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GALLERIA DI IMMAGINI
Il problema dell'attribuzione
di
Ranieri Melardi
Nella scheda relativa alla tavoletta berlinese all’interno del sito
ufficiale della casa d’aste Christie’s erano riportate le opinioni di
alcuni critici dell’arte. Parte di questi erano favorevoli
all’autografia antonelliana proposta da Lucco, parte contrari.
I primi notavano giustamente come molti
particolari della tavoletta in questione avessero stringenti affinità
per tipologia e stile con dei dettagli di altre opere di Antonello.
Ma purtroppo già dal 10 Luglio, giorno
successivo alla vendita del quadro, la scheda è stata eliminata e quindi
non è più consultabile, per questo ritengo giusto spiegare a questo
punto le ragioni per cui io credo che l’opera (foto 01) vada assegnata
ad Antonello da Messina.
Prima di questo però tengo a specificare
per correttezza che le mie ipotesi potranno essere completamente
accettate solo quando verranno effettuate delle analisi della
pellicola pittorica e del legno della tavola volte a verificare o meno
la presenza di disegni sottostanti e soprattutto ad accertare la
datazione del dipinto. Solo se la tavola risulterà veramente
quattrocentesca ,escludendo così che si tratti di un falso, allora
potrà considerarsi valida l’attribuzione ad Antonello e la conseguente
analisi sui rapporti fra il Messinese, Petrus Christus e Enguerrand
Quarton che propongo nell’altro mio saggio.
Detto questo, ora si può procedere con
l’analisi:
Innanzitutto ritengo che la prima opera
di Antonello rapportabile alla tavoletta in oggetto sia la Madonna
Salting (foto 02) conservata alla National Gallery di Londra, non a
caso l’opera ritenuta finora più quartoniana del pittore messinese. Si
confrontino a tal proposito i volti delle due Vergini e si veda la
sostanziale analogia di impostazione e l’identicità dei tratti
fisionomici ad eccezione della bocca. Quest’ultima infatti, in realtà
assai diversa da quella della suddetta Madonna, torna però identica
nella Vergine del trittico smembrato ora agli Uffizi di Firenze (foto
03), con la quale l’esemplare berlinese condivide del resto l’intera
tipologia fisionomica.
Per quanto riguarda le differenza che si
può riscontrare fra la Vergine Salting e la tavoletta in oggetto,
questa sta nella totale sobrietà dell’abbigliamento dell’opera ex
berlinese che contrasta nettamente con la sontuosità del broccato e dei
gioielli presenti invece nell’abito dell’opera londinese. Questo
sostanziale divario, lungi dal minare la contemporaneità di esecuzione
delle due opere è spiegabile con la probabile diversità della
committenza. Infatti, mentre la Madonna Salting doveva essere
probabilmente il gonfalone di una ricca confraternita religiosa, (forse
quello destinato per la confraternita di S. Michele dei Gerbini di
Reggio Calabria, commissionato nel 1457) la Madonna in esame era
l’oggetto di devozione privata di un umile frate francescano votato
alla pauperitas. Tale povertà di ornamenti doveva dunque essere
esplicitamente richiesta nell’esecuzione del quadretto, che non poteva
presentare per questo motivo i caratteri lussuosi e mondani della
Madonna londinese atti a simboleggiare lo status economico della
confraternita.
Inoltre la differenza cromatica fra
l’opera in esame e le opere autografe di Antonello è probabilmente
amputabile allo stato in cui la prima versa. Infatti la tavoletta
sembrerebbe assai sporca e per questo è già stato deciso il suo
restauro.
Concentrandosi ancora sull’osservazione
del Bambino, questo sembra essere la parte più debole del dipinto, a
causa della presenza della vistosa sproporzione fra le gambe e il
busto del soggetto. Ciò non toglie che esso, seppure più magro, sia
assai vicino al Bambino del Polittico di San Gregorio conservato
a Messina (foto 04), anche se il confronto deve essere visto tenendo
conto della distanza di datazione che deve intercorrere fra le due
opere. Infatti il Polittico di San Gregorio è datato al
1473 ,mentre l’opera in questione non dovrebbe superare gli anni
Cinquanta del Quattrocento.
Inoltre, come già rilevato dai critici
dell’arte nella scheda dell’asta Christie’s, le mani della Madonna
ricordano quelle dei dolenti della Crocifissione di Bucarest
(foto 05), opera essa stessa assai giovanile, mentre le aureole dipinte
con effetto di oro decorato si trovano assai simili nella
“Annunciazione” di Siracusa (foto 06) e il parapetto in primo piano si
trova negli “Ecce Homo” autografi e in alcuni ritratti.
Infine, spostando l’attenzione sull’
Ecce Homo sul verso (foto 07), questo sembrerebbe assai
svelato e impoverito, e per questo difficilmente giudicabile;
ciononostante non mi sento comunque di pronunciarmi a favore
dell’autografia antonelliana, propendendo prudentemente per una mano di
formazione tardo-gotica vicina a quella del “Maestro del Trionfo della
morte”. Infatti, la linearità sinuosa e decorativa, la scarsa resa
volumetrica della figura del Cristo, la sua espressione gentile, la
finezza dei tratti fisionomici, non corrispondono alle soluzioni
adottate da Antonello nei suoi “Ecce Homo”, dove troviamo al contrario
un forte realismo espressivo e una solidità costruttiva. Confrontando
l’esemplare più antico in collezione privata newyorchese (foto 08) -
che data la supposta vicinanza cronologica (primi anni Sessanta)
dovrebbe essergli più prossimo stilisticamente - con l’opera in
esame, si nota a mio parere invece che i due dipinti non potrebbero
essere più distanti nella concezione volumetrica ed espressionistica e
questo proverebbe perciò che l’autore del verso della tavoletta
non è il Messinese. Evidenziato ciò, la presenza della cordicella
annodata al collo di Cristo ex berlinese, elemento comune a quasi tutti
gli ”Ecce Homo” di paternità antonelliana, e per questo prova
addotta per supportarne il riferimento ad Antonello, non mi sembrerebbe
comunque convincente.