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WUZ

Di lui è stata detta qualsiasi cosa: dal nuovo Freddie Mercury alla popstar del nuovo secolo. Dal genio assoluto al progetto di marketing più furbo del nuovo millennio. In Italia il Festiva di Sanremo lo ha incoronato come “l’ospite” della kermesse, e tutti in Italia si sono accorti di lui. Ma il singolo “Grace Kelly” aveva già degnamente preparato la strada. Libanese, 23 anni, vede la vita a cartoni animati. Il mondo del pop saluta l’avvento dell’era Mika

 

Lo abbiamo letto dappertutto: Mika è il nuovo Freddie Mercury. Il 23 cantante libanese è stato catturato dalla critica proprio per questa caratteristica, chiara, limpida e ovviamente piuttosto evidente. Giusto sì, ma fino ad un certo punto, perché confinare Mika alla luce dei Queen non è forse la strada giusta.
Intendiamoci: la somiglianza tra lui e il mai troppo compianto Mercury è tutta da sentire, negli acuti e nei passaggi alti del singolo hit-maker, “Grace Kelly”: anzi, a voler essere maligni, si potrebbe anche dire che Mika non si risparmia certo nel citazionismo, ma prendiamolo come atto di fede e
di amore verso un grande pezzo di storia musicale contemporanea.
Mika conduce i brani con quel fare molto “queenesque”, almeno per tutta la prima parte di “Life In Cartoon Motion”, portando la voce a salire e scendere con estrema naturalezza, flettendola sotto il corpo di una pop music che, a differenza del rock della “regina”, non si barrica dietro la chitarra di Brian May ma sotto il tappeto di tastiere e pianoforte pop. E a proposito di citazioni, quasi sconvolgente il parallelo tra alcuni passaggi di “Lollipop” e la celeberrima “Another One Bites The Dust”.

Ma analisi frettolose e imprecise fanno perdere di vista, spesso, il fulcro di un lavoro artistico. Già, perché Mika va inserito a tutti gli effetti in una dimensione popolare che, fino all’ultimo disco in studio, vedeva regnare e dominare Robbie Williams: la dimensione dell’International Pop. Robbie Williams è più di un riferimento per Mika. E’ una sorta di ombra. Di matrice culturale. Di dimensione sociale. Di contesto dal quale partire. Non è Robbie Willams nelle canzoni, ma nelle atmosfere. Nella costruzione delle canzoni. Prendete ad esempio “My Interpretation”, con quella ballabilità pop tipica dell’ex Take That. Ma anche l’equlibrio tra parti elettroniche, parti strumentali e cantati aperti è un altro marchio di fabbrica di Mr. Robbie.
Senza dimenticare che dietro a tutto questo, quasi inevitabilmente, c’è sempre e comunque l’ombra lunga dei Beatles: ascoltare “Billy Brown” per credere (ma d’altronde, quale musicista pop moderno non ha vissuto di riflesso ai Fab Four?)
Ebbene Mika, forse suo malgrado, lancia una sfida, non tanto commerciale volta al dominio delle classifiche di vendita o all’affermazione nell’immaginario collettivo adolescenziale - quello ormai è già successo, e Mika è un successo vivente e camminante - quanto una sfida più tecnica. È un punto di vista diverso. Oppure
un modo differente di vedere la stessa cosa. Mika porta con sé, nel pop da classifica, più retaggi rock di quanto si possa immaginare, arrivando a far brillare ancora la stella di certo glam radiofonico anni settanta (su tutti gli Slade e gli Sweet), ma con un garbo e con una predisposizione alla vendibilità tipicamente neomillenaria.

Un consiglio a Mika però va dato. Quello di non strafare. Quello di creare, al di là della voce, una propria identità artistica. Perché il rischio forte è di rimanere intrappolato nel ricordo di Freddie Mercury stesso e, nel momento di maturità, essere abbandonato da pubblico e critica. Mika ha bisogno di diventare Mika anche e solo per ciò che scrive. Perché se c’è un difetto in “Life In Cartoon Motion” è proprio di non saper mantenere sempre la stessa impostazione e di trovarsi spesso a divagare. Cercando sempre il colpo a sorpresa o la citazione colta. Ma che spesso porta fuori strada. Ma da un debutto di questo livello sarebbe stato chiedere anche troppo.

 

 

 

 

 

 

Source: Wuz

(continua nello spazio sottostante)

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