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IL FUTURO DELLA CATEGORIA TRA FEDERALISMO, DEVOLUZIONE E ……… Come è noto, da un anno e mezzo a questa parte si assiste ad una continua proliferazione di articoli, idee, riflessioni e prese di posizione che riguardano il nostro ruolo e, soprattutto, il futuro della nostra figura: mai, come in questi ultimi tempi si è parlato di riduzione del ruolo, di abrogazione della figura, di rivisitazione dell’intero sistema generato dalla Bassanini bis con l’art. 17, comma 67 e segg.. Certamente, una valida sponda a chi vuole la liquidazione della categoria è stata offerta dalla legge costituzionale n. 3/2001 che ha calato le autonomie locali in una realtà, comunque confusa, con la quale ci troviamo adesso a fare i conti. Bene hanno fatto le organizzazioni sindacali (rectius, l’UNSCP) a cercare di prendere in mano le redini della situazione e, conseguentemente, a cercare di anticipare il legislatore sul suo stesso terreno. Si è capito, cioè, che la riforma del testo unico, inevitabile conseguenza della riforma costituzionale del tit. V, non avrebbe potuto lasciare inalterata la nostra figura. Ed allora, anche la nostra organizzazione ha deciso di avviare un dibattito interno al fine di sintetizzare una posizione che possa trovare una sua legittimazione formale nell’ambito del prossimo congresso nazionale e che dunque possa diventare oggetto di contrattazione con le istituzioni. L’Unione
regionale della Lombardia ha predisposto una propria proposta di riforma del
ruolo e delle funzioni, che vuole essere non più di un modesto contributo
offerto a sostegno di quanti, in questo momento difficile, si stanno
impegnando al fine di preservare la categoria da una fine ingiusta e
indecorosa. Questo progetto accoglie fondamentalmente l’impostazione
concettuale dello schema elaborato dal gruppo di lavoro costituito dall’unscp,
cgil, cisl, uil e sspal e diffuso con un documento datato 18 Giugno 2002; e,
comunque, si adegua alle linee direttive individuate dal consiglio nazionale
che si è svolto a Roma lo scorso 26 Ottobre. Tuttavia, il nostro progetto
ha voluto rimarcare alcuni contenuti di quelle proposte ed ha voluto
soprattutto estremizzare alcuni loro aspetti, proprio al fine di dimostrare che
ciò che vogliamo non è una semplice riforma gattopardiana
del nostro ruolo, bensì la radicale trasformazione di una figura che si
adegui (per necessità e non per ideologia) alla complessa realtà che
viviamo. Per questi motivi, l’Unione regionale della Lombardia ha
sviluppato una riflessione che pone in evidenza alcuni aspetti fondamentali. A)
In primo luogo, sarebbe estremamente opportuno che ciascuno di noi si
chiedesse cosa, in realtà, i nostri interlocutori (autonomie locali e dal
governo) vogliono da noi: desiderano una riforma
formalistica o gattopardiana, una riforma
non riforma, elaborata essenzialmente per produrre fumo negli occhi? Noi
crediamo proprio di no, perché riteniamo che la riforma Bassanini, pur
trasformando radicalmente il nostro ruolo e pur avendo comportato rilevanti
sacrifici da parte nostra, non sia bastata al mondo delle autonomie locali.
E’ necessario, adesso, un nuovo e profondo rinnovamento che dovrebbe
costituire il completamento di quel processo evolutivo avviato con l’art.
17, comma 68, della legge n. 127/1997. B)
Conseguentemente, occorrerà chiedersi in quale direzione debba
andare questo complesso rinnovamento, in quale direzione dovrebbe
orientarsi: possiamo davvero ritenere utile una inversione di tendenza, un
ritorno al passato, una riconquista del ruolo di garante o in qualche modo
di controllore, per conto di un potere centralistico che si esprima a
livello statale o a livello regionale? Davvero pensiamo che con la riforma
del tit. V della Costituzione, con l’abrogazione totale dei controlli
(giusta o non giusta che sia, si badi bene) ci sia qualcuno disposto ad
accettare che un sistema cacciato a calci dalla porta possa rientrare di
nascosto dalla finestra in una realtà che sta andando anche oltre il
semplice regionalismo o federalismo, perché la devoluzione potrebbe in
effetti costituire l’anticamera di uno stato confederato, più che di uno
stato federale? Oppure pensiamo che la valorizzazione delle funzioni
tradizionali di assistenza amministrativa e di consulenza giuridica nei
confronti degli organi amministrativi e una maggiore importanza attribuita
alle funzioni notarili possano essere sufficienti a giustificare
l’imposizione della nostra presenza nel comune? Che possano essere
sufficienti a giustificare i nostri (comunque lauti anche se sudati)
stipendi? C)
Naturalmente, la riflessione avviata dall’unione regionale della
Lombardia non ha potuto fare a meno di dare una risposta negativa ai quesiti
posti nel punto precedente. Abbiamo ritenuto che la figura del segretario
comunale e provinciale, possa essere anche questo ma non solo e non
soprattutto questo; il segretario può essere un consulente giuridico nel
momento in cui informa gli organi politici sulla conformità dell’azione
amministrativa alle leggi, allo statuto e ai regolamenti, senza interferire
direttamente sul loro operato; può essere un garante nel momento in cui
assicura che l’azione amministrativa sia conforme ai principio di cui
all’art. 1 della legge n. 241/1990 e questo nell’interesse dell’ente
stesso; ma deve, soprattutto, - ed è questo il punto focale della nostra
riflessione – spostare la sua attenzione sulle funzioni manageriali che
non sono aria fritta ma che
richiedono una preparazione specifica. D)
Insomma, deve essere ribaltata l’impostazione concettuale della
figura e deve, conseguentemente, essere invertita l’impostazione
strategica del ruolo svolto: il segretario, innanzitutto, è istituzionalmente
responsabile della funzione di direzione generale dell’ente e, per
questo motivo, sovrintende e coordina l’attività dei dirigenti; in
seconda battuta, egli è inoltre tenuto a svolgere i tradizionali compiti di
collaborazione e assistenza giuridico – amministrativa, nonché le
funzioni di rogito, ecc.. In tale contesto, al segretario, in virtù della
responsabilità complessiva della funzione di direzione generale,
spetteranno le funzioni di strategia manageriale nella conduzione
dell’ente: quindi la predisposizione del piano degli obiettivi, della
proposta di PEG, la responsabilità delle procedure di controllo interno, la
sovrintendenza delle procedure dirette alla assunzione del personale di
vertice, l’espressione di un parere (esclusivamente tecnico) in ordine al
conferimento degli incarichi dirigenziali o delle posizioni organizzative.
E’ questo il senso del superamento concettuale della dicotomia tra la
figura del segretario comunale e quella del direttore generale; è questo il
senso del passaggio al rispetto di un principio di legalità inteso in senso
sostanziale; è questo il senso di una rivalutazione dei criteri di
economicità, efficienza ed efficacia di cui deve essere improntata
l’azione amministrativa. E)
Ora, per concludere, è però necessario precisare i contenuti e le
reali intenzioni che sono alla base delle nostre riflessioni. Nell’ambito
dell’azione sindacale, ci sono battaglie ideali di alto valore morale –
e sono quelle irrinunciabili, che si combattono per la conquista di valori
fondamentali dei lavoratori, come il diritto alla maternità, la lotta
contro le discriminazioni ai danni dei più deboli, la parità nel lavoro
tra uomo e donna – che si devono combattere per forza, a prescindere dal
conseguimento di un concreto risultato finale perché il valore della
battaglia è insito nel solo fatto di combatterla; e ci sono battaglie di più
ridotta portata, che si combattono per la sopravvivenza; che si combattono,
dunque, perché l’importante è il fine e non il mezzo e che legittimano
quindi l’impiego di ogni strumento, a prescindere dalla condivisione di
esso. Più semplicemente, questo vuol dire che le riflessioni sopra
riportate – e soprattutto l’approccio concreto con il problema proposto
– prescindono da qualsiasi valutazione di merito sull’una o sull’altra
ipotesi, prescindono da qualsiasi giudizio positivo o negativo sulla figura
del segretario manager o su quella
del segretario garante –
controllore: non esistono, in altri termini, ricette preconfezionate e,
dunque, in tempi di guerra, tutte le idee dirette a garantire una esistenza
dignitosa a questa categoria – e non una semplice sopravvivenza – devono
essere prese in considerazione. Questa unione regionale ha ritenuto, però,
che quello che chiede il mondo delle autonomie locali in questo momento sia
una figura che giustifichi la sua esistenza (ed i suoi consistenti
emolumenti) all’interno dell’ente con l’espletamento di funzioni
fondamentali ed indispensabili per la vita dell’ente stesso: e queste
funzioni, a nostro modesto parere, sono la responsabilità generale in
ordine all’attuazione degli obiettivi strategici dell’amministrazione e
il coordinamento dei vertici burocratici per rendere concreta questa
attuazione. 10/12/2002
Il
Segretario dell’Unione Regionale Lombardia Maurizio
Moscara
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