Fermo
amministrativo, sentenza della Corte di Cassazione
1.
L'istituto disciplinato dal comma 6 dell'articolo 69 del regio decreto
2440/23 sulla contabilità generale dello Stato, ai sensi del quale una
amministrazione dello Stato che abbia a qualsiasi titolo ragioni di
credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni può
richiedere la sospensione del pagamento di dette somme, comunemente
denominato fermo amministrativo, si configura come uno strumento cautelare
provvisorio diretto a legittimare la sospensione temporanea del pagamento
di debiti liquidi ed esigibili da parte dello Stato a salvaguardia
dell'eventuale compensazione con crediti, anche non attualmente liquidi e
esigibili, che la stessa o altre branche dell'amministrazione statale,
considerate come organi di una stessa persona giuridica, vantino nel
confronti del medesimo soggetto (così Cassazione sezioni unite 7414/98;
423/89; 3611/84; 391/79; 1389/67; Consiglio di Stato 350/98; 1333/96;
375/96; 123/85).
2. L'istituto del fermo amministrativo trova radice in un potere
eccezionalmente attribuito alla pubblica amministrazione in considerazione
della specifica valenza dell'interesse perseguito, e segnatamente in
relazione ad una valutazione di prevalenza delle esigenze erariali
rispetto al diritto soggettivo del creditore. A seguito dell'esercizio di
detto potere autoritativo, il quale presenta i connotati di un'ampia
discrezionalità, la posizione di diritto soggettivo del creditore degrada
ad interesse legittimo per tutto il periodo di efficacia del fermo, con
riferimento alla esigibilità della prestazione alla scadenza prevista
(vedi sul punto, di recente, sezioni unite 1733/02), con la conseguenza
che le azioni promosse dal creditore della somma fermata al fine di
ottenere l'annullamento del provvedimento in oggetto appartengono alla
giurisdizione del giudice amministrativo.
3. L'art. 69, comma 6, del regio decreto 2440/23 sulla contabilità
generale dello Stato, che fa esclusivo riferimento ad un'amministrazione
dello Stato quale soggetto titolare del potere eccezionale di disporre il
c.d. fermo amministrativo, non può considerarsi direttamente applicabile
ad amministrazioni diverse, in quanto la traslazione dell'istituto -
suscettibile di importare un anomalo affievolimento di diritti di credito
dei privati ad opera della stessa amministrazione che è parte del
rapporto - al di fuori dell'alveo legislativamente assegnatogli ed il suo
inserimento nell'ordinamento contabile di enti diversi dallo Stato
potrebbero ammettersi soltanto in presenza di un'espressa normazione (così
sezioni unite 7414/98, citata, con riferimento all'ordinamento regionale,
vedi altresì Cassazione n. 1673/1983). Sulla base di tali considerazioni,
il provvedimento di fermo amministrativo emesso da una amministrazione
provinciale ai sensi dell'art. 69, comma 6, del regio decreto n. 2440/1923
risulta ordinato in totale carenza di potere. E poiché, come noto, l'atto
amministrativo emanato in assoluta carenza di potere è inidoneo ad
affievolire la posizione di diritto soggettivo del privato, ed è quindi
suscettibile di disapplicazione da parte del giudice ordinario dinanzi al
quale il diritto stesso sia fatto valere (sezioni unite 423/89; 3611/84)
le relative controversie appartengono alla giurisdizione del giudice
ordinario.
1. FERMO AMMINISTRATIVO - NATURA DELL'ISTITUTO - STRUMENTO CAUTELARE
PROVVISORIO
2. FERMO AMMINISTRATIVO - ESERCIZIO DI POTERE AUTORITATIVO DELLA P.A. -
AFFIEVOLIMENTO DEL DIRITTO SOGGETTIVO DEL CREDITORE AD INTERESSE LEGITTIMO
- AZIONI PROMOSSE DAL CREDITORE DELLA SOMMA FERMATA AI FINI
DELL'ANNULLAMENTO DEL PROVVEDIMENTO DI FERMO AMMINISTRATIVO - APPARTENGONO
ALLA GIURISDIZIONE DEL G.A.
3. FERMO AMMINISTRATIVO - ART. 69, COMMA 6, REGIO DECRETO N. 2440/1923 -
NON PUÒ CONSIDERARSI DIRETTAMENTE APPLICABILE AD AMMINISTRAZIONI DIVERSE
DA QUELLE STATALI - FERMO AMMINISTRATIVO DISPOSTO DA UNA AMMINISTRAZIONE
PROVINCIALE - PROVVEDIMENTO EMESSO IN ASSOLUTA CARENZA DI POTERE -
CONTROVERSIE - APPARTENGONO ALLA GIURISDIZIONE DEL G.O.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE CIVILI - sentenza 4 novembre 2002, n.
15382
(Omissis)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La L. P. s.p.a. otteneva in data 30 gennaio 1996 dal Giudice di pace di
Ancona decreto ingiuntivo per lire 3.402.701, oltre interessi, nei
confronti della Provincia di Ancona, relativo al pagamento della fornitura
di gasolio da riscaldamento di cui alla fattura 3733/95.
L'opposizione dell'Amministrazione provinciale con la quale si
prospettava. il compimento di gravi irregolarità nelle forniture
effettuate dalla società in esecuzione del contratto di appalto, tali da
aver determinato l'adozione di delibera. di rescissione, era. rigettata
dallo stesso giudice di pace con sentenza del 6-8 novembre 1996.
Avverso tale pronunzia proponeva appello la parte soccombente, deducendo
tra l'altro il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. avendo essa
con delibera del 19 marzo 1996 provveduto a disporre, ai sensi
dell'articolo 69 del regio decreto 2440/23, il fermo amministrativo dei
pagamenti delle fatture emesse dalla L. P. spa dal 30 novembre 1995, e
quindi anche di quella posta a base del decreto ingiuntivo, così che il
preteso diritto soggettivo della predetta era degradato ad interesse
legittimo.
Costituitosi il contraddittorio, con sentenza del 3 febbraio-14 aprile
2000 il tribunale di Ancona, disattesa la richiesta di sospensione del
giudizio in attesa della definizione dei giudizi pendenti dinanzi al Tar
delle Marche ed al tribunale di Ancona, nei quali si era prospettata
l'illegittimità del provvedimento di rescissione e di incameramento della
cauzione, nonché del processo penale a carico di G. L., rigettava
l'impugnazione, osservando, in relazione alla questione di giurisdizione,
che il fermo amministrativo dei pagamenti costituisce misura cautelare a
tutela, di posizioni che affluiscono esclusivamente all'Amministrazione
statale, e non anche a quella provinciale. Siffatto provvedimento era
stato pertanto emesso in carenza di potere in astratto, onde doveva
considerarsi tamquam non esset ed inidoneo, in ragione della sua
inefficacia, ad affievolire il diritto soggettivo del creditore.
Osservava altresì nel merito che, a prescindere dalla contestata
legittimità della rescissíone del contratto operata
dall'amministrazione, la società doveva essere pagata per la prestazione
in oggetto, avendo essa effettivamente provveduto alla consegna del
prodotto e non essendo stato contestato il quantitativo di gas indicato in
fattura.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la provincia di
Ancona sulla base di quattro motivi illustrati con memoria. Ha resistito
con controricorso la L. P. s.p.a.
La causa è stata assegnata a queste sezioni unite, ai sensi degli
articoli 374 primo comma Cpc e 142 disp. att. Cpc, per la soluzione della
questione di giurisdizione posta nel secondo motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il secondo motivo di ricorso, denunciando violazione degli articoli 37
c.p.c. e 114 Cost., insufficienza ed erroneità della motivazione, si
deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, rilevandosi che
il provvedimento di fermo amministrativo costituisce misura di autotutela
adottabile non solo dalla Stato, ma da tutte le amministrazioni pubbliche,
che costituiscono l'ordinamento statuale in senso ampio.
Il motivo è infondato.
Costituisce invero orientamento consolidato di questa Suprema Corte e
della giurisprudenza amministrativa che l'istituto disciplinato dal comma
6 dell'articolo 69 del regio decreto 2440/23 sulla contabilità generale
dello Stato, ai sensi del quale una amministrazione dello Stato che abbia
a qualsiasi titolo ragioni di credito verso aventi diritto a somme dovute
da altre amministrazioni può richiedere la sospensione del pagamento di
dette somme comunemente denominato fermo amministrativo, si configura come
uno strumento cautelare provvisorio diretto a legittimare la sospensione
temporanea del pagamento di debiti liquidi ed esigibili da parte dello
Stato a salvaguardia dell'eventuale compensazione con crediti, anche non
attualmente liquidi e esigibili, che la stessa o altre branche
dell'amministrazione statale, considerate come organi di una stessa
persona giuridica,, vantino nel confronti del medesimo soggetto (così
Cassazione sezioni unite 7414/98; 423/89; 3611/84; 391/79; 1389/67;
Consiglio di Stato 350/98; 1333/96; 375/96; 123/85).
Tale istituto, che la Corte costituzionale nella sentenza 67/1972 ha
definito, riscontrandone la legittimità costituzionale, come peculiare
"misura di autotutela" accordata all'amministrazione dello Stato
allo scopo di assicurare la realizzazione dei fini cui è rivolto l'iter
amministrativo procedimentale disciplinato da norme preordinate ad
assicurare la regolarità contabile e la realizzazione delle entrate dello
Stato, e quindi come "strumento necessario alla protezione del
pubblico interesse connesso alle esigenze finanziarie dello Stato",
trova radice in un potere eccezionalmente attribuito alla pubblica
amministrazione in considerazione della specifica valenza dell'interesse
perseguito, e segnatamente in relazione ad una valutazione di prevalenza
delle esigenze erariali rispetto al diritto soggettivo del creditore.
A seguito dell'esercizio di detto potere autoritativo, il quale presenta i
connotati di un'ampia discrezionalità, la posizione di diritto soggettivo
del creditore degrada ad interesse legittimo per tutto il periodo di
efficacia del fermo, con riferimento alla esigibilità della prestazione
alla scadenza prevista (vedi sul punto, di recente, sezioni unite
1733/02), con la conseguenza che le azioni promosse dal creditore della
somma fermata al fine di ottenere l'annullamento del provvedimento in
oggetto appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Queste sezioni unite hanno peraltro già avuto occasione di rilevare che
la disposizione in esame, che fa esclusivo riferimento ad
un'amministrazione dello Stato quale soggetto titolare del potere
eccezionale in discorso, non può considerarsi direttamente applicabile ad
amministrazioni diverse, in quanto la traslazione dell'istituto -
suscettibile di importare un anomalo affievolimento di diritti di credito
dei privati ad opera della stessa amministrazione che è parte del
rapporto - al di fuori dell'alveo legislativamente assegnatogli ed il suo
inserimento nell'ordinamento contabile di enti diversi dallo Stato
potrebbero ammettersi soltanto in presenza di un'espressa normazione (così
sezioni unite 7414/98, citata, con riferimento all'ordinamento regionale,
vedi altresì Cassazione 1673/83).
Sulla base di tali considerazioni deve argomentazioni che il provvedimento
di fermo amministrativo emesso dalla provincia di Ancona ai sensi
dell'articolo 69 del regio decreto 2240/23 è stato ordinato in totale
carenza di potere.
E poiché, come è noto, l'atto amministrativo emanato in assoluta carenza
di potere è inidoneo ad affievolire la posizione di diritto soggettivo
del privato, ed è quindi suscettibile di disapplicazione da parte del
giudice ordinario dinanzi al quale il diritto stesso sia fatto valere
(sezioni unite 423/89; citata, 3611/84, citata), va dichiarato che la
cognizione della lite circa la sussistenza e l'esigibilità del credito
posto a fondamento del decreto ingiuntivo opposto appartiene alla
giurisdizione del giudice ordinario.
Il motivo di ricorso deve essere pertanto rigettato.
Va disposta la trasmissione degli atti al primo presidente per la
designazione della sezione che procederà all'esame degli altri motivi.
P.Q.M.
La Corte di cassazione, a sezioni unite, rigetta il secondo motivo di
ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; rimette gli
atti al primo presidente per la designazione della sezione in ordine
all'esame degli altri motivi.
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