| whist |

 

 

di Schió

Il Whist è un gioco di carte che fu introdotto nel nostro giro l'anno in cui Andrea ci portò a Ponza Amica.

Eravamo tutti concentrati allo Sporting di Frontone e, approfittando di uno di quei momenti in cui non abbiamo... alcunché da fare, Amica pensò bene di insegnarci questo gioco proveniente direttamente dalla Germania orientale (o almeno così credevamo prima di leggere della sua diffusione in America, in Inghilterra e Francia già nel seicento).

E' un gioco davvero coinvolgente.

 

variante "ponzese":

Si utilizza un mazzo di carte francesi e si procede nella distribuzione delle carte in costante progressione, giro dopo giro (prima una a testa [sulla testa!], poi due, poi tre...fino all'esaurimento delle stesse).

Lo scopo è quello per ciascun giocatore di indovinare quante prese farà in ogni giro di carte.

Ad ogni giro verrà stabilito il segno prevalente, la "briscola" insomma, che di volta in volta modificherà l'ordine di importanza dei quattro semi, che di base sarebbe:

 

©cuori ¨quadri §fiori ªpicche

 

Immodificabile è però l'ordine interno ai segni stessi che è:

 

A - 10 - K - Q - J - 9 - 8 - 7 - ...

 

Non è niente facile. La capacità dei compagni di gioco è fondamentale.

Più il livello dei giocatori sarà alto, più il gioco manterrà una certa scientificità.

Più i giocatori saranno alle prime armi, più il gioco diverrà imprevedibile.

 

 

modalità:

Il Whist, nome di origine inglese che significa "silenzio", è un classico dei giochi di carte, che ha una storia importante e singolare. Si gioca con un mazzo di 52 carte francesi. L'ordine di presa va dall'Asso in giù (ndr ordine quindi diverso da quello, particolare, che Amica ci insegnò).

Il cartaio, che cambia ad ogni smazzata, distribuisce in senso orario 13 carte a testa: l'ultima, che tocca a lui, viene scoperta in tavola ed è l'Atout (la Briscola) della mano. Quando è il suo turno, il cartaio la riprende e la inserisce nella altre carte che ha. Partendo dal primo giocatore a sinistra del cartaio, cala una carta scoperta: tutti gli altri devono rispondere calando una carta con l'obbligo di rispondere al seme di uscita. Se non hanno carte di quel seme, possono giocare una carta del seme di Atout oppure di un altro seme. Vince la presa chi ha giocato la carta più alta del seme di apertura: se c'è una carta di Atout, fa la presa, se ce sono di più fa la presa quella dal valore più alto. Chi fa la presa se la mette davanti coperta e inizia la mano successiva. Le mani sono in tutto 13. Lo scopo è realizzare almeno 7 prese. Se la stessa coppia fa tutte e 13 le prese, ha fatto "slam".
Nelle regole standard, i punti sono: ogni presa fatta vale 1 punto. Gli onori sono Asso, Re, Donna, Fante del seme di Atout: la coppia che ne ha giocati 4 segna 3 punti; se ne ha giocati 3, segna 2 punti. Se ogni coppia ha giocato 2 Onori, non ci sono punti. La coppia che in una o più smazzate ha già totalizzato 4 punti, non segna più punti di Onori. La coppia che vince per prima 2 smazzate, vince la partita.
I giocatori di Whist devono osservare il massimo silenzio: ogni osservazione fatta nel corso della smazzata è penalizzata di 1 punto. 

Del Whist esistono una infinità di Varianti, che introducono la dichiarazione sulle prese previste o attribuiscono valore speciale ad una carta, come ad esempio il Fante di Quadri.

 

storia:

Il Whist è un gioco nato in Inghilterra nel XVII secolo e popolarissimo fra i giochi di carte "plebei": deriverebbe dal Trionfo, un gioco di carte francese. Nella prima metà del '700 si affermò come uno dei passatempi preferiti dagli aristocratici inglesi e dei giochi più praticati nel club esclusivi dell'alta società. Il Whist si diffuse rapidamente nel resto d'Europa, in particolare in Francia: durante il Settecento pare fosse il gioco preferito alla corte del Re, in particolare da Madame Du Barry.
E' da sempre considerato gioco di osservazione e di grande intelligenza: un proverbio inglese recita "il whist è un calcolo delle probabilità, da cui gli spiriti distratti devono essere allontanati"

Il suo successo fu tale che Napoleone, preoccupato di vederlo privilegiato dai francesi rispetto agli altri giochi di carte, lo vietò alla corte imperiale, sostituendolo con il Picchetto. Il grande fascino del Whist portò addirittura alla formulazione di 40 precetti del gioco: soltanto nel Novecento il Whist cominciò a perdere terreno, per poi cedere il posto al Bridge.

(tratto da: http://www.ingame.com/enciclopedia/whist/index.html)

 

 

 

Leggete ora cosa pensava Edgar Allan Poe, accanito giocatore di Whist:

 

Il gioco del Whist

(da Gli assassinii della Rue Morgue, di Edgar Allan Poe)

    Da tempo il gioco del whist è stato rammentato per la sua azione sulla facoltà del calcolo; si sa di uomini del più alto grado d'intelletto che vi prendevano un piacere in apparenza incomprensibile mentre evitavano come troppo frivoli gli scacchi.
    E, difatti, non vi è nulla che metta alla prova la facoltà dell'analisi, come questo gioco. Il miglior giocatore di scacchi della Cristianità può essere poco di più che il miglior giocatore di scacchi; laddove esser forti nel gioco del whist significa posseder la capacità di riuscire in tutte quelle imprese ben altrimenti importanti nelle quali una mente si trovi a combattere con un'altra.
    E dicendo "esser forti" ho voluto alludere a quella perfezione nel gioco che implica l'intendimento di tutte le sorgenti dalle quali possono derivare vantaggi legittimi, i quali sono non solo diversi ma complessi e spesso si nascondono in recessi del pensiero assolutamente inaccessibili al ragionamento comune.
    Osservare attentamente, vuol dire ricordarsi distintamente: sotto questo punto di vista, il giocatore di scacchi che ha potere di concentrazione, sarà un buon giocatore di whist; poiché le regole di Hoyle (anch'esse basate sul semplice meccanismo del gioco) sono sufficientemente e generalmente intelligibili.
    Così, aver buona memoria e procedere secondo le regole del manuale, è quanto di solito si considera bastevole a giocar bene.
    Ma ci sono casi che non rientrano nei limiti delle regole comuni, e allora si manifesta l'abilità dell'analista.
    Questi fa, in silenzio, le sue numerose osservazioni e deduzioni. Lo stesso fanno forse i suoi compagni; e la differenza nella estensione delle nozioni così acquisite non sta nella validità della deduzione, quanto nella qualità dell'osservazione.
    L'importante è sapere cosa osservare. Il nostro giocatore non conosce limiti, né, per quanto il gioco sia il suo oggetto, disprezza le deduzioni che provengono da cose estranee al gioco.
    Egli esamina la fisionomia del suo compagno, paragonandola accuratamente con quella di ciascuno dei suoi avversari. Considera il modo col quale ognuno dispone in mano le sue carte; spesso, grazie agli sguardi che i giocatori dànno alle carte, riesce a contare punto per punto quello che hanno in mano.
    Tien conto, a mano a mano che il gioco va avanti, di ogni cambiamento, di fisionomia, e dalle varie espressioni di certezza, di sorpresa, di trionfo o di dispiacere, fa raccolta di mille pensieri. Dal modo di fare una presa, indovina se la stessa persona abbia di che farne un'altra durante la partita. Riconosce se una carta è giocata per fare una finta, da come viene posata sul tavolino.
    Una parola casuale, involontaria, una carta che cade o si rovescia per caso, se viene raccolta con ansia o con noncuranza di nasconderla, il conto delle alzate e l'ordine del quale si succedono, l'imbarazzo, l'esitazione, la prontezza, la trepidazione; tutto, insomma, per la sua capacità, in apparenza intuitiva, di percezione, tutto serve a denotare il vero stato delle cose.
    Così dopo i primi due o tre giri, egli è padrone del gioco di ognuno e butta ogni carta con perfetta cognizione di causa, proprio come se gli altri giocatori avessero scoperte le loro.