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migrazioni estere, migrazioni interne e migrazioni internazionali tra XIX e XX secolo Gli orientamenti evolutivi dell’industrializzazione italiana tra XIX e XX secolo sono stati caratterizzati da una notevole lentezza ma anche da una mobilità che ha profondamente mutato le strutture demografiche del nostro Paese. Il ritardo dello sviluppo economico e produttivo provocò, tra l’ultimo quarto dell’Ottocento e i primi decenni del secolo successivo, una fuga dall’Italia quantificabile in oltre 5 milioni di emi-grati, soprattutto verso le Americhe. In un primo tempo l’emigrazione coinvolse soprattutto le regioni settentrionali. I piemontesi che lasciavano la loro terra si orientarono in un primo tempo soprattutto verso la Francia, per poi dirigersi in modo sempre più massiccio verso il continente americano. L’inasprirsi delle re-strizioni imposte dagli Stati Uniti all’ingresso di nuove ondate migratorie impose però la scelta quasi obbligata dell’America del sud, dove ancor oggi i coloni di origine piemontese sono nu-merosissimi e hanno nel corso del tempo impresso una traccia profonda nella cultura, nella so-cietà e soprattutto nell’economia di alcuni paesi come l’Argentina, il Brasile, il Venezuela e l’Uruguay. L’emigrazione dalle regioni dell’Italia meridionale ebbe invece il suo momento di maggior in-tensità un po’ più tardi, tra l’inizio del nuovo secolo e lo scoppio della Ia Guerra mondiale: si calcola che solo in questi quindici anni gli immigrati italiani negli Stati Uniti furono almeno 3 milioni. Era – in un caso e nell’altro – il mito della Merica, il paese dalle prospettive illimitate, la nuova frontiera economica e del riscatto sociale, lo svincolarsi da un’Italia ancora fortemente rurale in cui proprio la popolazione contadina viveva la malora della miseria diffusa, della fatica, di una politica daziaria e doganale dissennata, della silenziosa rassegnazione ma anche delle prime tensioni sociali e politiche. Non si può dimenticare che – parallelamente a questa intensa emigrazione estera – una gran-de massa di persone abbandonava le campagne, le valli alpine, il contado rurale per accasarsi nelle grandi città, dove si concentrava un settore industriale ancora agli inizi ma sulla via di un’espansione sempre maggiore. E’ il periodo in cui in Piemonte intere zone rurali e montane si spopolarono rapidamente, in-crementando lo sviluppo delle periferie industriali di Torino e – in modo minore – degli altri ca-poluoghi di provincia. Il primo stabilimento della Fiat fu inaugurato nel 1900 (un anno dopo la costituzione della so-cietà), inaugurando l’introduzione di quel modello fordista che avrebbe caratterizzato per tutto il secolo a venire gli assetti socioeconomici torinesi. Torino si veniva così a costituire, con Milano e Genova, come uno dei poli privilegiati nel pano-rama dell’industrializzazione italiana, con un conseguente incremento della sua attrattività de-mografica. Lo sviluppo industriale torinese provocò per quasi tutto il corso del ‘900 un vistoso sbilancia-mento tra l’agglomerato urbano in continua crescita e il mondo rurale e montano in via di spo-polamento. L’urbanizzazione cambiò rapidamente il volto della città: nel giro di pochi decenni interi quar-tieri sorsero a ridosso della cinta daziaria ottocentesca (le “barriere”), dando vita ad un subur-bio densamente popolato e a forte connotazione operaia. Se si osserva l’andamento della popolazione torinese tra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento, le dimensioni dell’urbanizzazione sono sorprendenti. Il richiamo della produzione industriale surclassò, nel giro di poco tempo, gli altri eventi che pure già avevano influito in misura notevole sulla popolazione torinese, a partire dalle lotte risorgimentali fino al 1861 e ol-tre, con Torino prima capitale dello stato unitario. Nel giro di un secolo la popolazione torinese è più che sestuplicata, passando dai 120mila abi-tanti del periodo pre-unitario ai 735mila del 1950. La Ia Guerra mondiale incise negativamente sul costante e inesorabile incremento demografico cittadino, ma fu soprattutto la terribile pan-demia di influenza spagnola del 1918 a lasciare una traccia indelebile sull’andamento longitu-dinale della popolazione. Anche la IIa Guerra mondiale, in particolare tra il 1942 e il 1945, ral-lentò lo sviluppo demografico cittadino

 
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