, uniti a una =
dieta
povera, indeboliscono notevolmente i prigionieri. Spesso in Tibet i detenut=
i vengono utilizzati nell’agricoltura e nel taglio=
del
legname, settori in cui il lavoro è molto richiesto e gli incidenti
più frequenti.
Ai detenuti è in molti casi chiesto di
raggiungere determinati “target” di produzione per consentire a=
lle
autorità carcerarie di trarre un guadagno dal lavoro dei forzati. Qu=
este
quote sono obbligatorie, anche se i detenuti sono malati.
Ngawang Lhundr=
up, di circa 23 anni, dopo
estenuanti interrogatori e torture durante la sua detenzione nella prigione=
di Gutsa, fu mandato ai lavori forzati. “Quando ci
permettevano di fermarci, la sera, le nostre mani erano piene di vesciche ed
eravamo letteralmente esausti.”
Ngawang Jinpa<=
/span>, anche conosciuto come Lobsang Dawa, morì=
a Phenpo, suo villaggio natale, il 20 maggio 1999. Dopo=
il
suo arresto, il 6 maggio 1996, Ngawang Jinpa fu detenuto nella prigione di Gutsa
per otto mesi dove fu crudelmente picchiato. Secondo le parole di Legshe Drugdrak, un monac=
o di Nalanda della Contea di Phenpo che divise la cella con J=
inpa,
“quando Jinpa arrivò era molto deb=
ole.
Gli ufficiali continuarono a torturarlo e lo forzarono a lavorare”. N=
el
marzo del 1999, la salute di Jinpa peggior&ogra=
ve; a
tal punto che gli ufficiali lo mandarono all’ospedale militare della
Regione Autonoma Tibetana, vicino al monastero =
di
Sera, dove gli furono diagnosticati danni al cervello. Le sue condizioni er=
ano
così critiche che le autorità cinesi lo rilasciarono per moti=
vi
di salute il 14 marzo 1999. Quando morì a=
veva
31anni.
L’incapacità di fare un qualsiasi esercizio nel modo ric=
hiesto
è immediatamente punito, di solito con pestaggi. I detenuti
risentono molto di queste esercitazioni, non solo per lo sforzo fisico, ma
anche per il controllo mentale loro richiesto.