CONSORZI
VOLONTARI TRA ENTI LOCALI, LA PRONUNCIA DELLA CASSAZIONE
1.
Ai consorzi volontari tra enti locali per la gestione di uno o più
servizi, come dispone l'art. 25 della legge 8 giugno 1990, n. 142, si
applica, in quanto compatibile, la disciplina che l'art. 23 della stessa
legge n. 142 detta per le aziende speciali. Il limite della compatibilità
si riferisce al fatto che nella costituzione dei consorzi gli enti locali
non incontrano le limitazioni riferibili alla natura ed alla rilevanza
sociale o imprenditoriale dei servizi, previste dal precedente art. 22
della legge citata per le aziende. Nulla impedisce invece di estendere ai
consorzi il riconoscimento della personalità giuridica, dell'autonomia
patrimoniale e statutaria e della natura di enti strumentali degli enti
locali. Ne consegue che il Consorzio di cui si tratta (nella fattispecie
Consorzio di bonifica costituito ai sensi dell'art. 25 della legge n.
142/1990 tra la Provincia di Milano e ventisette Comuni per la conduzione
e gestione di servizi di pubblica utilità) ha natura di ente pubblico.
2. Lo svolgimenti di attività imprenditoriale ha rilievo soltanto sulla
disciplina applicabile alle relazioni intersoggettive, nelle quali si
svolge la gestione del servizio, e che ricadono nel dominio del diritto
privato, fermo restando, anche per gli enti pubblici economici, che, nei
rapporti interni, l'esercizio dei poteri autoritativi e di
autoorganizzazione ha rilievo solo sul piano pubblicistico.
3. Appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso
avente ad oggetto l'annullamento di una delibera con la quale l'assemblea
di un consorzio tra enti locali ha revocato il consiglio di
amministrazione ed ha nominato un nuovo presidente ed un nuovo
vicepresidente dell'ente, considerata la natura di atto relativo
all'organizzazione dell'ente e, pertanto, a fronte dell'esercizio di
poteri autoritativi di organizzazione le situazioni giuridiche soggettive
dei consorziati non possono che assumere consistenza di interessi
legittimi. Né vale osservare, in senso contrario, che la mancanza di
quorum strutturale comporta l'inesistenza della delibera impugnata, in
quanto assunta in carenza di potere, sia perché, in linea generale,
l'insussistenza del quorum strutturale, che costituisce condizione del
legittimo esercizio della funzione collegiale, secondo alcuni autorevoli
orientamenti della dottrina, potrebbe configurarsi anche come semplice
vizio di legittimità dell'atto, sia perché l'atto emesso in carenza di
potere non è idoneo ad affievolire la situazione di diritto soggettivo a
interesse, ma non può certo trasformare una situazione che è ab origine
di interesse in un diritto soggettivo.
1. CONSORZI VOLONTARI TRA ENTI LOCALI - NATURA GIURIDICA - ENTI PUBBLICI -
DISCIPLINA APPLICABILE - ART. 23 DELLA LEGGE N. 142 DEL 1990 - LIMITE DI
COMPATIBILITÀ
2. ENTI PUBBLICI ECONOMICI - DISCIPLINA APPLICABILE ALLA GESTIONE DEL
SERVIZIO - DIRITTO PUBBLICO - ESERCIZIO DI POTERI AUTORITATIVI E DI
AUTOORGANIZZAZIONE - HA RILIEVO SOLO SUL PIANO PUBBLICISTICO
3. GIURISDIZIONE E COMPETENZA - CONSORZI TRA ENTI LOCALI - DELIBERA
ASSEMBLEARE DI REVOCA DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE E NOMINA DI NUOVO
PRESIDENTE E VICEPRESIDENTE - HA NATURA DI ATTO RELATIVO
ALL'ORGANIZZAZIONE DELL'ENTE - SUSSISTE GIURISDIZIONE DEL G.A.
Corte di Cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 10 ottobre 2002, n.
33691
(Omissis)
Svolgimento del processo
Con ricorso del 23 giugno 2000 al TAR Lombardia i comuni di Sovico, di
Renate, di Triuggio, di Saregno, di Macherio e di Albiate hanno impugnato
la delibera 10 giugno 2000 con la quale l'assemblea del Consorzio di
bonifica dell'Alto Lambro ha revocato il consiglio di amministrazione e ha
nominato un nuovo presidente e un nuovo vicepresidente dell'ente.
I comuni ricorrenti hanno sostenuto che la delibera era nulla o
inesistente perché adottata in mancanza del quorum costitutivo previsto
dallo statuto e in contrasto con quanto previsto dall'art. 4 della legge
15 luglio 1994, n. 444.
Il Consorzio ha proposto regolamento di giurisdizione sostenendo che il
giudice amministrativo adito è privo di giurisdizione perché:
a) i ricorrenti prospettano un'ipotesi di inesistenza della delibera
impugnata per carenza di potere e quindi la lesione di una situazione del
diritto soggettivo;
b) comunque, il potere di ogni consorziato di partecipare alla nomina
degli organi del consorzio ha consistenza di diritto soggettivo, analoga a
quella di elettorato attivo;
c) in senso contrario alla giurisdizione del giudice ordinario non può
invocarsi l'attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione
esclusiva in materia di pubblici servizi perché la presente controversia
non attiene alla gestione del servizio pubblico, ma al potere di nomina
degli organi amministrativi dell'ente gestore;
d) lo statuto consortile prevede che le controversie tra consorziati e
consorzio siano devolute ad arbitri.
Il procuratore generale ha chiesto che sia dichiarata la giurisdizione del
giudice amministrativo perché la controversia ha ad oggetto l'interesse
dei consorziati al corretto esercizio dell'attività di un ente pubblico
(non economico). Le controversie in ordine alla validità ed efficacia
della revoca e nomina degli organi del Consorzio appartengono alla
giurisdizione del giudice amministrativo perché gli atti impugnati
costituiscono espressione del potere di autonomia organizzativa dell'ente,
che ha natura pubblicistica. Né la pretesa carenza di potere
dell'assemblea potrebbe valere a trasformare in diritti situazioni
giuridiche soggettive dei consorziati nate come interessi, così come tale
trasformazione non potrebbe discendere dalla mera previsione di una
clausola compromissoria nello statuto dell'ente.
Motivi della decisione
Il Consorzio di bonifica dell'Alto Lambro è stato costituito, ai sensi
dell'art. 25 della legge 8 giugno 1990 n. 142, tra la Provincia di Milano
e ventisette Comuni, per la conduzione e gestione dei servizi di
collettamento e di depurazione nonché per la costruzione e gestione di
altri servizi di pubblica utilità necessari per contribuire al
disinquinamento del Lambro e al risanamento del proprio ambito
territoriale.
Ai consorzi volontari tra enti locali per la gestione di uno o più
servizi, come dispone il primo comma dell'art. 25 citato, si applica, in
quanto compatibile, la disciplina che l'art. 23 della stessa legge n. 142
del 1990 detta per le aziende speciali.
Il limite della "compatibilità", come è generalmente
riconosciuto, si riferisce al fatto che nella costituzione dei consorzi
gli enti locali non incontrano le limitazioni riferibili alla natura ed
alla rilevanza sociale o imprenditoriale dei servizi, previste dal
precedente art. 22 della legge citata per le aziende.
Nulla impedisce invece di estendere ai consorzi il riconoscimento della
personalità giuridica, dell'autonomia patrimoniale e statutaria e della
natura di enti strumentali degli enti locali. Ne consegue che il Consorzio
di cui si tratta ha natura di ente pubblico.
Irrilevante è, nella specie, l'indagine sulla natura di ente economico
(come sostiene il ricorrente) o non economico (come ritiene il procuratore
generale), perché, come è noto, lo svolgimento di attività
imprenditoriale ha rilievo soltanto sulla disciplina applicabile alle
relazioni intersoggettive, nelle quali si svolge la gestione del servizio,
e che ricadono nel dominio del diritto privato, fermo restando, anche per
gli enti pubblici economici, che, nei rapporti interni, l'esercizio dei
poteri autoritativi e di autoorganizzazione ha rilievo solo sul piano
pubblicistico (v. da ultimo Cass. Sez. unite n. 1243/2000 e 12654/1997).
Ora è indubbio che la delibera del consiglio d'amministrazione del
Consorzio impugnata dai Comuni, come afferma lo stesso Consorzio (sia pure
al diverso fine di negare rilievo, ai fini del riparto di giurisdizione,
alla circostanza che detto Consorzio ha ad oggetto la gestione di servizi
pubblici), ha natura di atto relativo all'organizzazione dell'ente e,
pertanto, a fronte dell'esercizio di poteri autoritativi di organizzazione
le situazioni giuridiche soggettive dei consorziati non possono che
assumere consistenza di interessi legittimi.
Per tale ragione deve ritenersi che correttamente i ricorrenti hanno adito
il giudice amministrativo che ha giurisdizione generale di legittimità su
tutte le controversie aventi ad oggetto situazioni soggettive di interesse
legittimo.
In senso contrario non vale osservare che la mancanza di quorum
strutturale, posta a fondamento dell'impugnazione davanti al TAR, comporta
l'inesistenza della delibera impugnata, in quanto assunta in carenza di
potere, sia perché, in linea generale, l'insussistenza del quorum
strutturale, che costituisce condizione del legittimo esercizio della
funzione collegiale, secondo alcuni autorevoli orientamenti della
dottrina, potrebbe configurarsi anche come semplice vizio di legittimità
dell'atto; sia perché (e tale argomento ha, ovviamente, rilievo decisivo)
l'atto emesso in carenza di potere non è idoneo ad affievolire la
situazione di diritto soggettivo a interesse, ma non può certo
trasformare una situazione che è ab origine di interesse in un diritto
soggettivo.
Non è convincente, d'altra parte, l'abile tentativo della difesa del
ricorrente di equiparare la situazione giuridica che i Comuni assumono
lesa dalla delibera impugnata all'elettorato attivo.
E' vero infatti che l'art. 25, quinto comma della legge n. 42 del 1990
prevede che il consiglio di amministrazione dei consorzi sia eletto
dall'assemblea e che per procedere all'elezione l'assemblea deve essere
regolarmente costituita, ma nella specie la delibera impugnata aveva un
duplice oggetto - revoca del consiglio di amministrazione, nomina di
presidente e vicepresidente - che non coincide con quello che la norma
invocata individua come "elezione del consiglio di
amministrazione".
Né i Comuni hanno sostenuto che il Consorzio abbia negato il loro diritto
di partecipare all'elezione del consiglio di amministrazione, avendo più
semplicemente contestato la legittimità della deliberazione, avente
oggetto diverso dall'elezione del consiglio d'amministrazione, perché
adottata dal collegio irregolarmente costituito.
Irrilevante ai fini del decidere è, infine, la circostanza che l'art. 42
dello statuto del Consorzio, in conformità con quanto previsto dall'art.
96 del d.p.r. n. 902 del 1986 recante il regolamento delle aziende
municipalizzate, prevede la devoluzione ad arbitri delle controversie tra
i consorziati e tra essi e il consorzio, perché tali controversie sono
solo quelle relative allo svolgimento dell'attività imprenditoriale, come
già osservato, soggetta alla disciplina privatistica, mentre restano
estranee alla previsione statutaria le controversie relative all'attività
interna di organizzazione disciplinata da norme inderogabili di diritto
pubblico.
Peraltro, per analoga ragione, questa Corte (Cass., 23 ottobre 1958, n.
10530) ha già avuto modo di affermare, con riferimento ai consorzi
privati disciplinati dal codice civile, che il collegio arbitrale rituale,
per statuto investito di ogni controversia tra consorzio e consorziati, è
incompetente ad accertare, sia pure solo incidenter tantum, la validità
delle delibere dell'assemblea consortile, trattandosi di questione
concernente diritti indisponibili, riservata alla cognizione del giudice
ordinario. A maggior ragione questa conclusione deve essere tenuta ferma
con riferimento a tutte le controversie relative allo svolgimento
dell'attività autoritativa di organizzazione dei consorzi pubblici.
In conclusione il ricorso deve essere respinto e deve essere dichiarata la
giurisdizione del giudice amministrativo.
(tratto da Comuni.it) |