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La presa di Macallè

di Andrea Camilleri

 

 

a cura di Schió

Andrea Camilleri è uno dei miei scrittori preferiti. Penso di aver letto (e riletto, e riletto) quasi tutte le sue pubblicazioni.

E' un maestro della scrittura narrativa e non conosco nessuno che sappia far fluire la storia come fa lui. Tutti lo conoscono per il Commissario Montalbano, ma Camilleri ha scritto anche tanti romanzi storici stupendi (Il birraio di Preston, Il re di Girgenti, La bolla di componenda, La concessione del telefono,...).

Anche La presa di Macallè è un romanzo storico. Macallè, in Etiopia, fu luogo di una delle battaglie per la conquista dell'impero fascista (badate la lettera minuscola).

 

Camilleri ha confermato ancora una volta tutte le sue caratteristiche, meno una forse.

E' di facilissima lettura, nonostante l'uso ormai diventato sistematico e perdurante della lingua siciliana, ed è capace di gustosi colpi di scena che tengono incollato il lettore alla pagina fino alla fine. In particolare, stavolta l'autore ha calcato la mano - più di quanto già faccia di solito - sull'aspetto sessuale del racconto: ogni 3 pagine ricorrono immagini vastase.

 

In definitiva, La presa di Macallè si risolve nello scontro tra il mondo di un bambino di 6 anni (Michilino), fatto di fondamentalismo religioso e politico, e il mondo degli adulti governato dal sesso e dall'apparenza.

Il libro l'ho letto in poche ore, ma il suo carattere grottesco mi ha lasciato poco convinto.

Camilleri ha voluto per forza trasformare un bambino precoce in un angelo sterminatore.

Secondo me, esagerando.

 

ecco l'incipit:

UNO
 

Venne arrisbigliato, a notti funna, da un gran catunio di vociate e di chianti che veniva dalla càmmara di mangiari. Ma era cosa stramma assà pirchì tanto le vociate quanto i chianti erano assufficati, squasiche chi stava facendo catunio non vulisse fari sentiri il catunio che stava facendo.
Michilino, che era un picciliddro vicino a se' anni ma sperto, di subito, dal lettino dove stava corcato, taliò nel letto granni indovi dormivano sò patre e sè matte. Non c'erano, si erano susuti e quindi dovevano essere loro a catuniare: infatti, appizzate le grecchie, sentì distintamente che a fare vociate che non si capivano e a chiangiri era ‘a mamà, mentre inveci ‘u papà ogni tanto interveniva a mezza voce:
«Basta, Ernesti! Basta che stai arrisbigliando ‘u palsi! Accura, Ernestì, che se m'incazzo io finisce a schifìo!».
Levatosi a mezzo, si sforzò di vedere che ora era, la sveglia stava sul comodino della matre, quello più vicino alla sò branna, allato a una statueddra della Madonna con un lumino sempri addrumato per divozione.

 

edizione: Sellerio Editore, Palermo 2003

prezzo: 10 €

giudizio: @@