Joseph Conrad, Heart of Darkeness,
Extract 2: River of no return
- Di lì a pochi giorni la “Spedizione Eldorado” s’inabissò
in quel paziente deserto vegetale, che si rinchiuse su di lei come il mare
sopra un palombaro. Dopo molto tempo giunse la nuova che tutti quanti gli
asini erano morti. Quanto a quegli altri animali di minor prezzo, non se ne
ebbe più notizia. Anche loro senza dubbio, come noi tutti, si ebbero quel che
meritavano. Non pensai nemmeno a chiedere informazioni. Ero parecchio esaltato
in quel tempo alla prospettiva di trovarmi molto presto faccia a faccia con Kurtz. È un «molto presto » che va inteso in senso
relativo; poiché compievano giusto due mesi dal giorno che avevano lasciato la
cala, allorché ci accostammo infine alla sponda davanti alla stazione di Kurtz.
- Risalire lungo quel fiume era come viaggiare all'indietro nel tempo verso i piú
remoti primordi del mondo, quando la vegetazione tumultuava sulla terra, ed
alberi immensi stavano come imperatori. Una fiumana deserta, un altissimo
silenzio, una foresta impenetrabile. L'aria era calda, spessa, pesante,
torpida. Nessuna gaiezza nello splendore abbagliante del sole. L'ampia via fluviale
si stendeva in lunghi tratti deserti, che andavano a perdersi entro cupe
lontananze oppresse di ombra. Su certi argentei banchi di sabbia ippopotami e
coccodrilli stavano distesi a prendere il sole, in compagnia. Talvolta le
acque, allargandosi, scorrevano framezzo a una folla
di isolette boscose. Ci si smarriva su per quel fiume, ben altrimenti che in un
deserto: ad ogni momento, cercando il tronco navigabile, si andava a dar di
cozzo contro un qualche bassofondo, sin che alla fine veniva
fatto di credersi in preda a una maniera di sortilegio, e tagliati fuori per
sempre da tutto ciò che s'era conosciuto un tempo, chi sa dove, lontano
lontano, in un'altra esistenza, forse. C'erano dei momenti in cui uno rivedeva
improvvisamente il proprio passato, come accade talvolta
quando non si ha un attimo di tempo da dedicare a se stessi: ma lo si
rivedeva sotto l'aspetto di un sogno agitato e rumoroso, ricordato con stupore framezzo alle prepotenti realtà di quel prodigioso mondo
di piante, di acque e di silenzio. Ma quell'immobile
vita non aveva proprio nulla di pacifico. Era l'immobilità di una forza
implacabile che stia covando un qualche
imperscrutabile disegno. Vi guardava con un aspetto vendicatore. Più tardi
finii per avvezzarmici; non la vedevo nemmeno più: non ne avevo
tempo. Ero intento, ad ogni momento, a indovinare il corso della corrente
navigabile; a scoprire, più che altro per una specie di ispirazione, gli
indizi d'invisibili bassifondi, e di certi pietrosi sommersi: andavo imparando
a stringere i denti di colpo prima che il cuore mi balzasse via, quando sfuggivo per
un capello a qualche satanasso di vecchio tronco d'albero subdolamente
affiorante, che avrebbe sdrucito a morte quella mia scatola di sardine di un
battello, e affogato tutti i pellegrini: dovevo aver occhio senza tregua alle
sponde per avvistare un po' di legna morta, che potessimo, di nottetempo,
tagliare per la navigazione del giorno appresso. Quando tutta la vostra
attenzione è concentrata su cose di questa
fatta, sugli incidenti che avvengono alla superficie, la realtà - la realtà, vi
dico - svanisce. La verità profonda si mantiene
nascosta; per fortuna, per fortuna. Pur tuttavia, io la sentivo: la sentivo
spesso, misteriosamente immobile, che mi osservava mentre andavo compiendo i
miei esercizi scimmieschi, non altrimenti che essa osserva anche voi tutti,
quando date spettacolo, ognuno sulla propria corda, per... cosa vogliamo dire?
per mezzo scudo alla capriola...
- Fate d'essere un po' più educato, Marlow,
- brontolò, una voce; e seppi così che, oltre a me, c'è n'era almeno un altro
sveglio ad ascoltare.