11/10/2002  200205505
Consiglio di Stato, sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5505

La normativa regolamentare comunale di polizia mortuaria e sui cimiteri in tanto è legittima in quanto non viene a porsi in contrasto con la normativa regolamentare adottata dal Governo, in virtù di quanto previsto dall'art. 4 delle disposizioni preliminari al codice civile. La normativa comunale che impone, a pena di decadenza, il rinnovo della concessione cimiteriale perpetua al trascorrere di ogni trentennio è in contrasto con la disposizione di cui all'art. 93 del regolamento governativo approvato con D.P.R. n.803/1975 (il cui contenuto è stato poi ripetuto nell'art. 92 del D.P.R. 10.9.1990 n.285). Detta disposizione statale, dopo aver precisato che le concessioni cimiteriali rilasciate dopo l'entrata in vigore del regolamento, non possono avere una durata superiore ai 99 anni, salvo rinnovo, prevede per quelle anteriori, di durata superiore ai 99 anni, la facoltà di revoca da parte del Comune quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell'ultima salma e si verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno e non sia possibile provvedere tempestivamente all'ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero. Consente poi al Comune, con l'atto di concessione, di imporre al concessionario determinati obblighi tra cui quello di costruire la sepoltura entro un tempo determinato, pena la decadenza della concessione. Con la conseguenza che nella normativa statale, per le concessioni di durata superiore ai 99 anni rilasciate anteriormente al D.P.R. n.803/1975, l'esercizio del potere discrezionale di revoca nell'interesse pubblico viene ancorato a due precisi presupposti (superamento di 50 anni dall'ultima tumulazione e grave insufficienza del cimitero), che debbono concorrere entrambi per la legittimità del provvedimento di revoca, mentre la decadenza viene consentita rispetto all'inosservanza di determinati obblighi a carico del concessionario da precisare con l'atto di concessione (o con la convenzione che sovente l'accompagna).
Con l'entrata in vigore del D.P.R. n.803/1975, debbono ritenersi abrogate in parte qua le disposizioni regolamentari comunali che imponevano il rinnovo della concessione cimiteriale ogni trentennio.


11/10/2002  200205504
Consiglio di Stato, sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5504

La questione della retribuibilità o meno delle mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico ha dato luogo ad orientamenti giurisprudenziali non sempre univoci, ma ormai può ritenersi consolidato l'indirizzo nel senso che per la retribuibilità occorrono non solo un'espressa previsione normativa ma anche altri due presupposti e cioè un preventivo provvedimento di incarico (senza alcuna valenza per attestati successivi) e la disponibilità del relativo posto in organico come del resto recentemente confermato dall'art. 52 D. L.vo 30.3.2001 n.165.


02/10/2002 200205175
Consiglio di Stato, sez. V, 2 ottobre 2002, n. 5175
Il rilascio della sanatoria edilizia, ai sensi degli artt.31 e segg. della legge n.47 del 1985, se da un lato rende legittimo l’edificio che era, strutturalmente e funzionalmente, abusivo, dall’altro non conferisce nessun ulteriore automatico beneficio o vantaggio, attuale potenziale. In particolare, con la sanatoria edilizia non può automaticamente essere variata la destinazione urbanistica del terreno dove insiste l’edificio condonato e nemmeno può ritenersi mutata la relativa normativa urbanistica.
L’art.7 della legge regionale Veneto n. 24 del 1985, pur se letteralmente riferito in generale agli “edifici esistenti ubicati nelle zone di protezione delle strade” per i quali “sono consentite le seguenti opere: … ristrutturazione edilizia …”, deve interpretarsi nel senso che tale disposizione riguardi soltanto le costruzioni rurali, e ciò nel rispetto dello spirito e delle lettera della legge regionale che reca una specifica disciplina di settore. Tale valutazione trova precisa conferma nelle finalità dichiarate dalla legge (tra cui in particolare quella di “favorire il recupero del patrimonio edilizio rurale esistente”: art.1), nella definizione degli oggetti (art.2, dove sono elencate esclusivamente tipologie rurali) e nel secondo comma dell’art.4, che recita: “la destinazione d’uso di costruzioni esistenti non più funzionali alle esigenze del fondo è disciplinata dallo strumento urbanistico”, complesso normativo di riferimento che rivela il limite settoriale della disciplina legislativa; con la conseguenza che accedendo alla tesi contraria si dovrebbe trarre la conseguenza che l’art.7 della L.R.V. n.24, del 1985, una norma urbanistico-edilizia di portata generale, applicabile a qualsiasi edificio posto in fascia di rispetto, con l’inevitabile e sconcertante conclusione dell’abrogazione implicita di tale norma, ad opera dell’art.27 della L.R.V. n.61 del 1985, successivamente entrata in vigore. Invero si deve ritenere che quest’ultima disposizione di carattere generale affida ai piani regolatori la disciplina del restauro e della ristrutturazione delle costruzioni esistenti nelle fasce di rispetto delle strade: tale previsione, ovviamente, è incompatibile con una norma derogatoria generale che consenta essa stessa, in ogni caso, gli interventi di recupero.


01/10/2002   200205117
Consiglio di Stato, sez. V, 1° ottobre 2002, n. 5117

Il rilascio della sanatoria edilizia, ai sensi degli artt.31 e segg. della legge n.47 del 1985, se da un lato rende legittimo l’edificio che era, strutturalmente e funzionalmente, abusivo, dall’altro non conferisce nessun ulteriore automatico beneficio o vantaggio, attuale potenziale. In particolare, con la sanatoria edilizia non può automaticamente essere variata la destinazione urbanistica del terreno dove insiste l’edificio condonato e nemmeno può ritenersi mutata la relativa normativa urbanistica.
L’art.7 della legge regionale del Veneto n.24 del 1985, pur se letteralmente riferito in generale agli “edifici esistenti ubicati nelle zone di protezione delle strade” per i quali “sono consentite le seguenti opere: … ristrutturazione edilizia …”, deve interpretarsi nel senso che tale disposizione riguardi soltanto le costruzioni rurali, e ciò nel rispetto dello spirito e delle lettera della legge regionale che reca una specifica disciplina di settore. Tale valutazione trova precisa conferma nelle finalità dichiarate dalla legge (tra cui in particolare quella di “favorire il recupero del patrimonio edilizio rurale esistente”: art.1), nella definizione degli oggetti (art.2, dove sono elencate esclusivamente tipologie rutali) e nel secondo comma dell’art.4, che recita: “la destinazione d’uso di costruzioni esistenti non più funzionali alle esigenze del fondo è disciplinata dallo strumento urbanistico”, complesso normativo di riferimento che rivela il limite settoriale della disciplina legislativa.