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DOTT.
CARMELO CARLINO COMPONENTE
DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE NAZIONALE DELL’AGES SEGRETARIO
GENERALE DELLA PROVINCIA DI ASTI Un
saluto particolare, essendo io siciliano, ai colleghi della Sicilia ed a
tutte le autorità presenti. E’
veramente con piacere, e questa è una nostra scelta,
quella di portarci, come Ages, sul territorio
e di comprendere quello che pensa la categoria della riforma, perché
solo dal polso vivo del territorio possiamo ricavare anche noi come
componenti dell’Agenzia quelle che sono le istanze ed i bisogni dei
segretari comunali e provinciali. Ovviamente,
noi segretari, componenti del CdA dell’Agenzia, abbiamo un compito più
gravoso degli altri, perché oltre che essere componenti, abbiamo il grave
compito di rappresentare la categoria. Il
mio intervento è inteso a rileggere in chiave un po’ critica quello che
stamattina è stato detto sulla riforma costituzionale, perché anche noi
abbiamo le nostre idee tanto che ci siamo posti come provocatori di questi
dibattiti che oggi sono molto frequenti.
Inoltre vorrei toccare i punti critici della riforma del 1997 per
poi dare un nostro contributo sulle modifiche da apportare al Testo Unico. Non
c’è dubbio che dopo i tentativi dei comuni di Castel di Tora e di
Lauro, che per primi hanno tentato la via statutaria di abrogazione della
figura, abbiamo cercato di spingere l’acceleratore sul dibattito
istituzionale per evitare altri simili tentativi e non c’è dubbio che
oggi, come avete sentito dagli interventi di stamattina, occorre
riflettere seriamente sulla portata della riforma costituzionale. La
prima riflessione è che il dibattito sulla riforma costituzionale non è
arrivato ad un punto definitivo anzi è molto articolato e, quindi, spetta
anche a noi dare il nostro contributo come operatori del settore. Le
posizioni della dottrina “in ordine alla disciplina dell'organizzazione
e dello svolgimento delle funzioni” oggi sostanzialmente sono tre. C’è
un primo gruppo di giuristi che sostiene che la disciplina
dell’organizzazione, punto nodale del sesto comma dell’art. 117 cost.,
è di competenza degli enti e, quindi, comuni e province hanno la
titolarità dell’organizzazione. Stando a questi, ovviamente il
segretario diventerebbe - nel caso in cui l’ente decidesse di non godere
di questa figura un “optional”,
cosa che a noi non piace e da agitazione al solo pensarci. Dopo
abbiamo un secondo gruppo di giuristi, come il prof. Pitruzzella,
sostenitori della competenza regionale. Questi sostengono che con la
riforma si è costruito muro, una barriera netta di differenziazione
legislativa tra le Regioni e lo Stato e che ciò di cui si devono occupare
le Regioni non deve essere disciplinato dallo Stato; infatti, per il
principio di esclusività non essendo, a livello legislativo,
l’organizzazione disciplinata nel secondo e nel terzo comma, laddove si
parla di legislazione esclusiva dello Stato e di legislazione concorrente,
essa ricadrebbe nella legislazione esclusiva delle Regioni. Noi,
evidentemente, la pensiamo diversamente. per noi c’è una terza via e la
terza via è quella che ancora lo Stato non si può permettere il lusso di
rinunciare a questa figura che tanto ha dato alle istituzioni, se non
altro per garantire la governance.
Tanto che qualcuno si chiede come sia possibile pensare di
amministrare comuni e province senza il contributo fattivo dei segretari
comunali e provinciali in un momento in cui, ai sensi dell’art. 118
della Cost., aumentano le funzioni amministrative. Abbiamo appena sentito
dal responsabile regionale dell’ANCI della necessità della presenza dei
segretari soprattutto nei piccoli e piccolissimi comuni. Noi
siamo per l’attualità della figura non solo per esigenze di governance,
ma anche perché siamo convinti che ci sia un radicamento nella riforma
costituzionale come competenza esclusiva dello Stato che prevede la figura
del segretario comunale e provinciale nella lettera p) dell’art. 117,
soprattutto nelle funzioni fondamentali laddove gli organi di governo
risultano legati ad una
organizzazione che vede necessariamente la nostra presenza. Noi
ci siamo chiesti cosa volesse significare la lettera p) dell’art. 117
della cost.. La lettera p), a nostro giudizio, non vuole dire altro che
salvaguardare gli elementi essenziali di identità e di omogeneità del
sistema degli enti locali: sistema elettorale, organi di governo, funzioni
fondamentali. In questo modo, cioè, il legislatore ha inteso ribadire che
con la riforma costituzionale è stato ampliato l’ambito di autonomia
degli enti locali, ma la riforma del titolo V della Costituzione ha
voluto, a nostro giudizio, affermare anche che il trasferimento di poteri
e funzioni deve avvenire nell’ambito di regole molto precise. Cioè non
possiamo immaginare, come correttamente è stato detto anche oggi, che si
possano avere 8.000 repubbliche indipendenti. Dobbiamo immaginare, invece,
che ci sono delle regole e queste devono essere osservate uniformemente
sul territorio nazionale. Questo
è il punto fondamentale del nostro punto di vista, quindi, il principio
di “cedevolezza”
delle norme di cui si parla tanto deve avere ben presente la
necessità di un forte principio di omogeneità. Vedete
queste non sono a parole
gettate al vento, ma sono idee che sempre più vanno prendendo piede,
perchè se avete fatto caso agli interventi più redenti, mi riferisco a
quelli del Presidente della Repubblica e del Procuratore Generale della
Corte dei Conti, oggi assistiamo ad una rilettura dell’art. 5 della
Costituzione. Ha
detto il Presidente Ciampi che “la Repubblica è, comunque, ai sensi
dell’art. 5 della Costituzione, sempre una ed indivisibile e bisogna
assicurare l’unitarietà dell’ordinamento. Così come il Procuratore
Generale della Corte dei Conti nell’inaugurare l’anno giudiziario 2003
ha ribadito che il principio fissato dall’art. 5 della Costituzione, nel
punto in cui sancisce il principio che “la Repubblica è una e
indivisibile riconosce le autonomie locali e adegua i principi e i metodi
della sua legislazione alle esigenze delle autonomie e del
decentramento” è ancora un principio irrinunciabile. Quindi quelle
letture della Costituzione, che davano come superato il senso dell’art.
5 a seguito della riforma Costituzionale vanno riviste a seguito delle
recenti affermazioni del Presidente della Repubblica, che rappresenta
l’unità nazionale, e dal Procuratore Generale della Corte dei Conti. Se
questo ragionamento ha un senso solo la legislazione esclusiva dello Stato
- dico solo la legislazione esclusiva dello Stato, può intervenire in
materia di segretari comunali dando copertura legislativa alla modifica
costituzionale. Allora
si facciano pure le riforme, ma si tenga conto di questi irrinunciabili
principi. Per
quanto riguarda quello che è successo in questi anni, bisogna fare un
approfondimento sull’attualità della riforma del 1997 e sulla necessità
di apportarvi eventuali correttivi. In questo contesto prima di parlare
del ruolo del segretario comunale e provinciale a seguito della riforma
costituzionale bisogna approfondire che cosa e’ avvenuto con la legge
127 del 1997: 1
- si è configurata la scelta di collocare il segretario comunale e
provinciale, figura indefettibile, nell’ambito degli enti locali; 2
- la gestione della categoria ed in particolare la tenuta dell’albo
professionale e’ stata affidata ad un’Agenzia nazionale, per
assicurare un minimo di uniformità sul territorio nazionale; 3
- e’ stata prevista la possibilità di scelta del segretario da parte
del sindaco e del presidente della provincia (rapporto fiduciario); 4
– è stata prevista la possibilità per i comuni di convenzionarsi dando
per inteso che le convenzioni potevano avvenire esclusivamente
nell’ambito della stessa sezione dell’albo (e quindi per i soli comuni
di classe 2, 3 e 4; 5
- per i comuni superiori a 15.000 abitanti e le province e’ stata
prevista la possibilità di
nominare un direttore generale anche al di fuori della dotazione organica
o di affidarne in tutti gli enti le funzioni allo stesso segretario; 6
- è stata prevista la
possibilità di non confermare il segretario a seguito di nuove elezioni o
della vacanza della sede in un periodo che va dal 60/mo al 120/mo giorno; 7
- è stata prevista la possibilità, nel caso di mancata conferma, di
collocare il segretario in disponibilita’ per 4 anni dopo di che è
prevista la mobilita’ d’ufficio, salva sempre la mobilita volontaria; 8
- e’ stata prevista la revoca del segretario per gravi violazioni dei
doveri d’ufficio. In
conclusione è vero che la riforma con poche luci e molte ombre ha retto
certamente l’imbatto con il sistema., ma è anche vero che il sistema ha
retto perché i segretari e le
organizzazioni sindacali hanno dimostrato nervi saldi. Ed
e’ grazie alle organizzazioni sindacali se la legge 127 non si può
definire una riforma fallita; infatti, mi chiedo e vi chiedo, cosa ne
sarebbe stato del segretario comunale e provinciale se i tentativi di
Castel di Tora e di Lauro fossero andati a buon fine? Come
organizzazioni sindacali ci siamo trovati soli di fronte all’azione di
Castel di Tora e di Lauro, ci siamo trovati soli di fronte alle
convenzioni selvagge come ci siamo trovati soli di fronte alle revoche
senza alcuna motivazione. Gli altri protagonisti della riforma del 1997,
salvo l’Agenzia, non hanno mosso un dito difronte a queste aggressioni. Ma
una riforma non si puo’ reggere sull’azione giudiziaria - una riforma
deve essere condivisa. Noi
abbiamo creduto ed investito in questa riforma perchè volevamo costruire
una figura professionale moderna, dinamica ed all’altezza delle nuove
sfide. Per questo abbiamo previsto un percorso professionale durissimo e
qualificato con addirittura con due anni di scuola post universitaria. Avendo
accettato la sfida e avendo accettato grandi sacrifici, come la revoca e
la non conferma, francamente dalle istituzioni ci aspettavamo
riconoscimenti e maggiore considerazione e non la proposta di
soppressione. Sappiamo,
però, che queste sono iniziative isolate e che molti invece lavorano per
dare a questa figura la giusta collocazione. Per
noi, quindi, la compatibilità della nostra figura prevista dalle leggi
Bassanini con il nuovo assetto fondamentale
non solo e’ sostenibile ma è il perno sul quale si può far
ruotare il nuovo assetto ordinamentale. Non
c’é pero’ nessun dubbio che occorre introdurre nell’attuale Testo
Unico e nel regolamento 465/97 delle modifiche. I
nostri punti fermi sono: -il
mantenimento dell’unitarietà nazionale della figura; -la
riaffermazione della corretta collocazione del segretario nell’ambito
degli enti locali; -l’attività
di collaborazione nei confronti di tutti gli organi dell’ente; -la
essenzialità della funzione di garanzia, della legalità sostanziale
dell’intera azione amministrativa tanto più necessaria adesso dopo la
eliminazione di ogni forma di controllo esterno; -e
soprattutto l’incardinazione generalizzata sul segretario della funzione
di direzione complessiva degli enti seppure
in maniera differenziata secondo le dimensioni degli enti. Non
credo che queste funzioni possano essere svolte da soggetti che non hanno
una visione complessiva dell’attività degli enti locali. Le
modifiche dovranno riguardare: a)
lo spoil system A
nostro giudizio va prevista una sua attenuazione con maggiori garanzie per
il segretario che non può essere lasciato in balia del sistema. Come
ha detto recentemente il ministro Mazzella “la pubblica amministrazione
deve avere soprattutto nei suoi alti vertici delle connotazioni di
neutralità e imparzialità che rappresentano la sua fedeltà
all'istituzione più che al potere politico". Temo
che molta parte del potere politico però pensa di andare verso la
direzione opposta e questo sarebbe un problema veramente grave. b)
convenzioni di segreteria Delle
convenzioni di segreteria si e’ fatto un uso distorto che ha portato ad
una riduzione del 20% delle sedi. Noi
non siamo contrari all’istituto del convenzionamento ma occorre evitare
che il ruolo del segretario ne esca sminuito. Occorre,
quindi, stabilire nuovi criteri generali in ordine alla costituzione delle
convenzioni per l’ufficio di segreteria. Un ruolo ben definito del
segretario con le responsabilità di cui si è parlato in modo che le
convenzioni per l’ufficio del segretario possano rispondere ad effettivi
criteri di funzionalità ed adeguatezza dell’ufficio associato. c)
corretta copertura di tutte le sedi Si
rende necessario precisare meglio i requisiti, i criteri e le modalità
che portano alla nomina dei segretari ed alla copertura di tutte le sedi
nei termini fissati dalla riforma prevedendo sanzioni per gli
inadempienti. d)
revoche arbitrarie. Per
quanto riguarda le revoche il ruolo che è richiesto alla figura postula,
poi, necessariamente l’introduzione delle garanzie previste per tutta la
dirigenza pubblica, affinché non siano poste in essere revoche
arbitrarie. e)
segretari in disponibilità Occorre
trovare una soluzione per i segretari in disponibilità di lunga durata. I
segretari hanno accettato per primi il sistema dello spoil system a
precise condizioni. Il
fenomeno ha assunto ormai dimensioni insostenibili che assorbono molte
delle risorse dell’Agenzia, però non è sostenibile lasciare
esclusivamente sul sistema delle autonomie locali il peso dei segretari in
disponibilità occorre che anche il governo faccia la sua parte. Basterebbe
ad esempio modificare alcune norme prevedendo incentivi a favore dei
segretari che accettano il trasferimento in altre regioni perché mentre
abbiamo delle regioni che hanno segretari in disponibilità ve ne sono
altre dove mancano. f)
l’Agenzia L’Agenzia,
come dice Silvano Moffa, presidente della Provincia di Roma, nonché
Presidente della Sezione dell’Ages del Lazio ed autorevole esponente di
AN, rappresenta un significativo esempio di gestione dialogica e non
dialettica della categoria, da parte di tutto il mondo delle autonomie. Si
tratta di un esempio osservato con estremo interesse anche da altri paesi
e che consente se ben operante di coniugare
le esigenze di scelta “fiduciaria” degli amministratori locali,
con quelle legittime di tutela della categoria. Ma
l’Agenzia per molti amministratori rappresenta un ente ancora estraneo
(tanto da essere visto ancora come un ente statale).
All’Agenzia
tocca risolvere quattro compiti fondamentali: a)
una corretta gestione dell’albo b)
un corretto utilizzo delle convenzioni c)
una seria politica attiva per il collocamento dei segretari in
disponibilità d)
un serio rapporto con i segretari e le organizzazioni sindacali. Se
l’Agenzia riuscirà a fare questo con maggiore incisività rispetto al
passato potrà rappresentare il perno della riforma, in virtù
dell’essere espressione dell’intero sistema autonomistico. Per
il suo funzionamento inoltre, per l’esperienza che ho potuto fare in
questo periodo, deve approvare al piu’ presto un regolamento di
organizzazione teso a sburocratizzare l’attività prevedendo una
gestione collegiale per gli atti fondamentali affidando, invece, la
gestione a responsabilità individuali attribuendo deleghe ai vari componenti e alla struttura. Infine
dovrà attrezzarsi meglio per dare risposte immediate alle esigenze dei
colleghi e delle amministrazioni e dovrà decentrare competenze alle
sezioni regionali. La
scommessa dell’Agenzia si vince solo con queste modifiche. Per
tutti questi motivi abbiamo chiesto dei tavoli di confronto al Governo ed
alle associazioni degli enti disposti a trovare assieme le soluzioni
giuste. I tavoli però non devono essere una inutile perdita di tempo. Noi
non siamo assolutamente trincerati in difese corporative ma vogliamo
essere partecipi delle scelte che verranno fatte. I
prossimi appuntamenti (il disegno di legge La Loggia e il disegno di legge
sulla delega per il nuovo testo unico) ci devono trovare pronti a portare
avanti il dialogo. In
conclusione, quindi, la risposta alla domanda che oggi tutti si fanno,
servono i segretari nell’attuale contesto istituzionale, è: si. I
segretari servono sia nella versione più classica (quella
giuridico-amministrativa) sia in quella più moderna (la direzione
dell’ente locale in senso manageriale). Serve,
altresì, la loro disponibilita’ al cambiamento ma anche il loro solido
radicamento nelle realtà locali e il
loro senso delle istituzioni. |
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