- Il Meteor -progetto:
E.G. Van De Stadt
Da
quasi trent' anni il Meteor galleggia sulle acque italiane, fu la prima «
barca per tutti» e per molti fu la «prima barca ». Lo
fu anche per un cantiere di Forli, che allora si chiamava « Sipla» e che
poi, col nome «Comar », portò mezza Italia in barca. Non
era facile negli anni in cui la vela era più che mai dei ricchi e snob
investire in una barca piccola, ma Renzo Zavatta lo fece e gliene siamo
grati. Dopo di lui fu il vuoto perché: barca piccola... piccoli guadagni. Ma il Meteor non è stato soltanto una bella barchetta: è ed è stato un formidabile mezzo di diffusione della nautica, come è giusto che sia per una barca di sei metri. Finiti gli anni Settanta ci si poteva aspettare una fisiologica uscita di scena, invece nel 1984 arriva il riconoscimento della Federazione Italiana Vela e allora: tante regate, «Nautica Luino» come nuovo cantiere, il mitico Corsi segretario di classe, una rivalutazione dell'usato e una distribuzione su tutto il territorio nazionale in flotte agguerrite. E
gli anni Novanta? Saranno ricordati come quelli del restyling, delle 1000
barche in acqua, del notiziario. L'arrivo
da tutto il mondo di altri monotipi sembrava dovesse affondarlo, invece un
nuovo cantiere, «Nautica Lodi », un nuovo impulso della classe ed il
boom della monotipia lo rilanciano come l'unico sei metri cabinato
utilizzabile in regata ed in crociera. Si,
proprio cosi, perché il Meteor è dotato di quattro cuccette e fornellino,
è sicuro, marino ed autoraddrizzante, con armamento in testa d'albero. Il
disegno della carena lo rende veloce e maneggevole, il bulbo col piccolo
siluro fa si che sia stabile con ogni mare. Ascoltate
queste parole: «Ho fatto crociere anche con barche "grandi", ma
i miei ricordi più felici vanno alle scorribande col Meteor. Con lui ho
navigato per tutto il Tirreno, comprese quasi tutte le isole, coi figli e
con gli amici, in perfetta comunione col vento e col mare. Se ho peccato
allontanandomi più di sei miglia dalla costa, Iddio mi ha perdonato perché
Lui lo sa" che la cosa più pericolosa in mare è... la terra. Quando
poi ormeggiavamo il nostro piccolo scafo nei porti, sotto le murate di
grosse barche, dovevamo guardare i nostri vicini dal basso in alto, ma con
l'animo presuntuoso di chi guarda dall' alto in basso.Nessun complesso di
inferiorità. Anzi, semmai il contrario ». Non possiamo certo accusare di
presunzione Franco Alberti, uno dei piu affezionati regatanti di Meteor e
presidente della classe, perché come dice un vecchio proverbio triestino:
« Barca granda onda piccola, barca piccola onda granda» e per noi barca
piccola = grandi marinai. Ma cerchiamo di evidenziare le caratteristiche che, differenziando il Meteor dai tanti monotipi che lo seguiranno, possono costituire i motivi di interesse che ancora lo tengono in piena vita. In
primo luogo il fatto che è il piu piccolo dei cabinati con i quali si può
partecipare ad un campionato italiano per monotipi. È l'unico armato in
testa d'albero, la qual cosa implica un modo di regatare e di regolare
barca e vele decisamente proprio. Si regata in tre e non è quindi
difficile trovare equipaggio. Insomma,
una barca che funziona, che consente a tutti di entrare nel mondo della
vela con pochi soldi e molto spirito per provare la sensibilità della
deriva, le capacità marinaresche in crociera e, perché no, l'agonismo
sfrenato in regata. Agli
albori, quando la Sipla, poi Comar, iniziò la costruzione, adottò quella
che allora era la moderna tecnica della costruzione in serie mediante la
tanto vituperata « plastica », un laminato di fibra di vetro impregnata
di resina in cui alla fibra è affidata principalmente la funzione di
resistenza mentre alla resina è demandata la funzione di distribuzione
degli sforzi, garantendo l'adesione dei vari strati di fibra. Così
al Meteor è stato attribuito anche questo onere, vincere cioè la
diffidenza per la «plastica », ma non fu poi così difficile, vista la
diffusione che ebbe la barca e visti gli enormi vantaggi che una simile
costruzione dava sia ai proprietari (prezzi accessibili e costi di
manutenzione ridotti), sia al cantiere, il quale, messi in opera gli
stampi per lo scafo, la coperta e gli interni (gavoni, cuccette e cielo),
stratificava e poi assemblava i quattro pezzi e vedeva così finita la
barca (fig. 9). Gli svantaggi di questo modo di costruire sono la
creazione di un'intercapedine non ispezionabile e la non sempre perfetta
adesione degli interni allo scafo. Van
De Stadt, nel definire in quegli anni le specifiche di costruzione, che
sono poi divenute norme della classe per garantire la monotipia, non
poteva che orientarsi verso i criteri allora moderni di facilità
costruttiva ed economicità e definì che la barca doveva essere prodotta
in resina poliestere rinforzata con fibra di vetro, secondo piani e
tabelle di stratificazione (numero di strati per ogni zona della barca)
ben precisi. La
stessa barca, costruita oggi, potrebbe pesare un 30% in meno ed essere
altrettanto resistente, ma la monotipia è una filosofia che mette dinanzi
a tutto l'uomo, il confronto ad armi pari, non per fermare il progresso ma
per rispettare chi ha investito su una barca e vuole continuare a
confrontarsi con essa senza attenuanti. Come
si può immaginare, in vent'anni la tecnica ed i materiali si sono evoluti
ed anche il Meteor ha subito alcune variazioni nella costruzione, che sono
state e sono motivo di contrasto tra i proprietari, soprattutto regatanti.
La preoccupazione legittima è la perdita della monotipia, unica garanzia
per poter continuare a regatare ad armi pari anche con barche della
vecchia generazione. Il
rischio opposto è un' eccessiva obsolescenza estetica della barca, con
disaffezione e perdita di competitività rispetto ai nuovi monotipi sul
mercato. Cosf
il Meteor, alla ricerca di un inevitabile compromesso tra ammodernamento e
rispetto della monotipia, ha subito delle modifiche non sulle linee di
carena e sulle appendici, ma soltanto sul controstampo interno. Quella
che originariamente era un'unica stampata per gli interni, ora,
all'altezza del galleggiamento, è stata interrotta e viene resinata sullo
scafo con stuoia di rinforzo. Con questo sistema si determina un maggiore
irrigidimento longitudinale dello scafo lungo il galleggiamento da prua a
poppa, che contrasta le torsioni a cui è soggetto lo scafo sotto vela, e
si elimina l' intercapedine tra scafo e controstampo; è stato inoltre
possibile ricavare nell' estrema prua, sotto le cuccette, una zona stagna
ispezionabile che, unitamente all'altra zona centrale ricavata sotto le
sedute del pozzetto, garantisce l'inaffondabilità della barca rendendola
conforme alle specifiche Lloyd's-Class l AI Yachts (inaffondabilità):
mica male! Il
nuovo processo costrutti vo porta alla creazione di un' apertura sul piano
di calpestio della cabina, che permette di tenere in vista i dadi del
bulbo e di ispezionare una zona che col tempo si riempiva d'acqua. In
questa fase è stato aggiunto anche il comodo aggancio della suspendita,
che consente alaggi e vari piu semplici e meno costosi. Inoltre
è stato ripristinato il bottazzo in legno previsto nel pro- getto
originale, che, tenuto in posizione da 80 bulloni passanti, migliora la
resistenza alla torsione del guscio e anche l'estetica. Un'ultima
modifica è l'eliminazione del contro stampo che costituiva il cielo della
tuga; esso risultava una trappola per l'acqua che filtra dall'
attrezzatura di coperta. Tutto
ciò ha portato ad una maggiore rigidità e solidità del guscio,
aumentando la resistenza nel tempo della fibra. Senza dubbio un vantaggio
nella qualità e nella durata di queste barche, che sono divenute piu
sicure e piu asciutte, piu belle e ahinoi!... piu veloci. Nessuno
può negare che modifiche di questo genere sulla distribuzione dei pesi e
sulla rigidità dello scafo migliorino le prestazioni della barca, però
non si può restare indietro e spetta solo alla classe, ed ai regatanti
che la formano, far si che queste migliorie incidano il meno possibile sul
risultato delle regate, effettuando controlli sui pesi, operando affinché
le modifiche stesse siano approvate in maniera graduale e, nei limiti del
possibile, siano applicabili anche al resto della flotta e evidenziando
chi vince con la barca vecchia. Una
particolarità del Meteor è la chiglia a bulbo. Come vedrete in seguito,
solo i piu moderni monotipi (Mumm 36) hanno questo tipo di soluzione, che
permette di abbassare il baricentro della barca senza aumentare il
pescaggio. Un esempio dei corsi e ricorsi della navigazione a vela, quali
il ritorno trionfale dei ketch nelle competizioni oceaniche o quello
dell'imbroglio (lazy o easyjack) sulle barche da crociera. Sempre
nell'ambito del restyling, per quanto riguarda la deriva è stata
perfezionata la piastra di attacco allo scafo, eliminando possibili
variabili nel suo posizionamento in cantiere. Questo
facilita il lavoro di installazione e garantisce l'uniformità tra gli
scafi. L'albero
è un' altra caratteristica del Meteor, che è l'unico monotipo armato in
testa d'albero ed è l'unico per il quale il regolamento dà la possibilità
di armare uno stralletto. Tutto
ciò deriva certamente dal fatto che negli anni del progetto l questo era
l'armamento in auge, ritenuto il piu sicuro per navigare in mare con
qualsiasi tempo; non dimentichiamo che il Meteor è nato come barca
piccola per lunghe crociere. L'armamento frazionato era allora appannaggio
esclusivo delle derive, mentre l'ultimo decennio ne ha visto
l'affermazione anche sui cabinati e persino sui maxi yacht, grazie anche
allo sviluppo dei materiali impiegati per la costruzione degli alberi e
alla presenza delle crocette quartierate. Però, per un altro di quei
meccanismi dei corsi e ricorsi, i nuovi eroi dell'I.M.S. sono armati in
testa d'albero. I nuovi percorsi a bastone (bolina-poppa- bolina...),
tanto di moda, favoriscono i testa d'albero che sui lati di poppa possono
armare spi piu grandi ma anche navigare piu poggiati. I
segreti della conduzione di un testa d'albero sono ormai poco conosciuti
da molti regatanti della nuova generazione, abituati ai frazionati; anche
la progettazione delle vele, soprattutto della randa, segue linee
differenti. Il
regolamento non impone nessun vincolo al piano di coperta ; e casi anche
il Meteor sta seguendo la moda della semplificazione massima,
dettata anche da un risparmio di peso e che porta ad un non certo
spiacevole risparmio di spesa. La
soluzione della consolle sul tambuccio, con semplici strozza-tori e un
solo verricello centrale per le drizze, ha permesso di eliminare una serie
di rinvii dalla tuga consentendo di manovrare tutto da centrobarca se non
addirittura dal bordo. Come
vedete, per chi compra una barca nuova, che viene ormai costruita
principalmente per la competizione, poche sono le modifiche da fare, a
parte i ritocchi generali che troverete nella Parte 111, Cap. 3 di questo
libro. Nel
caso di chi si avvicina alle regate con un Meteor usato, l'adattamento
alle nuove tendenze porterà a semplificare la barca e a renderla piu
ispezionabile. I
consigli dell'esperto
A
parlarci del Meteor saranno i fratelli Viganò che con la loro veleria, da
anni, seguono questa classe. Salendo
a bordo del Meteor, ci accorgiamo subito che è una bar- ca concepita per
la crociera giornaliera; il timone esterno montato su
agugliotti,
il profilo del bulbo poco allungato e l'armamento in testa d'albero fanno
subito capire il carattere poco grintoso di quest'imbarcazione, che però
è diventata uno dei monotipi piu diffusi e conosciuti in Italia,
probabilmente grazie alla sua semplicità. Piu
che dare dei consigli, ripercorreremo insieme la strada che abbiamo
seguito quando, sia come velisti che come velai, ci siamo dedicati al
Meteor. L'armamento in testa d'albero, pur essendo molto sicuro e
semplice, crea qualche problema nel momento in cui vogliamo effettuare
sulla randa diverse regolazioni. Per evitare la caduta sottovento dell'
albero con vento forte, e quindi perdere rendimento di bolina, dobbiamo
tesare molto le sartie alte, che però, mandando l'albero in compressione,
tendono a farlo flettere al contrario. In tale frangente, ci viene in
aiuto lo stralletto; avendo poca angolazione, è uso comune armare un
paranco a sei vie, riuscendo cosi ad ottenere una flessione di 5-6 cm,
sufficiente per una buona regolazione della randa. Navigando
di bolina, vediamo subito che la barca non stringe molto e tende a
scarrocciare facilmente quando sbanda; allora si commette spesso l'errore
di forzare la bolina, ottenendo solo un rallentamento della velocità con
conseguente ulteriore perdita di angolo. Nel
progettare le vele per il Meteor, abbiamo cominciato a creare delle vele
piu magre in ingresso per stringere di piu, ma risultavano delle vele da
vento forte, mentre nelle altre condizioni mancavano di potenza. La
naturale conseguenza è stata quella di rinunciare all' angolo minimo di
bolina per prediligere un taglio piu potente e aumentare al massimo la
velocità. Il
genoa, confezionato in mylar a ferzi triradiali, permette di ridurre al
massimo la deformazione del profilo con vento forte (sul Meteor è ammesso
un solo genoa, risulta quindi fondamentale avere una vela in grado di
sopportare condizioni estreme). Il
taglio scelto predilige una buona quantità di grasso, soprattutto nella
parte anteriore, per dare la massima potenza anche dopo la virata. Non
siamo intervenuti sul punto di scotta. Pur essendo liberi da vincoli di
regolamento, va mantenuto sulla rotaia di serie e la scotta non va mai
cazzata a ferro, anzi, il genoa deve sempre essere tenuto morbido sulla
base fino ad appoggiare sui candelieri, in gergo noi diciamo che va
portato «a sacchetto ». Con
queste prime modifiche, vedremo subito il nostro piccolo Meteor correre
piu velocemente e, non forzandolo mai, di bolina esprimerà la sua massima
velocità; noteremo con piacere che pian piano oltre alla velocità
migliora anche l'angolo. Quindi,
riassumendo, con vento medio leggero bisogna sempre far correre la barca e
tenere le vele sufficientemente lasche, anche se siamo in regata e
dobbiamo risalire al massimo. Non
dimenticate lo strallo di poppa, la cui tensione modifica il profilo del
genoa: quando cala il vento, non bisogna tardare a lascarlo per ingrassare
la vela. Sulla
randa ci sono varie teorie, spesso consigliate dalle modifiche al
regolamento di stazza. All'inizio
la lunghezza della stecca alta era libera. Si sono fatte rande con la
stecca «puntata» (che va dall’inferitura alla balumina), per avere una
maggiore stabilità del profilo nella parte alta, ma con vento debole la
vela tendeva a chiudere troppo. L'unico modo per aprirla sarebbe stato
tendere un poco il paterazzo, ma su un testa d'albero questa regolazione,
come abbiamo visto prima, si riflette subito sul genoa smagrendolo e
creando cosi l'effetto contrario a quello ricercato in condizioni di poco
vento. Il
passo successivo fu disegnare rande in mylar a taglio biradiale con
steccatura tradizionale; grazie all'indeformabilità del mylar ed al
taglio radiale, la vela mantiene sempre un buon profilo elicato, cioè col
giusto svergolamento o «twist» della balumina, dalla base alla penna. Vi
sono anche svariate teorie sulla regolazione dell' albero: o perfettamente
dritto con una randa molto magra o con una leggera preflessione, data
dallo stralletto, ed una randa con un adeguato tondo in inferi tura. Noi
consigliamo la seconda soluzione, che permette di avere un certo margine
per la regolazione del profilo della vela, adattandola al variare delle
condizioni del vento; una randa piu grassa aiuterà inoltre il Meteor a
navigare piu veloce e a passare meglio sulle onde. Arrivati
alla boa di bolina, e speriamo che grazie ai nostri consigli possiate
essere tra i primi, dovrete issare lo spi ed ammainare il genoa per
affrontare il lasco o la poppa. In
queste andature la barca è molto agile e veloce, facile da portare anche
con vento forte. Una buona vela e qualche semplice accorgimento vi
aiuteranno ad incrementare la velocità. Orientatevi
verso uno spi a taglio triradiale, molto leggero e con le « spalle larghe
», visto che la barca è molto stabile e se lo può per- mettere. I
barber sulle scotte in poppa vanno tenuti ben cazzati, per bloccare e
stabilizzare lo spi rendendo la navigazione piu rettilinea. Lo
strallo di poppa va allascato ed il peso dell' equipaggio va concentrato
nella posizione piu centrale possibile. Ma...
al di là di ogni regolazione o consiglio, non dimenticate l'importanza
dell'allenamento; uscite appena possibile a tirar due bordi, vi servirà a
conoscere sempre meglio la vostra barca e il vostro equi- paggio. Buon
divertimento! - di UMBERTO VERNA - Edizioni MURSIA -
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