I VALDESI

 

I Valdesi costituiscono una realtà importante nelle valli alpine del Pinerolese.Infatti la loro presenza non rappresenta  solo una testimonianza di fede religiosa, ma testimonia una ricchezza  socio-culturale che ha contribuito a creare civiltà in queste valli.

Questo Popolo, chiamato anche l'Israele delle Alpi, perseguitato e discriminato nel corso della Storia, fin dall'800, quando concetti come "autonomia", "autodeterminazione", "federalismo", ecc. erano ancora di la da venire, aveva edificato tra queste valli scuole, ospedali, società di mutuo soccorso, rendendole vive e civili.

E prima di accennarne brevemente la storia, vorrei ricordare il sacrificio dei volontari Valdesi nella battaglia dell'Assietta, il 19 Luglio 1747, quando fianco a fianco con le truppe Piemontesi ricacciarono indietro l'armata Francese del duca di Bellisle, impedendole l'invasione del Piemonte, difendendo con il loro sacrificio la nostra Terra, le nostre Montagne, la nostra piccola Gande Patria Piemontese.Onore a questi martiri.

 

Merlino

 

 

Verso la fine del XIII sec. nelle valli del Pinerolese si rifugiarono i Valdesi,ossia i seguaci di un mercante lionese di nome Valdo,il quale, nel 1174,aveva iniziato a predicare la povertà e la fedeltà assoluta all'Evangelo. I suoi discepoli, i Poveri di Lione, si estesero rapidamente nella Francia e diventarono un movimento che ribadiva il ruolo centrale della Bibbia. Alla fine del secolo, però, arrivò per loro la condanna per eresia, così essi furono costretti ad espatriare in varie parti d'Europa. Molti si diressero in Lombardia, altri nel Delfinato e nelle valli dei Savoia. Nella zona montana delle valli Chisone, Gennanasca e Pellice, trovarono dapprima un terreno fertile per la loro predicazione e furono tollerati in quanto rappresentavano un'utile forza lavoro. Nel XIV sec. si registrarono però i primi episodi di intolleranza: la Chiesa di Roma combatteva l'eresia con l'Inquisizione (1200/1500), poiché si riteneva depositaria della verità.

Tra il '400 e il '500 i barba, ossia i predicatori itineranti valdesi, viaggiando da una valle all'altra, visitavano i fedeli e annunciavano la Parola di Dio.

Nel 1532 i Valdesi aderirono alla Riforma protestante, soprattutto alla teologia di Calvino, uscirono così dalla clandestinità ed entrarono nella scacchiera politica europea. Costruirono i primi templi (Prali e Villasecca in val S. Martino, Ciabas in val d'Angrogna) e in questo modo manifestarono la loro separazione dalla Chiesa cattolica. Anche nelle valli pinerolesi si prospettarono quindi anni di durissime repressioni, ma i Valdesi della zona sabauda, decisi a difendersi ad oltranza, ottennero una tregua col trattato di Cavour (1561), firmato dal conte di Racconigi e da una delegazione valdese: ai Valdesi veniva concessa la libertà di culto limitatamente alle zone oltre i 600 m. Le valli assunsero così sempre più la connotazione di ghetto alpino.

Dopo un periodo di relativa tranquillità, nel '600 ricominciarono le repressioni, questa volta durissime (Pasque Piemontesi o Primavera di sangue). Il marchese di Pianezza, ministro di Carlo Emanuele II, con i suoi quattromila uomini, mise a dura prova la resistenza dei Valdesi, che però trovarono la forza di reagire, animati da Giosué Gianavello, un semplice contadino che divenne il capo e l'anima della guerriglia quando ormai tutto pareva perduto. Il duca fu costretto a venire a patti e a firmare un trattato di pace, che purtroppo non avrà vita lunga.

Nel 1685 Luigi MV revocò infatti l'editto di Nantes, che aveva garantìto agli Ugonotti la libertà, vietando in tutta la Francia,  e sul versante sinistro orografico della val  Chisone, ogni esercizio di culto riformato. Analogo provvedimento venne adottato, all'inizio del 1686, da Vittorio Amedeo Il a carico dei suoi sudditi eretici delle valli piemontesi. Perciò, sia i Valdesi delle vallate francesi, sia quelli delle valli del Pellice e del Chisone e Germanasca, furono costretti ad una scelta obbligata fra l'abiura, la deportazione nelle risaie del Vercellese, la resistenza e l'esilio.

Molti scelsero l'ultima ipotesi ed emigrarono in Svizzera e in Germania, paesi tradizionalmente amici. Gli esuli ritornarono in patria nel 1689, e sotto la guida del pastore Enrico Arnaud attraversarono le Alpi in poco più di una settimana: partirono da Prangins presso Nyon, sul lago di Ginevra; giunsero dapprima nel vallone di Massello e a Prali attraverso il Monceniso e il Colle del Pis, e quindi passarono in val Pellice. Tuttavia essi, dall'autunno del 1689 alla primavera del 1690, furono ancora costretti a difendersi sulle alture della Balziglia, dove eressero trincee e camminamenti che consentirono loro di resistere agli attacchi delle soverchianti truppe nemiche e quindi a porsi in salvo sulle creste. Dapprima trovarono rifugio nel vallone di Pramollo, dove sorpresero il presidio sabaudo, poi riuscirono a conquistare il Colle Giulìan (2443 m) e a raggiungere Bobbio Pellice. In un secondo momento, essendosi le truppe franco-sabaude nuovamente mosse all'attacco, essi furono ancora costretti a difendersi finché, durante la guerra di successione austriaca, giunse la pace insperata, in seguito ad un mutamento radicale della politica del duca Vittorio Amedeo II, grazie alla quale il ducato di Savoia si alleò con i paesi protestanti e quindi contro la Francia.Reintegrati nelle loro terre, i Valdesi dovettero ancora subire l'intolleranza del duca sabaudo, che nel 1698 costrinse i sudditi della val Chisone ad uscire dalle loro terre.

Un gran numero di abitanti di Porte, Villar, Dubbione, Perosa e Pinasca emigrarono nel Wúrttemberg, ove fondarono colonie che conservano ancora il nome di origine. Poco dopo successe la stessa cosa agli abitanti dell’alta Val Chisone (Pragelato). La popolazione valdese dovette nuovamente scegliere tra l'abiura e l'esilio in Germania. Le zone abbandonate furono occupate da genti provenienti dalla pianura, determinando la localizzazione di piemontesi sulla riva sinistra del Chisone e di valdesi sulla riva destra. L'epoca napoleonica portò finalmente la libertà, poi, sotto la spinta delle idee liberali, il 17 febbraio del 1848 il re Carlo Alberto concesse ai Valdesi i diritti civili e politici, ma il loro culto fu solo "tollerato". Da quel momento essi parteciparono alla vita nazionale adoperandosi soprattutto nel campo della diaconia e dell'istruzione; fondarono molte opere sociali (ospedali, orfanotrofi, case per anziani, scuole), costruirono templi ed estesero la loro azione di evangelizzazione.

Oggi, in Italia, i Valdesi sono circa 25.000, di cui la metà risiede nelle valli del Pinerolese, e sono presenti in ogni regione. La loro organizzazione è fondata sul principio assembleare, ogni Chiesa è cioè retta da un'assemblea di membri comunicanti che nomina il suo Consiglio locale (Concistoro), preposto all'amministrazione e alle attività della Chiesa stessa.

Ogni Concístoro dipende da un Consiglio generale, la Tavola Valdese, e tutte le Chiese italiane hanno annualmente un'assemblea generale, che si svolge a Torre Pellice, a cui partecipano i rappresentanti delle assemblee locali ed i pastori. Nel 1994 la Tavola Valdese ha siglato con lo Stato italiano le Intese.

Prima di terminare questa sezione meritano ancora un cenno le scuole Beckwith, che prendono il nome di un colonnello inglese, reduce della battaglia di Waterloo, il quale, dopo una visita nelle valli valdesi, prese a cuore la causa dei loro abitanti e si adoperò in ogni modo per migliorare le loro condizioni. Si interessò soprattutto dell'istruzione elementare, che per i Valdesi era una ragione di vita, una necessità primaria e una marcata motivazione di fede.

Le scuole, edificate in gran parte grazie alle sue sovvenzioni, erano disseminate in ogni borgata e gestite dalla Tavola Valdese. permisero a tutta la popolazione valdese di apprendere i rudimenti del sapere per poter leggere la Bibbia, mentre le scuole statali erano ancora pochissime e dislocate generalmente solo nei capoluoghi. Inizialmente i maestri non avevano un titolo specifico di studio, poi verso la fine dell'Ottocento sorsero le scuole di metodo per formare gli insegnanti e rilasciare loro un regolare diploma. C'erano le scuole del capoluogo, le, grandes écoles, quelle quartierali aperte solo nei mesi invernali e les écoles desfílles. Le materie erano: lettura e scrittura in francese, studio della Bibbia, aritmetica, storia generale, canto, musica, cucito e attività femminili.

Nel 1822 si potevano contare novantaquattro scuole disseminate nelle tre valli, nel 1887 esse erano salite a duecento, poi furono gradatamente soppresse in seguito alla legge Daneo-Credaro.

Ricordiamo infine la Scuola Latina di Pomaretto, fondata nel 1833, che formò per oltre un secolo i membri del Concistoro, i Consiglieri comunali e i maestri della zona. Ha chiuso i battenti nel 1983.

Oggi le scuole quartierali sono state in parte adibite a sale di riunione, in parte sono state vendute a privati, alcune sono state trasformate in museo.

Le fotografie propongono un particolare di una donna nel tipico costume Valdese, ad Angrogna (TO) e, sempre ad Angrogna, una veduta esterna del palazzo che ospita il Centro studi Valdesi, associazione fondata nel 1969.