Altri
sigilli
MGCorsini,
17 dicembre 2006. Tutti i diritti riservati
In questa bella foto
si intravede il trattino verticale della maiuscola sotto al “guantone” di Eu-rō-pē
in A 25
Quanto all’etimologia di
Dēmētēr, Poseidáōn e Ennosídas, sono tutti composti con il
preellenico Dā, che i grecofoni
hanno letto Mega- (cf. DA(Y)-dyo-ny, MEGALOIN-dyoîn, i due alti pali, e DA(Y)-ray, MEGArē, sull’Apoteosi). Perciò
Dāmātēr è Megálē
Mātēr, Magna Mater,
Riesco
facilmente ad interpretare questo sigillo, ma per dire di più e meglio
dovrei avere la foto dell’originale e sapere da dove proviene. Abbiamo al
centro in alto Eros, verisimilmente
alato, con l’arco da cui ha già scoccato
la freccia che fa innamorare chi
vuole. E’ infatti, come dice l’inno orfico (58), il dio che ha le chiavi di
tutto, del cielo, del mare, della terra e degli esseri che vi stanno dentro. E’
il mégistos koũros che (come scrive Marinatos, ma col punto interrogativo
che io elimino) « più di mille anni più tardi i sacerdoti eteocretesi di Praso
invocheranno in lingua greca ma ancora con spirito minoico, perché scenda in
terra a fecondare il mondo degli animali e delle piante » (Sp. Marinatos e M.
Hirmer, Creta e Micene, Sansoni, p. 26). A destra abbiamo una donna che soffre
per amore appoggiata ad un masso sacro a forma di pithos. Sopra di lei degli ideogrammi (un
occhio e un orecchio) che vogliono significare che gli dèi tutto vedono e tutto
odono, ascoltano i lamenti e la preghiera della donna e Eros (al centro in
alto) l’ha già esaudita perché ha già scoccato la freccia fatale, non solo, ma
volto alla madre Afrodite tiene nella mano destra (nel sigillo che è speculare
alla cretula) una fascia d’Iside con nodo sacro(?), e la sventola in segno di
vittoria, ad indicare che il cuore di lei o lui già spasima per l’implorante.
Di questi sigilli probabilmente ne furono realizzati parecchi, acquistati da
donne e ragazze in cerca d’amore per lasciare un’impronta nei pressi dell’ara
sacra e ricordare alla dea e al figlio la preghiera già espressa a voce o
mentalmente. Dunque l’oggetto dell’amore, uomo o donna che sia, non compare.
Alla sinistra del sigillo compare la dea Afrodite, madre di Eros, che, invocata, è scesa in soccorso della
donna in compagnia del figlio (persuasore) da lei invitato ad esaudirne il desiderio. E par che la dea con la destra risponda al
figlio che sapeva bene che sarebbe andata così, per il meglio. Dietro la
schiena della dea compaiono come delle ali che
ricorrono anche nel sigillo di cui ci occuperemo di seguito. Tutto
sommato (a parte la funzione di Eros) mi pare che il sigillo riecheggi la prima
ode saffica (“inno d’invocazione” klētikòs hýmnos) ad Afrodite, l’unica
intera che abbiamo di Saffo. Quando Saffo aveva pene d’amore Afrodite “udendo
la sua voce di lontano” scendeva
“serena, sorridendo nell’immortale viso”, e le diceva: “Chi cerchi
ancora che Persuasione ti getti fra le braccia? Chi, o Saffo, ti fa del male?
Se ora ti fugge, presto di amerà, anche se non vuole.” E la preghiera di Saffo
è: “Scendi con me anche oggi; sollevami dal peso del tormento; esaudisci quanto
il mio cuore brama che avvenga; tu stessa combatti con me.” Eros è
rappresentato più o meno come ce lo aspetteremmo da questo sigillo nel libro
terzo delle Argonautiche di Apollonio Rodio e proprio da questo passo ricavo un
prezioso indizio per interpretare la “trottolina” che volteggia in aria nel
sigillo di Isopata.
Che l’oggetto volante sul sigillo da Isopata (presso
Cnosso) sia un essere umano, come una bambinetta con la gonna a volants, lo
escluderei. Nelle Argonautiche di Apollonio Rodio si tratta invece del «
balocco stupendo di Zeus, quello che fece per lui la nutrice Adrastea
nell’antro dell’Ida, quand’era ancora bambino, una palla veloce; niente
potresti avere più bello dalle mani di Efesto. E’ fatta di cerchi dorati, e
attorno a ogni cerchio, dall’una parte e dall’altra, girano intorno gli anelli,
ma le giunture sono nascoste; sopra di loro corre un’azzurra voluta. Se tu
l’avrai nelle mani, e la lanci, lascia per l’aria un solco splendente, come una
stella. » (3, 132-141), un giocattolo
che Afrodite promette ad Eros se farà innamorare di Giasone Medea. Che sia
descritta o meno come trottola a me questo pare un riferimento alle trottole
usate dalle streghe romane (come Orazio la riferisce a Canidia/Gratidia «
rimanda indietro, svolgi la tua trottola » Epodi, 17, 7). Secondo Eliano
Ciprigna primieramente la portava agli uomini (De natura animalium 6,19). La
trottola o rombo era una ruota magica ai
cui 4 raggi (o dentro la quale) era legato un
uccello (torcicollo, simile al picchio), intorno alla quale si avvolgeva
un filo per farla girare pronunciando delle formule, e trascinare così l’anima
della persona su cui veniva esercitata la fattura. Come si legge nel secondo
idillio di Teocrito, la formula era: “Iynx (torcicollo in greco) trascina alla
mia casa quell’uomo… “ (quella persona in genere). Nel sigillo in esame quelle
che sembrerebbero la testolina e le braccine di una bambina potrebbero
rappresentare il torcicollo legato alla trottola. Dunque in qualche modo la
trottola aveva la stessa funzione di Eros e dunque lo rappresentava come
“strumento” nelle mani di sua madre Afrodite, la grande madre cretese. Nel sigillo
ritroviamo le ninfe Ilizie con le loro vitine da ape che salutano l’apparizione
della dea dell’amore che levita in alto insieme alla sua trottola magica.
L’anello detto di Minosse, dalla Temple Tomb di
Cnosso, potrebbe essere un falso perché troppo preciso nei particolari (mi
colpisce – se non erro – che si notano gli esatti dettagli del volto) rispetto
alla semplicità e schematicità dei sigilli autentici (ai falsari bisognerebbe
rendere la vita difficile come essi la rendono difficile a noi). Riproduce la
grande madre Amalthea sulla sua barca a testa di cavallo, cioè connessa a
Posidone, col castello di prua in forma di
due sacelli sormontati da doppie corna. Ritroviamo poi la dea sulla
sinistra seduta in trono su un tempio all’aperto segnalato dalle doppie corna.
Un uomo e una donna nudi raccolgono frutta
da alberi che sporgono da edifici sacri al centro e alla destra. Un
piccolo mégistos koũros levita sospeso nell’aria di fronte alla grande dea
madre nutrice di tutto, pántōn genéthla. A giudicare anche dalla
sostituibilità del mégistos koũros con la trottola magica direi che nella
religione minoica tutto il potere onnigenerante risiede nella sola grande madre
(che è sempre unica anche se venerata sotto nomi diversi in località differenti
e anche con caratteristiche a volte peculiari) e il mégistos koũros o la trottola
indicano semplicemente l’amore che la dea porta alla natura da essa generata,
dunque sua figlia o suo figlio, un po’ come la colomba che compare come attributo
sulle statuine della dea e poi sarà simbolo cristiano dello Spirito Santo.