13/11/2002 200206281
- Consiglio di Stato, sez. V, 13 novembre 2002, n. 6281 -
CONTRATTI DELLA PUBBLICA AMMMINISTRAZIONE AGGIUDICAZIONE
Se sussista la possibilità per
l’Amministrazione appaltante di rinegoziare con il soggetto prescelto
come contraente alcune condizioni di esecuzione dei contratti aggiudicati
in esito a procedure concorsuali. Si deve tenere presente che per gli Enti
Pubblici la capacità di agire nei rapporti contrattuali non è rimessa
alla libera scelta degli organi chiamati a manifestare la volontà
dell’Ente ma, invece, è strettamente correlata allo svolgimento da
parte degli organi competenti di procedure definite in modo compiuto dal
legislatore siano esse concorsuali o, come accade in alcune ipotesi
eccezionali individuate specificamente dall’ordinamento, non
concorsuali. L’attuazione di tali procedure sostituisce il procedimento
logico di formazione della volontà e di conseguente scelta del contraente
riservato nei rapporti interprivati alla libera autonomia negoziale e che
si concreta nelle singole manifestazioni di volontà dei soggetti privati.
In altri termini nel nostro ordinamento giuridico la capacità giuridica e
di agire degli Enti Pubblici è disciplinata dalle disposizioni di diritto
positivo relative alle persone giuridiche ma, in relazione al principio
della necessaria evidenza pubblica delle scelte effettuate da detti Enti ,
le persone giuridiche pubbliche possono assumere impegni solo nei limiti e
nei modi stabiliti dalla legislazione che regola la loro attività per il
perseguimento dei fini che sono loro assegnati( in tal senso cfr. tra le
altre decisioni Cons.Stato Ad. Gen.n.2/2000 del 17 febbraio 2000). Da tale
premessa, ormai consolidata, discende, per il carattere inderogabile delle
disposizioni che prevedono tali procedure sicuramente ascrivibili al
novero delle norme imperative, l’obbligo di seguire i procedimenti nei
quali è, per così dire, cristallizzata la volontà dell’Ente , volontà
che così come deve manifestarsi secondo tali procedure parimenti può
essere modificata solo con il ricorso ai medesimi procedimenti e, di
regola, con l’adozione di atti espressione del potere di autotutela ove
sussistano i presupposti per il ricorso ai relativi istituti. Al di fuori
dei limiti segnati dalle norme dell’ordinamento di settore che fissano
le regole cui le Amministrazioni devono seguire nel contrattare non vi è,
pertanto, capacità di agire di diritto privato, che possa essere
utilmente esercitata dalla p.a.. Siamo, perciò, in presenza
dell’illegittimo esercizio della funzione amministrativa, in palese
contrasto con le norme in tema di procedure di evidenza pubblica. Le norme
qui richiamate , e che prevedono le singole procedure di
gara,corrispondono in primo luogo all’esigenza di consentire alle
Amministrazioni di provvedere nel modo più economico e conveniente alla
provvista di beni e servizi ed alla realizzazione di opere, ma assolvono
anche alla essenziale funzione di consentire a tutti i soggetti
dell’ordinamento di partecipare, a parità di condizioni. alla
redistribuzione delle risorse pubbliche che attraverso il sistema degli
affidamenti pubblici viene effettuata. Si tratta, con evidenza, di risorse
dei bilanci degli Enti pubblici prevalentemente conseguite con il prelievo
fiscale e con gli altri strumenti propri della finanza pubblica e per le
quali è doveroso consentire , in linea con i principi costituzionali di
cui agli articoli 3 e 41 della Costituzione prima ancora che con i
principi posti a garanzia della concorrenza nell’ordinamento interno e
comunitario, la possibilità di un libero accesso a tutti gli operatori
economici giudicati idonei tecnicamente per fornire i beni, prestare i
servizi e realizzare le opere nei confronti di Enti pubblici. Appare utile
differenziare la fattispecie in esame dai casi in cui si individuano
singoli vizi del procedimento di formazione della volontà degli Enti
pubblici e, quindi, delle procedure di affidamento, che determinano
secondo indirizzi consolidati della Corte di Cassazione una incapacità
relativa dell’Ente con la conseguenza che il disposto annullamento della
aggiudicazione determina solo l’annullabilità del contratto stipulato
sulla base della stessa e non la sua nullità ( da ultimo cfr. Cass. ,
sezione prima, 30 luglio 2002 n. 11247 ma l’orientamento risale alla
decisione n. 1982 della medesima sezione del 20 luglio 1962).
Il regime dell’annullamento dell’atto amministrativo ha portata
recessiva al di fuori dei casi in cui l’Amministrazione esercita la
funzione amministrativa non mediante l’adozione di provvedimenti di
natura autoritativa, bensì mediante atti di natura paritetica pur sempre
ricadenti nell’ambito di suoi poteri pubblicistici (es. accordi). In
questi casi, l’esercizio della funzione amministrativa in contrasto con
norme imperative, non dà luogo alla semplice annullabilità del
provvedimento, prevista espressamente dalla legge per i soli casi di atto
e/o provvedimento di tipo autoritativo, bensì alla nullità
dell’assetto di interessi posto in essere con l’assenso del privato
interessato (art. 11 L. n. 241/90). E’ evidente, infatti, che, nelle
ipotesi considerate, non sussistendo una capacità di diritto privato,
liberamente esplicabile da parte della p.a., trattasi pur sempre di
esercizio illegittimo della funzione amministrativa, che trasmoda in
nullità del regolamento di interessi posto in essere al di fuori e senza
la prescritta osservanza delle regole della evidenza pubblica [ V. al
riguardo C.Stato Commissione speciale 12 ottobre 2001 secondo cui, in tal
modo, si introduce un elemento distorsivo nella gara, così da trasformare
illegittimamente una procedura aperta (ovvero ristretta) in una procedura
negoziata]. L’inconfigurabilità in astratto di una capacità di diritto
privato della stazione appaltante o, più in generale,
dell’Amministrazione tenuta all’osservanza delle procedure di evidenza
pubblica radica l’esame della controversia nella giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo, secondo l’espressa previsione contenuta
nell’art. 7 L. n. 205/2000 (lettera d), 2° comma), trattandosi in ogni
caso di una funzione amministrativa spettante alla stessa p.a., ma
esercitata in modo arbitrario e contra legem. Si è in presenza, in altri
termini, di fattispecie di segno eguale e contrario a quelle che rientrano
nella giurisdizione del giudice ordinario, allorchè non è in astratto
configurabile un potere della p.a. di incidere legittimamente sulla
situazione soggettiva del privato (c.d. carenza in astratto del potere).
In questi casi invece esiste si il potere della p.a. di conformare le
situazioni soggettive facenti capo ai privati, ma esso è illegittimamente
esercitato mediante il ricorso a moduli convenzionali palesemente contra
legem, attesa la espressa previsione legislativa di norme inderogabili che
presiedono e precedimentalizzano il corretto esercizio del potere da parte
della p.a.. La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ha
appunto ad oggetto le ipotesi, e solo le ipotesi, in cui il diritto
soggettivo del privato è in astratto suscettibile di essere assoggettato,
per ragioni di pubblica utilità, al potere conformativo della p.a., anche
in relazione a singole facoltà che concorrono a determinare il relativo
contenuto (artt. 41 e 42 Cost.); ragioni che spetta alla p.a. in concreto
di valutare e al giudice amministrativo ex post di poter sottoporre al suo
sinacato di legittimità, secondo le significative indicazioni contenute
nella sentenza della Corte Costituzionale n. 355/2002. E’ sulla base di
tali considerazioni che va negata la possibilità di modificare le
condizioni contrattuali di affidamento di un servizio o di una fornitura o
della realizzazione di un’opera , sia prima che dopo l’aggiudicazione,
perché in ogni caso non vi è capacità di agire di diritto privato
dell’Ente in tal senso ed, inoltre, vi è palese violazione delle regole
di concorrenza e di parità di condizioni tra i partecipanti alle gare
pubbliche. E’ evidente , infatti che la modifica del corrispettivo
richiesto o di altri elementi significativi dell’offerta risultata
aggiudicataria, sia in aumento che in diminuzione – come è avvenuto nel
caso di specie – muta le condizioni di fatto su cui si è pervenuti alla
conclusione del procedimento di aggiudicazione. Non si può , infatti ,
avendo riguardo al caso di specie, conoscere quali offerte sarebbero
pervenute, in ipotesi anche da imprese che non hanno partecipato alla gara
ritenendo inadeguato il corrispettivo a base di gara di circa quattrocento
milioni , ove si fosse conosciuto l’importo reale di aggiudicazione
superiore di circa duecento milioni a quanto previsto . Si tratta , è
bene ricordarlo, di corrispettivi mensili per un contratto di durata
pluriennale.
Se fosse ammissibile la rinegoziazione delle condizioni alle quali è
intervenuta l’aggiudicazione dopo la stipula del contratto non vi
sarebbe ostacolo ad una serie indeterminata di richieste di modifica delle
condizioni stesse da parte degli aggiudicatari che sarebbero indotti a
mantenere le offerte al minimo al momento della presentazione per
conseguire l’aggiudicazione, per poi recuperare condizioni più
favorevoli nel corso della esecuzione del contratto negoziando modifiche
vantaggiose quanto al prezzo o al contenuto della prestazione ovvero alle
modalità di esecuzione della prestazione stessa. Da altra angolazione una
impostazione di questo tipo sarebbe esclusa per il divieto dello "Jus
variandi " delle Amministrazioni nel corso della esecuzione dei
contratti . E’ noto che la facoltà di modificare l’oggetto
contrattuale è oggi ristretta fortemente dall’art. 25 della legge
109/1994 e successive modifiche e non è consentito ,al di fuori della
casistica individuata in tale disposizione che opera solo per i lavori
pubblici e non per i contratti di servizi o di fornitura, consentire
modifiche non contemplate da disposizioni di deroga al principio stesso.
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