(secondo
l’Apoteosi di Radamanto a Festo e il suo Sarcofago ad Haghia Triada)
MGCorsini,
12 dicembre 2006. Tutti i diritti riservati
Apotheosis of Rhadamanthys, side A:
Theia è il nome originario o abbreviato di quella che conosciamo
(anche) col nome di Amaltheia, la divina capra che allattò Zeus nell’Antro dell’Ida. Dunque i faraoni
morti e divinizzati sono associati alle loro madri (ovviamente premorte)
divinizzate assimilate ad Amalthea, che allattò non a caso il sommo dio, come
loro una volta morti diventano sommi dèi. (Si noterà che, convenzioni a parte,
sul Sarcofago è meglio identificata la bianca Nefertiti della nera Tiye)
L’etimologia di Amaltheia (per Esichio
ámala è la nave) potrebbe essere “nave divina”, ed un collegamento con la nave sarebbe
confermato dall’altro suo epiteto di Tarania, nota dal sanscrito, dove è
la nave che conduce ai Campi Elisi. E’
anche la nave che esce in mare nella buona stagione e cioè quando la natura si
risveglia, dunque delle messi.
Sigillo da Mochlos con la dea Amalthea
sulla sua nave
Sigillo dalla città bassa di Tirinto
Nel sigillo in basso abbiamo delle ninfe con la vitina da ape Melissa derivate dall’egizia
dea ippopotamo Thueris (Ta-Urt) preposta ai parti e all’allattamento. Anche in questo sigillo le ninfe nutrici o
Ilizie al servizio di Amalthea sul trono sono connesse con le messi e col
risveglio della natura.
Probabilmente (anche se pure nella grotta di Kamares si ebbe un culto
analogo) è nell’Antro dell’Ida che guarda dalla parte di Cnosso che dobbiamo
situare i rituali relativi e ciò perché la tradizione ha fatto riferimento in
modo particolare a questo luogo di culto. Inoltre qui era anche la cosiddetta
tomba di Zeus altrettanto nota (ma un ipogeo mi è noto anche nella grotta
dell’Ilizia presso Amniso e dunque forse v’era anche a Kamares e in tutti gli
antri relativi a questo stesso culto). In sostanza, aggiornando quanto ritengo
a proposito dei funerali di Radamanto, v’è da ritenere che il Sarcofago di
Radamanto fosse in origine collocato nell’Antro dell’Ida dove si svolse (anche
nel santuario all’aperto antistante) tutta la cerimonia legata al centro religioso di Festo (anche se
il centro politico s’era già trasferito verisimilmente ad Haghia Triada), dove
infatti fu collocata a ricordo l’Apoteosi di Radamanto. In età successiva, con
l’arrivo a Creta dei Micenei, il Sarcofago (e l’Antro stesso) fu violato e depredato del ricco corredo.
Dopo la rivolta dei Minoici e la cacciata dei Micenei da Cnosso e da Creta il
Sarcofago fu riutilizzato da un sovrano di Haghia Triada (ora sicuramente il
nuovo centro politico-religioso della Mesarà) che si riteneva o magari era
anche discendente dei sovrani egizi (Minosse/Yuya, Deucalione/Ay, Idomeneo/Amenofi
IV) sull’isola. Si tenga presente che Ay
(1319-1315) regnò come vero e proprio faraone dopo Tutankhamon, il che vuol
dire che avrebbe potuto prendere nuovamente il suo nome di Deucalione come re
di Creta (anche se questa non faceva più parte dell’impero egizio). Comunque è
lecito credere che chi utilizzò la seconda volta il Sarcofago ci stette dentro
da morto per davvero e per l’ultima volta dell’utilizzo del Sarcofago stesso.
Eidomenē “
Da Il ramo d’oro di Frazer si raccolgono interessanti informazioni riguardo
alla Capra nei rituali dei popoli primitivi e in particolare degli antichi
Greci. Innanzitutto la capra era più che l’animale sacro ad Atena, la sua
incarnazione, come si deduce dall’usanza di raffigurare la dea avvolta
nell’egida, la pelle di capra (I Mammut, Newton, p. 538). Il sacrificio una
volta all’anno della capra sull’Acropoli indicava non più l’offerta alla dea
ma il sacrificio della stessa dea di cui
la capra era l’incarnazione (p. 538-539). Questo come si deduce da quanto
Frazer ha scritto qui e altrove era un principio generale, per cui in origine
il dio veniva ucciso per il benessere della collettività, per procurargli
prosperità o farla uscire dalle carestie. Il sangue e la carne dell’animale
incarnazione della divinità veniva sparso e ritualmente mangiato perché il dio
dà la vita attraverso se stesso e magicamente attraverso l’animale che lo
incarna. Questi rituali possono essere stati originari di Creta ma nelle
condizioni in cui ci troviamo nell’Apoteosi di culti riservati a faraoni egizi
e alle loro spose reali divinizzati, verisimilmente fino dall’inizio dell’età
degli Hyksos, si può ritenere che il rituale abbia origini anche e soprattutto
hyksos (popolo nomade in cui la capra ha avuto sicuramente un ruolo importante)
ed egizie cosicché val la pena notare che per sottrarlo alla collera di Era,
Zeus trasformò Dioniso in capretto, e quando gli dèi ripararono in Egitto per
sfuggire all’ira di Tifone, Dioniso fu mutato in capra: « Quando, dunque, i
suoi adoratori facevano a pezzi una capra viva, e ne divoravano la carne cruda,
ovviamente erano convinti di cibarsi della carne e del sangue del dio. » (p. 445) Ciò mi consente di aprire una
parentesi sul mito di Gesù Cristo creato sui fatti storici della guerra
giudaica (su cui ho scritto in