Alla ricerca del
continente perduto di Atlantide
MGCorsini, 2
dicembre 2006. Tutti i diritti riservati
Comparando
le antiche tradizioni al fine di identificare se possibile i
primi tre faraoni hyksos di Manetone mi sono nuovamente imbattuto
nellAtlantide di Platone e così, premesso e ribadito che
con la sua Atlantide nella trilogia Repubblica Timeo e Crizia
Platone si proponeva unopera di geopolitica e non di storia,
mi sono chiesto se comunque, alla base della sua storia su
Atlantide, gli Atlantidi e la loro invasione dellEurasia,
ci potesse essere un minimo fondamento storico e culturale. Se
quello di Atlantide fosse uno scenario noto da altre fonti
storiche e Platone avesse costruito la sua storia mettendo
insieme fantasia e realtà e questa realtà fosse piluccata a
destra e a manca mettendo insieme fatti diversi avvenuti in
epoche differenti, è evidente che non varrebbe la pena di fare
alcuna ricerca. Se invece Platone fosse stato depositario di una
tradizione sostanzialmente storica (ricevuta per via orale e
supportata da un manoscritto in suo possesso del suo antenato Solone)
e poi lavesse, per le motivazioni del suo trattato di
geopolitica, trasferita in unepoca diversa e enormemente
più antica, e questa tradizione ci fosse sostanzialmente nota
solo da lui, al contrario dovremmo prenderla estremamente sul
serio. Vè ancora una terza ipotesi, che non esclude la
seconda; che Platone, data la sua grande scienza, che io ammiro
moltissimo, possa aver condotto ricerche personali e le
abbia volute inserire nel suo trattato perché comunque
pertinenti, fingendo di attingere (e magari in parte attingendo)
ad un manoscritto antico, espediente utilizzato anche da
Alessandro Manzoni per i suoi Promessi Sposi che, ognuno
converrà, trattasi di romanzo di fantasia, ma, ciò è
importante, fondato su fatti storici e su una meticolosa ricerca
degli usi e costumi del tempo nelle aree geografiche che fanno da
sfondo alla narrazione.
Platone
parla di due alluvioni intercorse fra quella che inabissò
Atlantide e lultima che va sotto il nome di Deucalione (Crizia,
112a). Ciò conferma lantichità di Atlantide quale che sia
la datazione che vogliamo dare al Diluvio di Deucalione,
allinizio dei secondi palazzi minoici o (come faccio io)
alla fine. Platone esagera palesemente le misure della capitale di
Atlantide, il suo livello artistico e la sua tecnologia da farne
per i suoi tempi il mondo che noi immagineremmo in una futura
età dello spazio. Tuttavia io credo che si sia semplicemente
limitato a deformare fatti storici realmente avvenuti (e questo ci
interessa fino ad un certo punto) e a descrivere la capitale di
Atlantide e i suoi usi e costumi più o meno come era in effetti,
cosa che ci interessa molto di più.
La
guerra che gli Atlantidi avrebbero portato contro il continente
eurasiatico e Atene corrisponde esattamente
allinvasione dei nordici popoli del mare: « I paesi
stranieri ordirono un complotto nelle loro isole. La guerra si
diffuse contemporaneamente in tutti i paesi e li sconvolse, e
nessuno poté resistere alle loro armi
Essi avanzarono
verso lEgitto, con le fiamme davanti a sé. La loro
confederazione era formata dai Peleset, Tjekker, Sheklesh, Danu e
Weshesh, ed essi si impossessarono dei paesi di tutto lorbe
terrestre, con cuore risoluto e fiducioso il nostro piano
è compiuto! » (Gardiner, La civiltà egizia, Einaudi, p.
259) Queste informazioni si trovano oggi incise sulle pareti del
tempio di Medinet Habu e le può leggere tuttora chiunque conosca
legizio antico in scrittura geroglifica, ma al tempo antico
erano incise sicuramente sulle pareti di altri templi delle
principali città egizie, così che, vuoi da archivi templari,
vuoi da queste iscrizioni, i sacerdoti potevano tradurre in greco
a Solone come dopo di lui a Erodoto e ai Greci delle età
posteriori, il loro contenuto. Questa invasione dellEgitto,
da cui gli Iperborei e gli altri furono peraltro respinti, risale
allanno 8 di Ramses III,
Le
costumanze degli Atlantidi hanno sapore minoico in particolare
nella cattura da parte dei dieci re del toro che sacrificavano
per versarne, giurando di giudicare conforme alle leggi, il
sangue sul pilastro di oricalco, sul quale erano incise le leggi,
posto al centro [i Galli lo chiamano nemeton,
parola connessa anche a santità e a
cielo] dellisola, nel santuario di Posidone/palazzo
reale, dove si riunivano alternativamente ogni cinque e sei anni
(Crizia, 119c-d). Hanno sapore celtico nella predilezione per la
notte durante la quale i dodici re delibavano le sentenze
e allalba le scrivevano su una tavola aurea dedicata in
ricordo insieme alle vesti azzurre da loro indossate nella
cerimonia (Crizia, 120b-c). Quando si parla di Celti è doveroso
interpellare il sommo poeta celto-greco Omero. Sulla Scheria (nelle
lingue germaniche Scogliera) e sui Feaci
(sui cui dodici re Alcinoo Alcuino (?) regna come
Atlante e i suoi discendenti primogeniti sui dodici re di
Atlantide) incombe la punizione di Posidone che secondo la
profezia ricoprirà lisola con un monte. Ciò poco si
attaglia con linabissamento di Atlantide, ma come ho tante
volte scritto, Omero colloca (per dimostrare che Pyrgi è un
paese di gente per bene e che dunque i Greci vengano pure a fare
affari in Etruria e a depositarvi i propri denari nel tempio-banca
di Ilizia a Pyrgi) il paradiso, con la fonte delleterna
giovinezza di Nausicaa, a Pyrgi, porto di Tarquinia, capitale
federale dellEtruria, dove approda Odisseo. La profezia
sulla fine di Pyrgi era solo lespediente omerico per far
capire che proprio di Pyrgi si trattava spiegandone il nome noto
a tutti come Monte dei Tirreni (Licofrone,
Alessandra, 805). Omero colloca Ogigia in Sardegna isola di Calipso
figlia di Atlante e ne fa il purgatorio, ma sa bene che Ogigia di
cui Scheria è il residuo dopo la fine di Atlantide si trova in
Irlanda o dalle parti dellIrlanda (come poi lo sa Plutarco),
nellOceano Atlantico settentrionale: L« isola in
mezzo allonde, dovè lombelico [omphalós] del
mare: isola ricca di boschi, una dea vha dimora, la figlia
del terribile Atlante, il quale del mare tutto conosce gli abissi,
regge le grandi colonne, che terra e cielo sostengono da una
parte e dallaltra. » (Odissea, I, 50-54) Lomphalós/nemeton
è luogo sacro per eccellenza presso i Celti e qui
strettamente associato alle colonne che reggono il cielo di
Atlante. E vero che Atlante re di Atlantide non è Atlante
gigante che sorregge il cielo, e infatti qui Omero parla di
Atlante reggitore delle colonne perché ha spostato Ogigia in
Sardegna. Sa tanto bene che Ogigia/Isole dei Beati si trova
nellAtlantico settentrionale che vi accenna in almeno tre
occasioni, quando Proteo dice a Menelao che dopo morto andrà
nella pianura Elisia, ai confini del mondo, dovè anche
Radamanto, e là bellissima dei mortali è la vita (Od. 4,561ss);
quando Odisseo coi suoi compagni, dipartitosi dalla Colchide di
Circe e percorrendo necessariamente in gran parte il
viaggio di ritorno degli Argonauti, lungo il Danubio, il Po e il
Reno, giunge allArmorica, da cui i defunti vengono
traghettati alle Isole dei Beati britanniche, e lui infatti
attraversa lOceano allaltezza del paese dei Cimmeri
di nebbia e nube avvolti, mai su di loro il sole splendente
guarda coi raggi e notte tremenda grava sui mortali infelici,
sbarca dove sono boschi sacri a Persefone, e poi percorre un
tratto a piedi e scende nelle case putrescenti dellAde (Od.
11,13ss e 10, 508ss); quando, ma si tratta di canto non omerico,
quando Zeus dice che agli estremi confini del mondo stanno
Crono e Giapeto, seduti, non dei raggi dellaltissimo Sole,
non godono dei venti, ma intorno è il Tartaro fondo (Il. 8,478).
Le isole presso i Celti sono sempre un omphalós e lIrlanda
aveva ovviamente il suo omphalós a Tara, capitale del
distretto centrale.
Fatta
la tara di tutte le meraviglie artistiche di Atlantide (come la
gigantesca statua di Posidone auriga di sei cavalli alati
attorniato da cento nereidi su delfini nel tempio cuspidato e
splendente di argento, oro, avorio e oricalco), che nel primo
quarto del XII secolo poteva avere una civiltà certo non
superiore a quella Micenea coeva, rimane il fatto che riportare
alla luce la capitale di Atlantide, un tesoro sommerso e
preservato di dati storico-archeologici potrebbe essere un evento
eccezionale. La descrizione della capitale di Atlantide con i
suoi terrapieni a circolo richiama facilmente le analoghe
costruzioni celtiche che sono dei santuari di pietra (stonehenge)
o di legno (woodhenge), ma, come sempre, le città degli dèi e
dei morti si conformano a quelle dei vivi, per cui è lecito
aspettarci di individuare una simile capitale di Atlantide.
Sito del woodhenge
di Goseck, Germania. E evidente la sua somiglianza con la
pianta della capitale di Atlantide ricostruibile dal racconto di
Platone
Una
specie di Venezia del nord, di Amsterdam, in quanto
evidentemente la capitale di Atlantide (al di là della
manipolazione platonica) poggiava tutta su un sistema di
palafitte, tanto che le navi che uscivano dai canali (a tratti
sormontati da ponti) sembravano venir fuori direttamente da sotto
il mare e i moli dove queste erano attraccate erano sotterranei
rispetto alla città. Viene alla mente la tradizione irlandese
sui Fomoire, gli abitanti autoctoni dellIrlanda, che
la leggenda fa venire da sotto il mare. Se anche
questa fosse una paretimologia conserverebbe il suo valore di indizio
del modo di vita dei Fomori. Secondo il Glossario di Le Roux e Guyonvarch
è preferibile la derivazione dal celtico comune *vo-bera, in cui
è rintracciabile il nome del biscione gallico, cosa
che ci riporta al dio capostipite Posidone/Dagan, il dio pesce
scuoti-terra. Possiamo dunque attribuire agli autoctoni Fomori (che
nella tradizione si sono rifugiati nelle Ebridi e nellisola
di Man; Balor, capo dei Fomori, mezzo uomini, mezzo mostri, aveva
un occhio solo in fronte come Polifemo) la prima civiltà di
Atlantide e la fondazione della capitale con una cultura in
relazione con Creta e lEgitto (e ovviamente con
Secondo
Platone in seguito a terribili terremoti e diluvi, in un solo
giorno e una sola notte tremendi Atlantide scomparve adagiandosi
sul fondale e provocando un enorme deposito di fango (Timeo, 25d).
Se Atlantide fosse stata di roccia come pretende Platone non
sarebbe certo sprofondata così. Questa descrizione si attaglia
ad unisola artificiale con una struttura lignea e terrosa.
Amo
la civiltà dei Celti, che ci fanno sognare dai tempi di Omero.
Forse non cè nulla da fare per riportare alla luce il
Mostro di Loch Ness, ma se ne avessi i mezzi mi metterei alla sua
ricerca finché lo troverei. Spero che almeno qualcosa si possa
fare per far tornare alla luce Atlantide. Se satelliti
particolarmente sofisticati vedono dallalto un euro,
perché non fotografare con questi la piattaforma continentale
fra lo stretto di Gibilterra e lIrlanda? Un occhio esperto
potrebbe magari individuare una sia pur labile traccia.
Fine