RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente PERA

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,38).

Si dia lettura del processo verbale.

MUZIO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Congedi e missioni

PRESIDENTE. Sono in congedo i senatori Agnelli, Antonione, Bettoni Brandani, Bobbio Norberto, Bosi, Degennaro, De Martino, Frau, Guzzanti, Mantica, Marano, Sestini, Siliquini, Vegas e Ventucci.

 

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. Le comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 9,42).

Per lo svolgimento di un'interrogazione

BATTAFARANO (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BATTAFARANO (DS-U). Signor Presidente, i giornali odierni ci comunicano che lunedì prossimo comincerà lo spegnimento, per la chiusura, del reparto cokeria dell'ILVA di Taranto, il che significa la perdita di migliaia di posti di lavoro. Al riguardo ho presentato l'interrogazione 3-00583, che riveste carattere d'urgenza e di cui ho sollecitato lo svolgimento nella seduta di ieri.

Trattandosi di una questione di grande urgenza, chiedo al Presidente di sollecitare il Ministro delle attività produttive a rispondere a tale atto ispettivo in Senato nella seduta odierna, che è l'ultima prima della pausa estiva.

PRESIDENTE. Senatore Battafarano, il Governo è già stato informato della sua richiesta, che rinnovo in questa sede al Governo qui rappresentato dal Ministro per i rapporti con il Parlamento.

Seguito della discussione e approvazione del disegno di legge:

(1626) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, recante interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell’economia anche nelle aree svantaggiate (Approvato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale) (Questione di fiducia)

Discussione e approvazione della questione di fiducia

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1626, già approvato dalla Camera dei deputati.

Ricordo che nella seduta pomeridiana del 31 luglio ha avuto inizio la discussione generale. (Il ministro Giovanardi fa cenno di voler intervenire).

TURRONI (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TURRONI (Verdi-U). Signor Presidente, ho chiesto di intervenire adesso perché, con l’esperienza che ho maturato in questi anni, ho capito che nel corso della seduta il Governo probabilmente porrà la questione di fiducia sul provvedimento in esame, nel quale però viene affrontato un tema molto delicato, che intendo sottoporre ai rappresentanti del Governo e ai colleghi. Infatti, all’articolo 14 del decreto-legge si propone di dare un’interpretazione autentica della nozione di "rifiuto".

Al riguardo, occorre precisare che da Confindustria fino alla più radicale delle associazioni ambientaliste, passando per tutti gli operatori del settore, gli imprenditori e le Regioni, si ritiene in maniera unanime che questo provvedimento determini incertezza nella qualificazione del trattamento preventivo, contrasto con l’interpretazione di trattamento finora fornita a livello comunitario e nazionale, possibilità di interpretazioni discordanti e soggettive della definizione di "rifiuto", minore garanzia del sistema in termini di possibile controllo e tutela della salute dell’ambiente, possibili conseguenze pratiche nell’applicazione dell’articolo 14 nell’attuale formulazione. Potrei continuare ancora a lungo; sto leggendo il documento FISE (Federazione imprese di servizi), ma a identiche conclusioni sono giunti le Regioni, il WWF e così via.

Si tratta di una questione certamente controversa; le imprese hanno necessità, come sostengono, di norme chiare e certe, ma non possono operare in un regime che è in contrasto con le direttive comunitarie e con ciò che la Corte europea ha stabilito più volte.

Pertanto, ci preoccupiamo molto di una situazione che possa minacciare e manomettere una normativa certamente complessa, che deve essere semplificata, per la quale il Ministro dell’ambiente ha già chiesto una delega, che è in discussione presso l’altro ramo del Parlamento. Chiediamo dunque che questa norma sia soppressa utilizzando il primo provvedimento utile, al fine di meglio articolare una questione delicata, su cui il nostro Paese sta recuperando il ritardo che aveva rispetto agli altri Paesi europei e sulla quale sono impegnate le imprese, le attività produttive e interi cicli produttivi. Penso ad esempio alla città in cui sono stato eletto, Prato, interamente coinvolta da questa problematica.

Allora, dal momento che nel caso in cui fosse posta la questione di fiducia non sarebbe possibile discutere ed approvare l’ordine del giorno che abbiamo presentato, chiediamo al Governo un chiarimento su questo argomento, perché non si può pensare di minacciare e compromettere, ponendosi in contrasto con le chiare indicazioni in materia dell’Unione europea, sia le attività che oggi stanno svolgendo le amministrazioni locali, i comuni e le Regioni in termini di programmazione, sia il mondo delle imprese, che si è organizzato in base alla normativa vigente. Noi riteniamo che in materia di rifiuti si debba continuare ad operare secondo le direttive comunitarie.

Per questo motivo chiediamo, signor Presidente, che il Governo dia una risposta su tale questione assai delicata, ritenendo che essa debba essere rivista secondo la diversa indicazione della Comunità europea.

MONCADA (UDC:CCD-CDU-DE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MONCADA (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, il mio intervento sarà sintetico, come d’abitudine. Mi dispiace non condividere quanto detto dall'amico, senatore Turroni, con il quale molto spesso, invece, mi trovo d'accordo.

Personalmente ritengo (e mi rivolgo al Governo) che l’articolo 14 metta finalmente un po' di ordine in una situazione per la quale da anni ci lamentiamo dell’assenza di definizioni, della mancanza di chiarezza dei termini.

Non approvandolo penalizzeremmo, ad esempio, attività industriali del nostro Paese che, investendo denaro in tal senso, anziché produrre rifiuti riciclano i prodotti negativi per produrre altri beni. Mi sembra pertanto che la richiesta sia impropria. Penso, semmai, che sia più opportuno portare la discussione in Aula; la proposta di soppressione mi pare - ripeto - assolutamente errata.

MANFREDI (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANFREDI (FI). Signor Presidente, anch'io, a nome del mio Gruppo, desidero esprimere un convincimento a proposito dell'argomento sollevato dal collega Turroni.

Ricordo a me stesso, ma anche ai colleghi che già nella passata legislatura facevano parte della Commissione ambiente, che questo problema è stato affrontato più volte. Evidentemente, vi è una lacuna interpretativa nella normativa europea che ha portato ad una esasperazione del concetto di rifiuto talché materiale che in sostanza rifiuto non è viene al momento trattato come tale, con aumento di costi e di burocrazia. E' giusto che la questione venga finalmente affrontata in qualche modo e ben venga la sede legislativa se ciò serve a dare una soluzione accettabile, ottimale, al problema.

Confermo, quindi, quanto affermato dal collega Moncada e ritengo che il testo debba essere mantenuto così com'è. (Applausi dal Gruppo FI).

CONTENTO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONTENTO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, onorevoli senatori, il Governo non vuole lasciare senza risposta la richiesta che è stata avanzata e sottolineata perché oggetto di diversi ordini del giorno.

La questione di fondo è sufficientemente semplice: il Governo ritiene che la vecchia normativa relativa alla definizione di rifiuto, messa in discussione tra l'altro anche in sede comunitaria per le interpretazioni diversificate che ci sono, sia oggi foriera di applicazioni spesso contraddittorie che negli ultimi tempi hanno addirittura danneggiato le attività produttive.

Sulla scorta di ciò, il Governo ha ritenuto di dover attingere al lavoro effettuato dalla Commissione competente nella scorsa legislatura, che aveva già tracciato un solco: quello di intervenire proprio sulla definizione di rifiuto tramite una interpretazione, in via autentica, delle definizioni previste dalla normativa vigente.

La questione viene quindi rovesciata rispetto al sistema attuale, in cui la definizione di rifiuto viene utilizzata con queste modalità contraddittorie, e l'intervento, anche per quanto riguarda la materia relativa ai rifiuti pericolosi (che mi sembra stiano a cuore ad una parte rilevante dell'opposizione ma altresì a settori della maggioranza), viene trasformato proprio tramite l'interpretazione autentica. In sostanza, prima della definizione di rifiuto, dev’essere identificato il concetto di "disfarsi": solo da quel momento prende applicazione la nuova normativa.

Ciò premesso, siccome talune questioni sono state oggetto, come ricordavo, di specifici ordini del giorno, penso di poter tranquillamente dire che questa problematica dovrà essere oggetto di una rivisitazione, anche in sede parlamentare.

Il Governo si rende conto che l’intervento d’urgenza è stato motivato da ragioni che, appunto, rispondono ad esigenze di carattere costituzionale e che sulla questione dei rifiuti ci sono implicazioni, interessi e sensibilità nei confronti dell’ambiente che sono importanti.

Se vi fosse la possibilità di discutere degli ordini del giorno che sono stati presentati, uno di questi - mi riferisco a quello del senatore Giovanelli - in parte sarebbe accoglibile, per aprire una discussione sulle modalità interpretative che riguardano la disciplina dei rifiuti.

Spero con ciò, signor Presidente, di essere stato sufficientemente chiaro. Quello che è importante è il fatto che non possiamo accettare una disciplina contraddittoria che oggi non tutela l’ambiente, che lascia a interpretazioni soggettive, della magistratura, in molte aule, le nostre attività produttive e che merita quindi un intervento urgente. Se quest’intervento dovrà essere ridisegnato e rivisto siamo pronti a farlo, ma non potevamo sottrarci a un obbligo che avevamo nei confronti del nostro Paese. (Applausi dal Gruppo FI e del senatore Specchia).

GIOVANARDI, ministro per i rapporti con il Parlamento. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANARDI, ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il Governo già alla Camera si dichiarò disponibile ad un confronto su proposte ritenute utili per migliorare il testo del provvedimento al vaglio del Parlamento, ma in quella sede le centinaia di emendamenti presentati al decreto-legge in questione costrinsero l’Esecutivo a porre la questione di fiducia. La situazione si ripropone ora al Senato con i circa duecento emendamenti presentati al disegno di legge di conversione all’esame di questo ramo del Parlamento.

Considerato che i lavori del Senato volgono al termine con la seduta odierna, pongo la questione di fiducia (strumento finora utilizzato con grande parsimonia dal Governo: è la sesta volta in poco più di un anno, contro le 21 del Governo Prodi, in analogo periodo) sull’approvazione, senza emendamenti, subemendamenti ed articoli aggiuntivi, dell’articolo unico del disegno di legge "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, recante interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell’economia anche nelle aree svantaggiate", nel testo della Commissione, identico a quello approvato dalla Camera. (Applausi ironici dal Gruppo Verdi-U).

ANDREOTTI (Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Senatore Andreotti, le concedo la parola per un atto di cortesia, essendo un po’ irrituale che si intervenga dopo la dichiarazione del Ministro in tema di fiducia al Governo. Lo faccio comunque volentieri.

Ha facoltà di parlare, senatore Andreotti.

ANDREOTTI (Aut). Signor Presidente, la ringrazio molto e del resto anticipo quello che altrimenti avrei detto dopo.

Credo doveroso fare un’osservazione su questo metodo di lavoro. Adesso il ministro Giovanardi ci ha detto che il Governo Prodi usava lo strumento della fiducia ancora più ampiamente, ma ci può essere anche l'istituto della recidiva, quando si ripete qualche cosa. Comunque a me pare che per noi sia specialmente delicato questo ricorrere oggi alla fiducia, e quindi fare quello che, per altri versi, è gradito, perché credo che legittimamente molti pensino di accelerare i tempi della seduta; però politicamente non può non essere almeno registrato un metodo che è preoccupante.

Noi siamo reduci da una discussione svoltasi negli ultimi due giorni, alla quale non ho partecipato non avendo sufficiente preparazione giuridica. Normalmente mi richiamo, quando discutiamo sugli aspetti giuridici, ai pareri dei nostri colleghi magistrati. In particolare, nei confronti del provvedimento Cirami avevo, in partenza, una predisposizione favorevole; poi, avendo ascoltato ciò che è stato detto sia nella sostanza, sia nell'interpretazione, ho ripiegato su una posizione di astensione che non è di vigliaccheria, ma di responsabilità.

Del resto, vorrei ricordare che nella passata legislatura su un tema delicato quale la creazione di una nuova sezione della Corte di cassazione avemmo una diversa opinione da parte di due magistrati che appartenevano ambedue alla sinistra: il senatore Sanese, che ci lesse anche una lettera del Presidente della Corte di cassazione contraria a questa ipotesi, e il senatore Fassone, il quale ci spiegò la sua posizione con elementi che penso fossero abbastanza convincenti (tant'è vero che poi tale creazione fu approvata e la Sezione esiste). Tuttavia ciò vale per ieri.

Perché l'aver posto la questione di fiducia inquieta? A parte che, sarà una combinazione, ma noi l'anno scorso il 3 di agosto concludemmo i lavori con una questione di fiducia; il 22 dicembre li concludemmo con una questione di fiducia; oggi (forse per farla quasi coincidere con il Perdono di Assisi, un giorno prima), 2 agosto, concludiamo con una questione di fiducia. E su che cosa? Questo è il problema, non si tratta di procedura, signor Presidente.

La mia è una richiesta e contemporaneamente una proposta, anche se vivo su questa terra e so che è a futura memoria. La richiesta è la seguente: i decreti-legge, specialmente da quando, giustamente, la Corte costituzionale stabilì che passati i sessanta giorni non possono essere reiterati, devono sempre di più corrispondere a quel requisito di estrema straordinarietà ed urgenza che la Costituzione della Repubblica prevede.

Ma c'è di più: adottare un decreto-legge sapendo che vi sono sessanta giorni per discutere, e vararlo il 7 luglio sapendo che trentuno di questi giorni sono di agosto e quindi non saranno utilizzati per discutere, ha un odore di pieni poteri che a me non piace nemmeno lontanamente! (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Udeur-PE, Misto-SDI e dei senatori Betta, Sodano Tommaso e Togni).

Non è un processo alle intenzioni, però mi sembra veramente singolare che uno studioso ritenga legittimo inserire in un decreto (tra l'altro dal titolo ambiguo) la riforma del CONI. Quando mi hanno domandato cosa pensassi della riforma del CONI mi sono chiesto dove essa fosse prevista dal momento che nel titolo del decreto non figurava; invece, vi è questa estrema urgenza di avere una CONI Servizi s.p.a.! (Ilarità).

Benissimo. Tutto può essere fatto; però, con molta comprensione per le necessità che sempre ha il Governo, vorrei invitarlo a stare attento, poiché qui indeboliamo il Parlamento. E poi, non voglio fare il predicatore perché, per averlo detto, un collega della Margherita della Camera mi ha rimproverato, tuttavia vorrei suggerire anche all'opposizione di usare un metodo diverso di lavoro. Infatti, se noi sui vari problemi, invece di concentrarci su alcuni punti che possono, attraverso un dialogo, essere modificati, presentiamo centinaia di emendamenti e chiediamo su tutti la verifica del numero legale otteniamo il risultato di affossare il nostro lavoro. (Applausi dai Gruppi FI, UDC:CCD-CDU-DE, LP, AN e dei senatori Betta e Ruvolo).

Vedo con una certa pena il nostro collega senatore Boco, che nelle legislature passate ci ha insegnato cose molto belle sulla cooperazione allo sviluppo e sui Paesi del Terzo mondo, ridotto a dover prendere la parola trenta volte in un giorno soltanto per chiedere la verifica del numero legale: questo non mi piace. Lo dico veramente, se è possibile, con grande oggettività.

Da un lato assistiamo ad un abuso (anzi, doppio abuso, data la ristrettezza del tempo per discutere ai fini della conversione) dei decreti-legge da parte del Governo e, dall’altro, anche ad una certa negligenza.

Quando lei, signor Presidente, in quest’Aula chiese al Governo di venirci a riferire in merito al vertice tenutosi a Pratica di Mare, ciò non è accaduto. Ritengo che almeno i membri della Commissione esteri dovrebbero conoscere qualcosa di più di quello che si apprende dalla stampa o da Internet.

Esiste da una parte e dall’altra una negligenza nei confronti dell’istituto parlamentare che porta anche a sopravvalutare i numeri. E’ vero, sono senatore a vita, ma per molti anni sono stato un semplice parlamentare. Noi parlamentari rappresentiamo un numero notevole di cittadini per cui non mi fa molta impressione quando 200 cittadini cercano di apparire, in un modo o nell’altro, come i rappresentanti di tutto il mondo, forzando anche lì la mano. Facciamo attenzione.

Lei, signor Presidente, durante la cerimonia del Ventaglio ci ha consegnato un saggio molto importante di storia del Senato, il saggio di Emilio Gentile contenuto nel primo volume della collana "Storia e Documenti dell’Archivio storico del Senato" - del quale la ringrazio - che fornisce anche delle risposte sul ruolo svolto dal Senato del Regno per impedire lo scivolamento verso la dittatura. Si vede che ha fatto pochissimo.

Con questo non intendo fare il processo alle intenzioni né fare delle insinuazioni, però se si comincia - come è accaduto alcuni anni fa - a confondere il dialogo parlamentare con il parlamentarismo ed il confronto di tesi anche opposte con il cosiddetto consociativismo, attenzione, perché lo scivolo può essere, indipendentemente dalla volontà degli uomini, fatale. E noi non possiamo permetterlo alla nostra Nazione. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Udeur-PE, Misto-SDI, FI, UDC:CCD-CDU-DE e dei senatori Togni, Betta e Ruvolo).

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Andreotti. Come ha potuto constatare, il suo intervento era veramente irrituale giacché il Governo aveva già posto la questione di fiducia. Però mi consenta di risponderle con molta cortesia e con molta gentilezza.

Una parte iniziale del suo intervento sarebbe stato utile ascoltarla ieri, giacché si è trattato di un prolungamento del dibattito che si era concluso. Un’altra, invece, riguarda per così dire la storia e poiché lei è un cultore appassionato di questa materia devo correggerla almeno su un punto: per quanto riguarda le votazioni sulla fiducia, in questo Senato sono state due e non tre; quella di oggi, infatti, è la seconda.

Temo, senatore Andreotti, che durante la cosiddetta prima Repubblica (tra molte virgolette) molti altri Governi abbiano posto in un anno molte più questioni di fiducia. (Applausi dai Gruppi AN, FI, UDC:CCD-CDU-DE e LP).

Aggiungo anche, senatore Andreotti, che vi è una parte del suo intervento alla quale sono molto interessato da mesi (con poco successo anche su questo) che riguarda il Regolamento del Senato e i poteri della maggioranza e dell’opposizione. Le posso confessare, senatore Andreotti, che sul Regolamento del Senato e su una modifica a mio avviso necessaria trovo sorda sia la maggioranza che l’opposizione. Dopo di che, abbiamo un Regolamento che consente alla maggioranza - come abbiamo visto in questi giorni - di decidere in completa autonomia (qualche volta anche arbitrariamente, se lo desidera) il calendario che ritiene opportuno ed un’opposizione che è ridotta soltanto a quello che lei stesso ha ricordato, riferendosi al senatore Boco, vale a dire alla richiesta reiterata di verifica del numero legale. Non è un diritto ...(Proteste dai banchi della maggioranza)

GIARETTA (Mar-DL-U). Lei ci ha ridotto così!

FLORINO (AN). Impara il Regolamento! (Commenti dei senatori Bordon e Del Turco).

PRESIDENTE. Senatore Giaretta, non mi interrompa.

Si tratta di un problema serio, senatore Andreotti: quello dell’attribuzione di poteri effettivi alla maggioranza e all’opposizione e non di poteri irrisori come quello di chiedere la verifica del numero legale. (Vibrate proteste dai banchi della maggioranza).

In ogni caso, sospendo la seduta per dare modo alla Conferenza dei Capigruppo di riunirsi al fine di decidere la ripartizione dei tempi in ordine alla prosecuzione dei nostri lavori.

(La seduta, sospesa alle ore 10,08 è ripresa alle ore 11,12 ).

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

Organizzazione della discussione sulla questione di fiducia

PRESIDENTE Onorevoli colleghi, i tempi di discussione deliberati a maggioranza dalla Conferenza dei Capigruppo, con riferimento al dibattito sulla questione di fiducia, sono così ripartiti:

AN

33

UDC:CCD-CDU-DE

27'

DS-U

42'

FI

48'

LP

22'

Mar-DL-U

30'

Misto

26'

Aut

19'

Verdi-U

19'

Dissenzienti

10'

Sono, inoltre, stati assegnati 10 minuti per ciascuno dei Gruppi e 15 minuti per il Gruppo Misto per le dichiarazioni di voto finale.

BORDON (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Le ricordo, senatore Bordon, che può intervenire esclusivamente per esprimere consenso o dissenso poiché su questa che è una mera ripartizione dei tempi non è previsto né dibattito, né votazione.

BORDON (Mar-DL-U). Signor Presidente, non intendo esprimere consenso su questa ripartizione dei tempi per un motivo molto semplice.

Nelle giornate scorse siamo stati costretti a tappe forzate, anche notturne, a discutere un disegno di legge che, come lei ricorda, non era calendarizzato preventivamente mettendo in secondo piano la discussione di questo, almeno per il Governo, importantissimo decreto-legge.

Dirò di più. Nella giornata di ieri o di ieri l'altro (ormai ho perso anche la cognizione del tempo) la maggioranza ha fatto mancare deliberatamente per ben quattro volte il numero legale facendo saltare un'intera sessione di lavoro. Sarebbe davvero incomprensibile per tutti gli italiani se si dimostrasse ancora una volta, con la fretta di oggi, che quando sono in discussione questioni che riguardano interessi particolari questo Parlamento può anche sospendere le ferie, quando invece si discute di argomenti che riguardano tutti gli italiani, incredibilmente, si deve fare presto, rapidamente, perché le valigie sono già pronte per andare a casa.

Per quanto mi riguarda, non ho alcuna intenzione di dare questa impressione. Possiamo e dobbiamo discutere seriamente per tutto il tempo necessario (molto di più di quello che lei ha comunicato) questo decreto omnibus. (Applausi dal Gruppo Mar-Dl-U).

SALVI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SALVI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, al di là della questione specifica dei tempi di discussione di questo provvedimento, non vi è dubbio che in questa vicenda vi sono diversi aspetti istituzionali, che riguardano il rapporto fra Governo e Parlamento, che richiedono grande attenzione.

In primo luogo, il decreto-legge al nostro esame, che non a caso viene denominato omnibus, è opinabile dal punto di vista della correttezza istituzionale in quanto comprende, come dice la stessa definizione, materie eterogenee.

E' a tutti noto che la legge n. 400 del 1988, che pur essendo legge ordinaria e non avendo quindi potere di modificare la gerarchia delle fonti, tuttavia costituisce criterio di riferimento, credo, per tutte le istituzioni e può costituirlo per la stessa Corte costituzionale che già in questa materia è intervenuta stabilendo il principio del divieto di reiterazione dei decreti-legge, fissa nella eterogeneità delle materie un limite alla possibilità di ricorrere alla decretazione d'urgenza.

Questo testo al nostro esame, invece, interviene sulle più disparate materie, anche di notevole rilevanza e incidenza. È una questione che io credo giusto segnalare, al di là del nostro dibattito odierno, perché resti agli atti e sia, per tale via, attraverso la possibilità del dibattito parlamentare, sottoposta a tutte le istituzioni dello Stato (dico a tutte, nessuna esclusa).

Partendo già da questo profilo, assistiamo altresì alla circostanza per la quale, in entrambi i rami del Parlamento, alla Camera prima e ora al Senato, la possibilità di discutere, di intervenire, di modificare eventualmente questo decreto è stata sottratta al Parlamento dal Governo con il ricorso al voto di fiducia.

Mi portano adesso il testo della legge n. 400 - lo ricordavo a memoria - che va esattamente in questa direzione: "Il contenuto dei decreti dev’essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo". Il decreto-legge al nostro esame non soddisfa questi criteri.

In secondo luogo, come dicevo… (Brusìo in Aula). Se il senatore Bordon è interessato, oltre che alle sue argomentazioni… (Richiami del Presidente).

PRESIDENTE. Colleghi, peraltro su questa organizzazione dei tempi si può solo esprimere consenso o dissenso, senza votazioni e senza discussione. Io naturalmente, di fronte al collega vice presidente Salvi, ho assunto un atteggiamento, com’è giusto che sia, di attenzione.

SALVI (DS-U). La ringrazio, sono argomentazioni per indicare le ragioni del dissenso, che non sono legate al minuto in più o in meno, quindi argomentazioni diverse da quelle del collega Bordon.

Tali argomentazioni concernono una valutazione sull’anomalia istituzionale che la presentazione e il contenuto di questo decreto, nonché le modalità con le quali il Parlamento lo sta esaminando, introducono su un punto dirimente, di democrazia, rappresentato dal rapporto fra Governo e Parlamento nella funzione legislativa.

Capisco che può essere un tema meno appassionante dell’orario in cui, trenta minuti prima o dopo, andremo a votare, ma il mio Gruppo ed io personalmente riteniamo doveroso esprimere tale valutazione in questa sede.

Come dicevo, si tratta di un decreto-legge eterogeneo, quindi non rispondente ai criteri in base ai quali si può fare ricorso alla decretazione d’urgenza, e un decreto-legge sul quale a entrambi i rami del Parlamento è stata sottratta la possibilità di un effettivo esame (che, come sempre la nostra Costituzione dice, deve avvenire emendamento per emendamento e con votazione finale) attraverso il ricorso al voto di fiducia.

Questo meccanismo non è nuovo. Peraltro, quando in passato la Giunta per il Regolamento del Senato si trovò ad esaminare questa questione (che, come sappiamo, non è espressamente normata né dalla Costituzione né dal Regolamento) ed espresse apposito parere, ebbe modo di segnalare come le caratteristiche particolari (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente) di questo ricorso al voto di fiducia sull’articolo unico di un disegno di legge di conversione, con conseguente decadenza di tutti gli emendamenti, fosse tale da non rendere applicabile alla discussione generale alcuni limiti, in ordine agli interventi dei senatori o dei singoli Gruppi, previsti in via generale per la discussione generale dei disegni di legge. Quindi, vi è un parere della Giunta per il Regolamento che introduce questo criterio.

Con il meccanismo del contingentamento dei tempi, formalmente legittimo, stiamo aggirando il testo costituzionale, i corretti rapporti fra Parlamento e Governo e quanto la Giunta per il Regolamento ebbe modo con chiarezza di esprimere in apposito parere. Io non sto contestando la legittimità formale della delibera assunta dalla Conferenza dei Capigruppo: sto richiamando l’attenzione del Parlamento e del Governo su un punto che credo abbia estrema rilevanza e delicatezza.

Credo pertanto, signor Presidente, che a tutti noi spetti vigilare con estrema attenzione perché questo metodo non diventi prassi costante, perché, se dovessimo avviarci a un sistema in cui il Governo emette decreti-legge dal contenuto più vario, il Parlamento non è posto in condizione di esaminarlo e, attraverso il voto di fiducia, si chiede un sì o un no sulle proposte del Governo, è interesse di tutto il Parlamento, non solo dell’opposizione, che così non avvenga, in quanto si altera in un punto decisivo il riparto della funzione legislativa fra Governo e Parlamento. Fino a prova contraria, in Costituzione è scritto che la funzione legislativa appartiene alle Camere. Questa è la ragione per la quale noi dissentiamo dalla proposta che è stata formulata. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e Misto-RC).

PRESIDENTE. Grazie, senatore Salvi. Naturalmente vi è una lunga storia di vicende analoghe anche in precedenti legislature.

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1626
Discussione sulla questione di fiducia

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulla questione di fiducia.

È iscritto a parlare il senatore Malentacchi. Ne ha facoltà per due minuti.

MALENTACCHI (Misto-RC). Signor Presidente, francamente sono nel dubbio se rinunciare all'intervento perché ho solo due minuti; in questo modo, si persevera ancor di più in un meccanismo che volevo sottoporre all'attenzione dell'Assemblea.

Non interessa nessuno, ma nei due minuti a mia disposizione lo farò nel modo più consono possibile, denunciando ciò che sta avvenendo all'interno del Parlamento. Non mi riferisco solo, cari signori, al ricorso alla questione di fiducia su questo provvedimento, che è proprio la ciliegina sulla torta: mancava questo al discorso di ieri, mancava la questione di fiducia nonostante la maggioranza e i numeri a vostra disposizione! E' quanto di più improvvido potevate pensare, signor Sottosegretario! Ci state abituando a tutto: all'arroganza politica, al disprezzo delle istituzioni, signor Presidente. Per voi la democrazia è un optional!

Quello che oggi state facendo è il seguito di quanto è avvenuto ieri, quando è accaduto veramente qualcosa di grave non solo in quest'Aula, ma anche al di fuori di essa. Avete, con questo metodo, tentato in modo strisciante di trasformare il conflitto politico-sociale in un problema di ordine pubblico. È uno dei peggiori tratti di una maggioranza che getta la maschera mostrando di covare, nel proprio DNA, nella sua storia, tratti di antidemocrazia.

Citerò ancora un affronto perpetrato con l'arroganza necessaria: ieri, a un metro dagli ingressi del Senato, è stato necessario mostrare i documenti per potervi accedere, per espletare il mandato popolare, essendo circondato dalle forze dell'ordine.

Per concludere, signor Presidente, visto che mi è impossibile parlare di altro, affido a lei valutare se ieri sia stato fatto tutto il possibile per tutelare gli interessi dell'istituzione e dei suoi membri. Vergogna! (Applausi dai Gruppi Misto-RC, DS-U e Mar-DL-U. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ruvolo. Ne ha facoltà.

RUVOLO (Aut). Signor Presidente, rinuncio al mio intervento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marino. Ne ha facoltà.

MARINO (Misto-Com). Signor Presidente, vorrei sapere se questo dibattito sulla fiducia comprende anche la dichiarazione di voto finale sul cosiddetto decreto-legge omnibus.

PRESIDENTE. Senatore Marino, con estrema chiarezza ho dato poc'anzi comunicazione dei tempi previsti per ciascun Gruppo, incluso quello Misto, e ho detto che ci sono, inoltre, dieci minuti per ciascuno dei Gruppi parlamentari per le dichiarazioni di voto finale e quindici minuti complessivamente per il Gruppo Misto. Tra l'altro, cito a memoria perché mi hanno portato via la nota, ma credo di ricordare bene: questo è il quadro.

Pertanto, ha facoltà di parlare sulla questione di fiducia.

MARINO (Misto-Com). Signor Presidente, credo che nessuno meglio del senatore a vita Andreotti abbia descritto questa fase dei nostri lavori parlamentari.

Quanto accaduto ieri è di particolare gravità. In Aula ci siamo trovati di fronte ad un emendamento interamente sostitutivo degli articoli 1, 2 e 3 del disegno di legge n. 1578, recante modifiche al codice di procedura penale, quindi in materia di garanzie poste in capo a ciascun cittadino, senza che esso fosse stato minimamente esaminato dalla Commissione giustizia, né fosse transitato sia pure per breve tempo in Commissione affari costituzionali; tutto questo malgrado la delicatezza degli argomenti e delle tematiche in esso coinvolte.

Ci siamo, quindi, trovati di fronte ad alcune violazioni regolamentari. Cito solamente quella richiamata dai colleghi intervenuti nella giornata di ieri: il nostro Regolamento prevede la votazione articolo per articolo di un disegno di legge, ma tale dettato è stato superato con grande faciloneria per consentire che un emendamento accorpasse l’originario testo del disegno di legge, violando palesemente il nostro Regolamento.

Ma al di là di questi aspetti che riguardano le procedure, signor Presidente, non ci sentiamo di accordare la fiducia a questo Governo per tutto quello che è accaduto da un anno a questa parte.

Abbiamo iniziato con i provvedimenti dei cento giorni e con tutte le altre misure contenute nella legge finanziaria che, qualora dovessero trovare pedissequa applicazione e attuazione, comporterebbero in sostanza il mutamento della fisionomia sociale della nostra Repubblica costruita attraverso decenni di dure lotte e conquiste. A tal proposito, ieri il senatore Del Turco ha ricordato quanto sangue sia stato versato per raggiungere certi obiettivi anche da parte della civiltà giuridica del lavoro.

Presidenza del vice presidente CALDEROLI

(Segue MARINO). Inoltre, con i collegati in materia fiscale, di sanità e di pubblica istruzione si dà un colpo poderoso a quello Stato sociale che costituisce l’orgoglio del nostro Paese e che fa dell’Italia una nazione all’avanguardia anche rispetto ad altri Stati europei.

Si prosegue con un attacco alla legalità partito dalle leggi sulle rogatorie, sul falso in bilancio, sul rientro dei capitali, sul conflitto di interessi e ieri purtroppo con la modifica di alcune norme del codice di procedura penale.

Signor Presidente, non sono certamente un esperto di diritto, ma credo che inevitabilmente quando questo provvedimento verrà esaminato dalla Camera dei deputati non potrà non subire delle modifiche, dal momento che il testo approvato ieri in quest’Aula pone problemi di costituzionalità che non potranno sfuggire agli organi deputati a tale scopo.

Signor Presidente, non anticipo… (Il microfono si disattiva automaticamente). (Applausi dai Gruppi DS-U e Misto-RC).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Morando. Ne ha facoltà.

MORANDO (DS-U). Signor Presidente, il Patto per l’Italia nella parte riguardante il Mezzogiorno (e su questo punto desidero sollecitare in particolare l’attenzione del relatore Nocco, che è anche un parlamentare eletto nel Sud) recita testualmente: "Nell’ambito di una generale semplificazione degli strumenti di incentivazione, il Governo sta procedendo a concentrare nel Mezzogiorno lo strumento del credito di imposta ex articolo 8 della legge n. 388 del 2000, per dare certezza finanziaria e renderlo cumulabile con la Tremonti-bis".

Signor Presidente, colleghi della maggioranza eletti nel Mezzogiorno (e siete tanti), come è ovvio le due parole chiave sono: semplificazione e certezza finanziaria.

Esaminiamo la prima. Che cosa prevede oggi la normativa in vigore sul credito d'imposta per gli investimenti? Prevede che, se un imprenditore fa un investimento nelle aree del Mezzogiorno, procede immediatamente, senza rivolgere alcuna domanda ad un ufficio pubblico, in occasione della compilazione - mi scuso per il burocratese - del modello F24, alla computazione in riduzione delle quote relative agli investimenti realizzati, concesse dalla legge sul credito d’imposta.

Si investe oggi e domani mattina, senza chiedere nulla ad alcuno, si agisce in credito d’imposta, usando un semplice modello F24, che è quello sul quale l’imprenditore che investe in quell'area deve computare le spese dell’azienda per versamento di contributi, di tributi e via dicendo.

Si tratta - come è ovvio - di un provvedimento dal carattere meramente automatico e di un credito d’imposta che, con un tale carattere, non era stato mai concesso in precedenza per gli investimenti nel Mezzogiorno.

Una persona normale, leggendo, direbbe che il Patto per l’Italia prevede ulteriori semplificazioni. Confesso che, quando l’ho letto, mi sono domandato: cosa faranno mai per semplificare un procedimento automatico di questo tipo e di una tale semplicità? La mia fantasia aveva e ha tuttora limiti molto forti, perché più semplice di così non esiste alcunché!

Signor Presidente, cari colleghi eletti nel Mezzogiorno, vorrei leggervi in cosa consiste questa semplificazione. In modo molto semplice, essa consiste nel fatto che il credito d’imposta diventa un contributo, per avere il quale bisogna presentare una domanda. Questo è scritto nell’articolo 10 del decreto-legge omnibus che voi, colleghi della maggioranza del Sud, vi apprestate a votare con un entusiasmo - almeno fatemi immaginare - piuttosto scarso.

Il punto 1 del comma 1 dell’articolo 10 stabilisce: Alle imprese che operano in alcuni settori… è attribuito un contributo nella forma di credito di imposta. Voi domanderete che cosa cambia, dato che è attribuito un contributo nella forma di credito d’imposta. Rispondo che cambia tutto, perché al punto 1-bis del comma 1 sempre dell’articolo 10 si dice testualmente: "Per fruire del contributo le imprese inoltrano … un’istanza contenente… l'impegno… ad avviare la realizzazione degli investimenti successivamente".

Guai, colleghi della maggioranza del Mezzogiorno, se per caso quell’investimento avvenisse subito, perché l’imprenditore si deve impegnare a farlo dopo la data di presentazione della domanda. E’ noto che gli investimenti nel Mezzogiorno sono talmente numerosi che, se per caso dovesse procedere subito, ne deriverebbe un danno all’economia nazionale di carattere strategico!

Naturalmente, l’Agenzia delle entrate, cioè il Ministero dell’economia, provvede, onorevoli colleghi eletti nel Mezzogiorno, a compilare la sempiterna graduatoria, e se l’imprenditore non entrerà nella graduatoria nel primo anno, potrà mantenere la sua domanda perché avrà un privilegio per il secondo anno.

Ma, signori della maggioranza e del Governo, non eravate voi quelli del turbocapitalismo? Secondo voi, nel turbocapitalismo gli imprenditori prima di fare gli investimenti presentano delle domande alla Pubblica amministrazione? Si mettono in graduatoria? Ma vi rendete conto del delitto che state commettendo nei confronti del Mezzogiorno? Vi rendete conto di cosa state combinando?

SALERNO (AN). Lo avete rovinato voi il Mezzogiorno!

MORANDO (DS-U). Sto facendo un ragionamento; capisco che è più semplice urlare, ma io non lo farò e continuerò a svolgerlo, perché so che di fiducia in fiducia voi sperate che nel Sud nessuno si accorga del contenuto di questo decreto-legge. Ma il contenuto di questo decreto, signori della maggioranza eletti nel Sud, è quello che io vi sto leggendo; io sto leggendo il provvedimento, non lo sto commentando.

Ora, non parlerò - perché vi annoierei - di ciò che viene previsto nell’articolo 5. Voi potreste dire che questo provvedimento "impallina" il credito d'imposta automatico, ma rimane nel Mezzogiorno la possibilità di avere il credito d'imposta per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, "nuove" rispetto a quelle effettuate nell’anno precedente.

Ricorderete che anche in questo caso la legge finanziaria dell’ultimo Governo di centro-sinistra presieduto dal presidente Amato, conteneva un provvedimento che alcuni economisti - diciamo la verità, con qualche fondamento - considerarono troppo prociclico dato l’andamento dell’occupazione, per quanto si applicasse parzialmente anche al Nord. Si stabiliva infatti per ogni nuova assunzione aggiuntiva a tempo indeterminato un credito d'imposta (in modo perfettamente automatico) di 800.000 lire - al mese, non all’anno - per le aziende del Nord e di 1.200.000 lire per le nuove assunzioni nel Mezzogiorno.

Evidentemente, le assunzioni nel Mezzogiorno a tempo indeterminato sono andate così bene che il Governo di centro-destra, che vuole produrre lo sviluppo aggiuntivo del Sud rispetto a quello del Centro-nord, che cosa fa? L’articolo 5 di questo decreto omnibus - lo so colleghi del Mezzogiorno che voi sperate che si voti la fiducia a questo provvedimento senza sapere che c’è scritto questo - afferma che il credito d'imposta per le assunzioni a tempo indeterminato nel Mezzogiorno (il ragionamento è più generale; però io adesso lo applico al Mezzogiorno) non sarà più automaticamente concesso alla mera condizione che l’assunzione a tempo indeterminato avvenga e sia aggiuntiva di una unità rispetto a quelle in forza in quella determinata azienda nell’anno precedente, perché occorrerà arrivare a metà anno.

Questo per il Governo della semplificazione lo trovo veramente straordinario. Voi avete promesso agli italiani la sburocratizzazione, la semplificazione, il turbocapitalismo e lo sviluppo straordinario, determinato dal fatto che toglievate lacci e lacciuoli. Signori della maggioranza eletti nel Mezzogiorno, voi qui prevedete una cosa magnifica; si parla di un decreto interdirigenziale, con il quale a metà anno si dirà agli imprenditori del Mezzogiorno: "Cari imprenditori, noi che siamo dell’interdirigenziale vi diciamo che non potete più assumere avendo il contributo in automatico, perché abbiamo finito i soldi".

Vi rendete conto di cosa significa questo? Poiché la Tremonti-bis e il credito d'imposta per le aziende del Nord, nel caso delle assunzioni a tempo indeterminato, non viene sospeso e non viene sottoposto al vincolo del tetto di spesa, che invece è previsto per i crediti di imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno e per le nuove assunzioni, dal momento che - credo vi sia noto - le imprese del Nord sono un po’ più numerose di quelle del Sud, all’inizio dell’anno le imprese del Nord esauriranno rapidamente le scorte e per le imprese del Sud non resteranno i soldi necessari.

Ma voi, colleghi della maggioranza eletti nel Mezzogiorno, voterete la fiducia a questo Governo il quale, però, vi fa approvare un decreto-legge che è un attentato agli interessi del Mezzogiorno. Mi spiace, ma le cose stanno così, inoppugnabilmente così! Sarete dunque costretti ad andare per il Mezzogiorno, a battere le campagne dove ci sono le imprese - qualcuna c'è anche da voi! - a spiegare che lo avete fatto nell'interesse della finanza pubblica.

Vengo ora a questo ulteriore argomento. La relazione tecnica al decreto-legge - quella predisposta dal Governo che vi chiede di dargli la fiducia su questo punto, colleghi della maggioranza - afferma che queste due norme, ossia il credito d'imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno e il credito d'imposta per le nuove assunzioni (in sostanza, si tratta di 1.200.000 di vecchie lire al mese per i nuovi assunti aggiuntivi), potrebbero determinare - e questo c'è stato ripetuto dal relatore, senatore Nocco, e lo ringraziamo perché la precisazione era utile - uno sfondamento delle previsioni di spesa nelle appostazioni iscritte nella tabella D della legge finanziaria.

Tradotto in un linguaggio comprensibile per il cittadino comune, prevedere tale sfondamento vuol dire ipotizzare che nel Sud ci siano molti più investimenti e assunzioni di quelli che normalmente si determinano senza l'incentivazione. Vi è chiaro, colleghi? Che cosa si propone questo provvedimento e qual è la ragione della sua emanazione?

Ebbene, deduco logicamente dal ragionamento sulle ipotesi di sfondamento che è stato predisposto per impedire che ci siano troppi investimenti e troppe assunzioni al Sud. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U e del senatore Amato). Ma vi rendete conto di quello che è scritto in questo provvedimento? C'è scritto che forse in Italia ci sarebbero troppi investimenti e troppe assunzioni nel Mezzogiorno! Perché questa è l'unica ipotesi nella quale potrebbe determinarsi uno sfondamento delle disponibilità, non ce ne è un'altra!

Ma voi, signori del Governo, signori della maggioranza, non eravate quelli della copertura attraverso gli effetti indotti dalle misure di riduzione della pressione fiscale? Ma non siete voi quelli che ci avete fatto conoscere - qualcuno di noi ne era già al corrente per i propri studi giovanili - come fatto di massa la curva di Laffer! Mi sto riferendo ad una modesta teoria economica sulle spese e sulle entrate dello Stato che in buona sostanza tende a sostenere un aspetto che se non lo si estremizza è intuitivamente vero, e cioè che se si riducono le imposte si può determinare, attraverso la disponibilità aggiuntiva delle famiglie e delle imprese, un qualche effetto di crescita del prodotto interno lordo della nazione nella quale questa riduzione delle imposte avviene.

Naturalmente la curva di Laffer tende anche a ipotizzare che attraverso questa crescita del PIL si determini un allargamento della base imponibile; ne consegue che alla fine dell'anno - applicando aliquote più basse su una base imponibile molto più estesa, il cui ampliamento deriva dalla riduzione delle imposte - il gettito dovrebbe essere uguale a quello che si sarebbe potuto ottenere applicando un'aliquota più alta su una base imponibile più limitata.

E' una teoria certamente fondata, a meno che la si voglia tirare fino ad estremizzarne le caratteristiche. Se lo si fa non è logicamente sostenibile, perché si assumerebbe che anche con un'aliquota pari all'1 per cento la crescita del prodotto interno lordo sarebbe così elevata da determinare una parità di gettito; si tratta di una conclusione palesemente assurda che falsifica la teoria nelle sue versioni estreme.

Signor Presidente, signori del Governo, esistono leggi attualmente in vigore che recano copertura attraverso il calcolo degli effetti indotti. La Tremonti-bis ad esempio reca copertura attraverso il calcolo degli effetti indotti sul prodotto interno lordo, quindi sulla base imponibile.

Se accettate questa forma di copertura che noi abbiamo sempre contestato, vi chiedo allora come possiate non applicarla in particolare agli investimenti e alle nuove assunzioni nel Mezzogiorno, laddove in effetti l'allargamento della base imponibile potrebbe essere sufficientemente ampio, dati i livelli di sottosviluppo, da determinare l'effetto indotto di cui sostenente la fondatezza.

Vi rendete conto che per le imprese del Nord la Tremonti-bis opera in modo automatico ed è coperta finanziariamente in base agli effetti indotti, mentre questo meccanismo non è accettato dal Governo per il Mezzogiorno? Come fate a subire un affronto di questo tipo voi che siete stati eletti nel Sud? (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U e del senatore Amato).

Questo provvedimento produce problemi di carattere finanziario? Signor Presidente, signori del Governo, voi avete presentato all'esame del Parlamento ben due disegni di legge - relativi alla delega fiscale e alla delega per la riforma della pubblica istruzione - nei quali tentavate di utilizzare come forma di copertura ex ante la previsione dell'articolo 11-ter della legge n. 468.

Per uscire dal politichese bilancista, che appassiona tanti di noi tra cui il sottoscritto, tale norma prescrive che, quando in corso d'anno, il Governo - in particolare il Ministro di settore - constata che nell'applicazione di una legge si determina una spesa aggiuntiva rispetto a quella prevista dal bilancio oppure nell'applicazione di una legge si determina una riduzione del gettito aggiuntiva rispetto a quella coperta dalla legge di bilancio, il Ministro di settore informa immediatamente il Ministro dell'economia, il quale informa a sua volta il Parlamento affinché adotti le misure necessarie.

Voi, signori del Governo, avete presentato due disegni di legge che tentano di utilizzare la previsione dell'articolo 11-ter della legge n. 468 del 1978 come forma di copertura ex ante e quell'uso è evidentemente impossibile, illegittimo, come è stato rilevato dalle Commissioni bilancio.

Ma se esiste un caso nel quale l'articolo 11-ter può essere utilizzato non è forse quello delle disponibilità per il credito d'imposta a beneficio degli investimenti e delle assunzioni nel Mezzogiorno? Se si determinasse in corso d'anno si verificano, finalmente, tanti investimenti e tante assunzioni nel Sud, il Ministro dell'economia informa il Parlamento e il Parlamento provvede in sede di assestamento a rimpinguare le dotazioni. E' così che si fa l'interesse del Mezzogiorno, è così che si rispetta la legge di contabilità, non già con questo provvedimento che offende il Mezzogiorno e vi obbliga, colleghi della maggioranza eletti nel Sud, a votare un provvedimento contro gli interessi delle popolazioni che rappresentate. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Com e del senatore Amato. Molte congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D'Amico. Ne ha facoltà.

D'AMICO (Mar-DL-U). Signor Presidente, noi tutti chiamiamo il provvedimento in esame decreto omnibus, il che fa comprendere a tutti che stiamo parlando di un decreto-legge che vìola in modo grave il dettato costituzionale e numerose sentenze della Corte Costituzionale ed è in contraddizione con il rispetto delle regole che ha voluto ristabilire il Presidente della Repubblica con il recente rinvio alle Camere di un decreto eterogeneo. Ma c'è un fatto più grave che desidererei restasse agli atti del Parlamento.

Questo decreto lo chiamiamo omnibus non nella polemica politica o nelle conversazioni giornalistiche, ma nel calendario dei lavori dell’Assemblea, che infatti, nel disciplinare il contingentamento relativo a questo decreto, recita espressamente: "Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 1626, decreto-legge omnibus". Credo che questa sia la testimonianza più evidente che si sta compiendo una grave violazione della Costituzione.

La seconda questione preliminare riguarda la copertura. Il presente decreto-legge reca una grave violazione del principio dell’annualità del bilancio: si definanzia la tabella D per il 2003 per finanziare un capitolo di bilancio nel 2004. Questa è una grave violazione delle regole di contabilità pubblica. Badate bene, ciò è grave non solo sul terreno formale, ma anche perché, attraverso artifici di innumerevole natura e varietà, si sta producendo l’effetto che è stato reso noto nella giornata di ieri: nei primi sette mesi dell’anno in corso il fabbisogno pubblico ha raggiunto il livello di 31 miliardi di euro; sono 7 miliardi di euro in più rispetto allo scorso anno. Per la prima volta da anni, nel corso del mese di luglio, il bilancio pubblico produce disavanzo.

La situazione del bilancio pubblico è molto grave e le pratiche che vengono realizzate anche attraverso questo decreto aggravano la situazione e rischiano di portare il Paese verso i limiti che sono previsti nel trattato per l’indebitamento pubblico, con gravi danni per l’economia del Paese. Tali pratiche continuano ad accrescere un debito che è il vero nodo scorsoio al collo dell’economia italiana.

Lo scorso anno, nel DPEF, il Governo ha affermato che sarebbe stato in grado di far crescere l’economia nazionale anche se l’economia mondiale non fosse cresciuta. Quest’anno invece ha affermato - è scritto nel DPEF - che è impossibile far crescere l’economia nazionale se non accade altrettanto nel resto del mondo, ma che ora il mondo ricomincia a crescere e quindi crescerà anche l’Italia.

Ebbene, con queste regole e questi comportamenti sul bilancio pubblico, aggravandosi il problema del debito, succederà invece che anche quando l’economia mondiale ricomincerà a crescere l’economia italiana non sarà in condizioni di farlo.

Tra le innumerevoli questioni da affrontare, ne scelgo una, soffermandomi sulla questione del credito di imposta, come ha già fatto con molta abilità ed efficacia il collega Morando. Propongo però un punto di vista un po’ diverso. Vorrei fosse chiaro a quest’Aula qual è stato lo sforzo fatto in materia di agevolazione degli investimenti nel Mezzogiorno da una serie di Ministri di altissima qualità (penso a Spaventa, a Rainer Masera, a Ciampi e al presidente Amato, che è qui presente). Tale sforzo presenta una continuità nel tentativo di far fuori la mediazione politico-burocratica sugli investimenti al Sud. In sostanza, si è cercato di mettere finalmente gli imprenditori meridionali e comunque tutti gli imprenditori che intendono investire al Sud, nella condizione di non dipendere dalla mediazione burocratico-politica.

Infatti, con il meccanismo del credito di imposta, in base a regole concordate a livello comunitario, si è previsto di dare, ad esempio ai titolari di una media impresa che fa un investimento in Puglia, il 35 per cento di aiuti; in pratica, viene rimborsato il 35 per cento dell’investimento. In questo modo gli imprenditori non hanno bisogno che il politico di turno li raccomandi presso una qualche agenzia di sviluppo, non sono soggetti al fatto che il burocrate di turno chieda sempre qualche carta in più lasciandoli nell’incertezza; con quel meccanismo possono trattenere nella dichiarazione dei redditi parte dell’aiuto concesso. Inoltre, con tale meccanismo l’imprenditore sa a priori non solo l’entità del finanziamento, ma anche il momento in cui lo incasserà, cosa decisiva per gli investimenti.

Quel tentativo, che passa attraverso la riforma, e i regolamenti, di cui alla legge n. 488 del 1992, giunge a completamento con la concessione del credito di imposta automatico; fa fuori definitivamente la mediazione politico-burocratica sugli investimenti al Sud.

Il passaggio contenuto nel decreto in esame, attraverso un insieme di regole, condizioni, graduatorie, rimette in campo la mediazione politico-burocratica rispetto agli investimenti del Sud. Riconsegna gli investimenti che gli imprenditori intendono fare alla mediazione politico-burocratica con tutto ciò che ne consegue, anche sul terreno della corruzione, che abbiamo ben conosciuto su questo fronte.

Si afferma che ci sono problemi di finanziamento. Ma cosa vuol dire che ci sono problemi di finanziamento? Vuol dire che in realtà si ha paura che si facciano troppi investimenti al Sud; questo vuol dire, lo ha spiegato il collega Morando.

Ho avuto la fortuna di frequentare Pasquale Sareceno negli ultimi periodi della sua vita. Egli, con la limpidità e la chiarezza che gli erano proprie, mi spiegò (è un'algebra semplice che in Parlamento non si può fare) che per realizzare l'obiettivo che dobbiamo darci rispetto al Mezzogiorno, cioè un livello del reddito pro capite uguale a quello del Centro-Nord, è necessario che prima o poi la dotazione di capitale fisso sociale, le infrastrutture, le strade, le ferrovie, siano portati al medesimo livello di quelle del Centro-Nord; abbiamo bisogno che il livello di sicurezza pubblica, in senso lato, sia il medesimo. Ma abbiamo bisogno anche d'altro: che gli investimenti per abitante siano uguali a quelli del Centro-Nord.

Nella storia del Mezzogiorno unitario questo non è mai accaduto. Gli investimenti, in rapporto alla ricchezza prodotta, sono sempre stati più alti, grazie alla politica di incentivazione, ma non è mai accaduto che gli investimenti per abitante siano stati gli stessi del Centro-Nord. Questa è la determinante algebrica del fatto che il reddito del Sud non può essere uguale a quello del Centro-Nord.

La misura messa in campo avrebbe finalmente reso possibile, in relazione alle scelte degli imprenditori, che l'investimento per abitante nel Sud fosse uguale a quello del Centro-Nord; si rendeva finalmente possibile il raggiungimento della priorità (quella priorità annunciata da tutti i Governi dall'Unità d'Italia ad oggi) di conseguire nel Mezzogiorno un livello di ricchezza pro capite uguale a quello del Centro-Nord.

Questo stava accadendo. Oggi quel tentativo viene messo in discussione. lo sforzo enorme che il Paese stava compiendo viene ucciso dalla scelte di questo Governo.

Anch'io voglio rivolgermi ai colleghi eletti nel Mezzogiorno. Guardate che tutto ciò renderà impossibile ciò che finalmente diventava possibile nel Mezzogiorno. Vi è un altro aspetto: come veniva reso possibile? Per anni questo sforzo lo si è fatto utilizzando gli investimenti pubblici, le imprese pubbliche. Io che sono liberale ho quasi difficoltà ad ammettere che per rendere possibile lo sviluppo del Mezzogiorno sia necessario un intervento pubblico; poi però mi rendo conto che esistono mille vincoli per cui il mercato non funziona abbastanza e quindi un tale intervento è necessario.

Voi, però, che vi definite liberali dovreste sapere che il modo per realizzare questo obiettivo non è un modo attraverso il quale la politica sceglie quali investimenti operare (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U). Il modo per realizzare questo obiettivo è lasciare che gli imprenditori scelgano cosa fare, quali investimenti effettuare, dove, in quali settori. Invece, il tentativo che si fa attraverso questo insieme di regole è assegnare di nuovo alla politica il compito di operare quella scelta.

Questo cambiamento non solo rende impossibile quell'obiettivo che finalmente diventava possibile con lo strumento automatico di agevolazione degli investimenti nel Mezzogiorno, non solo rimette in campo la mediazione politico-burocratica riaprendo lo spazio per la corruzione della quale abbiamo lunga esperienza, purtroppo, nella storia degli aiuti allo sviluppo del Mezzogiorno, ma di nuovo mette la politica nella condizione di scegliere quali investimenti effettuare. Ma quando ciò avverrà quegli investimenti non saranno in condizione di generare sviluppo. Questo è uno dei contenuti del decreto-legge al nostro esame, decreto omnibus, come certificato nel calendario dei lavori di questa Assemblea.

Ma ci sono altre questioni. La verità è che si tratta di un tentativo di mettere alcune pezze a colori, che in qualche caso non producono effetti e in casi come questo producono gravi danni per il Paese. Credo sarebbe necessario che il Parlamento discutesse complessivamente della politica economica di questo Governo. Non lo ha fatto a sufficienza con un DPEF che il Ministro dell'economia ha già detto essere superato, che presenta numeri superati, ovvero sbagliati, ovvero resi inutili dalle novità che nel frattempo sono intervenute. Nel DPEF non c'era quel dato del fabbisogno del primo semestre, dato che rende impossibile il raggiungimento dell'obiettivo di indebitamento-PIL previsto per quest'anno.

Credo dovremmo ridiscutere in quest'Aula, con il tempo e la chiarezza necessari, di fronte al Paese, di una politica economica sbagliata, che in questo decreto continua a manifestarsi tale. (Applausi dai Gruppi, Mar-DL-U, DS-U, Verdi-U e Misto-Com. Molte congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Tonini. Ne ha facoltà.

TONINI (DS-U). Signor Presidente, colleghi senatori, signori del Governo, questo decreto contiene all’articolo 9 l’ennesima norma in materia di spesa farmaceutica; se mi si passa il termine, c’è un vero e proprio accanimento terapeutico del Governo attorno alla questione della spesa farmaceutica. È un accanimento terapeutico comprensibile, se si tiene conto della dinamica della spesa farmaceutica, soprattutto in alcune Regioni del nostro Paese; tuttavia è difficile sfuggire all’impressione che il Governo continui a procedere in questa materia privo di una bussola chiara e quindi moltiplicando una serie di interventi di cui si fa fatica poi a valutare l’effetto, gli impatti in termini di spesa pubblica.

Sappiamo che, quando si parla di sanità nel nostro Paese, come in qualunque sistema complesso e moderno, si presenta un conflitto tra due valori: da un lato c’è il valore della tutela della salute, che è il bene primario di una collettività, di un Paese, valore che non tollera di essere messo in secondo piano rispetto ad altri (cosa c’è di più importante della vita e della salute dei cittadini?); tuttavia, in una collettività c’è anche un secondo valore, che è quello dell’efficienza del sistema, cioè il valore per il quale è necessario porsi l’obiettivo di raggiungere i fini che ci si prefigge con il minor dispendio di risorse possibile, proprio perché le risorse, in un sistema economico e sociale, sono per definizione sempre limitate ed è giusto che siano utilizzate nel modo più efficiente possibile.

C’è dunque una dialettica, una tensione, a volte anche una contraddizione tra l’obiettivo di tutelare il valore primario della salute e l’obiettivo altrettanto importante di garantire questo diritto utilizzando le risorse in modo efficiente.

Questa dialettica in qualche misura dovrebbe essere ricompresa e ritrovata nella dialettica che oppone, da un lato, il punto di vista del Ministero dell’economia, che ha come precipuo compito e finalità quello di far quadrare i conti nel Paese, e, dall’altro, il punto di vista del Ministero della salute, che dovrebbe avere come principale obiettivo quello di tutelare appunto l’efficacia del sistema in termini di tutela della salute dei cittadini.

Da un anno a questa parte assistiamo ad un’evidente sproporzione di forze e di peso nel Governo tra il Ministero dell’economia e il suo punto di vista e il Ministero della salute e il suo punto di vista. E’ un fatto singolare questo, perché tutti ricordiamo con quanta forza (e forse con uno dei primi strappi al galateo, se non di più, della Costituzione) questo Governo ha voluto reintrodurre in maniera decisa la figura del Ministro e del Ministero della salute, il che lasciava immaginare che ci fosse, all’interno della compagine governativa, una forza, un’autorevolezza del punto di vista dell’Amministrazione della salute in dialettica evidente con quella del Ministero dell’economia.

Le cose sono andate diversamente. Abbiamo un Ministero della salute che conta poco o nulla all’interno della politica complessiva del Governo e che ha sostanzialmente abdicato, nella gestione della spesa sanitaria, al puro e semplice punto di vista del Ministero dell’economia.

Gli effetti di tale tipo di dialettica (che sta provocando anche qualche forma di disagio all'interno della stessa maggioranza e ne abbiamo prova continua nei faticosi pronunciamenti che essa produce all'interno della Commissione sanità) si osservano nei risultati che questo sistema sta producendo, i quali appaiono deludenti anche dal punto di vista della spesa. Questo è il motivo dell’accanimento terapeutico: ormai con cadenza bimestrale ci viene proposto l'ennesimo decreto, di solito annegato in provvedimenti omnibus che riguardano altro, con il quale si cerca di porre un tappo all'ennesima falla che si va aprendo nella spesa sanitaria, in particolare in quella farmaceutica.

Signor Presidente, colleghi, ci troviamo di fronte a questa situazione perché il Governo non ha ancora spiegato quale sia la linea che intende adottare per far fronte a questo tipo di problemi. Il Governo e la maggioranza avevano detto agli italiani che avrebbero portato a efficienza il sistema sanitario facendo leva sulla sua privatizzazione, in particolare seguendo il modello che è stato portato avanti da alcune Regioni del Nord del Paese governate da maggioranze di centro-destra (dalla Lombardia in primo piano e da altre Regioni orientate sulla stessa direzione di marcia).

Tale modello, alla prova dei fatti verificati in questo anno, si è rivelato come il modello più costoso, quello che con maggiore difficoltà riesce a far quadrare i conti della spesa. Vi è quindi una contraddizione: il Governo aveva fatto le sue promesse sulla base del presupposto che una sanità con una più larga presenza di privato convenzionato avrebbe prodotto un risparmio e invece oggi si trova a dover ammettere che le cose non stanno così.

D'altra parte, il Governo non guarda alle cose fino in fondo. Non è capace di essere intellettualmente onesto fino in fondo perché, se lo fosse, dovrebbe ammettere che le Regioni che hanno raggiunto le migliori performance in termini di rapporto tra efficacia e costi sono quelle nelle quali la regia pubblica del sistema è rimasta centrale, in particolare le Regioni governate dal centro-sinistra nel Centro-Nord del Paese. Se quel modello fosse stato analizzato e ci trovassimo di fronte ad una proposta seria del Governo, dovremmo oggi disporci a misurare la differenza di performance tra certe Regioni e certe altre e quindi, probabilmente, a promuovere un confronto tra di esse che, nel rispetto del principio del federalismo, porti ad una convergenza virtuosa tra modelli diversi.

Ci troviamo di fronte, invece, ad uno sbilancio, ad una differenziazione, ad una divergenza di risultati tra le diverse Regioni e il Governo non trova di meglio che porre in essere l'ennesimo provvedimento di sforbiciata generale sul sistema. Lo fa con una misura, contenuta nell'articolo 9 del decreto in esame, che rinvia alla Commissione unica del farmaco un'operazione assai ambiziosa e rischiosa come quella della revisione, in tempi per la verità realisticamente poco attendibili, dell'intero prontuario farmaceutico sulla base del mero criterio del rapporto efficacia-costi.

Il Governo si propone quindi un'operazione assai ambiziosa e molto rischiosa per i cittadini, quale è quella della revisione radicale del prontuario farmaceutico. Se i tempi del decreto saranno rispettati, dopo il 30 settembre ci troveremo ad avere un nuovo prontuario farmaceutico del quale oggi non sappiamo nulla; non sappiamo quindi quali farmaci i cittadini si vedranno garantiti dal Servizio sanitario nazionale e quali invece saranno esclusi da esso.

Si tratta quindi di un provvedimento che comporterà un inevitabile forte impatto sociale, ma del quale oggi conosciamo assai poco. In tale provvedimento, signor Presidente, c'è anche una misura che è assai contestata e discutibile dal punto di vista della modernizzazione del nostro sistema sanitario.

E' una misura che rinvia ulteriormente nel tempo la convergenza tra i tempi di copertura brevettuale dei farmaci previsti nel nostro Paese e quelli previsti dai nostri partner europei; una misura che è stata contestata e che ha ricevuto l’attenzione in chiave critica dell’Autorità antitrust che l’ha giudicata in contraddizione con l’apertura al mercato del nostro sistema di industria farmaceutica, non motivata da ragioni credibili di sostegno alle politiche della ricerca.

In pratica, rispetto alle decisioni assunte nel passato, che portavano ad un programma di convergenza a breve tra i tempi di copertura brevettuale previsti dal nostro ordinamento e quelli previsti dagli altri Paesi europei, si è prodotto un allungamento intollerabile che lascia immaginare un sistema dotato di forme di tipo protezionistico poco in linea - anche in questo caso, consentitemi di rilevarlo, colleghi della maggioranza - con le promesse di modernizzazione del Paese con le quali vi siete presentati al giudizio degli italiani e ne avete ottenuto il voto.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha adottato un parere formale che contesta tale tipo di prospettiva. Vi è dunque un groviglio di contraddizioni. Da un lato, un sistema sanitario e farmaceutico che viene governato sulla base del primato assoluto delle esigenze della spesa rispetto a quelle della salute. Almeno ci si aspetterebbe una modernizzazione del sistema ed una sua effettiva efficienza. Invece, siamo in presenza di un sistema, che per incapacità di fare i conti con le differenze tra modelli, continua a produrre risultati deludenti sul piano dell’equilibrio finanziario e che appare arretrato nella sua impostazione dal punto di vista della politica industriale.

Di conseguenza, corriamo il rischio di vedere il sommarsi di più mali, di più divergenze anziché - come sarebbe necessario per il nostro Paese - avere un sistema che tuteli meglio la sanità dei cittadini, valorizzando quel grande patrimonio pubblico e collettivo del nostro Paese rappresentato dal sistema sanitario nazionale (che con il 6 per cento del prodotto interno lordo riesce a garantire importanti performance ai cittadini) e promuovendo una presenza dell’industria farmaceutica in grado di competere autonomamente a livello europeo.

E’ per tali ragioni, signor Presidente, che voteremo contro il provvedimento, anche per questi aspetti così nascosti e reiterati, come sono quelli riguardanti la spesa sanitaria. Abbiamo, infatti, la netta sensazione e la fondata opinione che le misure contenute nel decreto non garantiranno né una maggiore tutela della salute né migliori performance al nostro sistema economico. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Coletti. Ne ha facoltà.

COLETTI (Mar-DL-U). Signor Presidente, è ormai prassi consolidata di questo Governo - lo abbiamo visto in quest’anno di legislatura - la presentazione di provvedimenti che si occupano di tutto, come appunto quello oggetto della nostra discussione. Infatti, l’Atto Senato n. 1626, meglio conosciuto come decreto omnibus, è l’ennesimo decreto-legge, presentato dal Governo, attraverso il ministro Tremonti.

Ciò dimostra la disorganicità dell’impostazione legislativa dell’attuale Governo e, sotto certi aspetti, l’arroganza nell’adottare norme che incidono in maniera forte nei vari settori di interesse. Norme che comunque partono da considerazioni sostanzialmente diverse all’interno del provvedimento stesso.

Basti pensare che in questo testo si parla della accisa petrolifera, del credito d’imposta e, con molta semplicità e superficialità, degli interventi nel settore dell’agricoltura nonché del problema relativo alla trasformazione dell’ANAS e del CONI in società per azioni. Non si riesce a capire quali siano le connessioni tra i vari provvedimenti e soprattutto è difficile ravvisare i necessari presupposti di urgenza, ad esempio nella privatizzazione di un ente pubblico.

Signor Presidente, non ho approfondito tutte le parti che compongono il provvedimento in esame, tuttavia ho dato uno sguardo agli interventi previsti per il settore agricolo. Sono veramente rammaricato che il Governo abbia chiesto la fiducia su questo provvedimento, perché molti membri della Commissione agricoltura speravano che in questa sede si potessero apportare correzioni dal momento che il testo non ci sembra idoneo a dare gli incentivi necessari al settore agricolo, soprattutto in quelle parti del Paese che hanno subito la siccità nell’anno in corso e negli anni precedenti.

Signor Presidente, tutti i membri della Commissione hanno sottolineato l’inadeguatezza della legge n. 185 del 1992 nel dare contributi alle imprese agricole colpite da eventi calamitosi. Si tratta di una norma che prevede una procedura molto lunga e che non riesce a far sentire concretamente ed immediatamente la presenza dello Stato e del Governo ai cittadini che hanno subito danni enormi anche nel corso dell’anno 2002.

Inoltre, presenta forme di applicazione e di riconoscimento dell’evento calamitoso assai confuse e complesse, non più adeguate alle esigenze che si stanno presentando negli ultimi mesi. Pertanto, avevamo proposto degli emendamenti al fine di ricorrere ad altre procedure di sostegno all’agricoltura in questo campo.

Recita il decreto: "Alle imprese agricole, singole ed associate, e alle cooperative agricole di conduzione, ricadenti nei territori danneggiati dalla siccità negli anni 2000, 2001 e 2002, dichiarata eccezionale con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, che abbiano subìto danni in uno dei predetti anni, sono concesse le provvidenze della legge 14 febbraio 1992, n. 185, secondo procedure e modalità in essa previste (…)".

Ebbene, signor Presidente, vorrei dire ai colleghi parlamentari che nell’anno 2000 solo venti province hanno ottenuto il decreto di riconoscimento da parte del Ministero, e nell’anno 2001 scendono addirittura a dodici.

Ma questo è niente. Il meccanismo di applicazione della legge n. 185 prevede che le aree per essere perimetrate devono subire un danno superiore al 35 per cento dell’intera produzione agricola. Ebbene, ci sono aziende che non ricadono in questa perimetrazione pur avendo subìto danni che arrivano fino alla distruzione totale, del 100 per cento, perché nel complesso dell’area rilevante, non si è raggiunto il 35 per cento.

Signor Presidente, avevamo proposto emendamenti per applicare l’intervento sulle singole aziende anche con il meccanismo previsto dalla legge n. 185, ma con il limite del 35 per cento riferito all’azienda e non più alla perimetrazione effettuata dalla Regione attraverso gli organi periferici. Tuttavia, non è possibile discutere di tutto questo perché il Governo ha preferito porre la fiducia sul provvedimento.

Vi assicuro, però, che tutte le problematiche che abbiamo vissuto in questa calda estate, nel settore agricolo in modo particolare per mancanza d’acqua, non saranno risolte con il decreto in esame. Gli agricoltori ed i produttori, che hanno lavorato e non hanno avuto la possibilità di raggiungere il risultato concreto con il raccolto, non vedranno la presenza dello Stato subìto, così come difficilmente la vedranno fra due o tre anni.

Infatti, il tempo necessario per l’applicazione della legge n. 185 va dai due ai tre anni e poi questa normativa prevede procedure complicate e sostanzialmente dà un contributo molto limitato agli agricoltori.

Noi chiediamo al Governo di rivedere in qualche maniera questo provvedimento, perché si renderà conto che non dà una risposta a questo mondo, che in questi ultimi mesi ha subìto danni notevoli. L’avevamo fatto attraverso la presentazione di emendamenti, a seguito di studi, con serietà, per dare un contributo alla risoluzione di un problema che ha fatto sentire il suo peso in questi ultimi mesi.

Il Governo, con la fretta che è stata sottolineata dai colleghi intervenuti, vuole "andare a casa" dopo aver messo nel carnet in questo ultimo periodo molti risultati politici. Non interessa al Governo andare nel concreto dei problemi che riguardano i cittadini.

E’ stato detto per altri settori, io l’ho voluto sottolineare per l’agricoltura. Fra parecchi mesi, quando torneremo a discutere di queste cose, ci renderemo conto che questo decreto non ha dato sicuramente un contributo positivo al settore dell’agricoltura, perché sarà di difficile applicazione e i risultati non saranno a portata di mano per coloro che attendono dallo Stato un segnale di vicinanza. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

Richiamo al Regolamento

ANGIUS (DS-U). Domando di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGIUS (DS-U). Signor Presidente, vorrei richiamarmi all’articolo 18, comma 3, del Regolamento.

La vergogna che, a nostro giudizio, si è consumata ieri con la presentazione e quindi con la votazione dell’emendamento Carrara, che ha sostituito interamente il testo del disegno di legge Cirami in discussione e che ha comportato la decadenza degli emendamenti dell’opposizione, ha dato occasione al presidente del maggior Gruppo di maggioranza di dire: "Li abbiamo fregati". Ora, per noi ha poca importanza l’essere stati fregati, ma ne ha molta di più che il Parlamento ed il Senato della Repubblica siano stati violentati e che il Presidente del Senato e la struttura che con lui collabora abbiano consentito che ciò avvenisse.

In modo sostanziale e attraverso vie di fatto si è impedito all’opposizione di discutere in quest’Aula il testo che la maggioranza ha successivamente approvato. E’ stato palesemente violato l’articolo 72 della Costituzione repubblicana e sono stati palesemente violati numerosi articoli del Regolamento.

Quando si imbroglia sulle regole, quando si gioca a nascondino con le norme che la maggioranza ed il Governo intendono approvare, non si può più avere fiducia - e noi non la possiamo avere - in chi ha la responsabilità istituzionale del Senato della Repubblica.

In relazione a quanto avvenuto in quest’Aula e alle questioni regolamentari da noi sollevate nelle sedute antimeridiana e pomeridiana di giovedì 1° agosto, chiediamo che si pronunci rapidamente la Giunta per il Regolamento, ai sensi dell’articolo 18, comma 3, del Regolamento del Senato.

Riconsegniamo - lo faccio adesso a lei, signor Presidente - i fascicoli degli emendamenti che abbiamo presentato ieri, con la preghiera che rimangano qui in evidenza, a monito di altre avventure e di altre vergogne.

Gli stessi emendamenti, per opportuna conoscenza, li faremo pervenire alla Presidenza della Repubblica. (Applausi dei Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Udeur-PE e Misto-RC).

GIARETTA (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIARETTA (Mar-DL-U). Signor Presidente, nell’associarmi ai gravi problemi che il presidente Angius ha sollevato, vorrei sottolineare che anch’io ho avvertito come offensive le parole di un Capogruppo di maggioranza relativa: "Li abbiamo fregati". Io lascio naturalmente perdere il tono di questa dichiarazione rilasciata alle agenzie giornalistiche accreditate presso il Senato.

Il giorno prima il Presidente della regione Veneto, riferendosi ai segretari nazionali dei due maggiori partiti di opposizione, aveva testualmente dichiarato che hanno "una faccia da culo". Non so se si tratta di un'espressione che si possa ripetere…

PRESIDENTE. Senatore Giaretta, è già dubbio il fatto di dover discutere delle affermazioni di istituzioni che non c'entrano con il Senato; le faccio però presente che in questo caso stiamo parlando del nostro Regolamento. Inoltre, credo che quella espressione non sia una delle più felici in una sede come questa!

GIARETTA (Mar-DL-U). Sono d'accordo, signor Presidente, specialmente se viene pronunciata nell'aula di un'alta istituzione e da parte di chi ha delle responsabilità gravi…

PRESIDENTE. Che però non competono all'Assemblea!

GIARETTA (Mar-DL-U). Il motivo vero per cui intervengo è che il rischio reale è che venga lesa la Costituzione italiana, e il senatore Schifani nell'utilizzare quei termini sconvenienti includeva in ciò "abbiamo leso la Costituzione italiana".

PRESIDENTE. Senatore Giaretta, non intendo aprire una discussione su affermazioni giornalistiche e considerazioni che non abbiano avuto luogo in questa sede. Inoltre, non è mia intenzione toglierle la parola, tuttavia dal momento che stiamo parlando del Regolamento la pregherei di attenersi a questo argomento.

GIARETTA (Mar-DL-U). Ha ragione, signor Presidente. Per tornare al Regolamento e alle affermazioni ascoltate in quest'Aula, ieri il senatore D'Onofrio, altro Capogruppo, ci ha detto che "ci aveva ridotto in mutande".

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Non è così!

GIARETTA (Mar-DL-U). Anche in questo caso non voglio entrare nel merito di certe espressioni che vengono utilizzate nelle Aule parlamentari, per il nostro decoro e per quello del Parlamento.

Il senatore D'Onofrio ha continuato affermando: "Siamo diventati esperti delle procedure parlamentari". Ebbene, potrei replicare al senatore D'Onofrio, che siede nelle Aule parlamentari fin dalla IX legislatura e quindi ha avuto il tempo (IX, X, XI, XII, XIII e il primo anno della XIV legislatura) per diventare esperto delle procedure, che è un po' lento, e se applicasse agli studi costituzionali lo stesso periodo di apprendimento, sarebbe un po' grave… (Il microfono viene disattivato) (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e Verdi-U).

PRESIDENTE. Senatore Giaretta, mi dispiace…

GIARETTA (Mar-DL-U). Signore Presidente, lei non può togliermi la parola!

PETRINI (Mar-DL-U). Signor Presidente, non può farlo!

MALABARBA (Misto-RC). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALABARBA (Misto-RC). Signor Presidente, intervengo anche io per un richiamo al Regolamento. In ogni caso, attenzione, non credo che sia corretto togliere la parola al senatore Giaretta in questo modo! Dal momento che intendo associarmi al richiamo al Regolamento avanzato per primo dal collega Angius, non ritengo che in questo caso si tratti di commentare le dichiarazioni svolte in questa Aula ieri, o altre affermazioni giornalistiche. Infatti, è stato il Regolamento ad essere effettivamente violato.

Il Regolamento prevede la possibilità da parte dell'opposizione di intervenire nel merito degli emendamenti presentati e le modalità con cui è avvenuta la presentazione del maxiemendamento, ieri, non hanno consentito palesemente alle opposizioni e a chiunque di intervenire nel merito adeguatamente.

E' per questo che riteniamo - e lo abbiamo affermato in più di una occasione in questi giorni - che da parte della Presidenza del Senato e del presidente Pera in particolare, si siano violate le norme più elementari di democrazia di questa Assemblea. Abbiamo segnalato questo aspetto al Presidente della Repubblica e per tale ragione ci associamo questa mattina a quanto richiamato precedentemente dal senatore Angius. (Applausi dai Gruppi Misto-RC, DS-U e Mar-DL-U).

DEL TURCO (Misto-SDI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DEL TURCO (Misto-SDI). Signor Presidente, non tornerò sulla frase pronunciata dal senatore Schifani per una semplice ragione e cioè perché una frase ripetuta tre volte in un resoconto parlamentare rischia di essere non un'affermazione sbagliata, ma una verità incontrovertibile. Ed invece al riguardo ho un'opinione diversa da quella del senatore Schifani.

E' molto interessante un passaggio del discorso svolto dal Presidente questa mattina a proposito del Regolamento, che non vorrei fosse fatto cadere dall'opposizione. Ritengo, ad esempio, che se gli spazi che il Regolamento ci offre sono quelli di chiedere il numero legale - perché l'uso che avete fatto del Regolamento in questi giorni rende quasi inevitabile questa attitudine parlamentare dell'opposizione - e se la maggioranza è pronta e se il Presidente del Senato è d'accordo, siamo disposti a cominciare una discussione sul Regolamento diversa dal passato.

Siamo interessati anche noi a capire quali sono i poteri della maggioranza, ma ci interessa molto anche uno statuto dei diritti dell'opposizione. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

RIPAMONTI (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RIPAMONTI (Verdi-U). Signor Presidente, intervengo per associarmi al richiamo al Regolamento del senatore Angius. Non voglio aggiungere nulla di più perché, di fronte alla gravità della situazione, credo che aggiungere parole sia sbagliato.

Annuncio inoltre, signor Presidente, che non tollereremo più le forzature al Regolamento che sono state compiute nella giornata di ieri; le indicherò in modo preciso due esempi, che si riferiscono a quella che è ormai una prassi presso questo ramo del Parlamento.

Quando l'opposizione presenta emendamenti volti ad accorpare due o tre articoli di un disegno di legge o due o tre commi di uno stesso articolo, la posizione degli uffici è generalmente quella di spezzare l'emendamento; ma ieri è avvenuto esattamente il contrario. Alla procedura di presentazione di un maxiemendamento si ricorre normalmente quando il Governo pone la questione di fiducia.

Quanto al secondo esempio, è consuetudine della Commissione bilancio che l'accorpamento di un testo non implichi automaticamente la decadenza degli emendamenti precedentemente riferiti a parti separate del testo; le proposte emendative si trasformano, invece, automaticamente in subemendamenti riferiti al nuovo testo.

Signor Presidente, saremo estremamente rigorosi sul rispetto delle regole e assumeremo iniziative politiche conseguenti. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, DS-U e Mar-DL-U).

MALAN (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAN (FI). Signor Presidente, premetto di ritenere anomala la piccola discussione che si è aperta; tuttavia, poiché hanno parlato esponenti dell'opposizione, ritengo di dover dire due parole al riguardo.

Prendendo spunto dalla parte a mio avviso migliore degli interventi che si sono svolti, credo che un dialogo sulle procedure regolamentari sia certamente utile per dare alla maggioranza la possibilità di condurre alla votazione i provvedimenti che ritiene di approvare e per dare all'opposizione la possibilità di avere il giusto spazio per discutere, esporre le proprie argomentazioni e far valere le proprie ragioni.

Tuttavia, proprio per favorire un miglioramento delle procedure e del clima parlamentare, ritengo sia veramente pericoloso assistere ad un atteggiamento di continuo attacco nei confronti della Presidenza del Senato, nei confronti della persona che ricopre la seconda carica dello Stato, con interventi e atti in Aula e fuori dall'Aula; in un clima che - sono restio ad usare questa parola - mi sembra quasi di intimidazione nei confronti della seconda carica dello Stato.

Questo davvero non favorisce né un miglioramento dell'andamento dei lavori né un dialogo sereno, non favorisce l'ottenimento del risultato cui accennavo prima, e cioè il miglioramento delle procedure. La maggioranza deve poter svolgere il proprio ruolo, così come l'opposizione.

Quando si attacca con termini e con atteggiamenti di estrema aggressività l’attuale Presidenza, per aver applicato in modo molto più garantista quanto è stato fatto dalla Presidenza del Senato e dell’altro ramo del Parlamento nella scorsa legislatura, non mi sembra una buona base di partenza. Infatti, non è una buona base di partenza ritenere che non sia lecito per l’attuale Presidenza fare ciò che ha fatto la precedente Presidenza: i Regolamenti devono valere per tutti, nelle legislature in cui c'è una maggioranza e in quelle in cui ce n’è un’altra.

Se partiamo da questa base, cioè che i Regolamenti sono uguali per tutti, che sono migliorabili e che il clima deve migliorare, allora questa è sicuramente una buona partenza, mentre non lo è partire dal presupposto opposto. Avere un atteggiamento - ripeto con dispiacere - di intimidazione non è una buona base e tantomeno lo è cercare di perpetrare, addirittura preannunciandoli, tentativi di interrompere le sedute del Senato con atteggiamenti che nulla hanno a che fare con il rispetto del Regolamento: esposizioni di cartelli, spoliazioni di giacche e così via.

CAMBURSANO (Mar-DL-U). L’avete fatto anche voi!

MALAN (FI). Questo atteggiamento serve a favorire il clima di scontro e forse di intimidazione. Ritengo che sia desiderabile esattamente l’opposto. Capisco l’opposizione, anche dura e colorita, dal momento che l’ho fatta due legislature fa. Non capisco invece l’applicazione delle regole da una parte sola e la deliberata intenzione di turbare l’andamento dei lavori parlamentari.

Auspico che si vada nella direzione opposta, del dialogo e del miglior andamento dei lavori.

PRESIDENTE. Senatore Malan, questa breve discussione che ho autorizzato, come lei ha detto è sicuramente inusuale, perché avrei dovuto consentire l’intervento di un oratore a favore e di uno contro. Ho consentito invece, avvalendomi di una mia facoltà, l’intervento di un senatore per Gruppo proprio perché argomenti di questo tipo, fuori della concitazione del momento, possano essere svolti in un clima e con un tipo di contrapposizione diversi, anche se siamo solo nella fase istruttoria.

Questa riforma del Regolamento, prevedendo ovviamente che possa essere applicata dalla prossima legislatura, in modo da non costituire vantaggio o danno per nessuna delle due parti, deve comunque essere fatta. Condivido infatti quanto ha detto il Presidente; le disposizioni regolamentari vigenti risalgono a troppo tempo addietro. (Il senatore Bordon fa cenno di voler intervenire).

Senatore Bordon, immagino che lei voglia fare riferimento ad un altro articolo del Regolamento. Concludiamo prima gli interventi relativi all’articolo 18 del Regolamento, poi passeremo a quelli che riguardano l’articolo 90.

MARINO (Misto-Com). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINO (Misto-Com). Signor Presidente, nel mio intervento sulla questione di fiducia, ho sollevato il problema connesso all’emendamento del senatore Carrara non solo per questioni di carattere regolamentare. L’emendamento Carrara proponeva modifiche del codice di procedura penale, che contiene norme di garanzia.

Anche le norme regolamentari sono norme di garanzia, che - come ho detto nel mio intervento - ieri sono state palesemente violate. Pertanto, mi associo al richiamo al Regolamento fatto dal senatore Angius.

PERUZZOTTI (LP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERUZZOTTI (LP). Signor Presidente, penso che la Casa delle libertà e tutte le sue componenti non debbano accettare lezioni di democrazia da nessuno. Nella passata legislatura, chi vi parla - è rimasto anche nella storia di questo Senato - ha guidato l’ostruzionismo prima della Lega e poi dell’intera Casa delle libertà per cinque anni ed ha potuto constatare sulla propria pelle e su quella della Casa delle libertà che questi signori, che adesso parlano tanto di democrazia, hanno modificato in corso d’opera il Regolamento del Senato per impedire all’opposizione di svolgere il proprio dovere. Quindi questi signori non devono proprio dare lezioni di democrazia a noi! (Applausi dai Gruppi LP, FI, UDC:CCD-CDU-DE e AN). Questa è la verità.

Il Regolamento del Senato è stato modificato in corso d'opera, a colpi di maggioranza, per impedire alle opposizioni di svolgere il proprio dovere. Questi signori, quindi, prima di parlare di democrazia dovrebbero sciacquarsi la bocca con la varechina. (Commenti dai banchi dell'opposizione).

Signor Presidente, mi assumo la responsabilità di quanto affermo anche perché questi signori sanno perfettamente cosa è stato fatto nella scorsa legislatura; potremmo citare decine di esempi in cui il Regolamento del Senato e la democrazia sono stati calpestati.

Loro possono calpestare la democrazia, noi non possiamo farlo. A questo punto ognuno tragga le proprie conclusioni. (Applausi dal Gruppo LP).

PELLICINI (AN). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELLICINI (AN). Signor Presidente, mi sembra di essere in appello dal momento che in questa sede stiamo trattando ciò che faticosamente abbiamo concluso ieri. Tutto ciò mi pare improprio, lo dico con modestia e bonomia perché è notorio che sono dotato sia di modestia che di bonomia.

Vorrei però mi ascoltaste per pochi minuti. Non voglio riferirmi al dibattito di ieri ma al 12 gennaio del 2002, quando incautamente andai a Milano all'inaugurazione dell'anno giudiziario. Ero in prima fila (questo il clima) e quando il dottor Borrelli, diventato procuratore capo di Milano grazie a Craxi (perché aveva un "vialino" con via del Corso, aveva fatto la strada nell'erba, per poi scoprirsi feroce anticraxiano), quando il ……

PRESIDENTE. Senatore Pellicini, l'argomento in discussione è il richiamo al Regolamento; la invito pertanto a riferirsi ad esso.

PELLICINI (AN). Signor Presidente, tutti gli altri hanno parlato di altri argomenti; comunque, sto per concludere il mio intervento.

Come dicevo, ad un certo punto, quando iniziò a parlare delle scorte mi alzai e feci per andarmene. Dirigendomi verso la porta venni, però, fermato da due magistrati in toga nera (quasi che la toga nera fosse dei khomeinisti; la toga dei magistrati come si sa è nera, chissà per quale motivo) e mi venne detto di non lasciare l'aula, di rimanere ad ascoltare il procuratore e di vergognarmi per quello che stavo facendo. Sono quindi uscito accompagnato da due carabinieri i quali mi fecero guadagnare l'uscita. Questo, colleghi, è il clima di Milano.

Poiché questo è capitato a me, e credo di essere ritenuto una persona d'onore che non racconta storie…

PRESIDENTE. Senatore Pellicini, la richiamo nuovamente ad attenersi all'argomento, la prossima volta sarò costretto a toglierle la parola.

PELLICINI (AN). Signor Presidente, sono d'accordo con lei, pertanto provvedo da solo a togliermela.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il richiamo al Regolamento fatto dal senatore Angius viene recepito dalla Presidenza e trasmesso al Presidente che ha la competenza di inviarlo alla Giunta per il Regolamento per l'espressione di un parere.

BORDON (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORDON (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo per un richiamo al Regolamento, per l'esattezza agli articoli 90, che come lei ricorda riguarda "Richiami all'argomento o ai limiti della discussione", 91 "Divieto di interruzione dei discorsi" e se vuole, proprio per abbondare, all'articolo 92.

Lei, infatti, ora ha interpretato correttamente due di questi articoli togliendo la parola al senatore Pellicini (il senatore Pellicini, tra l'altro se l'è autotolta, da uomo corretto quale lo conosco, quindi l'ha ulteriormente aiutata); l'articolo 90, infatti, prevede giustamente che: "Il Presidente invita gli oratori che si allontanino dall'argomento in discussione o che superino il limite di tempo stabilito per i loro interventi ad attenervisi. Se l'oratore non ottempera all'invito del Presidente" che deve essere però dichiarato, esplicito, "questi, dopo un secondo invito, gli toglie la parola".

Lei prima, a mio avviso, ha tolto invece la parola al senatore Giaretta in modo improprio ritenendo che le sue interruzioni, perché di interruzioni si trattava, fossero richiami espliciti ad attenersi all'argomento.

Per questo motivo intervengo; ancora una volta, infatti, mi dispiace ma anche lei, oltre al presidente Pera, ha interpretato in modo alquanto parziale l'utilizzazione della cattedra di Presidenza.

Proprio alcuni giorni fa ricordavamo in Commissione che fu Crispi, quando presiedeva la nostra Assemblea, che volle togliersi dalla chiama, che allora veniva fatta anche per i Presidenti d’Assemblea, e da quel momento si consolidò, anche fisicamente, il fatto che il Presidente di uno dei due rami del Parlamento era super partes ed era in qualche modo, proprio per questo suo non entrare nell’agone politico (tanto che non vota), suprema magistratura.

Le dico di più, signor Presidente. Come si impara nel manuale di Mortati, il motivo per cui non fu introdotto l’istituto della sfiducia al Presidente è che si intende che il Presidente dell’Assemblea, quando viene votato, anche se per un solo voto di maggioranza, abbia di per sé stesso la fiducia dell’intera Assemblea; tant’è vero (sostiene Mortati, non io) che si potrebbe dedurre da ciò che, quando questa fiducia gli viene tolta, anche solo da una parte dell’Assemblea, di per sé stesso si trova in una condizione assai precaria.

Ora, io credo che questi elementi dovrebbero portare tutti noi a pensare per davvero che non si possono consentire violazioni del Regolamento come quelle che in queste ore, in questi giorni sono intervenute in quest’Aula.

Io mi permetto di dirle, signor Presidente - farebbe bene in questo caso magari a interrompermi, perché sto uscendo dall’illustrazione di quest’articolo, ma vedo (Commenti del Presidente) che la discrezione con cui ha consentito altre cose forse la vorrà utilizzare anche per me - solo una cosa: qui non c’è stato nessun elemento di intimidazione nei confronti di nessun componente di questo Senato (caso mai oggi è avvenuto qualcosa di ben più grave, ma non è per questo che sto intervenendo).

Voglio dire semplicemente, collega Malan, che noi abbiamo contestato atti formali che sono intervenuti in violazione del Regolamento. Attendiamo risposte su questo. Non è una questione di dialettica più o meno accesa: qui si è violato il Regolamento ripetute volte e, violandolo, si è violata, per il richiamo che ne fa, la Costituzione della Repubblica.

Questo abbiamo chiesto, questo abbiamo detto e questo è avvenuto, purtroppo, con la piena condiscendenza del Presidente del Senato. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).

PRESIDENTE. Senatore Bordon, purtroppo o per fortuna, l’interpretazione e l’applicazione del Regolamento viene fatta dal Presidente. Sul caso, che lei ha richiamato, del collega Giaretta devo ammettere di aver sbagliato, perché ho tolto la parola dopo il terzo richiamo e non dopo il secondo. La prossima volta sarò più puntuale.

Proseguiamo con la discussione.

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1626

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il senatore Bonavita. Ne ha facoltà.

CHINCARINI (LP). Quando presiedeva Violante andava bene tutto.

PIZZINATO (DS-U). Non c’è mai stato qui. (Repliche del senatore Chincarini).

PRESIDENTE. Senatore, per cortesia. (Discussione fra i senatori Chincarini e Pizzinato). Colleghi, cosa stiamo facendo, il telefono senza fili, quest’oggi? Stiamo discutendo su una richiesta di fiducia del Governo, qualcuno ha ricordato che è un atto importante, qualcuno addirittura l’ha definito grave (questo non lo so), comunque credo che valga la pena di svolgere questa discussione e lasciamo parlare il collega Bonavita. (Reiterati commenti del senatore Chincarini rivolto ai banchi dell’opposizione. Richiami del Presidente). Abbiamo chiuso ieri sera la giornata con un provvedimento sanzionatorio: dobbiamo ricominciare quest’oggi? Ci è stato poco fa ricordato dal presidente Andreotti che oggi, 2 agosto, precede una festa importante, cerchiamo di tenerlo presente anche nel senso della bontà di carattere.

Prego, senatore Bonavita.

BONAVITA (DS-U). Signor Presidente, nella ristrettezza dei tempi e dopo aver l’opposizione dichiarato ripetutamente la sua disponibilità a ritirare molti emendamenti per affrontare alcune discussioni su alcuni punti seri che riteniamo importanti per capire e far comprendere la natura di questo provvedimento, non solo per la sua eterogeneità, ma anche nel merito delle norme che andiamo ad approvare, colgo l’occasione per riaffrontare un problema che è stato al centro del dibattito della Commissione, che ha visto su questo punto la predisposizione di emendamenti dell’opposizione, ma anche di ordini del giorno della maggioranza.

E poiché, avendo posto la questione di fiducia, non siamo nelle condizioni neppure di discutere gli ordini del giorno presentati, vorrei far riferimento ad alcuni di questi punti relativi all'articolo 3, cioè alla norma che introduce nuove disposizioni per quanto riguarda l'attività di recupero coattivo del gettito tributario da parte dei concessionari.

Si tratta di una norma importante, perché da questo tipo di articolato il Governo prevede maggiori entrate, pari a 146 milioni di euro per il 2002, a 635 milioni di euro per il 2003 e a 455 milioni di euro per il 2004. In Commissione vi è stata una lunga discussione e il relatore ha evidenziato ripetutamente, sia in Commissione sia in Aula, l'inapplicabilità o la difficile applicabilità di questa norma, tale da rendere il gettito futuro previsto inesigibile e di difficile riscossione.

Si tratta di riformare le modalità di riscossione di tributi messi a ruolo dallo Stato che sono diventati inesigibili e di prefissare per i concessionari obiettivi di entrata riducendo per loro gli aggi, per determinare maggiori entrate per l'erario secondo le entità e le cifre che poc'anzi ho esposto. (Brusìo in Aula).

PRESIDENTE. Scusate, c'è un vostro collega che sta parlando; si sta svolgendo un dibattito alle vostre spalle. Senatrice Pagano, per cortesia! C'è il vostro collega che sta intervenendo.

BONAVITA (DS-U). Signor Presidente, capirà che gli animi sono un po' concitati!

Con riferimento al merito di questo provvedimento, desidero evidenziare che si interviene negli equilibri dei saldi delle aziende e nelle loro previsioni di entrata a bilancio in corso e si cambiano alcune norme sostanziali per quanto riguarda le entrate delle aziende, che sono in gran parte legate al sistema bancario, anche relativamente ai livelli di occupazione che esse debbono mantenere.

Vorrei far rilevare che in questo senso era stato predisposto un ordine del giorno da parte della maggioranza, sottoscritto dai senatori Lauro, Minardo, Costa, Girfatti e Franco Paolo, i quali evidenziavano questi problemi. Esistono ulteriori problematiche che sono state già sollevate dai numerosi componenti delle Commissioni parlamentari: esiste il perdurare di uno stato di profonda incertezza economico-finanziaria nel quale sono chiamate ad operare le Aziende concessionarie nel biennio 2002-2003; esiste un rischio che questa situazione possa riflettersi sulla regolarità e funzionalità del servizio con non improbabili ricadute sulle condizioni del personale dipendente; esistono rischi anche per le entrate dei comuni che sono chiamati a riscuotere tali tributi.

L'ordine del giorno presentato dalla maggioranza chiedeva una serie di iniziative sulle quali il Governo non ha dato risposte. Inoltre - cito sempre lo stesso ordine del giorno - si invitava il Governo a farsi promotore di ogni iniziativa volta a sistemare, in modo equilibrato e definitivo, l'assetto economico e finanziario del sistema della riscossione; si chiedeva altresì di evitare che il servizio di riscossione potesse, per i suesposti motivi, avere forme di discontinuità o di difficoltà nella gestione delle attività.

Voglio inoltre far presente all'Aula che non solo gli interessati, cioè i concessionari, ma anche l'Associazione bancaria italiana, hanno fatto rilevare che questo articolo mette in discussione i propri bilanci e che quindi la norma è inapplicabile.

Di conseguenza diviene solo figurativo il gettito previsto per i prossimi anni. E poiché questo gettito va a coprire interventi significativi che si intendono realizzare sia per il problema dell’emergenza FIAT sia per le questioni idriche del nostro Paese, siamo molto preoccupati. E l’avere evitato il dibattito su questi argomenti, l’aver impedito che si potessero attendere nel merito risposte dal Governo e l’aver posto la questione di fiducia dopo aver fatto mancare il numero legale da parte della maggioranza implica che quest’ultima non vuole discutere nel merito i problemi che sono di fronte al Paese .

E allora, dopo che in Senato sono state ripetutamente violate norme procedurali e dopo aver accusato l’opposizione di avere un atteggiamento esclusivamente ostruzionistico dal momento che sa chiedere solo il numero legale, faccio presente che abbiamo rinunciato - lo ha dichiarato il mio collega Morando - a moltissimi emendamenti per svolgere un dibattito sui punti chiave del provvedimento e questo, a mio giudizio, è un punto chiave perché inerisce ai saldi di bilancio, alle difficoltà che si vengono a creare per le aziende operanti nel nostro Paese e ad un problema che ritengo decisivo per poter finanziare gli interventi che questo stesso decreto omnibus prevede.

Siamo abituati alla finanza creativa del ministro Tremonti, a prevedere entrate inesigibili e a vedere iscritte nella nostra contabilità cifre che non corrispondono al vero. Ma vi è dell’altro. Questa mattina abbiamo ascoltato l’intervento del senatore Andreotti il quale ha evidenziato l’anomalia di introdurre in questo provvedimento una riforma del CONI che si traduce in un cambiamento della sua natura giuridica, del livello di inquadramento del personale e nella trasformazione stessa del CONI in un organo dipendente dal Governo.

Se non siamo allo sport di Stato, ci siamo molto vicini. Credo sia necessario, dunque, che il Governo non solo fornisca rassicurazioni in merito, ma assuma anche impegni puntuali e precisi.

Inoltre, di fronte ad un Ministro che negli anni passati sulla stampa ci ha esposto, paventato e manifestato la sua opposizione a condoni e "condonini", ci troviamo di fronte a norme che prevedono, con facili elusioni comportamentali, condoni per quei contribuenti che abbiano, o dimostrino di avere difficoltà a versare i tributi dovuti. Di questo si tratta.

Ed essendoci stato impedito di discutere liberamente in quest’Aula, proporremo al Presidente della Commissione di affrontare il tema per addivenire ad una soluzione o, in caso contrario, qualora quest’ultimo non fosse d’accordo, predisporremo il testo di una mozione da sottoporre all’esame dell’Assemblea. Credo, infatti, che in merito a questo aspetto siano necessarie rassicurazioni e puntuali risposte da parte del Governo.

Ma c’è di più: da un punto di vista tecnico risulta di difficile comprensione la differenziazione tra le modalità di utilizzo della Tremonti-bis e quelle riguardanti il credito d’imposta.

Signor Presidente, quella del credito d’imposta è una questione - come ha già evidenziato il collega Morando - di preminente interesse per il Mezzogiorno del nostro Paese, ma interessa anche l’intero sistema economico italiano. Abbiamo, infatti, un Paese - per così dire - duale per quanto riguarda i livelli di occupazione. Al Mezzogiorno registriamo la più alta percentuale di disoccupati esistente in Europa, con punte che raggiungono il 25 per cento ed oltre sulle forze lavoro. Abbiamo poi l’altra parte del Paese che necessita di manodopera, che è costretta a delocalizzare le imprese fuori dall’Italia e avrebbe, quindi, bisogno di incentivi e di sostegno per poter trasferire, delocalizzare o definire nuove linee di produzione in altra parte del Paese.

E’ con questo spirito che il credito d’imposta è un tipo di iniziativa sul piano fiscale tesa ad incentivare l’aumento dell’occupazione nel Mezzogiorno. Non è un caso che i dati occupazionali e la crescita di impresa nel Mezzogiorno abbiano avuto uno sviluppo consistente tale da superare lo sviluppo di impresa nel centro e nel nord del Paese.

Ora la questione del credito d’imposta per le aree del Mezzogiorno - a mio giudizio - sta assumendo rilevanza nazionale. Mi chiedo per quale motivo dobbiamo favorire la delocalizzazione delle imprese in Romania o in altre zone d’Europa e del mondo e non invece il trasferimento di tali imprese nel sud del nostro Paese. Chiedo per quale motivo abbiamo posto limiti, tetti ed abbiamo introdotto alcune procedure per il credito d’imposta che ne rendono più difficile l’utilizzo. Non sono, quindi, un incentivo per l’economia del Mezzogiorno e dell’intero Paese, ma anzi un disincentivo.

La differenza tra il credito d’imposta e la legge Tremonti sta nel fatto che per la legge Tremonti non vi è tetto di spesa, mentre esso è previsto per il credito d’imposta.

L’altro giorno ho visto il Sottosegretario scuotere il capo dissentendo da questa affermazione. Il senatore Morando ha spiegato in modo egregio come funziona il credito d’imposta, ma anche la legge Tremonti funziona allo stesso modo. Sulla base di investimenti fatti, l’imprenditore può trarre gli utili reinvestiti dalla base imponibile. Qualora però investisse tutti gli utili, poiché sono soggetti a tassazione, potrebbe verificarsi la situazione pratica di andare a credito d’imposta. In questo caso ci troveremmo di fronte o ad una riduzione delle entrate o ad una corresponsione di risorse tributarie che vengono trasferite dall’erario all’imprenditore.

Non funziona allo stesso modo il credito d’imposta? Funziona esattamente in questo modo. L’aver fissato tetti vuol dire avere contraddetto nei fatti il principio su cui si dava copertura alla legge Tremonti: lo sviluppo economico e la diminuzione delle imposte avrebbero di per se stessi (teoria, a mio giudizio, molto discutibile, in quanto non si è mai realizzato questo fenomeno in alcuna parte del mondo) dato incremento allo sviluppo economico, all’occupazione e, quindi, avrebbero determinato un aumento del PIL; aumentando il PIL ed abbassando le imposte, sarebbe comunque rimasto inalterato, se non aumentato, il gettito per lo Stato. Questo è il punto.

Quindi, viene negata la copertura economica; mettendo limiti al credito di imposta e non utilizzando il meccanismo della copertura automatica contraddiciamo allo stesso modo la legge Tremonti. In questa situazione, allora, andrebbero rivisti tutti i conti del bilancio dello Stato per quanto riguarda le entrate.

Signor Presidente, non aver permesso di discutere questo aspetto crea una situazione difficile; lo dico perché teniamo, e tengo personalmente, a salvaguardare le nostre istituzioni e il Senato della Repubblica. L’aver attaccato l’opposizione definendola sterile, quando vediamo che su questi argomenti vi sono pronunciamenti, dubbi e osservazioni da parte della maggioranza e l’andare avanti su questo provvedimento dopo aver posto la questione di fiducia, è estremamente dannoso, non solo per noi ma soprattutto per gli italiani.

Gli italiani si trovano di fronte a norme tributarie modificate in corso d’opera, il che è vietato dallo statuto del contribuente, votato all’unanimità dall’opposizione e dalla maggioranza di allora (in particolare, fu un’iniziativa dell’opposizione che la maggioranza recepì), ciò dimostra il livello di degrado del nostro lavoro e dimostra che questo Senato deve diventare un ratificatore di decisioni già prese e che non è messo in grado di discutere dei problemi che abbiamo di fronte e di affrontare nel merito le questioni che vengono proposte.

Vorrei inoltre sottolineare che da questo provvedimento, nel testo che ci è pervenuto dalla Camera dei deputati, è stato sopprasso l’articolo 6, che si riferisce al sostegno alle attività dilettantistiche e agli enti promozionali che organizzano lo sport per tutti.

Vengono dirottate risorse solo per quanto riguarda il CONI, cioè solo per quanto riguarda l’organizzazione dello sport professionistico e vengono negate risorse per quanto riguarda gli enti promozionali, che sono delle specie più disparate e che abbiamo voluto con una norma, introdotta nella scorsa legislatura, svincolare dal diretto controllo del CONI, affinché si potessero esplicare spontaneamente nella nostra società. In questo modo abbiamo fatto un danno irreparabile, che va a colpire soprattutto quei volenterosi che organizzano lo sport per tutti, per i giovani, nei campi di calcio di periferia, nelle polisportive del nostro Paese, dando un segnale preciso: chi oggi fa volontariato e si attiva per organizzare i giovani e trovare ambienti sani e dove si possa sviluppare l’attività fisica viene punito.

Vengono attivate iniziative emergenziali solo per il CONI e nessuno discute - mantenendo inalterata la struttura attuale del CONI - i disastri che la dirigenza di tale istituzione ha prodotto in questi anni.

Quindi, riteniamo che su questi punti sia necessario un dibattito approfondito nel merito. (Applausi dai Gruppi DS-U, Verdi-U e Mar-DL-U e del senatore Zavoli).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Salerno. Ne ha facoltà.

SALERNO (AN). Signor Presidente, comunico che il Gruppo di Alleanza Nazionale rinuncia ad intervenire in discussione generale e si riserva di intervenire in sede di dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Giaretta. Ne ha facoltà.

GIARETTA (Mar-DL-U). Signor Presidente, non entrerò nel merito, perché è già stato trattato da altri, della questione che ci troviamo appunto di fronte ad un voto di fiducia su un provvedimento che contiene norme articolate. Si tratta di una fiducia che è figlia della circostanza che, manomettendo il calendario precedentemente organizzato, ci si è ridotti ad affrontare questo provvedimento nell’ultimo giorno di seduta prima della chiusura.

Questo, signor Presidente, costituisce un grave precedente. Infatti, in tal modo, attraverso l'introduzione del voto di fiducia sia alla Camera sia al Senato, si è impedito che i due rami del Parlamento potessero entrare nel merito del presente provvedimento, e noi lo riteniamo un fatto grave.

Tuttavia, venendo al merito della norma in esame, dobbiamo osservare che siamo arrivati ormai alla quarta manovra di correzione dei conti pubblici. Queste ripetute manovre ci confermano nella nostra opinione secondo cui il Governo non è in grado di predisporre né strumenti adeguati, né di esprimere una volontà politica adeguata alla gestione della finanza pubblica, capace di essere insieme rigorosa - nel rispetto dei vincoli esistenti - e flessibile ed in grado di promuovere lo sviluppo.

Del resto, il Governo, che ha appena firmato un accordo con una parte delle organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti e con la quasi totalità delle organizzazioni datrici di lavoro, viene a trovarsi in una situazione in cui i primi documenti che presenta dopo quella firma, mi riferisco al DPEF e al presente decreto, rinnegano nei contenuti concreti legislativi e programmatici gli impegni assunti in quella sede.

Il Governo si era presentato facendo una dichiarazione molto ambiziosa, quella di mettere fine ad alcuni cattivi comportamenti dei Governi precedenti, dei Governi della cosiddetta Prima Repubblica e ci troviamo, invece, di fronte ad un decreto omnibus. (Il senatore Morando fa osservare l'assenza in Aula dei relatori).

Mi permetto di far presente alla Presidenza la necessità che i relatori stiano ad ascoltare i nostri interventi, non per dovere di cortesia, che so essere caratteristica dei due relatori, ma proprio per un problema di regolarità dello svolgimento dei nostri lavori.

Siamo - ripeto - in presenza di un decreto-legge omnibus, per dirla con un brutto termine che si usava per l'appunto nella cosiddetta Prima Repubblica. Questo Governo, così ambizioso e che voleva predisporre una finanziaria di stabilità si rassegna ad intervenire per la quarta volta con manovre correttive. Tant'è che in tale testo si riscontrano, ad esempio, proroghe di termini, ossia il vecchio strumento dei governi che tiravano a campare e che non riuscendo a risolvere i problemi rinnovavano i termini.

Si osserva, poi, un intervento a sostegno dell'industria automobilistica. Ebbene, ma non era quell'intervento di sostegno che voi in queste Aule avevate così duramente attaccato, ritenendolo inadeguato? Con una differenza, naturalmente, e cioè che in quel preciso momento serviva un intervento di immediato risultato congiunturale in grado di dare una sferzata all'economia e di trasmettere al sistema dell'industria collegata a quella automobilistica - che ha una catena molto lunga - e al sistema dei consumi una forte spinta per riuscire a raggiungere una conduzione della finanza pubblica più efficace. In questo caso, dunque, sarebbe necessario un intervento strutturale che però manca del tutto.

Riscontriamo, inoltre, l'ennesimo intervento in materia di farmaci con il quale allontanate sempre di più l'industria farmaceutica dal confronto con il mercato conducendola in un settore amministrato ed affidato all'arbitrio del Governo e del Ministro dell'economia e delle finanze più che di quello della salute.

"Spremete" un po' più i giochi, introducete norme sul CONI e sull'ANAS che consegnano al Ministro dell’economia nuovi poteri, espropriando gli altri Ministri. Prima si espropria il Parlamento, poi si espropriano i Ministri, tutti i poteri sono concentrati nelle mani del Ministro dell’economia, indebolendo però il controllo pubblico di legalità e di sostanza, senza aprire tali organismi al mercato.

Signor Presidente, devo riconoscere che, precedentemente, lei mi aveva richiamato, prima di togliermi la parola. Non mi addentro nei motivi del richiamo, perché è una decisione inappellabile del Presidente. Riconosco pertanto che lei mi ha tolto la parola a norma di Regolamento, ma non era mia intenzione introdurre argomenti estranei. Volevo solo sottolineare che non siamo in presenza di furbizie o di un uso intelligente e perspicuo del Regolamento; rischiamo di assistere, ieri a violazioni del Regolamento, e oggi della Costituzione.

Come si giustifica l'urgenza di un decreto-legge che prevede interventi di modifica della natura giuridica del CONI e dell'ANAS, senza che alcuna di queste previsioni normative entri immediatamente in vigore, come prevede la Costituzione, perché esse richiederanno atti amministrativi successivi? Non è questo un modo di violare la Costituzione?

Riteniamo che il provvedimento sia assolutamente insufficiente rispetto alle necessità dell'economia, in un momento difficile. Sono di ieri i dati molto preoccupanti dell'andamento della congiuntura degli Stati Uniti, ma il Governo ci presenta l'ambizioso progetto di un tasso di crescita che la congiuntura internazionale rischia di non rendere possibile. Anche con questo strumento il Governo non dà al Paese le risposte necessarie. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

PRESIDENTE. Ringrazio il senatore Giaretta per l'onestà di aver riconosciuto che la mia decisione non era campata in aria; mi auguro che lo spieghi anche al collega Bordon.

I relatori, al momento della posizione della questione di fiducia, cessano nel loro ruolo, stabilendosi un rapporto diretto tra Governo e Parlamento. Credo però che, per ragioni di cortesia, sia comunque auspicabile la loro presenza in Aula.

È iscritta a parlare la senatrice De Petris. Ne ha facoltà.

DE PETRIS (Verdi-U). Signor Presidente, anche nel dibattito in Commissione, ad un certo punto, non abbiamo avuto il piacere di intervenire alla presenza dei relatori, allorquando la questione di fiducia non era stata ancora posta e si era piuttosto addivenuti ad un'ipotesi molto seria, con un impegno del Governo a non richiederla, per consentire una approfondita discussione del provvedimento. Vedo che il Sottosegretario mostra segni di insofferenza, ma la realtà è questa. Vorrei ricordare che se computassimo in modo scrupoloso tutto il tempo che stiamo impiegando, probabilmente risulterebbe che, senza la posizione della questione di fiducia, avremmo risparmiato tempo. Sarebbe stato comunque importante per tutti discutere il merito degli emendamenti e gli ordini del giorno.

Mi soffermerò su alcune questioni, tralasciandone altre che sono state già affrontate dal collega Ripamonti.

Ancora una volta, ci troviamo in presenza di un decreto-legge, che è tutto e il contrario di tutto; un insieme di misure non omogenee che pongono un problema assolutamente serio sotto il profilo ordinamentale. Per alcuni articoli, come l'articolo 13, relativo all'emergenza idrica, sussistono certamente i presupposti di necessità e di urgenza, previsti dall'articolo 77 della Costituzione, ma ciò non vale certamente per altri articoli del decreto.

Sarò molto scrupolosa nell’esaminare gli articoli del decreto, dato che purtroppo non avremo la possibilità di illustrare gli emendamenti che avevamo presentato.

All’articolo 1 sono previste proroghe di termini in materia di accise. Il Sottosegretario conosce molto bene la nostra posizione al riguardo (su questo interverrà anche la senatrice Donati): noi siamo in totale disaccordo sull’ulteriore proroga delle agevolazioni a favore degli autotrasportatori.

Per quanto riguarda invece le agevolazioni fiscali per le fonti energetiche alternative, crediamo non sia più possibile andare avanti con decreti, senza prevedere una norma generale che dia certezza anche agli imprenditori che operano in questo campo, i quali dovrebbero essere non solo rassicurati, ma forse anche premiati. Invece, da questo punto di vista, vengono reiterate misure che non sono mai abbastanza certe e ciò determina una situazione non chiara e sicuramente non incentivante.

Desidero soffermarmi anche sul comma 5-bis dell’articolo 1, in cui si prevede un’ulteriore proroga di dieci giorni, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, del termine per il completamento delle operazioni richieste ai soggetti concessionari delle sale destinate al gioco del Bingo. Tale situazione, su cui peraltro sono intervenuta molte volte, è molto seria.

Aver operato senza il coinvolgimento diretto delle amministrazioni comunali sta producendo gravi ritardi e credo che il Sottosegretario ne sia al corrente. Quindi, anziché prevedere un’ulteriore proroga, bisognerebbe riuscire a coinvolgere gli enti locali nel governo del proprio territorio. Si tratta di una questione che interessa molto alcune grandi città, in particolare Roma e Milano. Ritengo che anche questa proroga di dieci giorni non produrrà certamente alcun effetto, perché continueranno ad esserci molti problemi per l’apertura di queste sale.

Un’altra disposizione che caratterizza il decreto in esame è quella che riguarda le norme a sostegno dell’industria automobilistica. Riteniamo che le agevolazioni previste (cioè l’esenzione dall’imposta provinciale di trascrizione e dalla tassa automobilistica) siano solo un palliativo. Infatti, l’industria nazionale avrebbe bisogno di investire molto più nell’innovazione. Non credo che l’adozione ancora una volta di provvedimenti per la rottamazione, già presi in passato, potrà risolvere la fortissima crisi del settore, che dovrebbe essere affrontata in modo più complessivo.

Ancora una volta, si interviene sostenendo la mobilità privata, senza capire che per rispondere ai problemi del settore automobilistico occorre investire nelle nuove tecnologie a basso impatto ambientale e, ancor più, nel trasporto pubblico.

Le altre questioni su cui voglio concentrarmi riguardano alcune operazioni compiute con questo decreto, come ad esempio quella relativa al CONI.

Abbiamo molte perplessità sulla creazione della CONI Servizi s.p.a.. Il Sottosegretario nelle repliche in Commissione ci aveva dato assicurazioni che, per quanto riguarda il personale del CONI, la situazione era stata concordata con le organizzazioni sindacali, mentre sembra che ci siano problemi di mobilità relativamente a circa 1.000 persone. Vorremmo avere notizie a questo riguardo.

La cosa ancora più incredibile, con questa mania del Governo di costituire continuamente società per azioni, è che anche sul CONI evidentemente si vogliono fare operazioni che tendono ad escludere dai conti dello Stato i conti di queste società; lo stesso vale per L'ANAS.

Per quanto riguarda il settore sportivo, ci colpisce la soppressione dell'articolo 6, quello che rappresentava, come il Sottosegretario ben sa, un sostegno importante per tutte le associazioni sportive dilettantistiche. Si tratta di una questione molto seria sui cui spero si possa tornare in seguito. Non è pensabile, infatti, che non sia previsto alcun tipo di aiuto e sostegno alle attività sportive che interessano gran parte dei cittadini.

Gli aspetti di questo decreto che più ci preoccupano (non sono soltanto nostri giudizi, anche la Conferenza Stato-Regioni ha espresso valutazioni negative) sono quelli relativi agli investimenti in agricoltura (articolo 11) e quelli riferiti all'articolo 13 (disposizioni in materia idrica).

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

(segue DE PETRIS). Ci siamo a lungo soffermati, anche con l'intervento del collega Ripamonti, sulle questioni generali relative al credito di imposta e ai contributi per gli investimenti nella aree svantaggiate (articolo 10). Continuiamo a ritenere assolutamente incredibili queste modifiche.

Credo che il relatore di minoranza abbia fatto comprendere a tutti, in modo molto chiaro, quali saranno gli effetti di queste modifiche che interesseranno il Mezzogiorno d'Italia, e penso che tutti si stiano rendendo conto del fatto che le complicazioni amministrative che sono state introdotte …

PRESIDENTE. Senatrice De Petris, vorrei ricordarle che deve ancora intervenire la senatrice Donati e che i tempi sono contingentati.

DE PETRIS (Verdi-U). Quanto tempo ho impiegato finora?

PRESIDENTE. Su diciotto minuti, ne restano circa sei, senatrice De Petris.

DE PETRIS (Verdi-U). Mi avvio a concludere il mio intervento.

Per quanto riguarda l'articolo 11, cioè gli investimenti in agricoltura, vorrei soltanto ricordare che con la legge finanziaria per il 2002 il Governo, nei fatti, aveva esteso gli sgravi e il credito d'imposta anche all'agricoltura demandando la fase attuativa a un decreto ministeriale. Tale decreto non è mai stato emanato e anche oggi che sarebbe stato necessario tradurre in realtà gli impegni presi, con l'articolo 11 si pone un limite molto forte alle imprese agricole per accedere al credito d'imposta.

Oltretutto, da questa modifica appare molto chiaro che vi è una fortissima riduzione della platea di imprese agricole che accedono al credito d’imposta; l’impegno di spesa si riduce a 85 milioni di euro; all’agricoltura nei fatti rimangono le briciole. Restano escluse (e noi lo riteniamo grave) tutte le aziende di alcune Regioni meridionali che non hanno promulgato i bandi dei piani di sviluppo rurale, che comprendono peraltro molte delle zone più colpite dalla crisi idrica.

Noi avevamo anche presentato richieste, emendamenti e ordini del giorno affinché, proprio per quanto riguarda l’agricoltura, si potesse addivenire ad una sospensione della cartolarizzazione dei crediti dell'INPS e soprattutto all’esenzione, almeno parziale, dal versamento dei contributi stessi.

Per quanto riguarda l’articolo 13 (e su questo si sono appuntate le critiche della Conferenza Stato-Regioni), noi riteniamo ancora assolutamente insufficiente l’intervento da parte del Governo in questo campo e consideriamo veramente grave e segno incredibile di centralismo il fatto che questo decreto sia stato sottoposto al parere della Conferenza Stato-Regioni come assolutamente immodificabile.

Ricordo anche che, non solo nella predisposizione della bozza, ma nello stesso dibattito alla Camera, vi era stato un impegno del ministro Alemanno a introdurre modifiche per quanto riguarda le risorse per l’agricoltura; ciò non è avvenuto, avete posto la fiducia anche oggi su questo decreto. E' l’esempio, purtroppo, che si continua a promettere moltissimo, ma poi i fatti smentiscono categoricamente le promesse dei vari Ministri.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Donati, che ha a disposizione solo tre minuti: questo è il tempo che le residua. Ne ha facoltà.

DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, cercherò di tagliare l’intervento.

Gli argomenti sui quali voglio concentrare la mia attenzione sono due: uno, sul quale siamo intervenuti già tante volte, riguarda gli aiuti all’autotrasporto in termini di aiuti al prezzo del gasolio, che con questo provvedimento vengono prorogati al 31 dicembre 2002.

So che questa misura è coerente con quanto autorizzato in sede europea, però resta il problema fondamentale che, mentre con alcuni provvedimenti (vedi il collegato sulle infrastrutture), diamo incentivi per riequilibrio modale, intermodalità, cabotaggio con sistemi di detassazione, con un altro provvedimento incoraggiamo l’autotrasporto a restare sostanzialmente così com’è. Quindi ripropongo, soltanto come titolo, il tema di una politica coerente di incentivi nel campo dei trasporti, che qui non si intravede.

Il secondo argomento che vorrei affrontare (ma peraltro già in Commissione abbiamo sviluppato argomentazioni abbastanza critiche) riguarda la trasformazione dell’ANAS in società per azioni. Nulla di contrario a una trasformazione in sé, ma essa riguarda un ente pubblico economico che spende soltanto, che non ha introiti tariffari significativi; come ci ha spiegato il ministro Tremonti, vi sono quelli da canoni della pubblicità, che però sappiamo devono essere ridotti (perché la sicurezza stradale ce lo richiede), quindi più di tanto gli introiti non si potranno espandere e comunque si tratta di introiti molto limitati.

C’è un problema di efficienza dell’ANAS che si è deciso di affrontare, ma questo riguarda la riorganizzazione dell’ente (o della società per azioni, a seconda di come verrà strutturata). La trasformazione invece non suona come una misura che di per sé garantisca l’efficienza: appare più come una maniera - anche in questo caso - di occultare dal bilancio dello Stato un sistema di spesa. Ma questo potrebbe essere un argomento polemico.

Restano alcuni problemi aperti che il testo dell'articolo 7 non risolve: mi riferisco ai problemi di stima del patrimonio e di controllo delle concessionarie, che sono compiti molto delicati sui quali la Corte dei conti punta sistematicamente il dito in considerazione dell'attuale debolezza, che non è di per sé rafforzata dalla trasformazione in società per azioni. Vi è inoltre il fatto - sul quale intendo concludere - che se non definiamo cosa deve fare, proprio in tema di investimenti, l'ANAS S.p.a., non sapremo a chi deve riferirsi; ora la legge prevede il piano triennale dell'ANAS, ma non sappiamo se tutto ciò verrà confermato.

Resta quindi pregiudicato - in presenza della regionalizzazione, di un elenco di opere strategiche, di soggetti contraenti, di concessionari, cioè di una molteplicità di figure, anche molto complesse, nel campo degli investimenti - come ANAS S.p.a. si attrezzi con un contratto di programma tra lo Stato e una società per azioni (così come avviene nel campo delle ferrovie) al fine di definire con esattezza che cosa si deve fare perché altrimenti il problema rimane irrisolto. (Il microfono si disattiva automaticamente).

PRESIDENTE. Senatrice Donati, riporteremo, se lei ci fornirà il testo, la parte conclusiva del suo intervento.

Colleghi, abbiamo al massimo 19 minuti a disposizione dei colleghi Democratici di Sinistra ripartiti, secondo le indicazioni fornite dalla senatrice Pagano, come segue: 7 minuti per il senatore Pasquini, 5 minuti per il senatore Battafarano e 7 minuti per il senatore Brutti Paolo.

È iscritto a parlare il senatore Pasquini. Ne ha facoltà.

PASQUINI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi avversiamo fortemente il decreto-legge in esame per motivi di merito e di metodo.

Nel merito, si tratta di un provvedimento eterogeneo e contraddittorio, un tipico prodotto della finanza creativa del ministro Tremonti, il quale, nello stesso tempo, reitera provvedimenti che sono già stati adottati sulle stesse materie in corso di esercizio, introduce provvedimenti congiunturali e inserisce anche interventi di carattere ordinamentale e strutturale per i quali non esistono i requisiti di necessità ed urgenza.

Questo decreto è la testimonianza della politica economica disastrosa del Governo che prima ha preparato una campagna mediatica sul "buco preventivo" e oggi ha scoperto una congiuntura economica avversa in campo internazionale, la quale, pur esistendo effettivamente, mette in risalto quanto fosse avventuristica una politica economica che era in realtà una scommessa tutta basata su una forte ripresa economica che non c'è, essendovi anzi un ristagno dell'economia.

Nel frattempo, il ministro Tremonti ha ingaggiato un braccio di ferro con l'Unione europea sul rispetto del Patto di stabilità cogliendo, per sua fortuna, anche le difficoltà di Germania, Francia e Portogallo; ha posto in essere provvedimenti di cartolarizzazione molto creativi per gli immobili e soprattutto per le entrate del Lotto; continua a presentare provvedimenti una tantum; ha presentato, nel decreto "salva-deficit" le due società Infrastrutture S.p.a. e Patrimonio dello Stato S.p.a. che costituiscono un'iniziativa che porta a contabilità fuori bilancio e quindi al di fuori del controllo del Parlamento; egli continua altresì a presentare riforme senza copertura.

Siamo di fronte a una politica economica a senso unico che tende inoltre a scaricare unilateralmente sul costo del lavoro e sulle garanzie dei lavoratori i problemi più complessi di uno sviluppo di qualità che è la sola via di uscita per l'economia del nostro Paese; una via di uscita basata sulla formazione, sulla ricerca, sulle politiche di liberalizzazione e sull'innovazione tecnologica.

In realtà, ciò che sta emergendo oggi è che interventi come quello della Tremonti-bis, che è fallito perché è prociclico (infatti, non ha stimolato la ripresa degli investimenti, ma riconosce un bonus fiscale a chi aveva già deciso di attuarne), mettono in risalto come, al contrario, occorresse intervenire sulla domanda interna. Questo perché vi è la necessità di stimolare la ripresa dei consumi, condizione indispensabile affinché il tessuto produttivo e l’economia in generale si mettano in cammino.

Sul piano del metodo siamo contrari perché con questo voto di fiducia si sottrae al Parlamento la sua funzione, e questo mette in risalto arroganza politica, disprezzo delle istituzioni, un’attività legislativa di fatto in mano all’Esecutivo (che opera attraverso i decreti-legge e leggi delegate generiche, prive di copertura finanziaria), il mancato rispetto - come abbiamo visto in questi giorni - dei Regolamenti parlamentari e della Costituzione, in modo particolare dell’articolo 72, ed un uso sprezzante delle regole, del calendario e dei tempi della discussione.

Signor Presidente, desidero mettere in risalto come troppo spesso accada che la scadenza per la presentazione degli emendamenti in Aula sia talmente anticipata rispetto alle discussioni che si svolgono nelle Commissioni di merito e nella Commissione bilancio da rendere impossibile una presentazione meditata, ragionata e argomentata degli emendamenti. E ciò stesso è causa di una politica e di un atteggiamento ostruzionistico, dal momento che non è possibile ragionare, riflettere e meditare sugli emendamenti.

La nostra attività dunque avverte la necessità di ripristinare regole di buon funzionamento interno. Se solo pensiamo a quello che è successo in occasione di questo decreto-legge, credo siano comprensibili a tutti i motivi della nostra posizione.

Il decreto-legge viene emanato l’8 luglio, approvato dalla Camera dei deputati il 19 luglio e trasmesso al Senato il 22 luglio: siamo al 2 agosto e dovremmo aver svolto una discussione di merito in Commissione, aver presentato emendamenti e averne avviato l'esame e l’approvazione in Aula.

La realtà è che si è strozzata la discussione in Commissione inserendo in Aula l’esame del provvedimento in tempi ristretti, che non hanno consentito una necessaria ed elementare riflessione. Ritengo che ciò non debba essere consentito a tutela delle nostre prerogative parlamentari e della nostra dignità. Siamo di fronte ad una prassi inaccettabile.

In Aula, poi, si pone la questione di fiducia dopo che era già stata posta alla Camera: viene presentato un maxiemendamento alla Camera nel quale si eliminano provvidenze fiscali come quelle previste per le associazioni sportive dilettantistiche per le quali fin dalla scorsa legislatura vi era il nostro impegno in direzione di un ulteriore alleggerimento delle pratiche, degli impegni burocratici e amministrativi e del peso fiscale a carico di dette associazioni.

Per questi motivi e per tanti altri ancora, in modo particolare per la politica verso il Mezzogiorno, che viene penalizzato, il nostro voto non potrà che essere contrario.(Applausi dal Gruppo DS-U).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Battafarano. Ne ha facoltà.

BATTAFARANO (DS-U). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi senatori, il mio intervento si baserà essenzialmente sull’articolo 10 del decreto-legge al nostro esame e sulla richiesta di fiducia al Governo.

Sono un parlamentare del Sud e vorrei esaminare questo articolo guardando agli interessi del Mezzogiorno.

Nella precedente legislatura la politica dei Governi di centro-sinistra si è articolata essenzialmente attraverso due filoni di intervento: da un lato, la programmazione negoziata (e cioè i patti territoriali, i contratti d’area e i contratti di programma) e dall’altro, il credito d’imposta (con l’attuazione della legge n. 488 del 1992 che solo con i Governi di centro-sinistra si cominciò ad attuare).

Questo secondo filone si basa sugli incentivi automatici che sono stati molto apprezzati dal sistema imprenditoriale meridionale perché finalmente si rompeva con il vecchio sistema della intermediazione politico-burocratica che era il limite più grave del vecchio intervento straordinario nel Mezzogiorno.

All’ombra di esso - come è noto - era cresciuto un vero e proprio partito della spesa pubblica, un partito che spesso guardava più agli interessi di autoconservazione di questo ceto politico-burocratico piuttosto che agli interessi reali del Mezzogiorno.

In base alla legge n. 488, con il credito d'imposta inserito nella finanziaria Amato, finalmente si rompeva con questo sistema. Quindi, le imprese del Mezzogiorno potevano e possono crescere senza patronati politici, senza dover contrattare con gruppi di potere politico-burocratici la possibilità di ottenere incentivi per i loro investimenti.

Quindi, fra le due ipotesi la seconda era di gran lunga favorevole e prevalente. Pertanto, con la vittoria alle ultime elezioni politiche della Casa delle libertà, ci saremmo aspettati una scelta chiara in questa seconda direzione.

I punti fondamentali del programma della Casa delle libertà, nelle scorse elezioni, sono stati il liberalismo, l’impulso all’economia, la semplificazione e la sburocratizzazione. Se esaminiamo l’articolo 10 del provvedimento ci accorgiamo, invece, che le scelte vanno in direzione completamente opposta. Si tratta di una scelta incomprensibile: si pone un freno allo sviluppo del Mezzogiorno; ritornano le autorizzazioni e le scelte discrezionali dei gruppi politico-burocratici; ci sono i limiti di spesa; si rinvia eventualmente all’anno successivo, se non si potranno ottenere i crediti d'imposta nell’anno corrente.

Si teme forse una crescita eccessiva delle imprese del Mezzogiorno? Questo sarebbe molto grave. In realtà, torna ancora una volta il partito della spesa pubblica nel Mezzogiorno, che rompe con la scelta giusta degli incentivi automatici. Si ritorna al controllo stretto del potere del Governo sul rilascio dei contributi e, quindi, alle scelte discrezionali. Le imprese del Mezzogiorno dovranno ancora una volta rivolgersi ai padrini di turno se vorranno ottenere incentivi e aiuti.

Dov’è finito il liberismo? Dov’è finita la semplificazione? Dov’è finito l’impulso all’economia quando, con questa scelta, il Governo pone invece un freno al libero sviluppo del Mezzogiorno?

In realtà, cari colleghi della maggioranza, e specialmente colleghi del Mezzogiorno, la coalizione della Casa delle libertà ha il cuore e il cervello al Nord. Tutte le scelte di politica economica che compie non vanno nella direzione della coesione sociale nazionale, ma in quella dello sviluppo del Settentrione.

Penso che non solo noi parlamentari meridionali dell’opposizione, ma anche i parlamentari meridionali della maggioranza dovrebbero riflettere molto attentamente.

Dopo questo dibattito andremo nel Mezzogiorno e faremo conoscere la reale portata antimeridionalista delle norme in questione. Non staremo zitti. Non ve la potrete cavare affermando che avete voluto concedere la fiducia al Governo. Questo è un atto di sfiducia nei confronti del Mezzogiorno. Noi neghiamo la fiducia al Governo, ma dovreste farlo anche voi, parlamentari meridionali di maggioranza. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Brutti Paolo. Ne ha facoltà.

BRUTTI Paolo (DS-U). Signor Presidente, in questa sede voglio parlare di un solo punto relativo all’articolo 7 del provvedimento che riguarda la trasformazione degli enti pubblici. L’articolo si riferisce alla trasformazione dell’ANAS in società per azioni.

L’osservazione che motiva il mio giudizio negativo è che, in realtà, oggi i compiti fondamentali dell’ANAS, nella sua attuale veste di ente pubblico, riguardano uno snodo molto importante del sistema costituito dalla vigilanza: i compiti di indirizzo sulle attività dei concessionari e, in particolare, dei concessionari autostradali. Oltre a questo, l’ANAS svolge e svolgerà, anche nella sua nuova configurazione, compiti di affidamento, di autorizzazioni e di appalti per la gestione delle infrastrutture, per le manutenzioni, per il miglioramento e l’adeguamento delle strade e delle autostrade statali.

Svolgerà un compito altrettanto fondamentale, costituito dall’affidamento di nuove concessioni, soprattutto per la costruzione e la gestione delle autostrade. Infine, svolgerà compiti relativi all’erogazione delle risorse finanziarie occorrenti per le attività di cui ho detto e svolgerà anche compiti di collaudo delle infrastrutture affidate in appalto.

Ora, non si vede quale tra queste competenze abbia una qualche natura economica di mercato, non dirò una natura commerciale, che pur tuttavia dovrebbe essere l'oggetto specifico di un’attività di una società per azioni. Per questi motivi, non si vede l’opportunità di trasferire potestà pubbliche del tipo di quelle che ho indicato ad un soggetto caratterizzato da comportamenti interni, certamente tendenti all’efficienza economica ma anche fortemente separati dai criteri che invece debbono presiedere all’attività di una realtà che ha compiti fondamentali di vigilanza, di indirizzo e di controllo.

Questo è il rischio più grande che si corre: perdere il rapporto tra la volontà pubblica di realizzazione delle infrastrutture e i soggetti che tale volontà debbono realizzare, attraverso gli affidamenti in concessione, in appalto e in gestione.

L’ANAS, che dovrebbe compiere questo ruolo importantissimo per la realizzazione delle finalità pubbliche nella sua configurazione attuale, pur essendo sottoposta a controlli e vigilanze da parte di diversi soggetti - il primo tra questi è il Ministero ma poi anche la Corte dei conti - già oggi lo esercita in modo molto limitato e superficiale, ma nella nuova configurazione avrà addirittura una potestà autonoma derivante dalla sua configurazione in società per azioni per sottrarsi a questi compiti e a queste responsabilità.

Mi si potrebbe dire che questa preoccupazione non è realistica, perché in fondo, tutto sommato, l’Ente resta una società per azioni a totale controllo pubblico: il Ministro dell’economia e delle finanze ne possiede la totalità delle azioni, le nomine vengono fatte all’interno dell’organismo dal Ministro dell’economia e delle finanze e dal Ministro dei trasporti e delle infrastrutture; dunque, sembrerebbe che per questa via si recuperi una funzione di controllo.

Bene, debbo dire - ed è questo l’ultimo argomento che introduco - che fatti accaduti nell’ultimo semestre aprono una fortissima preoccupazione.

I fatti sono i seguenti. La principale tra le concessionarie autostradali, la società Autostrade, dal 1999 divenuta società privata, è riuscita a porre al vertice dell’ANAS attuale, nella carica di amministratore unico e domani, con questa legge, di amministratore delegato dell’ANAS S.p.a., un suo alto dirigente.

Ora, come non si può pensare che un alto dirigente della società Autostrade S.p.a., divenuto amministratore delegato di ANAS S.p.a., che è la società che esercita il controllo e la vigilanza sulla concessione alle Autostrade S.p.a., possa essere in via diretta e immediata non preso da preoccupazioni per i rapporti intercorsi? Ne basta dire una: nel momento in cui è diventato amministratore di ANAS e ha lasciato la società Autostrade, egli ha ricevuto una liquidazione di un miliardo di vecchie lire, ma poiché la società di cui era amministratore non gli ha voluto corrispondere tale somma, gentilmente essa gli è stata corrisposta direttamente dalla società Autostrade Spa, che poi si sarebbe rivalsa sulla società di diretta competenza.

Bene, è questo nucleo di commistione tra controllati e controllori che voglio mettere in evidenza; è questa realtà, che si potrebbe prefigurare come una vera e propria presa di potere da parte di soggetti privati dell’istituzione pubblica dedicata alla vigilanza e al controllo, che costituisce il rischio più grave di fronte a noi. Certo, la trasformazione che si sta compiendo non va nella direzione sperata, anzi aumenta le preoccupazioni che ho espresso.

Si tratta, per altro, di preoccupazioni non soltanto nostre, dell'opposizione, ma che ho sentito esprimere anche nell'ambito della maggioranza nella discussione avvenuta in Commissione. Al riguardo è stata manifestata l'attenzione dovuta e anche l'impegno ad operare affinché si sciolgano questi nodi di compromissione. Certo, però, vedere una conferenza stampa, convocata dall'amministratore delegato della Autostrade S.p.a, dottor Gamberale, seduto al fianco dell'amministratore unico dell'ANAS a magnificare le sorti della società Autostrade Spa non dà a noi la massima tranquillità. (Applausi dal Gruppo DS-U).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Nocco. Ne ha facoltà.

NOCCO (FI). Signor Presidente, sarò breve. In molti degli interventi dell'opposizione svolti in questa, come in altri sedi, sono state sostenute tesi e argomenti che esulano dallo stretto contenuto e dallo spirito del provvedimento in esame.

Il decreto-legge, infatti, con le modifiche intervenute alla Camera dei deputati, muove dalla straordinaria necessità ed urgenza di operare in due direzioni: la prima riguarda interventi specifici per fronteggiare emergenze economiche e sociali (hanno queste caratteristiche le norme in materia tributaria e quelle della lotta alla siccità); la seconda è di ordine più strategico, ma sempre particolarmente pressante per tempi di realizzazione, e concerne il riassetto di due enti pubblici (ANAS e CONI), la razionalizzazione del contenimento della spesa farmaceutica, il sostegno dell'economia nelle aree svantaggiate del Paese e l'attuazione di sentenze della Corte costituzionale.

Il provvedimento, che si inserisce quindi nel solco del processo di trasformazione e modernizzazione di politiche, strutture, enti e apparati dello Stato, avviato dal Governo, interviene in questo contesto con misure circoscritte e non procrastinabili. Su questo e non su altro è chiamato a confrontarsi il Parlamento, pur nei tempi ristretti dettati dalle circostanze.

Se poi, si rendesse opportuno prevedere qualche miglioramento di talune disposizioni ciò potrà essere semmai fatto - senza deludere ora le attese degli operatori e le esigenze economico-sociali del Paese - con maggiore riflessione e con più ampio respiro con successivi strumenti normativi.

Di certo, il provvedimento in esame evidenzia l'impegno profuso dal Governo con tempestività, per fronteggiare le difficoltà dell'attuale momento economico e gettare le basi per una ripresa che, quando prenderà forza, trovi il sistema economico italiano pronto all'appuntamento. Infatti, come ho già detto, nel provvedimento si concentrano misure che, dovendo farsi carico di urgenti necessità, vi provvede in un'ottica strutturale.

Le perplessità manifestate dal senatore Morando e da altri colleghi dell'opposizione hanno qualche fondamento di ragione per quello che riguarda il Sud del nostro Paese. Ritengo che nel contesto del decreto-legge vadano valutate le singole norme, qualunque delle quali potrà trovare di certo significativi miglioramenti.

Infine, come ho già evidenziato precedentemente, auspico che il Governo nel momento della discussione del disegno di legge finanziaria possa rivedere radicalmente il sistema dell'incentivazione a favore del Mezzogiorno, al fine di meglio calibrare e rendere maggiormente efficaci gli strumenti di sostegno. Infatti, il Mezzogiorno deve essere messo nella condizione di poter veramente essere lanciato. (Applausi dal Gruppo FI. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.

Ha facoltà di intervenire in replica il rappresentante del Governo.

CONTENTO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, sarò breve perché mi rendo conto che il Senato è stato sottoposto in questi giorni ad un lavoro sicuramente stressante.

Sento il dovere di affrontare alcune questioni poste dai senatori, pur nella ristrettezza dei tempi per l'apposizione della questione di fiducia sul provvedimento in discussione. Con un ordine del giorno il senatore Bonatesta ha segnalato la questione delle zone svantaggiate; vorrei rassicurarlo nel senso che sarà mia cura investire il Governo di quella situazione.

Il senatore Bongiorno ha segnalato la questione di taluni benefìci per le imprese agricole, che anche qualche collega dell'opposizione mi ha invitato a verificare. Assumo questo impegno di verifica e spero di poter dire, a nome del Governo, che ci dovrebbe essere una risposta affermativa alle preoccupazioni espresse dal senatore Bongiorno.

Senatori di maggioranza e di opposizione hanno formulato quesiti in tema di riscossione; uno dei temi più rilevanti è quello dei bilanci. Durante l'esame in Commissione ebbi da parte del presidente Pedrizzi tre minuti per replicare agli interventi e in quei tempi non riuscii a rispondere a tutti. Vi assicuro però che il Governo è molto attento a tali questioni, anche se ribadisce in questa sede, come ha già fatto in altre occasioni, che non è più tollerabile che, a fronte di trasferimenti di 100.000 miliardi di vecchie lire per quanto riguarda i ruoli, siano recuperate somme del 5 o del 6 per cento. Non può essere definita efficiente un'Amministrazione che non riesce a far pagare i contribuenti o che - se preferite - non consegna i ruoli che possono essere riscossi. Anche in questa chiave vanno interpretate le modifiche.

Una questione di fondo riguarda in particolare due interventi: quello estremamente efficace rispetto alle questioni relative al Mezzogiorno, del senatore Morando, e quello del suo collega d'opposizione D'Amico. Mettendo a raffronto i due interventi emerge la risposta alle preoccupazioni espresse in quest'Aula. Nel preciso istante in cui il senatore D'Amico ricorda ai colleghi senatori e al Governo qual è l'andamento del fabbisogno risponde alle preoccupazioni manifestate in quest'Aula dal senatore Morando. E siccome lei è uomo esperto in materia di bilanci e di contabilità…

MORANDO (DS-U). Non avete messo il tetto alla Tremonti-bis nel Nord, ma lo avete messo al Sud!

CONTENTO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. La ringrazio di questa interruzione, perché mi permette tecnicamente di evidenziare una differenza che non è stata completamente colta. Come lei sa, la Tremonti-bis opera su un procedimento relativo agli utili d'impresa e ha un riferimento tecnicamente e giuridicamente diverso dal credito d'imposta. Se mi consente - giungo così alla questione di fondo che volevo ricordare - il banco di prova è il vostro. Le coperture che abbiamo confermato, nonostante l'andamento dell'economia, sono quelle da voi appostate in bilancio.

E allora, caro senatore Morando, quando appostaste in bilancio per l'anno 2002 gli attuali 1.513 milioni di euro e noi registriamo, a luglio, in sede di parziale consuntivo, che abbiamo sfondato i 1.000 milioni di euro, uno Stato, un Paese serio ha il dovere di rispondere alle coperture che voi non avete indicato. (Applausi dai Gruppi FI e AN).

Senatore Morando, quando si andava verso il famoso periodo elettorale, ve ne siete ampiamente fregati della contabilità pubblica rispetto alla quale accusate oggi il centro-destra. È questo l'aspetto sostanziale. (Applausi dai Gruppi FI e AN).

Le dirò di più; non solo confermiamo gli importi a favore del Mezzogiorno, nonostante la congiuntura economica, ma la invito a leggere - qualora non l'abbia ancora fatto - i passaggi del Documento di programmazione economico-finanziaria dedicati proprio al Mezzogiorno. Il Mezzogiorno non solo è nel programma, ma nel cuore del centro-destra, caro Morando. (Applausi dai Gruppi FI e AN).

Quando lei avrà la bontà di leggere le pagine 133 e seguenti e troverà le regole che questo Governo ha voluto dedicare al Mezzogiorno, vi rinverrà proprio le risorse aggiuntive, delle quali si dice che almeno il 45 per cento delle risorse in conto capitale deve essere destinato al Mezzogiorno. Quando leggerà, a pagina 134, quello che il Governo scrive nei confronti del Mezzogiorno, scoprirà che per quanto riguarda gli interventi ordinari in conto capitale la regola del 30 per cento è indicata. Questo significa che gli impegni che abbiamo preso con il Mezzogiorno li abbiamo messi per iscritto e non come nelle vostre finanziarie fatte a fini elettorali. (Applausi dai Gruppi FI, LNP, UDC:CCD-CDU-DE e AN).

C’è poi un altro aspetto che lei ha sottovalutato. Lei ha omesso di dire che il Governo di centro-destra, nel suo programma si è fatto carico, nonostante le difficoltà, della più importante riforma tributaria mai concepita negli ultimi anni. Non sono gli interventi che avete fatto, caro senatore, negli anni precedenti, tutti sovrapposti sotto il profilo tributario, bensì si tratta di dare una risposta agli imprenditori del Sud, del Centro e del Nord, di definire un quadro di riferimento che sia corretto e determinato, dove quello tra Stato, fisco e imprenditori sia un rapporto equo, perché questo è contenuto del programma del centro-destra. Abbiamo, infatti, sempre sostenuto che è prima di tutto un fisco equo quello che può rilanciare l’economia in tutto il Paese, ma soprattutto nel Mezzogiorno.

Quindi, vi è attenzione per il Mezzogiorno. Le assicuro che, così come alcune preoccupazioni espresse dai settori della maggioranza sono state rafforzate e unite alle voci dell’opposizione, questo Governo anche in sede di finanziaria dimostrerà che questa attenzione è viva.

Mi avvio alla conclusione soffermandomi su un'ulteriore questione. Avete affrontato gli aspetti relativi alla trasformazione di alcuni enti, anche sotto il profilo costituzionale. Anche in questo caso, senza polemica, devo dire qualcosa. Infatti, nonostante le affermazioni del senatore Andreotti, che sul piano della correttezza istituzionale hanno un pregio quello di dire che un decreto-legge adottato ai primi di luglio può avere problemi di conversione alla luce della sentenza sulla non reiterazione, posso dire che abbiamo imparato da voi.

Dico questo senza polemica, perché i famosi decreti-legge omnibus sono quelli che avete inaugurato nella scorsa legislatura. (Applausi dal Gruppo LP). Consentiteci allora, una volta tanto, di utilizzarli, non per porre questioni che possono sembrare di secondo piano, ma per porre questioni di efficienza. Quando il CONI, amici senatori, chiede allo Stato di ripianare una somma pari a 200-250 miliardi di vecchie lire, quando i giochi del CONI, trascurati dalla vostra gestione, perché il Ministro competente era di sinistra…

MORANDO (DS-U). Per quanti anni ancora racconterete la stessa cosa?

CONTENTO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. … hanno portato ad una diminuzione degli effetti finanziari di centinaia di miliardi di vecchie lire, due sono le possibilità, senatore Morando: quella di rimanere inerti, provocando quindi la morte del CONI e del mondo sportivo, oppure quella di intervenire e di pretendere efficienza. È per questo che con il decreto-legge anticipiamo i tempi di quelle importanti trasformazioni, lasciando autonomia, perché, è evidente per chi ha letto il decreto si accorgerà che ci impegniamo ad affrontare la questione in termini corretti.

Concludo con una sottolineatura che torna al Mezzogiorno. Lei, senatore Morando, e altri colleghi del centro-sinistra avete fatto riferimento alle modalità di funzionamento con cui siamo intervenuti per il credito d'imposta e avete ribadito che sulla scorta di questo elemento si tornerebbe indietro, perché si tornerebbe ad una sorta di condizionamento politico. Niente di più falso, perché se lei leggesse correttamente il provvedimento, vedrebbe che c’è una sostanziale anagrafe tributaria - anche se il termine è improprio - o anagrafe telematica per le prenotazioni.

Quindi, non ci sono liste. La lista è già pronta, perché il sistema che abbiamo congegnato consente in tempo reale di avere i dati che le ho appena riferito. Le dirò di più; a me dispiace che uomini del Mezzogiorno, anche di sinistra, non si rendano conto che le imprese di quella parte d’Italia stanno crescendo, che sono in grado di fare le prenotazioni telematiche, perché non esiste più un Sud arretrato.

C’è un Mezzogiorno che vuole affrontare questa scommessa, che vuole misurarsi con le tecnologie e glielo posso dimostrare con i dati. Sono state addirittura 10.000 le domande arrivate in una settimana e vedrà - concludo davvero il mio intervento - che esse dimostreranno la nostra attenzione per uno strumento che deve essere selettivo e non a pioggia come avete fatto voi perché era un anno elettorale. Noi dobbiamo far crescere il Mezzogiorno sui settori che possono farlo crescere, per evitare gli errori del passato - quelli sì! - che lo hanno condannato.

Quindi, stia tranquillo, lasci lavorare il Governo perché questo Esecutivo, per carità, magari con delle forzature - lo riconosco - nel confronto dialettico che c'è tra maggioranza e opposizione, come nel caso di questo decreto-legge, ha a cuore non soltanto le sorti del Mezzogiorno, ma quelle sorti dell'intero Paese e del suo sviluppo economico. (Applausi dai Gruppi FI, LP, UDC:CCD-CDU-DE e AN. Congratulazioni).

CADDEO (DS-U). Non sembrerebbe!

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale del disegno di legge n. 1626, composto del solo articolo 1, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia.

CARRARA (Misto-MTL). Domando di parlare per dichiarazione di voto. (Applausi dai Gruppi FI, LP, UDC:CCD-CDU-DE e AN. Applausi ironici dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Com e Misto-RC).

RIPAMONTI (Verdi-U). Bis!

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARRARA (Misto-MTL). Signor Presidente, colleghi senatori, onorevoli rappresentanti del Governo, il provvedimento che ci accingiamo ad approvare si concentra principalmente su alcune significative modifiche della normativa tributaria allo scopo di coniugare il contenimento dei saldi di finanza pubblica con la ripresa del sistema produttivo.

Tra gli argomenti trattati si segnalano le misure in materia di accise sui prodotti petroliferi e quelle volte a razionalizzare e a contenere la spesa farmaceutica.

In merito alle accise sui prodotti petroliferi, apprezziamo la previsione della proroga della disciplina agevolata fino al 31 dicembre 2002 perché questa, in attesa di un'attuazione organica dell'intera materia, evita che si determini una soluzione di continuità del regime agevolativo in vigore fino alla data del 30 giugno 2002.

Al riguardo, in sede di attuazione della futura normativa sulle agevolazioni per l'utilizzo dei prodotti petroliferi, richiamiamo l'attenzione fin da ora sulla necessità di considerare adeguatamente il problema dei rimborsi per chi fa uso di combustibile da riscaldamento nei comuni di alta montagna dove, per evidenti ragioni climatiche, il suo consumo è enormemente maggiore rispetto alla media nazionale.

Per quanto concerne invece le norme volte a contenere e razionalizzare la spesa farmaceutica, con esse ci si propone di rimuovere gli elementi distorsivi che sovrintendono a presupposti di rimborsabilità dei farmaci. Infatti, in assenza del presente disegno di legge, il meccanismo di accesso alla rimborsabilità prescinde da qualunque giudizio basato su criteri di costo-efficacia.

Il provvedimento in esame invece, oltre a prevedere la redazione annuale dell'elenco dei farmaci rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale, individua il rimborso degli stessi non più per categorie omogenee, bensì per ogni specifico prodotto, analizzato caso per caso.

Questa è l'indicazione esplicita del principio costo-efficacia. In questo modo non solo non verrebbe arrecato alcun danno ai pazienti, perché ad essi verrebbe comunque assicurato il rimborso dei farmaci di pari efficacia, ma con questo nuovo criterio si introdurrebbe un elemento di forte concorrenzialità del mercato, tale da indurre le aziende produttrici ad abbassare i prezzi più elevati.

In conclusione, il provvedimento in esame si rende necessario al fine di sostenere la ripresa del sistema produttivo e per tali motivi, valutati gli obiettivi che si intendono perseguire, annuncio il nostro voto favorevole. (Applausi dai Gruppi FI, LP e UDC:CCD-CDU-DE).

SODANO Tommaso (Misto-RC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SODANO Tommaso (Misto-RC). Signor Presidente, colleghi, Rifondazione Comunista voterà contro questo decreto-legge che presenta macroscopici profili di incostituzionalità, come hanno spiegato i colleghi dell'opposizione, e prefigura nel contempo un'anticipazione della manovra economica complessiva, attuata per di più attraverso lo strumento del decreto-legge e con il ricorso alla fiducia.

C'è un evidente abuso del ricorso alla decretazione d'urgenza, che determina conseguenze anche nell'approfondimento, nello studio, nelle proposte e strozza il dibattito in quest'Aula. Ci domandiamo il perché di questa ennesima forzatura, dove siano la necessità e l'urgenza di questo provvedimento. Forse è il condono per gli evasori fiscali piuttosto che la riduzione delle prestazioni sanitarie erogate dal Servizio sanitario nazionale o, ancora, la privatizzazione del CONI e dell'ANAS o l'ennesimo favore alle ecomafie con l'introduzione di un concetto di rifiuto non più definito per legge, ma che sarà invece sottoposto con questo provvedimento a interpretazioni soggettive e, dunque, assolutamente arbitrarie!

La desolante e preoccupante assenza di cultura istituzionale e politica propria della compagine di questo Governo è evidenziata anche dal parere espresso all'unanimità dalla Conferenza Stato-Regioni, che parla di scorrettezza istituzionale del Governo che è intervenuto su temi di esclusiva competenza regionale, senza neppure un preventivo confronto con le Regioni, chiedendo il parere alle Regioni stesse dopo che la Camera aveva già licenziato il provvedimento.

Dunque, si tratta di un provvedimento eterogeneo che non esprime un’idea, un progetto di programmazione economica e di politica industriale, ma che ha il solo e unico obiettivo di erogare risorse pubbliche al fine di favorire processi privati di accumulazione, accentuando nel contempo il divario tra ricchezza e povertà che va sempre più accentuandosi nel nostro Paese, a seguito della politica dissennata e rovinosa di questo Governo.

Un esempio per tutti, i provvedimenti in materia sanitaria contenuti in questo provvedimento: un’operazione d’immagine (è questa la vostra ossessione, signori del Governo) che elimina progressivamente i ticket ma nel contempo, attraverso la ridefinizione dell’elenco dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale, toglie dal prontuario farmaceutico farmaci utili, addossando ancora una volta alle categorie più bisognose e svantaggiate l’onere di far rispettare il tetto di spesa.

Non è da meno anche l’articolo 14, che ridefinisce il concetto di rifiuto: come sottolineano anche le principali associazioni ambientaliste, cosa debba intendersi per scarto diventa una valutazione soggettiva, vanificando, di fatto, la gestione integrata così come prevista dal decreto Ronchi del 1997.

I rifiuti, anche quelli pericolosi, potranno non essere trattati secondo le regole, a patto che siano "riutilizzati nel medesimo o in analogo ciclo produttivo" che non comporti un’operazione di recupero. Il testo a questo proposito è estremamente vago e non definisce né il tipo di trattamento né quali siano le operazioni di recupero. Non potendo inoltre essere prescritto il tipo di ciclo produttivo, né il limite di tempo per l’utilizzo degli scarti, i controlli sulla movimentazione dei residui sul territorio nazionale sarebbero impossibili, perché il loro trasporto non avrebbe bisogno di documentazione alcuna. I danni per l’ambiente e per la popolazione sarebbero incalcolabili.

Mi limito solo a citare, per i tempi ristretti, gli altri temi di grandissima rilevanza economica e di grande emergenza presenti all’interno di questo provvedimento: mi riferisco alla crisi dell’auto, alla questione idrica, alle risorse finanziarie messe a disposizione del settore agricolo che risultano essere insufficienti e inefficaci e che non assicurano un uguale trattamento a tutte le imprese che operano nel settore, e, infine, alla natura profondamente antimeridionalistica di questo provvedimento, nonostante la propaganda che state facendo.

Quanto a noi, ci batteremo in Parlamento e nel Paese per un’espansione qualificata della spesa sociale, contro l’assetto neocorporativo che vuole imporre una riduzione dei diritti, per una politica a sostegno del lavoro e del salario sociale. Ci batteremo per rimettere in discussione il Patto di stabilità europeo, che riduce la politica economica degli Stati all’applicazione delle ricette iperliberiste dettate dalle grandi finanze e dalle Banche centrali, definendo strategie di medio e lungo termine per la ricerca, l’innovazione, la formazione, l’istruzione e la riconversione dei settori produttivi.

Noi proponiamo un’altra politica economica che imposti una ridistribuzione dei redditi equa, che sostenga la domanda interna, ridando vigore a politiche meridionali, ammettendo il fallimento delle politiche fin qui adottate, che hanno favorito esclusivamente l’accumulazione di capitali da parte delle imprese spesso del Nord e spesso legate alle grandi organizzazioni criminali, rilanciando una nuova e moderna questione meridionale che abbia al centro un’idea di sviluppo di qualità, improntata alla valorizzazione delle risorse endogene che passa per un intervento pubblico con l’obiettivo della messa in sicurezza del territorio, della riqualificazione dell’ambiente e dei centri storici e di politiche industriali attente e nel rispetto della specificità del Mezzogiorno partendo dagli assetti equilibrati del territorio e delle risorse idriche, non già dalle privatizzazioni selvagge o da quella monumentale allusione alla bancarotta strategica delle politiche meridionalistiche che è il ponte sullo stretto di Messina.

Signor Presidente, nel ribadire il voto contrario di Rifondazione Comunista, in conclusione del mio intervento voglio ancora una volta, come abbiamo fatto nella giornata di ieri, rivolgere un appello al rispetto del Parlamento, che non può essere ridotto a un luogo che ratifica gli atti del Governo, a colpi di maggioranza e con continue lacerazioni dei rapporti istituzionali e della Costituzione repubblicana. (Applausi dal Gruppo DS-U).

RIPAMONTI (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RIPAMONTI (Verdi-U). Signor Presidente, di quanto tempo dispongo?

PRESIDENTE. Come ho detto prima e ribadisco ora, per le dichiarazioni di voto si ha a disposizione fino ad un massimo di dieci minuti. Comunque, se lei parlerà meno ci sarà un tributo di trionfo da parte dell'Aula; lei, come naturalmente tutti gli altri.

RIPAMONTI (Verdi-U). Non so se parlerò di meno, io di solito parlo poco, Presidente ...

PRESIDENTE. L'esercizio del diritto le sarà garantito comunque.

RIPAMONTI (Verdi-U). Come dicevo, di solito parlo poco, però vi sono alcune cose che vanno dette, Presidente.

Intendo rivolgermi direttamente al Governo piuttosto che a lei, come invece prevede la nostra prassi. Ritengo che ci troviamo di fronte ad una decisione indecorosa e inspiegabile. Indecorosa, perché vengono calpestate le prerogative del Parlamento. Ieri il senatore D'Onofrio nel corso del suo intervento ha detto che in Parlamento bisogna decidere. Noi naturalmente siamo d’accordo. (Brusìo in Aula).

PRESIDENTE. Per favore, colleghi, mettiamo il senatore Ripamonti nelle condizioni di parlare.

RIPAMONTI (Verdi-U). Siamo d’accordo, signor Presidente, con quanto affermato dal senatore D'Onofrio: in Parlamento bisogna decidere. Tuttavia, voglio ricordare al senatore D'Onofrio, che ha una lunga esperienza parlamentare, che in questa sede si decide dopo essersi confrontati, dopo aver discusso e parlato, proprio perché siamo in Parlamento.

Inoltre, riteniamo inspiegabile la decisione di porre la fiducia su questo decreto, in quanto esso sarebbe stato comunque approvato, forse negli stessi tempi che abbiamo ormai di fronte. Ci chiediamo quindi perché sia stata posta la fiducia. Forse l'unico problema della maggioranza è che molti dei senatori assenti in questo momento - che comunque saranno presenti al momento della votazione della questione di fiducia - hanno un unico interesse: andare a casa nel più breve tempo possibile.

SEMERARO (AN). Chi l'ha detto? Vai tu a casa.

RIPAMONTI (Verdi-U). Non è mia prassi riferire di quello che accade nella Conferenza dei Capigruppo, ma in quella sede c'è stato un autorevole rappresentante di un Gruppo di maggioranza che ha detto che bisognava fare solo le dichiarazioni di voto perché i senatori avevano le borse pronte per andare a casa.

(Commenti del senatore Moro). È così, è proprio così. Non è stato solo lei, senatore Moro.

PRESIDENTE. Senatore Moro, lei rivendica questa dichiarazione, lo abbiamo capito. Basta però, altrimenti andiamo avanti con il tempo; le interruzioni poi bloccano il conteggio dei minuti a disposizione per le dichiarazioni. La prego di proseguire, senatore Ripamonti.

RIPAMONTI (Verdi-U). Prima è stata posta la fiducia alla Camera, bloccando di fatto l’esame nel merito di un decreto, che tra l'altro contiene norme che non avrebbero dovuto essere inserite in un provvedimento di questo tipo, poi al Senato vengono previsti tempi contingentati. Questa maggioranza ci ha però fatto vedere qualcosa di peggio.

Questa maggioranza è arrivata perfino a far mancare il numero legale per impedire che su questo decreto si sviluppasse una discussione, una dialettica tra maggioranza e opposizione. Siamo di fronte allo stravolgimento totale delle regole in spregio alle istituzioni e al Paese.

Voi considerate - mi rivolgo al Governo - il Parlamento, il luogo dove si svolge la discussione e il confronto democratico fra la maggioranza e l’opposizione, un impiccio, un ingombro. Voi non state governando questo Paese, siete abituati a comandare e volete comandare questo Paese. Qui però siamo ancora all’interno delle istituzioni, dove valgono le regole e il metodo, che già di per se stessi sono contenuto e sostanza.

Ora ponete un’ulteriore questione di fiducia in questo ramo del Parlamento, non solo il contingentamento dei tempi. Noi vi abbiamo proposto di limitare il numero degli emendamenti per contribuire ad un confronto fra maggioranza e opposizione, ma il Governo, nonostante le proposte che abbiamo formulato, pone la fiducia contro la sua maggioranza (perché questo sta facendo), la quale ha fatto mancare il numero legale in Aula nei giorni scorsi. Allora, se questa maggioranza fosse coerente dovrebbe votare in senso negativo sulla fiducia posta dal Governo contro la sua stessa maggioranza.

Avete imposto questa umiliazione al Senato, l’avete imposta nel mese di agosto e noi ci chiediamo il motivo. Perché vi interessa questo decreto (come ha dichiarato in modo spudorato il presidente Berlusconi affermando di essere interessato al provvedimento omnibus in quanto reca norme riguardanti le iniziative nei confronti del settore automobilistico)? Perché siete interessati a valori alti e decisivi per gli interessi generali? No, noi abbiamo visto e voi avete dimostrato nelle ore e nelle giornate scorse che eravate interessati ad altro, al disegno di legge Cirami; volevate votare prima del decreto omnibus quel provvedimento e siete arrivati a porre la fiducia solo per garantire che vi fossero in Aula i senatori che la votassero, con ciò approvando questo provvedimento. Voi violate in modo continuativo la legalità, limitate i diritti, colpite e calpestate le regole, utilizzate le istituzioni a fini personali.

Cosa sarebbe cambiato - mi chiedo - se il disegno di legge Cirami fosse stato votato a settembre? Assolutamente niente, ma a voi non interessa la logica o la ragionevolezza quando sono in ballo alcuni interessi personali.

Credo che il Paese stia aprendo gli occhi, e non solo sull’utilizzo che voi fate delle istituzioni a fini personali; li stanno aprendo anche i vostri elettori: gli imprenditori del Sud che attraverso le nuove regole sul credito d’imposta verranno danneggiati; i giovani che vogliono intraprendere una nuova attività attraverso il prestito d’onore che voi limitate con le vostre iniziative; gli imprenditori seri che si sono attrezzati e consorziati per garantire una corretta gestione del ciclo dei rifiuti. Si tratta di questioni che rientrano tutte in questo decreto. Voi limitate l’iniziativa imprenditoriale dei settori sociali di vostro riferimento, che hanno votato per voi.

Ritengo che le vostre riforme facciano male a questo Paese.

È un motivo in più per non concedere la fiducia al Governo, è un motivo in più per garantire un’opposizione ancor più rigorosa e senza sconti al Governo ed alla maggioranza. (Applausi dai Gruppi Verdi-U e DS-U).

FRANCO Paolo (LP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO Paolo (LP). Signor Presidente, colleghi senatori, la Lega Nord, accordando la fiducia al Governo, approva la conversione in legge del decreto in esame. Fa piacere che il senatore Bonavita abbia ricordato alcune posizioni assunte da membri della maggioranza in Commissione finanze, volte a spronare, se necessario criticare, l’azione del Governo quando potrebbe mirare a più ambiziosi obiettivi. Ma se solo ieri avevate detto che siamo supini sudditi del Capo del Governo; già oggi ci accreditate di autonoma capacità propositiva?

Anche in sede di discussione del decreto omnibus la controparte politica di minoranza ha approfittato dei richiami al Regolamento per continuare una sterile polemica sulla gestione dei lavori parlamentari oltre che sull’attuazione dei programmi di questa maggioranza. È evidente il tentativo di identificare nelle istituzioni un nemico, la cui avversione possa favorire quell’azione di coesione che, invece, la minoranza non riesce a trovare su propri e credibili programmi politici.

Sono stati sprecati a iosa richiami alla Costituzione e a regolamenti, riferimenti di comodo a cui poi sono seguiti atteggiamenti in totale contrasto, oggi ancor più del passato, come ricordato prima dal collega Peruzzotti. Gravissime poi le parole a più riprese ripetute e riportate anche nella stampa odierna che vorrebbero delegittimare tanto l’Assemblea quanto la sua Presidenza.

Il voto di fiducia della Lega Nord va inteso quindi anche come voto di fiducia alla presidenza Pera; va esteso alla persona che, sulla legge appena ieri approvata, ha tentato un’autorevole mediazione che pretestuosamente avete respinto, apposta per creare le condizioni di esasperazione, nelle quali solo riuscite a riporre la vostra legittimità politica. (Applausi dai Gruppi LP, FI, UDC:CCD-CDU-DE e AN. Congratulazioni).

MARINO (Misto-Com). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINO (Misto-Com). Signor Presidente, il nostro non è chiaramente un voto di fiducia al Governo non solamente per quanto detto nell’intervento precedente, ma anche per i contenuti specifici del provvedimento omnibus, dove vi è veramente di tutto, oltre ogni limite. Tra l’altro, viene posta la fiducia - non ripeterò pertanto quanto egregiamente ha detto stamani il presidente Andreotti - su un decreto non reiterabile che, tra l’altro, contiene per il 70 per cento norme di carattere ordinamentale, quali addirittura le disposizioni in materia di CONI o la trasformazione dell’ANAS in S.p.a.; norme per le quali non sussistono certamente condizioni di necessità e di urgenza.

Nel merito, questo è un provvedimento - è stato già detto da altri colleghi del centro-sinistra prima di me - ai danni del Sud e cercherò, sia pure molto sinteticamente di spiegarne il perché. Lo sforzo fatto con il credito di imposta per cercare di attrarre investimenti al Sud fu annullato già dalla Tremonti-bis che, come è noto, riguarda la detassazione degli utili su tutto il territorio nazionale.

Abbiamo auspicato e sollecitato nel lungo tempo la cumulabilità tra credito di imposta e Tremonti-bis, appunto per consentire al Mezzogiorno di poter continuare ad attrarre capitale. Questo non è solamente un provvedimento tardivo, ma snatura la sostanza stessa del credito di imposta, così come era stato varato. Non è in discussione l’esigenza di un monitoraggio ma la cumulabilità sino all’85 per cento, come è scritto nella norma di questo decreto-legge; si consideri il fatto stesso che si sia eliminato l’automatismo che consentiva una grande facilità di accesso.

Ma soprattutto si consideri che il plafond per quest’anno viene ridotto da 1.200 milioni di euro a 870, con una diminuzione di 330 milioni di euro. Al di là di questo, il plafond è anche insufficiente: c’è una diminuzione delle risorse, a differenza della Tremonti-bis, la quale non ha un limite di spesa, mentre in questo caso esiste il plafond, per cui le domande saranno accolte - dice la norma - fino ad esaurimento delle risorse finanziarie. E in più vale un criterio cronologico per cui chi arriva prima prende, e poi magari i progetti più validi potranno anche essere trascurati.

Se si considera che alla data del 25 luglio sono già 3.000 le domande pervenute per via telematica, ciò significa, con una tale ristrettezza di risorse a disposizione, praticamente chiudere il discorso per quest’anno, perché riceverà finanziamenti chi avrà vinto la corsa contro il tempo. Quindi, l’unico strumento funzionante che ha prodotto occupazione e che ha comportato investimenti al Sud sostanzialmente risulta monco, quando invece gli interessati hanno appena fatto in tempo a conoscerlo.

Il carattere restrittivo di queste nuove norme - come hanno ampiamente argomentato il relatore di minoranza, senatore Caddeo, ed i senatori Coviello, Morando ed altri - depotenzia lo strumento del credito d’imposta non solo per quanto concerne il limite di spesa complessivo di cui ho detto, ma anche per le procedure per fruire delle agevolazioni, che si rifletteranno negativamente sulla platea degli aventi diritto. Tra l’altro, le risorse che questo provvedimento stanzia per il Sud vengono coperte dal punto di vista finanziario con risorse già destinate al Sud; precisamente vengono distolte le risorse dai programmi di formazione imprenditoriale nelle aree depresse, con una diminuzione di ben 2.317 milioni di euro. Quindi, si tratta di un vero e proprio provvedimento contro il Sud.

Infine, signor Presidente, è stata depennata tutta la parte che riguardava le agevolazioni alle associazioni sportive dilettantistiche - e qui mi richiamo all’intervento del senatore Pettinato - mentre per la FIAT manca completamente una strategia. Il provvedimento è carente dal punto di vista propositivo; non si provvedere solo con lo svecchiamento del parco auto e con gli ecocentivi. Si sarebbe dovuto guardare alla crisi del settore auto, invece …(Il microfono si disattiva automaticamente).

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Signor Presidente, colleghi, il ricorso alla fiducia tecnica è stato reso necessario per superare un atteggiamento dell’opposizione, che si è manifestato attraverso una condotta emendativa ostruzionistica, ormai consolidata, che finisce per impedire qualsiasi costruttivo confronto di posizioni: 200 emendamenti!

MORANDO (DS-U). Ma quali 200 emendamenti, ne abbiamo ritirati 100!

EUFEMI (UDC:CCD-CDU-DE). Una sinistra ormai senza memoria dimentica la trasformazione degli enti pubblici nazionali in società per azioni, avvenuta con la legge n. 35 del gennaio 1992 prima e con il decreto-legge n. 333 poi, quello dell’agosto del 1992, quello del senatore Amato del pentapartito, quello dell’esproprio dei conti correnti, quello che fu definito un colpo di Stato economico e che trasformò l’IRI, l’ENI, l’INA e l’ENEL - lo ricordo a un distratto senatore Pizzinato - con il coinvolgimento di centinaia di migliaia di occupati. Quindi, i rilievi in ordine al CONI, all’ANAS e alla loro trasformazione sono eccessivi.

Gli obiettivi posti dal decreto-legge non possono essere messi in discussione; essi riguardano questioni centrali per l’economia, come le misure di sostegno in ecoincentivi per il comparto automobilistico, relativamente ad un settore vitale per l’occupazione e per l’economia. (Applausi dai Gruppi UDC:CCD-CDU-DE, FI, AN e LP).

Per quanto riguarda il credito d’imposta, non è stata affatto compromessa la certezza degli investimenti, ponendo dei limiti di spesa improntati al controllo della spesa pubblica. Nessuna risorsa è stata tolta rispetto ai programmi, quindi non erogazioni à gogo, ma con uno strumento diretto a scongiurare la possibilità di utilizzo del credito da parte di chi non ne ha diritto.

Queste misure non esauriscono il complesso degli interventi che il Governo e la maggioranza intendono perseguire per il rilancio delle aree deboli, prevedendo risorse addizionali rispetto ai flussi ordinari di spesa. (I Gruppi UDC:CCD-CDU-DE, FI, AN e LP applaudono ripetutamente).

Al senatore Cambursano diciamo che nel provvedimento non vi è alcuna disposizione in materia di videogiochi.

Le norme sui rifiuti non sono innovative, ma chiarificatrici rispetto alla direttive comunitarie, rendendo possibile il miglioramento della gestione dei rifiuti.

Per queste ragioni, il Gruppo UDC voterà la fiducia politica al Governo, al fine di consentire la conversione del decreto-legge. (Vivi applausi dai Gruppi UDC:CCD-CDU-DE, FI, AN e LP. Molte congratulazioni).

CASTELLANI (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASTELLANI (Mar-DL-U). Signor Presidente, il clamore per l'intervento del senatore Eufemi ancora non si spegne, cercherò comunque di parlare.

Nell'annunciare il voto contrario a questa fiducia mio e dei senatori del Gruppo della Margherita, credo sia necessario svolgere un richiamo di carattere politico generale rispetto a come si è arrivati a questo voto di fiducia, quindi al metodo posto in essere.

Credo che anche per i parlamentari di più lunga esperienza risulti inusuale che la conversione del decreto-legge avvenga con due voti di fiducia, uno alla Camera e uno al Senato, nell'arco di soli 22 giorni (perché il decreto-legge porta la data dell'8 luglio scorso). È quindi inusuale, questo metodo.

Certamente questo è anche il segno che il Governo continua nella sua abitudine a governare con decreti-legge, ma ritengo che così facendo si passi il segno; lo ha detto con chiarezza il senatore Andreotti questa mattina: anzi, egli si è riferito a un "vago odore" di pieni poteri.

Credo, allora, che bisognerebbe riflettere - e lo deve fare anche la maggioranza - sul fatto che non si può andare avanti in questo modo, perché così facendo si svilisce l'istituzione parlamentare di cui tutti abbiamo bisogno: ne hanno bisogno soprattutto la democrazia e la libertà del nostro Paese.

Non si può andare avanti a governare per decreto, anche se - dobbiamo rilevarlo, purtroppo - questo è un metodo consueto per il Governo in carica, se un Ministro, come la signora Moratti, per decreto vuole fare addirittura una riforma scolastica per decreto.

MONCADA (UDC:CCD-CDU-DE). Non è vero!

CASTELLANI (Mar-DL-U). Dove si vuole arrivare, chiedo.

Non ci sono giustificazioni per questo. L'opposizione (lo chiarisco al senatore Eufemi) non ha fatto ostruzionismo. L'opposizione non ha presentato emendamenti in Commissione proprio per non fare ostruzionismo e le proposte modificative che abbiamo presentato in Aula servivano soltanto a cercare di evitare il colpo di mano sulla cosiddetta legge Cirami. Avevamo detto che eravamo disposti a ritirare quegli emendamenti, per lasciarne solo alcuni concernenti il nucleo centrale del provvedimento.

È evidente allora a tutti, colleghi, che il voto di fiducia è stato richiesto per motivi strumentali che sono tutti all'interno della maggioranza. Non a caso si vota oggi la fiducia, dopo aver votato la legge Cirami: si volevano tenere i senatori della maggioranza qui, per inchiodarli al voto sulla legge Cirami. Questa è la verità.

Non si dica, allora, che si arriva a questo, perché l'opposizione fa ostruzionismo. L'opposizione richiama al rispetto dei regolamenti, ad un uso corretto dei decreti-legge e soprattutto ad un modo corretto e sereno con cui svolgere un confronto parlamentare tra maggioranza ed opposizione.

In questo modo sono state passate in secondo piano questioni importanti, che abbiamo cercato - credo inutilmente - in questo dibattito di ricordare. Non ci contraria soltanto il metodo, ma anche il merito del provvedimento. (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente).

Va segnalata soprattutto una questione, come è stato fatto in molti interventi. (Brusìo in Aula.)

Signor Presidente, i colleghi hanno le valigie in mano, pronti a partire per le vacanze, li mandi pure via, parlerò ugualmente.

PRESIDENTE. Questo non possiamo dirlo. Indulgiamo nei confronti delle debolezze umane!

CASTELLANI (Mar-DL-U). Va segnalato soprattutto che sono stati introdotti vincoli e vischiosità per il credito d'imposta con i tetti di spesa; vischiosità che si trasferiscono e si acuiscono nelle misure previste per il Mezzogiorno.

È pur vero che la soppressione del divieto di cumulo tra la Tremonti-bis e il credito d'imposta per il Sud è misura che abbiamo chiesto e auspicato da tempo come opposizione, ma nel provvedimento tale misura è vanificata, come è stato già osservato, perché si elimina quell'automatismo che ha reso la misura dell'articolo 8 della legge n. 388 del 2000 molto appetibile per gli investimenti nel Sud.

Le modifiche introdotte con il tetto di spesa e la burocratizzazione delle procedure rendono incerta l'agevolazione, frenano la spinta agli investimenti e reintroducono una negativa intermediazione politico-burocratica.

Questo Governo ci ha riempito le orecchie dei suoi appelli contro la burocrazia e ha formulato notevoli promesse per un rapporto più corretto tra istituzioni e imprese. Dove sono andati a finire quelle promesse e quegli appelli?

Il sottosegretario Contento, che al momento non è presente in Aula - avremmo piacere comunque di avere un interlocutore - ha ripetuto qui che il tetto di spesa è stato introdotto per evitare splafonamenti, per evitare di superare le risorse disponibili. Come mai - questa è la domanda cui il sottosegretario Contento non ha risposto - questa preoccupazione vale per il credito d'imposta, ma non è valsa per la Tremonti-bis? Perché per la Tremonti-bis non c'è tetto di spesa?

A questa domanda puntuale il Governo non ha risposto e ormai non risponderà. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U). Per la Tremonti-bis ci si affida al processo automatico di espansione dell'economia; perché questo non avviene in relazione alla legge Visco per il Sud? E dove sono poi le risorse? In larga misura non sono aggiuntive; erano già tutte previste, come ha ricordato lo stesso Governo; per la copertura si ricorre anzi a meccanismi fantasiosi, si prevede la riduzione degli stanziamenti inseriti nella tabella D della legge n. 388 del 2000, con riferimento alla legge n. 208 del 1999, per reinserirli nel 2004 al fine di far fronte ad oneri di quell'anno finanziario. In tal modo viene violato il principio dell'annualità del bilancio e si sottraggono risorse previste nel bilancio per l'anno 2003 a fini di copertura di oneri relativi all'esercizio successivo. Credo che la fantasia del ministro Tremonti non abbia confini.

Sono stati richiamati gli "impegni" assunti del Governo per il Mezzogiorno: vi siete accorti, colleghi della maggioranza, che l'estensione del credito d'imposta all'agricoltura è prevista per tutto il territorio nazionale? Si vuole aiutare così l'agricoltura del Mezzogiorno? Perché a questa domanda non avete fornito chiarimenti?

Vanno poi ricordate altre misure. La cosiddetta riorganizzazione del CONI, disposta con un decreto-legge, è un pasticcio, che non introduce alcuna semplificazione. Si creano due enti perché l'ente pubblico rimane accanto alla società per azioni; non sono questi i problemi del CONI, i problemi sono altri, sono quelli recentemente evidenziati e denunciati dal presidente Petrucci. Perché non li si affronta con chiarezza?

Quali saranno i rapporti tra il CONI ente pubblico e la CONI Servizi s.p.a.? Non si capisce quali attività continuino a far capo, anche in via esclusiva, al CONI ente pubblico e quali passeranno invece alla CONI Servizi s.p.a.

Si privatizza un ente senza un reale progetto e prospettiva, né per l’ente né per i suoi dipendenti che sono, giustamente, preoccupati. E poi, a questa S.p.a. possono essere trasferiti beni dello Stato? E se sì, a quale titolo? Perché rimangono certamente, anche in questo caso, per chi ha memoria del dibattito che recentemente abbiamo fatto in questo consesso, tutti gli interrogativi sollevati per la Patrimonio S.p.a. Così dovremmo fare analoghe considerazioni per l’ANAS.

Per quanto riguarda la spesa farmaceutica, rimane un forte interrogativo, la formulazione dell’elenco dei farmaci rimborsabili sulla base del criterio costo-efficacia non prevede sufficienti garanzie per la copertura sanitaria dei cittadini. In realtà, si tratta di una dequalificazione dell’assistenza farmaceutica, di un ritorno indietro rispetto alla personalizzazione appropriata del farmaco.

A questo riguardo, voglio ricordare che avevamo presentato un ordine del giorno molto puntuale sui malati di Alzheimer. Vorremmo che il Governo lo riprendesse e ci dicesse con chiarezza se le medicine che soccorrono questi particolari malati saranno o meno contenute, nel prossimo prontuario farmaceutico, ancora in fascia A.

Per questi e per tanti altri motivi, che non ho il tempo di esporre, il nostro voto è contrario, non soltanto al provvedimento, ma anche al Governo, che certamente non merita fiducia da parte nostra. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).

PEDRIZZI (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PEDRIZZI (AN). Signor Presidente, voglio dire immediatamente che le misure contenute in questo decreto, per il quale il Governo sta chiedendo la fiducia, meritano una rapida conversione in legge, anche se siamo consapevoli che la complessità della materia avrebbe richiesto un approfondimento più ampio da parte delle Camere. Ma troppo grande è l’attesa da parte degli operatori economici affinché si disegni un quadro normativo certo per i numerosi interventi previsti dal provvedimento; troppo pressante e troppo impellente è l’esigenza di adottare misure per sostenere lo sviluppo e per stabilizzare i conti pubblici. Non potevamo attendere la ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa estiva.

Non ho capito e continuo a non capire, dopo un dibattito approfondito in Aula e, prima ancora, in Commissione, cosa abbia questo decreto di tanto negativo da meritare critiche così feroci da parte dell’opposizione. Forse per la proroga di una serie di scadenze in materie fiscali, che sempre, in tante altre occasioni, vi è stata da parte dei Governi di centro-sinistra. Forse per l’intervento a favore del mercato automobilistico, come misura che nasce da un’esigenza obiettiva, da uno stato di necessità e che non si muove, a differenza del passato, in una logica assistenzialistica, come avvenne per il Governo Prodi che volle immediatamente dopo il suo insediamento, offrire un cadeau, un regalo alla FIAT per avere il consenso di quel Gruppo economico. Forse per l’intervento per affrontare l’emergenza idrica, che si trascina da decenni, da mezzo secolo e che è esploso da quest’anno. Forse per l’intervento per controllare la spesa sanitaria, una spesa, senatore Castellani, ormai fuori controllo per le conseguenze negative derivanti da una finanziaria, quella del 2001, disastrosa ed elettoralistica, che abolì il ticket con una copertura risibile, di soli 1.500 miliardi di vecchie lire, e soprattutto per un tipo di federalismo che ci è stato lasciato in eredità e che prevede la gestione delle risorse sanitarie a valle, da parte delle Regioni e gran parte delle decisioni che comportano oneri a monte, al centro, ad esempio, per i contratti del personale.

Insomma, signor Presidente, un pasticcio inestricabile tra una Scilla che è rappresentata dalla tutela della salute dei cittadini e una Cariddi, che è rappresentata dalla necessità del contenimento dei costi e della finanza pubblica. Un pasticcio dal quale nel più breve tempo possibile bisognerà uscire con una riforma di carattere strutturale.

Cosa altro ha di negativo questo decreto-legge, onorevoli colleghi? (Applausi dai Gruppi FI, LP, UDC:CCD-CDU-DE e AN). Un attimo di pazienza. Alleanza Nazionale ha rinunciato ad utilizzare tutto il tempo che le è stato concesso. Vorrei parlare almeno per 7-8 minuti.

Forse le disposizioni dell'articolo 3, che introducono la possibilità per il contribuente di procedere ad una transazione quando nel corso di una procedura esecutiva sia intervenuta l'insolvenza o una procedura concorsuale? Quindi, onorevoli colleghi dell'opposizione, nessun condono mascherato ma una semplice, più conveniente, più utile, più efficace tutela degli interessi dell'Erario e delle casse dello Stato.

E possono ancora considerarsi ulteriormente rinviabili, non necessarie e non urgenti le agevolazioni per il settore agricolo e per le aree svantaggiate? Il credito d'imposta per intenderci, sul quale tanti si sono soffermati. Ma via, non diciamo sciocchezze! (Applausi dai Gruppi FI e UDC:CCD-CDU-DE). A meno che non vogliamo tenere per buoni e fondati i rilievi mossi al Governo di aver previsto un plafond entro il quale consentire l'utilizzo dei benefici. (Applausi dai Gruppi FI, LP, UDC:CCD-CDU-DE e AN). Insomma, si critica la previsione di una corretta copertura che risponde a criteri di trasparenza e di controllo della spesa pubblica. (Applausi dai Gruppi FI, LP, UDC:CCD-CDU-DE e AN). Una tale critica - si direbbe in termini parlamentari - si illustra da sé. E dove sarebbe il danno per gli operatori economici?

Infine, poche parole per la questione legata alla trasformazione dell'ANAS (Applausi dai Gruppi FI, LP, UDC:CCD-CDU-DE e AN. Commenti del senatore D'Onofrio), che avrebbe, sempre secondo il centro-sinistra, intenti elusivi. (Voci dal Gruppo AN: "Se ne vanno!"). Ho finito. Si tratta di critiche ormai ricorrenti e ripetitive, che abbiamo già confutato in altra sede.

Dunque, cari colleghi, ed ho terminato, per tutte queste necessità, per tutte queste esigenze ed urgenze occorre procedere con sollecitudine senza dover attendere un ulteriore esame della Camera dei deputati per varare questo provvedimento. Il Governo è stato costretto a chiedere la fiducia, una fiducia che si presenta solamente come strumento tecnico. Per questo Alleanza Nazionale esprime il proprio voto favorevole e dà fiducia a questo Governo. (Applausi dai Gruppi AN, FI, LP, UDC:CCD-CDU-DE. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Un trionfo autentico, senatore Pedrizzi.

TURCI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TURCI (DS-U). Signor Presidente, naturalmente non mi aspetto l'acclamazione che ha ricevuto il collega Pedrizzi. Mi accontento di meno. (Applausi dai Gruppi FI, LP, UDC:CCD-CDU-DE e AN).

Noi votiamo contro la fiducia e contro questo provvedimento, un provvedimento blindato da due voti di fiducia consecutivi, che non sono prova di forza ma sono prova di debolezza. Vorrei ricordare che stiamo parlando del sessantaquattresimo decreto-legge del primo anno di vita di questo Governo. È un provvedimento che contiene un'incredibile e confusa riforma del CONI e una trasformazione dell'ANAS in società per azioni, di cui non viene fornita alcuna spiegazione logica se non quella che si può indovinare, trovare cioè la via per nuovi debiti pubblici a scoppio ritardato: la via di Patrimonio dello Stato S.p.a., la via di Infrastrutture S.p.a., la via delle una tantum.

Guardate, negli ultimi tempi si è molto parlato di finanza creativa, ma io credo che non sia neanche finanza creativa, perché poi il ministro Tremonti si arrabbia e dice che facciamo riferimento alla Enron. Più che finanza creativa questa è la finanza che abbiamo conosciuto negli anni '80, è la finanza di Cirino Pomicino che si sta ripetendo (Applausi dal Gruppo DS-U).

È un provvedimento soprattutto contro il Mezzogiorno, come abbiamo spiegato, perché colpisce l'unico efficace strumento di intervento per gli investimenti nel Mezzogiorno, il credito d'imposta, mettendolo in concorrenza con le aree del Centro-Nord, rendendolo più difficile, meno praticabile, riducendone la capacità di copertura per gli investimenti. Ma se c’è lo sfondamento, come ci ha detto il sottosegretario Contento, queste misure andavano assolutamente coperte, facendo magari altre scelte.

Il sottosegretario Contento ha voluto tranquillizzare il collega Morando dicendogli che il Mezzogiorno è nel cuore, è al centro dell’attenzione della maggioranza; vorrei dire allora al Governo: magari un po’ meno attenzione di cuore e un po’ più attenzione di portafogli, forse è di questo che ha bisogno il Mezzogiorno. (Applausi dal Gruppo DS-U).

Devo dire che in proposito è imbarazzante il silenzio della Confindustria, costretta a tacere per salvare un suo vertice legato a doppio mandato con questo Governo. Si potrebbe ben dire, di Berlusconi e D’Amato: simul stabunt, simul cadent, perché questa è la verità della Confindustria di oggi.

In verità, con il voto di oggi, voi chiudete male questa prima metà dell’anno. Ieri, una giornata vergognosa che per la grande opinione pubblica, al di là dei vostri arzigogoli giuridici, ha assunto un solo, univoco significato: piegare le istituzioni agli interessi degli uomini forti di questa maggioranza, del presidente del Consiglio Berlusconi e dell’onorevole Previti, del quale si deve pensare che detenga alcune chiavi veramente importanti degli equilibri di potere di questa maggioranza, altrimenti non si spiegherebbe la particolare attenzione dedicata alle sue vicende giudiziarie.

Nei giorni scorsi, il dibattito sul Documento di programmazione economico-finanziaria ha consentito una valutazione d’insieme dello stato fallimentare della vostra politica economica e finanziaria. Guardate i dati pubblicati oggi dai giornali sul fabbisogno dei primi sette mesi: 31 miliardi di fabbisogno contro i 24 miliardi alla stessa data dell’anno scorso; sono dati allarmanti, sono 7 miliardi di euro in più dell’anno scorso alla stessa data.

Io ricordo la polemica di un anno fa circa il rapporto fra il fabbisogno e l’indebitamento netto; ricordiamo quanto su ciò si sia impegnata la Banca d’Italia e una serie di altri studiosi e osservatori tecnici; ma, comunque si risolva l’aspetto del rapporto tecnico fra queste due variabili, una cosa è certa: dietro questi dati c’è la crescita dello stock del debito pubblico e c’è la conferma che neppure il dato preoccupante, previsto nel Documento di programmazione economico-finanziaria, della previsione di un rapporto deficit-PIL, alla fine di quest’anno, dell’1,1 per cento, probabilmente è credibile, in quanto è già superato dalle tendenze in atto a questo punto dell’anno; e tanto meno è credibile lo 0,8 per cento del 2003, che pure generosamente vi siete consentiti oltre i limiti del patto di stabilità e sviluppo.

Ormai le piccole, arroganti furbizie del ministro Tremonti non tengono più, la sua credibilità è molto ridotta vicino allo zero e soprattutto le ritorsioni polemiche sull’eredità lasciata dal Governo Amato sono poco più che giaculatorie penose: la verità è che siamo al limite di una crisi della finanza pubblica che non può più essere nascosta e che dovrà essere dichiarata nei prossimi mesi.

Vorrei richiamare l’attenzione, non tanto della nostra Aula, ormai distratta a quest’ora della giornata e in questo giorno speciale, ma dell’opinione pubblica sul fatto che siamo sul punto di un forte e serio passo indietro negli equilibri politici di questo Governo e negli equilibri finanziari e sociali di questo Paese. Stiamo preparando un passo indietro drammatico; il rischio è di bruciare il risultato dei sacrifici fatti negli anni scorsi sul risanamento, sullo sviluppo, sulla credibilità internazionale del nostro Paese, sul livello stesso della legalità nel nostro Paese.

Le promesse del miracolo berlusconiano si stanno rapidamente sgonfiando. La gente, quella che vi ha votato, si aspettava più sviluppo, più opere pubbliche, più sicurezza, meno tasse, meno burocrazia. Su tutti questi temi non c’è nessuna traccia di successo o di realizzazioni; anzi, c’è un Governo che arranca su tutti i fronti, che perde Ministri e Sottosegretari e perde anche pezzi di fiducia nell’opinione pubblica. Infatti, vedete, secondo noi, quello che fa più adirare una parte almeno del vostro elettorato, non è che questo Governo faccia gli interessi particolari di Berlusconi o di Previti o di qualcun altro. Diciamo la verità, senza voler offendere nessuna parte dell’elettorato italiano, in una parte degli elettori del centro-destra una certa dose di cinismo c’era; in qualche modo avevano messo nel conto che Berlusconi cercava di rivincere le elezioni (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente) anche per aggiustare i suoi problemi personali e quelli dei suoi amici; ma quelli che dicevano: "Un bravo imprenditore che sa fare gli affari suoi, saprà fare anche quelli del Paese" ora si arrabbiano perché si accorgono che quel bravo imprenditore i suoi affari continua a curarseli, ma non è in grado di risolvere le aspettative che ha creato fra i suoi elettori. Questo è il punto di crisi e di difficoltà che state vivendo. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

La conclusione del modesto decreto-legge al nostro esame è solo una conferma di questo trend. Noi vi abbiamo proposto di ridurre gli emendamenti a 10-15 per confrontarci nel merito delle questioni più importanti, ma avete rifiutato ogni possibilità di confronto, perché avete le mani legate, perché procedete guidati da un mix di arroganza, confusione e disperazione.

Che giustificazione ha dal punto di vista giuridico e costituzionale un decreto-legge che trasforma l'ANAS e il CONI in società per azioni? La stessa domanda vale per il decreto-legge precedente, con cui avete dato vita alla Patrimonio dello Stato S.p.a. oppure alla Infrastrutture S.p.a. Giustamente, il presidente Andreotti questa mattina ha evocato un vago odore di pieni poteri, dunque di arroganza. Però, badate, io ho anche un'altra opinione; penso che accanto all'arroganza cominciano a manifestarsi in questa maggioranza e in questo Governo anche forti segnali di improvvisazione, confusione e disperazione e sottolineo quest'ultimo termine.

Sappiate però che la prima strada, quella dei pieni poteri, è bloccata, non illudetevi. È vero che anche a sinistra qualcuno teme il regime, ma questa è una strada bloccata dal Paese, dall'opinione pubblica e dalla sua maturità democratica.

È allora la seconda strada a preoccuparmi, quella dell'improvvisazione, della confusione e della disperazione. Vorrei augurarvi di godere di questo mese di vacanza per riflettere anche sui difetti di questa seconda strada e trovare una via d'uscita migliore per la ripresa dopo le vacanze. Auguri ai colleghi e auguri al Governo. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U. Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cantoni. Ne ha facoltà.

Senatore Cantoni, lei ha a disposizione dieci minuti ma l'Aula, mi pare di sentire, si appella al suo buon cuore.

CANTONI (FI). Signor Presidente, interverrò brevemente se non ci saranno applausi o altri atteggiamenti non consentiti dalla severità di quest'Aula.

Vorrei annunciare in pochi minuti il voto favorevole del Gruppo di Forza Italia sulla questione di fiducia posta dal Governo relativamente al disegno di legge recante: "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, recante interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell'economia anche nelle aree svantaggiate". Ho ricordato il titolo perché era necessario evidenziare come quello al nostro esame sia un decreto omnibus, che affronta moltissimi problemi.

Del resto, abbiamo visto e non le voglio ricordare, le ventuno questioni di fiducia che il primo governo Prodi ebbe a porre. Noi non abbiamo chiesto tanti voti di fiducia; questo è un voto di fiducia tecnico su un decreto eterogeneo. Si tratta di un intervento che serve per il rilancio della nostra economia in un momento di estrema difficoltà e in una congiuntura internazionale che abbiamo ereditato. E per fortuna c'è il Governo Berlusconi ad affrontarla.

Dico questo perché due sono gli aspetti che ci hanno portato a chiedere la fiducia tecnica: una crisi idrica dovuta alla siccità, una crisi del settore automobilistico … (Commenti dal centro-destra).

VOCE DAL CENTRO-DESTRA. Silenzio!

D'ONOFRIO (UDC:CCD-CDU-DE). Ma che silenzio, dopo tre minuti si interrompe chiunque della maggioranza; lo consegni il suo intervento.

PRESIDENTE. Senatore Cantoni, prosegua per favore.

CANTONI (FI). Io ho parlato un minuto.

D'ONOFRIO (UDC:CCD-CDU-DE). Abbiamo tutti l'aereo che parte, il Governo cade.

RIPAMONTI (Verdi-U). Bene, bravo!

PRESIDENTE. Senatore Cantoni, la prego, vada avanti.

CANTONI (FI). Quindi, noi siamo fieri di votare la conversione di questo decreto-legge che rappresenta una fiducia al Governo e, ancorché non richiesta, per il nostro presidente Pera. Nel ricambiare gli auguri di buone vacanze del senatore Turci, auspico che si ritorni dalle vacanze con una maggiore capacità di dare dignità al nostro Parlamento e al Senato.

Per queste ragioni, voteremo la fiducia al Governo con grande fierezza. (Applausi dai Gruppi FI, LP, UDC:CCD-CDU-DE e AN).

Votazione nominale con appello

PRESIDENTE. Prima di passare al voto sull'articolo unico del disegno di legge n. 1626, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia, ricordo che ai sensi dell'articolo 94, secondo comma, della Costituzione e ai sensi dell'articolo 161, comma 1, del Regolamento, la votazione sulla fiducia avrà luogo mediante votazione nominale con appello.

Indìco pertanto la votazione nominale con appello del disegno di legge n. 1626, composto del solo articolo 1.

I senatori favorevoli alla fiducia risponderanno sì; i senatori contrari risponderanno no; i senatori che intendono astenersi risponderanno di conseguenza.

Ricordo che ciascun senatore chiamato dal senatore segretario dovrà esprimere il proprio voto passando innanzi al banco della Presidenza.

Hanno chiesto di votare per primi i senatori D’Ippolito, Gentile, Gubetti, La Loggia, Minardo, Servello, Sodano Calogero, Sudano, Trematerra e Tunis (Commenti).

Invito il senatore segretario a procedere all'appello di tali senatori.

(I predetti senatori rispondono all'appello)

Estraggo a sorte il nome del senatore dal quale avrà inizio l'appello nominale.

(E' estratto a sorte il nome del senatore Franco Paolo).

Invito il senatore segretario a procedere all'appello nominale iniziando dal senatore Franco Paolo.

TRAVAGLIA, segretario, fa l'appello.

(Nel corso delle operazioni di voto assumono la Presidenza il vice presidente Calderoli e il presidente Pera).

Rispondono i senatori:

Agogliati, Agoni, Alberti Casellati, Archiutti, Asciutti, Azzollini

Balboni, Baldini, Barelli, Basile, Battaglia Antonio, Bergamo, Bettamio, Bevilacqua, Bianconi, Bobbio Luigi, Boldi, Bonatesta, Bongiorno, Borea, Boscetto, Bosi, Brignone

Calderoli, Callegaro, Camber, Cantoni, Carrara, Caruso Antonino, Castagnetti, Centaro, Cherchi, Chincarini, Chirilli, Ciccanti, Cicolani, Cirami, Comincioli, Compagna, Consolo, Contestabile, Corrado, Costa, Cozzolino, Cursi, Curto, Cutrufo

D’Alì, Danieli Paolo, Danzi, De Corato, Dell’Utri, Delogu, Del Pennino, Demasi, De Rigo, D’Ippolito, D’Onofrio

Eufemi

Fabbri, Falcier, Fasolino, Favaro, Federici, Ferrara, Firrarello, Fisichella, Florino, Forlani, Franco Paolo

Gaburro, Gentile, Girfatti, Giuliano, Greco, Grillo, Grillotti, Guasti, Gubert, Gubetti

Iervolino, Ioannucci, Izzo

Kappler,

La Loggia, Lauro

Maffioli, Magnalbò, Magri, Mainardi, Malan, Manfredi, Mantica, Manunza, Massucco, Meduri, Meleleo, Menardi, Minardo, Moncada, Monti, Moro, Morra, Mugnai, Mulas

Nania, Nessa, Nocco, Novi

Ognibene

Pace, Palombo, Pasinato, Pastore, Pedrazzini, Pedrizzi, Pellegrino, Pellicini, Peruzzotti, Pessina, Pianetta, Piccioni, Pirovano, Pontone, Ponzo, Provera

Ragno, Rizzi, Ronconi, Ruvolo

Salerno, Salini, Sambin, Sanzarello, Saporito, Scarabosio, Schifani, Scotti, Semeraro, Servello, Sestini, Sodano Calogero, Specchia, Stiffoni, Sudano

Tarolli, Tatò, Tirelli, Tofani, Tomassini, Travaglia, Tredese, Trematerra, Tunis

Valditara, Vanzo, Vegas, Ventucci, Vizzini

Zanoletti, Zappacosta, Ziccone, Zorzoli

Rispondono no i senatori:

Amato

Baio Dossi, Battafarano, Battaglia Giovanni, Bonavita, Bordon, Brutti Massimo, Brutti Paolo

Caddeo, Calvi, Castellani

D’Amico, Dato, Del Turco, De Petris, De Zulueta, Di Girolamo, Donati

Giovanelli

Iovene

Maconi, Malentacchi, Marino, Morando, Muzio

Pagano, Pasquini, Petrini, Pizzinato

Salvi, Soliani

Toia, Tonini, Treu, Turci

Villone

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione nominale e invito i senatori segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(I senatori segretari procedono alla numerazione dei voti).

In attesa del conteggio dei voti e della proclamazione dei risultati, passiamo al prossimo punto dell’ordine del giorno.

Svolgimento di un'interrogazione sulla situazione dell'ILVA di Taranto

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'interrogazione 3-00583 sulla situazione dell'ILVA di Taranto.

Il rappresentante del Governo ha facoltà di rispondere a tale interrogazione.

VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli senatori, lo stabilimento di Taranto, che conta circa 12.000 addetti, escluso l’indotto, è una realtà industriale di tale rilevanza che non può certo essere sottovalutata.

Peraltro, la situazione di impatto ambientale derivante dalle lavorazioni di tale complesso ha portato nel tempo la magistratura a svolgere taluni interventi volti alla tutela della salute dei cittadini.

Non è certo sfuggita all’attenzione di questa amministrazione ed a quella dello stesso gruppo Riva, la portata del problema. Difatti, nel corso di una riunione dell’Osservatorio siderurgico, tenutasi nel settembre dello scorso anno, il ministro Marzano ha assicurato il proprio interessamento al problema. Peraltro, accade spesso che i tempi di intervento della magistratura siano, per forza di cose, a volte anche per fortuna, caratterizzati da immediatezza, mentre gli interventi amministrativi richiedono accordi e contemperamento di più interessi da parte delle varie amministrazioni coinvolte.

Si può assicurare che ormai si è giunti ad una piena condivisione degli obiettivi da raggiungere e che è già pronto un tavolo intorno al quale si confronteranno in tempi brevi i tecnici dell’Amministrazione delle attività produttive e quelli dell’ambiente e della salute, ai fini della individuazione delle linee guida per le B.A.T. (Best Available Techiques) necessarie per procedere alla puntualizzazione delle migliori tecniche da utilizzare a fini di protezione ambientale.

Pertanto, si può assicurare che la richiesta degli interroganti non solo è condivisibile, ma è ben presente all’attenzione di questa Amministrazione.

BATTAFARANO (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BATTAFARANO (DS-U). Signor Presidente, signor Sottosegretario, com'è noto, il gruppo ILVA di Taranto in questi giorni ha deciso di chiudere le batterie 3,4,5 e 6, di annullare il Piano di investimenti per 500 milioni di euro nel triennio 2002-2005, di bloccare il rinnovo dei contratti di formazione lavoro in scadenza e di bloccare ogni nuova assunzione.

Quel che è più grave è che da lunedì prossimo, quindi dal 5 agosto, prenderà il via il processo di chiusura delle batterie, bloccando quindi il reparto cokerie dell’ILVA di Taranto, il che significa perdere migliaia di posti di lavoro.

Ora, poiché il protocollo d’intesa - che io ho citato anche nell’interrogazione - firmato presso la regione Puglia con gli enti locali, il gruppo Riva e i sindacati è fallito, cioè non ha dato esito positivo, noi pensiamo che la trattativa debba ricondursi al tavolo del Ministero delle attività produttive.

Sarebbe quindi opportuno che il Ministero delle attività produttive facesse sapere al più presto a tutti i soggetti interessati della volontà, che il sottosegretario Ventucci ha testimoniato, di riprendere in mano la guida della trattativa, perché questo potrebbe evitare la chiusura del reparto cokerie, facendo diminuire la tensione.

C’è stato uno sciopero generale lo scorso 29 luglio, organizzato dai sindacati; c’è il rischio di ulteriori manifestazioni di protesta, con ripercussioni anche per quanto riguarda la città, di problemi di ordine pubblico e così via. Quindi, una comunicazione del Governo che faccia sapere come nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, si avvierà il lavoro di questo tavolo di cui parlava il sottosegretario Ventucci sarebbe - a mio avviso - molto utile.

In questo senso mi permetto di insistere con il Sottosegretario affinché il Ministro delle attività produttive al più presto faccia conoscere a tutti i soggetti interessati (il gruppo Riva, i sindacati, gli enti locali, la regione Puglia) la volontà di riprendere in mano la situazione e di non trascurare uno stabilimento siderurgico che, com'è noto, è il cuore della siderurgia italiana, ed è anche il più importante d’Europa.

Dobbiamo contemperare sia le esigenze di risanamento ambientale, sia la tutela dei livelli occupazionali. C'è quindi bisogno di un impegno concorde da parte di tutti i soggetti interessati in questo senso.

Ringrazio il Presidente del Senato per la sollecitazione rivolta al Governo.

Vorrei infine chiedere al Governo, tramite il suo rappresentante, di fissare al più presto l'incontro di cui si è parlato, al fine di evitare che la situazione possa sfuggire di mano a Taranto, per problemi che riguardano la città, ma anche l'economia nazionale nel suo insieme. (Applausi dal Gruppo DS-U).

PRESIDENTE. Lo svolgimento dell'interrogazione sulla situazione dell'ILVA di Taranto all'ordine del giorno è così esaurito.

Risultato di votazione

PRESIDENTE. Colleghi, proclamo il risultato della votazione nominale con appello del disegno di legge n. 1626, composto del solo articolo 1, sull'approvazione del quale il Governo ha posto la questione di fiducia:

Senatori votanti .........199

Maggioranza .......…..100

Favorevoli .......……..163

Contrari .......………..36

Il Senato approva.

Restano pertanto preclusi o assorbiti tutti gli ordini del giorno e gli emendamenti riferiti al testo del decreto-legge n. 138.

Con ciò, colleghi, abbiamo davvero concluso i nostri lavori.

Interpellanze e interrogazioni, annunzio

PRESIDENTE. Comunico che sono pervenute alla Presidenza interpellanze e interrogazioni, pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno
per la seduta di martedì 17 settembre 2002

PRESIDENTE. Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica martedì 17 settembre, alle ore 17, con il seguente ordine del giorno:

(Vedi ordine del giorno)

Prego i pochi colleghi presenti di portare ai molti assenti i miei saluti e auguri cordiali di buone vacanze, che naturalmente rivolgo in modo particolare e affettuoso ai "superstiti" che sono qui in Senato.

Ancora auguri di buone vacanze e di buon riposo a tutti.

La seduta è tolta (ore 16,15).