LA FIGURA DEL SEGRETARIO COMUNALE DOPO LA MODIFICA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE.


In Italia da anni si è  aperta quella che potremmo definire la questione dello Stato  federale.

 

L’ultimo decennio del secolo appena trascorso è stato caratterizzato dall’irrompere sulla scena di una forza politica che, sia pure tra mille contraddizioni, si è fatta carico di proporre un nuovo assetto dello Stato , passando dalla secessione al federalismo, per approdare, da ultimo, alla devoluzione.

 

Un problema delicato, che non ha ancora trovato una stabile soluzione, che ha preoccupato e preoccupa chi ha a cuore le sorti dell’unità del Paese, primo fra tutti il Capo dello Stato che non si stanca mai di ripetere che l’articolo 5 della costituzione che sancisce l’unità e l’indivisibilità dello Stato deve essere la stella polare di qualsiasi riforma.

 

Nell’ambito di tale percorso ancora non chiaro e lineare si è inserita una, forse non ben meditata, riforma del titolo V della costituzione, approvata da una maggioranza parlamentare assai risicata e, tra l’altro, alla vigilia di una delicata competizione elettorale che si è conclusa con un radicale cambiamento della maggioranza parlamentare.

 

Tale riforma, non organica, improvvisata, sta creando nella sua lacunosa e frammentaria applicazione problemi di una certa delicatezza senza, per altro, essere riuscita a rafforzare il quadro delle autonomie.

 

La figura che rischia di pagare un prezzo altissimo sull’altare della riforma del titolo V della costituzione è quella del segretario comunale. Tale figura è ormai entrata nel mirino della storia e rischia di ricevere l’ultimo, risolutivo colpo. Vediamo di cosa si tratta.

 

Con la legge costituzionale 3/2001 sono stati riscritti gli articoli 114, 117 , 118 e 119 della. costituzione.

 

L’art.114, ad esempio, recita:” I Comuni…………sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla costituzione”.

 

L’art.117, inoltre, aggiunge:” I Comuni ……hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”.

 

L’art.118, poi, stabilisce:” Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni…….sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni ……sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale secondo le rispettive competenze”.

 

L’art.119, infine, afferma:” I Comuni…… hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa- I Comuni……hanno risorse autonome”.

 

Qualche Comune ( prima Castel di Tora, poi Lauro) ha ritenuto che in questo nuovo scenario costituzionale, i Comuni avessero la più ampia potestà di organizzare le proprie strutture e, pertanto, lo Stato non avesse più alcun potere legislativo di imporre, in modo indistinto e generalizzato, la figura del segretario comunale, ormai alle dipendenze dell’Agenzia autonoma.

 

In tale contesto il Comune di Castel di Tora ha pensato di abrogare dal proprio  statuto l’articolo che prevedeva la presenza della figura del segretario comunale, mentre il Comune di Lauro ha modificato lo statuto rendendo eventuale e facoltativa la presenza del segretario nella sua  struttura organizzativa. C’è da dire che sia il Tar del Lazio che quello della Campania hanno sospeso le deliberazioni prima citate ritenendo che la figura del segretario comunale non può ritenersi ipso iure abrogata con l’entrata in vigore della legge cost.3/2001.

 

In effetti la pretesa di sopprimere la figura dei segretari comunali attraverso la modifica degli statuti dei Comuni viola apertamente taluni principi sanciti dalla carta costituzionali ( anche quelli introdotti con la riforma apportata con la legge cost.3/2001) e taluni principi generali dell’ordinamento giuridico. Contrasta sicuramente con l’art.97 della costituzione che prevede una riserva di legge per la disciplina del pubblico impiego. L’art.97 , infatti, stabilisce:” I pubblici uffici sono organizzati secondo le disposizioni di legge, in modo che siano assicurati buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. Il segretario comunale, infatti, oltre che componente importante dell’organizzazione comunale, è un pubblico ufficio, soggetto alla riserva di legge, dipendente di un’Agenzia autonoma e non del Comune.

 

Se dopo la riforma introdotta dalla legge 127/97 ( la c.d. Bassanini bis ) si volesse considerare quella svolta dal segretario comunale una professione, non si può fare a meno di rilevare che l’art.117, comma 3, della costituzione  attribuisce alla legislazione concorrente la materia delle professioni. E’ chiaro, perciò, che pretendere di sopprimere o modificare tramite uno statuto comunale una professione costituisce palese violazione della norma costituzionale prima citata.

 

Ammesso e non concesso che lo statuto sia soggetto solo ai principi  costituzionali abbiamo visto che la soppressione della figura del segretario comunale contrasta con l’art.97 e 117 della costituzione vigente. C’è da aggiungere, però, che lo statuto deve rispettare la legislazione statale che ha competenza esclusiva in materia di organi di governo e funzioni fondamentali dei Comuni.

 

Deve rispettare, inoltre, la legislazione statale e quella regionale nelle materie loro riservate.

 

Il nuovo ordinamento della figura del segretario comunale è stato introdotto con una legge fondamentale che ha rappresentato e rappresenta tuttora una tappa fondamentale nel processo di modernizzazione della pubblica amministrazione, in genere, e dei comuni, in particolare. Pertanto la presenza del segretario comunale  risponde al rispetto di un principio generale dell’ordinamento giuridico dal quale lo statuto di un comune non può e non deve prescindere.

 

Con queste prime riflessioni abbiamo dimostrato l’infondatezza dei dubbi sulla incostituzionalità della figura del segretario comunale dopo la riforma del titolo V della costituzione.

 

La partita, però, è tutt’altro che conclusa, il problema è prevalentemente politico e dal punto di vista politico ed istituzionale deve trovare la sua definitiva e stabile soluzione. Sarebbe grave se i segretari si arroccassero in una difesa della loro esistenza nelle aule dei tribunali ponendo le loro speranze di sopravvivenza nelle sentenze, spesso mutevoli, di questo o quel giudice.

 

E bisogna ammettere che la categoria dei segretari appare consapevole della delicatezza del momento che sta vivendo e sta sviluppando una profonda riflessioni sulle ragioni del proprio essere e  sulle prospettive del suo incerto futuro.

 

I segretari hanno capito che se vogliono avere un ruolo all’altezza del loro passato devono rifuggire dalla tentazione di puntare su una riforma gattopardesca che lasci le cose come stanno.

 

Hanno capito che devono assecondare una radicale trasformazione del loro ruolo per renderlo confacente alle esigenze del vivere moderno, alle esigenze dei comuni che giustamente aspirano a vedere esaltato il proprio ruolo autonomo all’interno di uno Stato moderno, unito e solidale che saprà trovare nella ricchezza della diversità delle sue articolazioni territoriali di base la ragione fondante del suo essere Stato al servizio dei cittadini.

 

Dopo la totale abolizione dei controlli operata dalla legge cost.3/2001non c’è più posto, infatti,  per un ritorno al passato, per una riconquista del ruolo di garanti o di controllori per conto di uno Stato centralista. Il controllo di legittimità di questi tempi non interessa più a nessuno; forse, anzi sicuramente, non è giusto, ma non è tempo di battaglie donchisciottesche contro i mulini a vento del terzo millennio.

 

Neanche le tradizionali funzioni di assistenza amministrativa e consulenza giuridica possono da sole garantire un futuro al segretario comunale.

 

Non rimane altra scelta che puntare sulla unicità delle funzioni di segretario e di direttore facendo diventare il segretario responsabile istituzionalmente della direzione del Comune.

 

Il nuovo segretario deve essere per la struttura burocratica dell’ente quello che il sindaco è per la direzione politica.

 

Queste due figure devono convergere in modo parallelo per soddisfare al meglio le sempre crescenti esigenze delle collettività amministrate sfatando le maldicenze degli ultimi mesi che vedrebbero gli uni contro gli altri armati.

 

Se per assecondare tale ineluttabile tendenza sarà necessario il cambiamento del nome, ben venga l’introduzione nell’organizzazione dell’ente locale  della figura del “ direttore comunale”.

 

Tale nuova figura saprà ereditare la migliore esperienza del segretario comunale diventando oltre che direttore anche consulente, assistente amministrativo e, perché no?, garante interno ed intelligente della complessiva conformità dell’azione dell’ente ai princìpi costituzionali ed a quelli dell’ordinamento giuridico siano essi di fonte statale, regionale o comunale. Su questa strada, e solo su questa strada, il segretario comunale potrà trovare un futuro degno del suo passato all’interno del nuovo assetto istituzionale che prenderà corpo con la conclusione del processo di riforme che speriamo si possa concludere ridisegnando uno Stato delle autonomie unito e solidale che saprà evitare fratture  e divisioni che potrebbero mettere a repentaglio la sua stessa esistenza.

 

E in quest’ottica, e cioè nell’ottica di una riforma federalista che non divida ma unisca il Paese, il nuovo “direttore comunale” potrà rappresentare l’ultimo presidio di un minimo di omogeneità della cultura e dell’amministrazione locale evitando che l’autonomia degeneri nell’anarchia.

                                      

La Rocca Michelangelo

Segretario della convenzione

Borgofranco-Settimo Vittone (TO)